Arnaldo Capezzuto: fare il giornalista a Napoli, Pandora TV su Vimeo.
(Via Vittorio Pasteris)

Una petizione affinché il monumento della strage del 2 agosto sia inserito nel programma Patrimoines per une culture de la paix. L’iniziativa parte dal club bolognese dell’Unesco e dall’Associazione tra i familiari delle vittime e di seguito il testo della raccolta di firme:
Alle ore 10,25 del 2 agosto 1980, alla stazione di Bologna, scoppiava una bomba a opera di terroristi. L’infame strage […] uccideva 85 persone, tra cui otto bambini, e ne feriva 200, tra cui 20 bambini […]. Lo squarcio nella parete […] ricorda a quanti passano dalla stazione la violenza perpretata a danno di cittadini inermi ed è un monito per non dimenticare quanto la violenza sia inutile e dannosa, per affermare il valore della giustizia e il bisogno di verità che deve essere assicurata. Quello squarcio, che incuriosisce e impressiona milioni di passanti, è il nostro patrimonio culturale materiale e immateriale, è un monumento che esprime il messaggio della memoria civile […]. Affinché la memoria non sia immobile nel tempo, ci si deve attivare per costruire nelle menti dei giovani le difese della pace.
Questo è uno dei sistemi per difenderla, la memoria, e per mantenerla viva, nell’imminenza del trentesimo anniversario della bomba del 2 agosto 1980. Per chi volesse contribuire, è possibile scaricare il modulo (pdf, 70KB) per la raccolta delle firme e, una volta compilato, inviarlo all’associazione.
Ustica, 30 anni dopo: chi sa parli, la campagna di Radio Città del Capo.
Claudio Vercelli è uno specialista in materia e già tempo addietro da queste parti era stato segnalato il suo Breve storia dello Stato d’Israele – 1948-2008. In questi giorni sta uscendo il suo nuovo libro, Storia del conflitto israelo-palestinese (Laterza) la cui presentazione anticipa questo:
Claudio Vercelli affronta, attraverso un’analisi dell’evoluzione del conflitto, dalla seconda metà del XIX secolo a oggi, gli elementi prioritari così come i nodi problematici che sono ancora sul tavolo della discussione: la terra, le identità nazionali, le risorse materiali e simboliche, le popolazioni, il ruolo delle religioni. L’obiettivo è quello di rendere comprensibili le dinamiche che stanno alla base della contrapposizione tra due comunità nazionali, la cui mancata soluzione ha creato le condizioni per l’ossessiva reiterazione del confronto. Ma oltre a una narrazione del conflitto, il lettore troverà indicazioni sulla formazione e la composizione degli attori in campo, a partire dagli stessi israeliani e palestinesi, e una analisi multidisciplinare dei motivi per cui questo conflitto ha assunto un significato paradigmatico che va al di là della sua concreta dimensione, divenendo il simbolo delle speranze e delle delusioni di una modernità difficile, sospesa tra libertà e ingiustizia, emancipazione e subalternità.
Qui l’indice del libro.
Inoltre, girovagando sul sito di Laterza, si trova anche un altro libro che merita di essere citato. Si tratta di Oltre la guerra fredda – L’Italia del «Ponte» (1948-1953) curato da Mimmo Franzinelli:
Nei sei anni compresi tra il trionfo di De Gasperi dell’aprile 1948 e la sconfitta della ‘legge truffa’ del giugno 1953, Piero Calamandrei, fra gli artefici della Costituzione, intensifica il suo impegno nel mensile da lui fondato e diretto, “Il Ponte”, diventato riferimento culturale laico alternativo sia alla Democrazia Cristiana sia al blocco social-comunista. Queste pagine offrono un’antologia della rivista nel suo periodo più vivace, con articoli su temi che spaziano dal federalismo europeo e le identità regionali alla riforma dello Stato; dall’ammodernamento della giustizia alla questione femminile; dalla funzione dell’intellettuale e l’opposizione all’influenza vaticana nelle istituzioni alle campagne contro la pena di morte, al riconoscimento dell’obiezione di coscienza al servizio militare. Il volume – articolato nelle sezioni Politica, Società e Cultura – testimonia un panorama significativo dell'”altra Italia”, delle potenzialità progettuali e della tensione morale di una generazione di intellettuali progressisti impegnata nel rafforzamento della democrazia. Attraverso gli scritti delle voci più significative che firmano la rivista – Aldo Capitini, Riccardo Bauer, Norberto Bobbio, Guido Calogero, Nicola Chiaromonte, Luigi Einaudi, Vittorio Foa, Franco Fortini, Arturo Carlo Jemolo, Augusto Monti, Adriano Olivetti, Gaetano Salvemini, Ignazio Silone, Leo Valiani, Ruggero Zangrandi – rivive un pezzo importante della storia d’Italia.
In questo secondo caso, l’indice completo è qui.
Beat Memories: The Photographs of Allen Ginsberg: una mostra che raccoglie scatti dagli anni Cinquanta agli Ottanta. In real life, l’esposizione si può vedere fino al 16 settembre prossimo al National Gallery of Art, ma considerando che Washington non è proprio dietro l’angolo, è stata predisposta online una galleria fotografica all’interno della quale vengono forniti i dettagli dei singoli scatti pubblicati. Inoltre è possibile acquistare il catalogo direttamente dal sito della NGA (49,95 dollari) oppure su Amazon (32,97 dollari). Per “ascoltarla”, invece, l’esposizione, si può optare un paio di mp3 (1 e 2).
Una recensione la si può leggere qui.
(Via BoingBoing)
American border troops and the Mexican Revolution. Si intitola così una collezione di venticinque immagini scattate tra il 1910 e il 1917, negli anni della rivoluzione messicana. Sono state recuperate e messe in rete all’interno delle digital collections, progetto curato dalla Southern Methodist University di Dallas. Qui una descrizione di dettaglio della collezione (che comprende anche cartoline postali, manoscritti e dipinti d’epoca) e qui è stato pubblicato altro materiale sulla storia messicana risalente a periodi differenti.
L’incendio della Narodni Dom di Trieste o il battesimo dello squadrismo. I fatti risalgono al 13 luglio 1920 e vengono raccontati sul blog di di Giuseppe Casarrubea attraverso le parole del nuovo dossier della “Nuova Alabarda” scritto da un anonimo triestino. Si intitola “Al bankan con furore. Ardua la vera verità sul Tenente Luigi Casciana. Si può sciogliere un nodo stretto da novant’anni?”:
Attorno alle ore 17, 30 si erano riuniti in piazza Unità d’Italia nazionalisti e fascisti per manifestare contro i cosiddetti jugoslavisti e gli slavi in genere ritenuti responsabili dell’uccisione, avvenuta due giorni prima a Spalato, del capitano Tommaso Gulli, comandante della nave militare Puglia e del motorista Aldo Rossi. La manifestazione a Trieste degenerò in innumerevoli atti di violenza e poi di devastazioni ai danni soprattutto della comunità slovena. Nella giornata, coinvolti nei disordini vi furono due morti, il diciassettenne apprendista cuoco del ristorante Bonavia, pugnalato in piazza Unità e un ospite dell’Hotel Balkan che si buttò da una finestra dell’edificio in fiamme. Vi furono altresì più di venti feriti. Tra questi un reduce nato a Caltanissetta ma residente a Trieste, superstite di due fratelli morti in guerra, il tenente Luigi Casciana del 142° reggimento di fanteria: ricoverato all’ospedale civile, ivi operato di laparotomia, la sera del 19 venne trasferito all’ospedale militare dove morì dopo poche ore. Una morte inopinata su cui venne aperta un’inchiesta. Il neo-costituito fascio di combattimento triestino rivendicò immediatamente con un comunicato la morte del Casciana come di un camerata e di un eroe fascista.
Sulla vicenda dell’Hotel Balkan se ne può leggere anche su Osservatorio Balcani.
Alberto Spampinato, direttore dell’osservatorio Ossigeno per l’informazione che si occupa di cronisti minacciati, ha inviato il testo riportato in forma integrale, su nuove intimidazioni. Si intitola “Giornalisti, strani ladri a casa di Silvia Resta (La7)” e accompagna un lancio Ansa che si trova sotto.
La strana incursione nell’abitazione della giornalista Silvia Resta ha un evidente significato intimidatorio e ricorda tempi bui che pensavamo di avere superato per sempre. Spero che desti l’attenzione e la solidarietà di tutti i giornalisti e di tutti quanti hanno a cuore il diritto di cronaca e la libertà di espressione. Suscita il nostro allarme perché si aggiunge a recenti episodi dello stesso segno che si sono verificati a Roma. In particolare fa pensare al furto dei computer presso la redazione di Articolo 21, a cui ha fatto seguito un “hackeraggio” selettivo sul sito dell’associazione stessa e la cancellazione delle notizie sulla presunta “trattativa” Stato-mafia e un’incursione informatica uguale sul sito della Fondazione Libera Informazione, dove un articolo particolarmente critico sulle indagini condotte a proposito della “trattativa” è stato sostituito con l’immagine di un teschio.
La stessa Silvia Resta lo scorso novembre è stata al centro di una forte contrapposizione quando ha protestato contro un intervento censorio del direttore de La7 che ha bloccato la messa in onda di una sua inchiesta sulla vicenda della presunta “trattativa”. Recentemente gravi minacce sono state indirizzate a un giornalista del Messaggero che ha osato scrivere a proposito di inspiegabili trattamenti di favore nei confronti di una organizzazione di estrema destra. E i sindaci dei municipi hanno manifestato contro chi scrive articoli non propriamente elogiativi. È evidente che l’informazione indipendente, autonoma, critica è sempre meno tollerata. Lo testimoniano numerosi altri episodi, a Roma e in tutta Italia, dove il numero dei giornalisti bersagliati da intimidazioni esplicite o subdole, e da minacce è alto, e sta aumentando. Non si può fare finta di niente. Chi protesta contro il bavaglio che verrebbe messo ai giornalisti con il ddl intercettazioni non può sottovalutare questi segni di imbarbarimento e di oscuramento dell’informazione.
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Quell’Italia autentica di Salani. L’attore e regista aveva tra l’altro dato volto e voce ad Andrea Purgatori nel film Il muro di gomma sull’abbatimento del DC9 di Ustica.
Dopo diversi mesi di silenzio (questione della taglia a parte), il 1987 fu l’anno in cui le indagini sulla morte di Jeanette May e Gabriella Guerin sembravano destinate a finire in un nulla di fatto, come poi accadde. Ma fu anche quello in cui si verificò un fatto che avrebbe riportato il nome della donna a occupare le cronache. Si trattava ancora una volta di una clamorosa rapina, avvenuta questa volta al Knightsbridge Deposit Centre di Brompton Road: perfetta nell’esecuzione, non venne sparato neanche un proiettile e si concluse con un bottino da capogiro, 60 miliardi di lire.
Per questo fatto nel 1993 venne arrestato a Roma un antiquario marchigiano, Agostino Vallorani, per la ricettazione di una parte della refurtiva e – sospettavano gli inquirenti – per aver ideato il colpo. Ma sull’uomo i magistrati capitolini pensavano anche altro: in contatto con Sergio Vaccari Agelli, i pubblici ministeri Andrea Vardaro ed Elisabetta Cesqui, titolari anche dell’indagine sull’omicidio del banchiere milanese, volevano capire se Vallorani potesse entrarci con la morte dell’antiquario assassinato nel settembre del 1982 – indicato nel frattempo come uno dei presunti boia di Roberto Calvi – e con quello dell’ex nobildonna inglese.
A dire che qualcosa, in quella direzione, poteva esistere fu un altro italiano finito in galera per la rapina del 1987. Si chiamava Valerio Viccei e anni più tardi avrebbe raccontato di quella spaccata, definita «il più grande colpo della storia», in un libro uscito postumo nel 2004 e intitolato Live by the gun, die by the gun. Nato ad Ascoli Piceno nel 1955, venne condannato alla fine degli anni Ottanta a settantadue anni di carcere – ridotti poi a trenta – per vari reati commessi in Gran Bretagna, dove se n’era scappato anche per motivi legati alla sua militanza nell’organizzazione di estrema destra dei Nuclei Armati Rivoluzioni (NAR). Prestante, scapestrato, circondato da belle donne e amante della vita lussuosa, buona parte di tutta quella galera se l’era guadagnata proprio per la rapina al Knightsbridge. Che era stata un’azione da film.
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