“Ad alta voce” inizia a Bologna con le “parole per l’Italia” di chi ha vissuto sulla propria pelle la storia recente del Paese

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Ad alta voce

Le prime parole per l’Italia le pronunceranno Nando Dalla Chiesa e i familiari delle tre associazioni vittime che hanno sede a Bologna, quelle della strage di Ustica del 27 giugno 1980, della bomba alla stazione scoppiata il successivo 2 agosto e della banda della Uno bianca, che colpì dal 1987 al 1994 uccidendo 24 persone. A loro, infatti, è affidato il via dell’undicesima edizione della maratona di lettura Ad alta voce che venerdì 7 ottobre e sabato 8 fa tappa nel capoluogo emiliano-romagnolo (le altre città sono Venezia, dove c’è stata la settimana scorsa, e Cesena, contemporanea a quella bolognese). Un’iniziativa che, volendo incentrarsi sui 150 anni dell’unità d’Italia, ha deciso di esordire domani alle 18 in prefettura proprio con chi un pezzo della storia del Paese ce l’ha scritto addosso o nella propria famiglia.
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Insegnare la storia degli anni Settanta: una tre giorni per parlarne a Bologna, la città del delitto Lorusso e della bomba alla stazione

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Landis, il laboratorio nazionale per la didattica della storia, ha organizzato per domani, dopo e venerdì (29 e 30 settembre e il 1 ottobre) una riflessione su cittadinanza e democrazia: il nodo degli anni Settanta. L’Italia nel contesto internazionale, che si terrà a Bologna presso la sala dello Zodiaco del Palazzo della Provincia (via Zamboni 13). Questi i contenuti che fanno da linea di congiunzione tra i vari interventi:

Anni di duri scontri sul piano sociale e politico, anni segnati da violente minacce alla democrazia e dal dispiegarsi della lotta armata, ma anche di riforme che hanno sicuramente rafforzato i diritti di cittadinanza e la partecipazione democratica. Anni che hanno segnato profondamente la città di Bologna, teatro dell’assassinio di Francesco Lorusso e della strage alla Stazione Centrale. Ma anche anni di un impegno civile e politico diffuso che ha contribuito alla tenuta delle istituzioni democratiche e al processo riformatore, dalla quale perciò è giusto che prenda il via una riflessione sulla costruzione della memoria e della storia e sulla “insegnabilità” di quella stagione.

Per comprendere a fondo tale periodo è importante allargare lo sguardo al contesto internazionale, in particolare a un’Europa occidentale impegnata in una faticosa transizione verso la democrazia (Spagna, Portogallo e Grecia), e a quel Sudamerica in cui si registrarono allora gravi fenomeni di involuzione autoritaria e che costituì l’implicito riferimento di tante scelte politiche, la cui vicinanza era forse particolarmente sentita per il gran numero di immigrati italiani che finirono impigliati nelle maglie della repressione. Il tutto nel quadro della Guerra fredda, custode di un ordine mondiale che pareva destinato a durare per sempre.

La nostra proposta è di porre tutti questi temi al centro di un convegno internazionale […] rivolto principalmente agli insegnanti e alle sezioni didattiche degli istituti della rete Insmli di tutta Italia. La dimensione internazionale sarà data principalmente dalla parte relativa alla didattica, con la partecipazione di studiosi stranieri, fra i quali alcuni rappresentanti di Euroclio (European Association of History Educators), esperti di controversial issues, perché pensiamo che – oggi come non mai – gli insegnanti italiani abbiano bisogno di un confronto con i loro colleghi di altri Paesi.

Il convegno è organizzato da Landis, con il patrocinio e il contributo finanziario della Regione Emilia-Romagna, il patrocinio e la collaborazione della Provincia di Bologna, il patrocinio dell’Ufficio Scolastico regionale, la collaborazione dell’Istituto Parri Emilia-Romagna, di Isrebo (Istituto per la Storia della resistenza e della Società Contemporanea nella Provincia di Bologna Luigi Bergonzini), del Cedost (Centro di Documentazione Storico-Politica sullo Stragismo), di Iris (Insegnamento e Ricerca Interdisciplinare di Storia) e di Euroclio (European Association of History Educators).

Qui il programma completo degli interventi, che inizieranno domani alle 15.

Torna “Storia della Gestapo” di Jacques Delarue, premio per la letteratura della Resistenza in Francia

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Storia della Gestapo di Jacques DelarueIn lingua originale è stato pubblicato dalle edizioni Fayard e, oltre a essere stato tradotto in diciassette lingue, vinse il Prix Littéraire de la Résistance. Ora la casa editrice Odoya ripubblica il libro di Jacques Delarue, classe 1919, intitolato Storia della Gestapo, in uscita il prossimo 12 settembre:

I personaggi, le azioni, la propaganda, le strategie della temibile polizia politica di Hitler. Dalla nascita dell’organizzazione, fino al suo declino in un crescendo di orrore raccontato fin nei gangli del suo meccanismo. Dai sotterfugi attuati per screditare gli oppositori (come l’incendio del Reichstag), fino al perfezionamento delle strumentazioni per il controllo della popolazione (come le intercettazioni), la sua storia spiega come la Gestapo riuscì a creare un dominio reticolare e a tenere di fatto intatto il regime fino a quando i suoi stessi capi non si scontrarono tra loro per il dominio.

Per quanto riguarda le notizie biografiche sull’autore, ecco cose si dice:

Jacques Delarue è stato operaio della Renault di Boulogne-Billancourt dal 1935, poi agente della polizia regionale di Stato di Limoges, impegnato nella Resistenza francese, arrestato e imprigionato fino alla liberazione. Reintegrato nella polizia, è stato chiamato nel dicembre 1945 presso la Direzione centrale della polizia giudiziaria, dove ha partecipato a numerose indagini sui crimini nazisti in Francia. Comandante della X regione militare ad Algeri nel 1957, è attualmente vicepresidente dell’Associazione per gli studi sulla Resistenza (Aeri).

“Riot’s not dead”: su Libération un articolo che ricostruisce la storia delle rivolte raccontate in musica

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The Clash - Joe Strummer, Mick Jones et Paul Simonon. 1978, AFP

Su Libération viene pubblicato un bell’articolo di Philippe Brochen intitolato Les «riot songs» ou la contestation en chansons. Musica e contestazione, dunque, sulla scia di quanto avviene al di là della Manica, per andare a ricostruire una storia che passa attraverso alcuni eventi e le loro rappresentazioni in chiave rock o punk.

Tra quelli citati, i Clash e la loro White Riot (correva l’anno 1977) o le “riot girl”, espressione con cui si comprendevano negli anni Settanta The Runaways, The Slits, Patti Smith e in seguito anche Siouxie Sioux e Nina Hagen. E ancora Sonic Youth con Teen Age Riot (1988) per arrivare a tempi più recenti (2006) con gli Artic Monkeys e la loro Riot Van.

Questi sono solo alcuni dei musicisti che hanno dato voce alle rivolte e che sono entrati nell’articolo di Libération. Perché, come conclude Brochen nel suo pezzo, “riot’s not dead”.

Aldo Giannuli: riflessioni su un'”idea della Storia dura a morire”

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Aldo Giannuli ha pubblicato qualche giorno fa sul suo blog un intervento a proposito di una idea della Storia dura a morire. L’assunto di partenza è questo:

C’è una idea dura a morire – e che riecheggia in molti interventi variamente modulata – per la quale la Storia è una specie di ancella della politica cui spetta essenzialmente un ruolo di fiancheggiamento propagandistico finalizzato a tenere serrate le fila e, possibilmente, a reclutare consensi nel campo altrui. Naturalmente, non ci è ignoto che la storia ha un ruolo importante nel definire identità collettive, giustificare aspettative, fissare confini ecc., ma questo si colloca ad un livello più alto della propaganda e soprattutto della propaganda spicciola per cui facciamo l’elenco dei rispettivi crimini ed orrori.

Per inciso: se la mettiamo sul piano di chi ha fatto più massacri ed affini, nessuno se la passa tanto bene: i nazisti hanno ottime probabilità di arrivare primi, ma cristiani, comunisti, liberali, legittimisti ecc. non è che si collochino tanto più in basso e neppure socialisti ed anarchici (che presumibilmente occuperebbero i gradini bassi della scala) andrebbero del tutto esenti da qualche ricordo sgradevole.

E nel seguito della riflessione invita a non soffermarsi solo sugli eventi più recenti, ma a risalire a catena la linea della storia. Perché ogni evento è collegato a un precedente con una linea di continuità da cui non si può prescindere. Continua qui.

Vivere la cultura: due giorni a Roma per discutere della situazione e di prospettive

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Vivere la cultura“Giornate del lavoro culturale”, quelle che, dal bianciardiano retrogusto, si terranno a Roma il 24 e il 25 giugno prossimi. Il titolo della manifestazione è Vivere la cultura, è organizzata dal Consorzio Baicr Sistema Cultura e, tra le ragioni del suo essere, trova queste:

Lo sviluppo e il declino di una nazione – dicevano gli economisti di un tempo – dipendono dalla ricchezza che è in grado di creare e riprodurre; ma una parte essenziale di questa ricchezza – dicono gli economisti di oggi – è fatta di capitale sociale e di capitale umano, ovvero di persone e di cultura, intesa in senso lato come patrimonio di conoscenze, saperi, competenze, abilità, che le generazioni si sono trasmesse l’un l’altra nel corso della storia.

Il lavoro culturale rappresenta in Italia l’attività concreta di centinaia di migliaia di persone, moltissimi giovani, che intorno ad esso costruiscono non solo sogni e idee, speranze e illusioni, ma la propria autonomia economica e il proprio progetto di vita ideando percorsi professionali e di ricerca spesso originali.

Per saperne di più è possibile scaricare la brochure dell’evento (pdf, 1,4MB) mentre dal programma pubblicato sul sito è annunciata la partecipazione tra gli altri di Giuseppe Vacca (presidente Fondazione Istituto Gramsci), Fabio Del Giudice (direttore della fiera della piccola e media editoria Più Libri Più Liberi), Riccardo Chiaberge (direttore di Saturno, supplemento culturale del “Fatto Quotidiano”) e Luca De Biase (Il Sole 24 Ore), oltre a molti artisti e operatori del settore.

Il Caso S. – Dialogando di storia, qualcosa ne verrà fuori. Ci provano aspiranti accademici dell’università di Bologna

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Il caso S

Nasce il Caso S. – Dialogando di storia, qualcosa ne verrà fuori, progetto creato da aspiranti storici dell’Alma Mater di Bologna che si presentano in questi termini:

Il Caso S. è un progetto di comunicazione storica animato da studenti che provano a mettersi in gioco con l’unica merce di cui sono produttori: le semplici ricerche che ognuno di noi conduce quotidianamente. La nostra idea di partenza è presto detta. Crediamo che le scienze sociali, tutte, non possano ridursi a svolgere un ruolo di sostanziale mantenimento dello status quo, ma debbano mettere in pratica tutto il loro potenziale critico. Crediamo che la sfida fondamentale, oggi come mai, sia quella di socializzare i saperi, piuttosto che confinarli negli spazi sempre più stretti di un dibattito per soli addetti ai lavori.

Qui alcuni degli argomenti affrontati finora.

Carmilla Online: intervista esclusiva alla Santa Muerte

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Santa Muerte. Mexico's cult of Holy Death

Di Santa Muerte si è parlato varie volte da queste parti attraverso reportage fotografici pubblicati dal Time e dal National Geographic. Ora Carmilla online ha pubblicato una curiosa (ed esclusiva) intervista realizzata da Fabrizio Lorusso di L’America latina proprio a questa “trista mietitrice”. Eccone un passaggio:

Domanda. Quali sono le sue origini, Santissima?
Risposta. Uh! Beh, bimbo, ti racconto che la mia immagine ha più di mille anni, è un mix di iconografie giudeo-cristiane e greco-romane. Che roba, eh? Come mi vedi adesso, qui accanto a te, è proprio come mi dipingevano nel medioevo e nel barocco in Italia, Spagna, eccetera. Ballavo sempre su quelle tele nelle danze macabre appese sulle pareti delle chiese e degli ossari. A Teglio, un posto che conosci bene, in Valtellina e lì in giro, per esempio, c’è un ossario meraviglioso dove mi han fatto un bel lavoretto fotografico, cioè degli affreschi, dato che all’epoca la foto ancora non c’era….sai era il diciassettesimo secolo. Ah, e poi, scheletricamente, solevo stare in testa alle processioni del Venerdì Santo sui carri della morte. Pregiatissima.

Continua qui.