“Non aspettiamo l’apocalisse. La mia battaglia nella terra dei fuochi”: il libro di padre Patriciello e del giornalista dell’osservatorio anticamorra

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Non aspettiamo l'apocalissePadre Maurizio Patriciello è il parroco di San Paolo Apostolo in Caivano, in provincia di Napoli. Il suo coautore, Marco De Marco, invece è un giornalista che nel 2004 ha fondato l’Osservatorio sulla camorra e l’illegalità. Insieme firmano il libro Non aspettiamo l’apocalisse. La mia battaglia nella terra dei fuochi (Rizzoli, 2014):

Dal sacerdote simbolo della battaglia per la bonifica dell’area con il più alto tasso di morti per cancro in Italia, un grido di rabbia e di amore per la sua gente. Caivano, periferia di Napoli, agosto 2010. La notte offre sollievo dal caldo torrido, ma padre Maurizio non riesce a dormire a causa dell’odore nauseante dei rifiuti bruciati. Tonnellate di materiali di origini sconosciute finiscono ogni giorno nei campi destinati all’agricoltura e vengono bruciate sotto gli occhi di tutti, producendo fiamme che arrivano in cielo.

È questo episodio a scatenare la sete di verità di padre Maurizio, che apre un gruppo su Facebook per denunciare gli orrendi misfatti della camorra e per dare voce a chi ha visto ammalarsi e morire di cancro un figlio, un genitore, un amico. Perché dietro la formula ormai tristemente nota di “Terra dei fuochi” c’è il più grande avvelenamento di massa mai avvenuto in un Paese occidentale. In questo libro, scritto in collaborazione con uno dei più autorevoli giornalisti italiani, padre Patriciello ci racconta la battaglia di liberazione della sua terra.

Le frequenze della criminalità organizzata raccontate nel libro “Telecamorra” di Alessandro De Pascale

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TelecamorraÈ uscita lo scorso giugno, con la prefazione di Amato Lamberti (scomparso poco dopo la pubblicazione) e Giommaria Monti, Telecamorra di Alessandro De Pascale (Lantana Editore), un’inchiesta nata nel 2008 e che, a fronte di ciò che è emerso, ha portato la magistratura ad aprire fascicoli d’indagine:

È una storia di soldi, clan e potere, gli ingredienti di sempre quando si tratta di criminalità organizzata. Quella attiva in Campania è una vera e propria «cricca delle telecomunicazioni». Terza regione d’Italia per numero di licenze, dove si contano 77 tv e 165 radio locali registrate, la criminalità organizzata è andata da tempo all’assalto dell’etere. Dal boss iscritto alla Siae all’editore socio dei Casalesi, dall’agente neomelodico, parente del capoclan, al proprietario di una tv che offre un alibi falso al killer della camorra: nell’etere della Campania circola questo e molto di più. Le trasmissioni radio e tv sono utilizzate dai clan per inviare messaggi agli affiliati o boss durante le dirette, «onde killer» sparate a potenze non consentite o peggio completamente abusive. Frequenze rubate allo Stato, con un danno per la collettività stimato in 500 milioni di euro e rivendute con atti di compravendita falsi.

Antenne usate come armi per minacciare, pubblicità sfruttata dalle cosche per giustificare il racket delle estorsioni. Funzionari ministeriali sotto processo per presunti favoritismi e forze dell’ordine indagate perché ritenute colluse con i malfattori. Piccole tv di quartiere diventate in pochi anni grandi gruppi editoriali regionali, ora accusate di aver fatto il salto di qualità grazie alle rapine. In ballo ci sono contributi pubblici per 12 milioni di euro l’anno, centinaia di spot elettorali utilizzati per ottenere protezioni politiche, ma anche il controllo del settore dell’informazione e la gestione dei posti di lavoro dell’indotto a cui si aggiunge l’esercito di cantanti neomelodici e sedicenti maghi. Un’illegalità diffusa e tollerata per anni nonostante le numerose denunce presentate alla magistratura e oggetto di un’inchiesta.

(Via Vittorio Pasteris)

“Profumo d’Italia”: il viaggio di Fulvio Di Dio nella continua emergenza dei rifiuti

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Profumo d'ItaliaA giorni in uscita il libro pubblicato da Editori Riuniti che si intitola Profumo d’Italia – Il paese della continua emergenza rifiuti, scritto dal giurista esperto in tematiche ambientali Fulvio Di Dio:

In un viaggio allucinante tra inceneritori e cumuli che avvelenano le falde freatiche, [l’autore] dopo averci raccontato gli interessi volutamente nascosti della privatizzazione dell’acqua, indaga sul business d’oro dei rifiuti in Italia, svelando crimini e colpevoli con la consueta attenzione e il rigore scientifico che lo contraddistinguono.

“Partendo dall’emergenza napoletana, quello che salta agli occhi è che si sta consumando una durissima lotta di interessi e potere, di soldi e politica – spiega l’autore – in ballo ci sono proprio le centinaia di milioni di euro che la monnezza produce. Non è una esagerazione quindi considerare il problema della gestione dei rifiuti un punto di vista privilegiato per osservare le relazioni tra la qualità delle istituzioni e della società civile”.

Nel volume sono inoltre raccolti anche il testo della sentenza della Commissione Europea che ammonisce l’Italia in merito alla gestione sul ciclo di smaltimento dei rifiuti, i risultati di uno studio della Protezione civile che indaga sugli effetti sanitari della gestione rifiuti in Campania.

I lavoratori ex Coop della Campania: attesa fino a ottobre per la nuova udienza dopo il licenziamento

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Fino al 7 ottobre. Tanto dovranno ancora attendere i 17 ex dipendenti campani di Unicoop Tirreno che, “ceduti” a una società locale nel 2009 insieme ai punti vendita in cui lavoravano, non hanno mai ripreso servizio e che, dopo essere stati licenziati, dell’ultima mensilità e della liquidazione non hanno visto traccia.

Della loro vicenda si sta adesso occupando il tribunale di Napoli in una causa che, partita nell’autunno 2010, non si sta rivelando rapida a giungere a conclusione. Eppure ci sarebbe già una sentenza, anzi due, pronunciate dal tribunale del lavoro di Avellino, che impongono al colosso toscano della grande distribuzione il reintegro di due ex lavoratrici, Lucia Di Maio e Margherita Molinari, fino a due anni fa in forza alla Coop di Solofra.

Ma da Piombino, la cittadina in provincia di Livorno dove ha sede Unicoop Tirreno, si era fatto sapere che a ciascuna delle due donne che “la scrivente cooperativa [non] ha la possibilità di adibirla presso altre unità produttive alle medesime mansioni da quelle […] svolte in precedenza. Non sussiste quindi alcuna
opportunità di […] utile impiego”.

Questa è una storia di disoccupazione nel Mezzogiorno d’Italia. Una storia che ha coinvolto una sessantina di persone, parte delle quali uscita di scena in oltre due anni. E che al momento vede ancora con un destino incerto, segnato dalla percezione di un impossibile impiego futuro, per 17 lavoratori. “Noi rivogliamo solo il nostro posto di lavoro”, dice Carlo Vuolo, delegato a rappresentare gli ormai disoccupati di Nocera Inferiore e i colleghi di altri negozi.
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Su “Domani” Vuolo, ex Unicoop Tirreno: «Protesteremo fino allo sciopero della fame»

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Domani di Maurizio ChiericiCi sono storie che non possono terminare con la pubblicazione di un articolo. La vicenda dei diciassette lavoratori campani già dipendenti della Unicoop Tirreno, licenziati dopo la cessione dei punti vendita ad altre catene della grande distribuzione che li hanno chiusi, è una di quelle. Se n’era parlato in due occasioni a dicembre 2010 (gli articoli sono qui e qui) e ancora poco tempo fa avevamo di nuovo dato spazio alla questione pubblicando una lettera. Ma a tutt’oggi risultati concreti per i disoccupati non ce ne sono. E il punto della situazione lo fa ancora Carlo Vuolo, delegato a rappresentare gli ormai disoccupati campani.

Rispetto alla sua lettera pubblicata qualche giorno fa, è cambiato qualcosa?

«A dir la verità, sono stato contatto per vie private dalla dottoressa Vanda Spoto, la presidentessa di Legacoop Campania. Mi diceva che si sarebbe impegnata a sostenere la nostra battaglia, per quanto ammettesse di non poter fare granché. Nel frattempo è accaduto un altro fatto: al nostro avvocato viene spedito un fax dallo studio legale Schembri e Bertolini, che rappresenta la Unicoop Tirreno. Ci è stata così sottoposta una proposta di 10 mila euro a titolo non di risarcimento, ma si tratterebbe di una transazione che non riconosce neanche parzialmente delle nostre istanze. Se accettassimo, dovremmo rinunciare insomma a qualsiasi richiesta nei loro confronti, prima tra tutte il posto di lavoro, l’unica nostra vera rivendicazione».
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Beppe Sebaste: reportage dall’olocausto bianco dei rifiuti

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Una segnalazione per un’inchiesta realizzata da Beppe Sebaste, “Spazzatour”: reportage dall’olocausto bianco dei rifiuti:

Ci fermiamo quindi nel triangolo della morte, ultimo girone, a poche centinaia di metri da Casal di Principe: Parco Saurini, S. Tammaro, Ferrandelle. Ogni rilievo, ogni collina (ce ne sono tante) racchiude una discarica interrata, su cui crescono cespugli giallastri. Ma ce ne sono altre speciali, incredibili: montagne incolori, ecoballe di rifiuti senza neanche la plastica, denudate e impudiche sotto un impietoso cielo azzurro. Quelle che Bertolaso aveva dichiarato di avere eliminato, che nessun manto vegetale ricopre.

Questo è solo un passaggio, ma vale la pena di leggerla tutta, questa inchiesta.

La selva di Chiaiano, scavare e sversare. Il verbo dell’illegalità

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Ancora a proposito di rifiuti, è online il trailer del documentario La selva di Chiaiano, il parco delle sorprese realizzato da Cecilia Anesi e Giulio Rubino:

La Selva di Chiaiano è l’ultimo grande polmone verde della città di Napoli ed è parte integrante del Parco Metropolitano delle Colline. È caratteristica per la sua particolare conformazione geologica: contiene cinquantatré cave di tufo giallo napoletano, di cui una decina di grandi dimensioni, che sono oggetto dei progetti di riqualificazione ambientale voluti dall’Ente Parco […]. Ma la Selva, come altri luoghi della Campania di simile conformazione, è stata sfruttata dalla camorra prima con attività estrattiva selvaggia e poi, come appurato dalla Sezione Aerea della Guardia di Finanza nel 2008, come ricettacolo di sversamenti illeciti. Come spiega Tommaso Sodano, membro della Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, quello delle cave è sempre stato uno dei business principali […]: si scava e quando non si può più scavare si riempie.

Per leggerne di più, si vedano gli articoli Lasciate ogni speranza (Carta del 9 aprile) e Rifiuti, a rischio l’ultimo polmone verde di Napoli (L’antefatto di 27 aprile).