Il dibattito sui giornalisti freelance: le ragioni per cui, nonostante tutto, continuare a fare un mestiere del genere

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Non faccio l’inviata di guerra, ma quella che un tempo neanche troppo lontano si sarebbe chiamata – senza che fosse un insulto, com’è diventato successivamente – la pistarola (il senso che attribuisco alla parola è quello descritto per quanto in altri tempi da un grande giornalista, Marco Nozza). Mi occupo dell’attualità del passato, degli anni delle stragi, della P2, dei patti a lungo non detti tra pezzi dello Stato e varie forme di criminalità, compresa quella organizzata. Insomma, in buona sostanza e sintesi, quando si è trattato di scegliere una specializzazione, ho scelto quella che conduce al terrorismo e alla criminalità politica. E non perché abbia particolari pulsioni gerontofile, come qualcuno ha ironizzato, ma perché ero convinta – e lo sono sempre di più, via via che gli anni passano – che per comprendere quello che accade oggi, dal disfacimento istituzionale a quello dei partiti, dalla crisi economica da cui sembra di poter uscire solo con ricette unicamente a suon di ripresa dei consumi (e del consumismo) a crisi internazionali come quelle con il Medioriente o con l’Azerbaijan, non si possa fare a meno di sapere ciò che è stato.

Rispetto alle colleghe Barbara Schiavulli o Francesca Borri, non vado nelle zone di guerra calda. Ho visitato aree come i Balcani o qualche repubblica ex sovietica al massimo per raccontare quello che era accaduto dopo regimi, conflitti o cataclismi economici. Accorgendomi, per esempio, come nella ex Jugoslavia sia difficile raccontare gli anni di Milošević perché, anche laddove forme oppressive non ci sono più o si sono mitigate, i quadri della pubblica amministrazione sono rimasti gli stessi. E allora i dissidenti “normali”, non degli eroi, ma i semplici cittadini che schifavano la pulizia etnica e che rischiavano di sparire solo perché non partecipavano a manifestazioni imposte dall’alto, ancora oggi fanno fatica a raccontare. I dittatori passano, gli ingranaggi delle dittature c’è caso che restino più a lungo.
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“Contropotere”: un libro per raccontare “la notte della Repubblica e i giornalisti che hanno tentato di fare luce”

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ContropotereLa casa editrice Nutrimenti annuncia, tra le novità del prossimo novembre, un libro scritto da Massimiliano Griner, sceneggiatore e studioso, e Lilly Viccaro Theo, giornalista. Si intitola Contropotere – La notte della Repubblica e i giornalisti che hanno tentato di fare luce e questo è il testo con cui si presenta:

Anni Settanta, in Italia si muovono forze insidiose per la democrazia. Ma sono anche anni in cui il giornalismo investigativo e d’inchiesta ha i suoi momenti più alti. Sono i tempi di Marco Nozza, che segue implacabilmente gli sviluppi dell’inchiesta sulla strage di piazza Fontana. Di Camillo Arcuri, Giampaolo Pansa e Mauro De Mauro, che delle intenzioni golpiste di Junio Valerio Borghese hanno sentore ben prima dell’ora X. O di Pino Nicotri, che paga la sua curiosità di cronista finendo vittima del teorema ‘7 aprile’. Questo libro racconta queste e molte altre storie di un giornalismo che volle e seppe essere un quarto potere, e che in un’epoca come l’attuale, dominata dalla concentrazione delle proprietà e dall’omologazione generale, è impossibile non considerare come un esempio.

Il libro è inserito nella collana di saggistica Igloo.