Italicus, 37 anni fa la bomba dell’espresso Roma-Monaco di Baviera. Una strage dimenticata

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Accadeva 37 anni fa, il 4 agosto 1974. È la strage dell’Italicus: sull’espresso Roma-Monaco di Baviera, all’altezza di San Benedetto Val di Sambro (provincia di Bologna), esplose una bomba che fece 12 vittime e 54 feriti. Questa sera, a partire dalle 21, presso la biblioteca Stefanini del Comune sull’Appennino tosco-emiliano, quell’attentato verrà ricordato proiettando il documentario “4 Agosto 1974 – Italicus, la strage dimenticata” di Alessandro Quadretti e Domenico Guzzo mentre fino al 15 agosto sarà visitabile la mostra Io sono testimonianza sulla strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 con fotografie di Martino Lombezzi e testi storici di Cinzia Venturoli.

Il treno della memoria: la manifestazione itinerante per le vittime delle stragi

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Il treno della memoria di Gianfranco Miglio:

Nel dicembre 1999, a trent’anni dalle strage di Piazza Fontana, France Rame e Dario Fo, in collaborazione con le associazioni famigliari delle vittime delle stragi, hanno organizzato una manifestazione itinerante. Il “Treno della memoria” (ma anche del dolore), partito da Brescia con destinazione finale Roma, ha toccato alcune città colpite al cuore da attentati rimasti impuniti.

Una manifestazione che, già in sede di preparazione, ha coinvolto numerosi giovani – studenti delle Accademie d’Arte di tutta Italia – che hanno dipinto arazzi raffiguranti le stragi; quelli del “Carnevale di Viareggio” hanno costruito un gigantesco aereo sul modello di quello inabissatosi ad Ustica, mentre la cooperativa operaia di Longiano ha tagliato 400 sagome di legno, tante quante sono le vittime innocenti degli ultimi trent’anni. Una “processione laica” – com’è stata definita dallo stesso Fo – contro la regia sapiente del potere che ha depistato e occultato, contro ogni tentativo di rimozione.

L’autore del video è da tenere ben distinto da un suo omonimo.

A 31 anni dalla strage alla stazione di Bologna, tra governo assente e la gente fitta

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Accadde il 2 agosto 1980. Oggi, a trentun anni dalla strage alla stazione di Bologna:

Il video è di Giulia Zaccariello.

Aldo Giannuli: riflessioni su un'”idea della Storia dura a morire”

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Aldo Giannuli ha pubblicato qualche giorno fa sul suo blog un intervento a proposito di una idea della Storia dura a morire. L’assunto di partenza è questo:

C’è una idea dura a morire – e che riecheggia in molti interventi variamente modulata – per la quale la Storia è una specie di ancella della politica cui spetta essenzialmente un ruolo di fiancheggiamento propagandistico finalizzato a tenere serrate le fila e, possibilmente, a reclutare consensi nel campo altrui. Naturalmente, non ci è ignoto che la storia ha un ruolo importante nel definire identità collettive, giustificare aspettative, fissare confini ecc., ma questo si colloca ad un livello più alto della propaganda e soprattutto della propaganda spicciola per cui facciamo l’elenco dei rispettivi crimini ed orrori.

Per inciso: se la mettiamo sul piano di chi ha fatto più massacri ed affini, nessuno se la passa tanto bene: i nazisti hanno ottime probabilità di arrivare primi, ma cristiani, comunisti, liberali, legittimisti ecc. non è che si collochino tanto più in basso e neppure socialisti ed anarchici (che presumibilmente occuperebbero i gradini bassi della scala) andrebbero del tutto esenti da qualche ricordo sgradevole.

E nel seguito della riflessione invita a non soffermarsi solo sugli eventi più recenti, ma a risalire a catena la linea della storia. Perché ogni evento è collegato a un precedente con una linea di continuità da cui non si può prescindere. Continua qui.

Rotte sottomarine per il narcotraffico tra Colombia e Stati Uniti

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Submarine - Foto di Nils Kuhn

C’è chi usa i terroristi baschi per recuperare i crediti non saldati del traffico di droga. E chi invece trasporta cocaina passando sotto la superficie dei mari. Come accaduto con la scoperta in Honduras: oltre 2 tonnellate e mezzo sequestrate due settimane fa circa mentre viaggiavano sotto il pelo dell’acqua dalla Colombia agli Stati Uniti.

(Via BoingBoing)

Giuliano Turone: ecco perché non si chiudono i conti con gli anni di piombo

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Il caso Battisti di Giuliano TuroneMicromega Online pubblica un’intervista di Rossella Guadagnini a Giuliano Turone dal titolo esplicito: Perché non riusciamo a chiudere i conti con gli anni di piombo. Il punto di partenza è il libro Il caso Battisti. Un terrorista omicida o un perseguitato politico? (Garzanti Libri, 2011) scritto dal magistrato che, insieme a Gherardo Colombo, scoprì il 17 marzo 1981 gli elenchi della P2. Ecco l’incipit dell’intervista:

“Non è che gli italiani non ne vogliano sapere di mettersi alle spalle gli anni di piombo. Ma il fatto è che la maggior parte di loro desidera che la cosa possa avvenire senza umiliare e ferire la sensibilità della vittime. La gestione del ‘caso Battisti’, da parte dei suoi simpatizzanti e da parte dello stesso interessato, si muove invece nella direzione contraria, per esempio quando parla – anche con una certa sguaiataggine – di ‘desiderio di vendetta’ per designare quella che invece è soltanto un’aspettativa di rispetto e giustizia da parte delle vittime di reato […]. È chiaro che non è così che si possono creare le premesse per ‘voltare pagina’ – prosegue Turone – E giustamente Antonio Tabucchi trova ‘offensivo che altri, che non hanno vissuto quello che hanno vissuto gli italiani, chiedano così superficialmente che l’Italia metta una pietra sopra la nostra storia tragica ancora non chiara’. Ma c’è una strada intelligente, civile e dignitosa per arrivare a chiudere i conti con il terrorismo, nel pieno rispetto della sensibilità delle vittime e nell’interesse di tutti”.

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Così nacque l’Isola delle rose: un piccolo Stato offshore al largo di Rimini

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Isola delle RoseChissà in quanti se la ricordano la storia dell’Isola delle Rose, vicenda che si assesta ai confini della realtà – come recita il sottotitolo della rassegna documentaristica che la ospita – quanto basta da essere stata inserita in “Estate doc”, ciclo di documentari calato in quel di Carpi, provincia di Modena. A riproporla domani, 28 luglio (presso il “Coccobello – Spazio Giovani Mac’è!” a partire dalle 21.30), è il lavoro di due registi – Stefano Bisulli e Roberto Naccari – che nel 2009 firmano “Insulo de la Rozoj. La libertà fa paura”. E la storia che raccontano potrebbe sembrare fantapolitica, per quanto sia tutto vero: nel 1968, in un’Italia che il 1 marzo era balzata a pie’ pari nella contestazione con gli scontri romani di Valle Giulia, c’è chi saluta la nazione e decide di farsene una propria.

Accade al largo delle coste di Rimini, a 11 chilometri e 500 metri dalla battigia per la precisione, abbastanza lontano da non avere fastidi da parte di qualche Stato sovrano di più lunga tradizione, in primis l’Italia. Sulla quale peserebbe, fa intendere il protagonista di questa storia, la “poco lusinghiera” non belligeranza a fianco del fronte antinazista. Perché l’ingegnere Giorgio Rosa, il suddetto protagonista, classe 1925 e un arruolamento nella Repubblica Sociale Italiana dopo l’armistizio di Cassibile e la nascita della Repubblica di Salò il 23 settembre 1943, culla il sogno di abbandonare il tricolore.
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Lsdi inizia la pubblicazione “The story so far” su rivoluzione digitale e giornalismo

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The Story So FarCon il post Giornalismo digitale: innovazioni e paradossi di una “rivoluzione” ancora in cerca di un modello economico il blog di Lsdi avvia la pubblicazione a puntate della traduzione del testo The Story So Far: What We Know About the Business of Digital Journalism, edito da CJR e realizzato da alcuni docenti e ricercatori della Columbia Journalism School:

Il lavoro fa il punto sullo “stato delle cose” dopo 15 anni di “rivoluzione digitale” cercando di analizzare organicamente i problemi posti dall’innovazione digitale, soprattutto sul piano economico-industriale, ma affronta anche gli aspetti che coinvolgono più direttamente la pratica e la professione giornalistica, come quelli della distribuzione e della “confezione” dei contenuti e quindi, più in generale, del valore del prodotto.

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Ferrero (Fds): “Il Vaticano e Casini diano uno scossone al bipolarismo”

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Paolo FerreroE Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione Comunista, disse: Il Vaticano e Casini diano uno scossone al bipolarismo.

Il Vaticano e il centro cattolico di Pier Ferdinando Casini aiutino la politica italiana a rompere lo schema del bipolarismo. Le parole, a sorpresa, sono di Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione Comunista, intervenuto alla festa di Liberazione di Sala Baganza, provincia di Parma. E che lancia una proposta: i circoli della Federazione della Sinistra “adottino” un supermercato vicino a casa e, attraverso il sostegno ai lavoratori, organizzino uno sciopero del consumo per cambiare contratti come quello nazionale del commercio.

“Il bipolarismo? Sembra tifo calcistico”

La location da cui parla il primo segretario del Prc a non giungere dal Partito comunista (Ferrero ha iniziato in Democrazia Proletaria ed è arrivato al ministero delle politiche sociali nel secondo governo Prodi, anni 2006-2008) è quella di una provincia che, nelle strade del suo capoluogo, ha già detto che “tutto questo non lo accetterò più”. La celebre frase di “Quinto potere” ben si adatta all’esasperazione dei cittadini di Parma, che da settimane protestano contro l’amministrazione di centro destra di Pietro Vignali, invischiata in storie di tangenti sul verde pubblico, ma anche nei megabuchi delle partecipate.

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