La selva di Chiaiano, scavare e sversare. Il verbo dell’illegalità

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Ancora a proposito di rifiuti, è online il trailer del documentario La selva di Chiaiano, il parco delle sorprese realizzato da Cecilia Anesi e Giulio Rubino:

La Selva di Chiaiano è l’ultimo grande polmone verde della città di Napoli ed è parte integrante del Parco Metropolitano delle Colline. È caratteristica per la sua particolare conformazione geologica: contiene cinquantatré cave di tufo giallo napoletano, di cui una decina di grandi dimensioni, che sono oggetto dei progetti di riqualificazione ambientale voluti dall’Ente Parco […]. Ma la Selva, come altri luoghi della Campania di simile conformazione, è stata sfruttata dalla camorra prima con attività estrattiva selvaggia e poi, come appurato dalla Sezione Aerea della Guardia di Finanza nel 2008, come ricettacolo di sversamenti illeciti. Come spiega Tommaso Sodano, membro della Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, quello delle cave è sempre stato uno dei business principali […]: si scava e quando non si può più scavare si riempie.

Per leggerne di più, si vedano gli articoli Lasciate ogni speranza (Carta del 9 aprile) e Rifiuti, a rischio l’ultimo polmone verde di Napoli (L’antefatto di 27 aprile).

Mimmo Lombezzi e il racconto di piccoli branchi che crescono

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Mimmo Lombezzi racconta dalle “colonne” del blog Antefatto la storia di piccoli branchi [che] crescono:

Ieri sera mia figlia Giulia (21 anni) è andata a far due passi “in Colonne”, cioè alle Colonne di S. Lorenzo, nel pieno centro di Milano con un amico che conosco da anni. Si chiama “Ahmed” [1], è italo-marocchino, si mantiene agli studi lavorando ed è un ottimo disegnatore.

È l’una di notte, Giulia e Ahmed stanno per rientrare e nella piazza, quasi deserta, ci sono solo tre ragazzi (uno di colore) seduti su una panchina. Uno dei tre apostrofa Ahmed: “Ehi, quella lì è la tua ragazza?”. “No. È solo un’amica” risponde Ahmed che prosegue e raggiunge uno dei bagni chimici che si trovano sulla piazza. A quel punto il tizio si alza dalla panchina e tempesta di colpi la porta del bagno. Ahmed esce e gli chiede: “Che cazzo fai?”. Quello risponde: “Ho da spiegarti due cose” poi – seguendo una tecnica già collaudata in altre aggressioni, come quella tragica di Verona – gli chiede una sigaretta. Ahmed risponde che non ne ha. L’altro gli strappa quella che ha in mano, e visto che Ahmed non si scompone, gli da uno schiaffo.

Ahmed mantiene la calma e questo irrita i ragazzi. Giulia si interpone, cerca di trascinar via l’amico, dice ai ragazzi “siete matti?” e quelli rispondono: “vieni qui che ce n’è anche per te”. Giulia e Ahmed si allontanano e in Corso di Porta Ticinese, commentano ad alta voce quello che è accaduto: “Possibile” si chiede Ahmed “che uno venga schiaffeggiato solo perché è gay?”. Quattro adolescenti sdraiati su un prato gli urlano “ricchione!”. Ahmed risponde: “Cosa hai detto?” poi, nonostante la rabbia, decide di tornare a casa per non coinvolgere mia figlia in una rissa. Mi chiedo cosa sarebbe successo se Ahmed avesse accettato la provocazione.

Stamattina, davanti a un caffè, Giulia mi racconta un mondo che le sembra incredibile, che conosceva solo dai giornali o dai film, che non avrebbe mai immaginato di vedere dal vero. Milano diventerà come Roma? Anni di battute da telecaserma o da talk-shock hanno seminato il terreno: ciò che conta è trovare un “diverso” da pestare per passar la serata.

[1] Il nome è cambiato

Prima del Fatto va online il suo “antefatto”

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Prima viene l’Antefatto, poi a settembre anche Il fatto quotidiano. Al momento è online il modulo di prenotazione all’abbonamento, un blog ancora in fase di pre-rodaggio che però già raccoglie commenti e la possibilità di iscriversi e una newsletter. Il tutto per quattro ragioni:

1. Perché racconterà i fatti, fin dalla sua testata. Darà le notizie, le analisi e i commenti che gli altri non danno, o nascondono. Parlerà dei temi che gli altri ignorano.

2. Perché non avrà padroni: la società editoriale è composta da alcuni piccoli soci, compresi noi giornalisti, che partecipano con quote equivalenti a un progetto comune: un quotidiano fatto solo per i suoi lettori. Senza vincoli né sudditanze ai poteri forti, politici, finanziari e industriali, che usano i giornali per i loro interessi.

3. Perché non chiederà né avrà finanziamenti pubblici concessi da questo o quel partito.

4. Perché nascerà solo se avrà dei lettori interessati ad acquistarlo, e a leggerlo. Nel paese dei giornali senza lettori, mantenuti in vita dai contribuenti, anche e soprattutto da quelli che non li comprerebbero mai, noi faremo il nostro giornale soltanto se avremo un numero di lettori sufficiente per mantenerlo in vita.