Giorno della memoria: le storie ancora senza finale. Dopo 69 anni tante le persone che sparirono nel nulla e cercate tutt’oggi

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Per chi afferma che occorre chiudere capitoli più recenti della storia, andrebbe data un’occhiata, almeno nel Giorno della memoria, a quanti ancora cercano notizie di parenti – se non propri parenti mai più tornati – dai lager nazisti. Nel 2009 si pubblicava un post, Il libro dei deportati, volume I: 23.826 nomi di italiani finiti nei lager. Nei mesi e negli anni a venire sono stati nell’ordine delle decine i commenti di cui ancora si aspettano risposte su persone inghiottite per sempre della brutalità della soluzione finale senza nemmeno lasciare un’eco di cosa accadde loro.

“Oltre il filo”: il documentario che racconta la storia del campo di concentramento italiano di Gonars e dei suoi piccoli prigionieri

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Oltre il filo (qui la scheda del film) è un documentario sul campo di concentramento italiano di Gonars, nella ex Jugoslavia:

C’è una pagina dimenticata della storia del ‘900, quella dei campi di concentramento italiani dove vennero internati gli abitanti di interi villaggi sloveni e croati e nei quali morirono di stenti migliaia di persone. Il documentario racconta l’inedita storia di un gruppo di bambini sopravvissuti ad uno di quei campi.

“Oltre il filo” accompagna i bambini di allora in un viaggio nella memoria. Artisti e studenti dell’Accademia di Lubiana, internati nel campo, riuscirono a ritrarre durante la prigionia i volti e la vita dei detenuti. Ma anche i bambini prigionieri, una volta scappati dal campo, raccontarono con disegni e componimenti inediti quella terribile esperienza. I protagonisti riflettono sui propri traumi, quei segni invisibili che li hanno accompagnati nel corso della vita. Poi rivedono alcuni disegni di allora e rileggono quei componimenti.

Il regista del documentario, che dura 82 minuti, è Dorino Minigutti ed è stato prodotto da Agherose, Zavod Kinoatelje, Immaginaria e Focus Media.

“Tanto tu torni sempre”: la storia di Ines Figini, deportata in un lager nazista per aver difeso alcuni compagni di lavoro

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Tanto tu torni sempreSi intitola Tanto tu torni sempre – Ines Figini, la vita oltre il lager (Melampo, 2012) il libro scritto da Giovanna Caldara e Mauro Colombo sulla storia di un’allora giovanissima deportata:

Quando fu deportata Ines Figini aveva meno di 22 anni. Non era ebrea, partigiana o antifascista, ma si era schierata a favore di alcuni compagni di lavoro durante uno sciopero. Così finì nei lager di Mauthausen, Auschwitz-Birkenau e Ravensbrück e infine in un ospedale militare, dove trascorse un anno e mezzo. Ha atteso più di cinquant’anni prima di parlare in pubblico della sua vicenda: ora la racconta in questo libro. È la storia di una famiglia ma è anche una storia di fabbriche; e di una città – Como – punto strategico per le forze nazifasciste. Di treni che partivano per mete ignote e di luoghi in cui l’umanità si divideva tra vittime e carnefici, fino a negare se stessa. È la storia di una persona a cui il lager non ha rubato l’anima e che ha ripreso a vivere. Che ogni anno torna là dove era stata reclusa. Che ricorda. E che, nonostante tutto, ha perdonato.

Ulteriori informazioni su Ines Figini si trovano qui, sul sito Lager e deportazione.

Il libro dei deportati, volume I: 23.826 nomi di italiani finiti nei lager

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Il libro dei deportatiQuesto libro – che porta le firme di Brunello Mantelli, Nicola Tranfaglia, Francesco Cassata, Giovanna D’Amico e Giovanni Villari – è uscito alla vigilia del giorno della memoria e il testo che segue è stato pubblicato sul blog del Circolo Giustizia e Libertà di Sassari. Forse non occorre altra risposta a chi nega o a chi parla di disinfezione. Intanto, prima di passare al testo di GL, si può dare un’occhiata anche a Razzisteria: destra fascista in Italia e nella rossa Toscana, nuovo lavoro video di Saverio Tommasi e Ornella De Zordo, autori di L’altrainchiesta – 10 brutte storie italiane e già segnalati da queste parti per il reportage sulle “terapie riabilitative”.

Per gli “assassini della memoria” c’è un nuovo, insormontabile, ostacolo: nomi, dati anagrafici e storia dei 23.826 italiani (22.204 uomini e 1.514 donne) deportati, tra il 1943 e il 1945, per motivi politici in Germania nei campi di concentramento. Un lavoro gigantesco che ora trova sistemazione organica nel primo volume suddiviso in tre tomi, dell’opera Il Libro dei Deportati 1943-1945 (Milano, Mursia; pp.2554, 120 euro) […] realizzato con il contributo fondamentale della fondazione Compagnia di San Paolo e dell’Assessorato alla Cultura del Piemonte, e già presente in tutte le librerie italiane.

Un’iniziativa editoriale che segue idealmente Il Libro della Memoria di Liliana Picciotto sugli ebrei italiani trucidati nei campi di sterminio tedeschi e che rappresenta una pagina definitiva della “storia nazionale”, parte di quella europea. “Dare volto” ai sommersi – questo l’obiettivo del libro con in appendice 200 pagine di grafici e di tabelle – è costato anni di lavoro ed è dovuto in primis alla caparbietà di due ex deportati: Bruno Vasari, già presidente dell’Aned di Torino, scomparso di recente, e Italo Tibaldi che fece il censimento dei deportati e costrui, in cinquant’anni di lavoro volontario, un primo archivio, forte di circa 45.000 schede. La storia della deportazione indica subito un primo elemento: nessuna provincia dell’Italia del 1943 ne è stata esente, nemmeno le isole e quelle aree del meridione che non conobbero l’occupazione tedesca, la Repubblica sociale e la conseguente Resistenza. Di sicuro, tuttavia, la prevalenza nella provenienza va ascritta alle regioni del Nord.
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