Silvio Forever, “autobiografia non autorizzata” di Silvio Berlusconi, un film di Roberto Faenza e Filippo Marcelloni.
(Via Ciro Pellegrino)
Silvio Forever, “autobiografia non autorizzata” di Silvio Berlusconi, un film di Roberto Faenza e Filippo Marcelloni.
(Via Ciro Pellegrino)
Malgrado i problemi che il governo ha da diversi mesi a questa parte, ha trovato il tempo per un provvedimento che non c’entra nulla con le tempeste giudiziarie del presidente del consiglio del ministri. Il quale deve aver ritenuto ad alta priorità la proroga fino a scadenza naturale (nel 2014) del segreto di Stato sulla vicenda di Graziella De Palo e Italo Toni, i due giornalisti italiani scomparsi da Beirut il 2 settembre 1980.
Già pochi giorni fa Emilio Fabio Torsello tornava a sottolineare su Diritto di cronaca che il governo dimentica il caso Toni-De Palo. E se ne dimentica al punto che la decisione di non rimuovere il segreto di Stato ancora per tre anni è stata presa il 27 dicembre 2010. Nessuno però ha avvisato fino a ieri i familiari, che adesso rischiano di essere scippati anche degli impegni in precedenza presi: la ricerca dei corpi affidata all’Aisi, l’inserimento dei due giornalisti tra le vittime del terrorismo e l’autorizzazione alla divulgazione e alla copia dei pochi documenti declassificati lo scorso anno (ma solo leggibili).
Da queste parti, sono stati scritti altri testi per raccontare questa storia:
Dopo aver preso la parola a fine gennaio, Licio Gelli torna a raccontare la “sua” versione e lo anticipa l’Ansa scrivendo di un’intervista più ampia in uscita domani. Ecco di seguito quanto si può leggere.
“Giulio Andreotti sarebbe stato il vero “padrone” della loggia P2? Per carità… Io avevo la P2, Cossiga la Gladio e Andreotti l’Anello”. L’Anello? “Sì, ma ne parleremo la prossima volta”. Con poche parole l’ex venerabile Gelli conferma per la prima volta che il senatore Andreotti sarebbe stato il referente di un’organizzazione quasi sconosciuta, un sorta di servizio segreto parallelo e clandestino, un possibile anello di congiunzione tra i servizi segreti (usati in funzione anticomunista) e la società civile.
Il settimanale Oggi, che pubblica l’intervista a Gelli nel numero in edicola domani, ha chiesto un commento ad Andreotti, che con queste parole ha fatto sapere di non voler commentare. Gelli dice: “Se avessi vent’anni di meno, mobiliterei il popolo, bloccherei ferrovie e autostrade per protestare contro l’ingerenza dell’Europa. Per bloccare chi vieta di esporre il crocifisso negli edifici pubblici”.
Sulla P2, Licio Gelli tra l’altro dice: “La rifarei. Anche se tanto del mio Piano di rinascita è stato realizzato. Mi sarebbero bastati altri quattro mesi. Solo quattro. E avrei cambiato il sistema politico senza colpo ferire”. L’ex venerabile dà un giudizio negativo su Berlusconi: “La sua politica non mi piace. Si è dimostrato un debole, ha paura della minoranza e non fa valere il potere che il popolo gli ha dato. Oggi il Paese è in una fase di stallo. Molto pericolosa. Berlusconi è stato troppo goliardico, avrebbe dovuto dedicare più tempo ad altri incontri, ad altre cene”. Lapidario il giudizio su Gianfranco Fini: “È un uomo senza carattere”.
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Lettera43, il quotidiano online diretto da Paolo Madron, pubblica la storia del Caimano alla tedesca, raccontando del documentario franco-tedesco Die Akte Berlusconi, prodotto da Arte.tv e Zdf e realizzato da Maria Rosa Bobbi e Michael Busse. Se il video può essere visto in versione integrale qui (per buona parte in tedesco), l’articolo anticipa che:
«Il tycoon di Mediaset vuole davvero plasmare l’Italia a immagine e somiglianza del piano di “rinascita democratica” della loggia di Licio Gelli Propaganda Due?» L’ipotesi è stata portata avanti per tutti i 52 minuti della pellicola […] che i documentaristi hanno girato, partendo dal presupposto di perseguire una tesi predefinita, sulla base della mole del materiale raccolto. Così, minuto dopo minuto, nel lavoro di Bobbi e Busse, “premiata coppia” che in 30 anni […] ha confezionato 50 documentari su commissione, ha preso corpo un parallelo tra l’Italia odierna del governo Berlusconi e quella disegnata, negli anni ’70, dagli uomini di Gelli, fino a quando, nel 1981, con la pubblicazione delle liste, non esplose lo scandalo P2 […]. Dagli indizi che vogliono la sua carriera di imprenditore costruita grazie ai soldi e alla protezione della mafia all’incontrastato potere di manipolazione dell’opinione pubblica raggiunto con le sue tivù, com’è possibile, si sono chiesti i due filmmaker nella versione franco-tedesca del Caimano, che Berlusconi, nonostante le ripetute violazioni, finora l’abbia sempre fatta franca, superando indenne ben oltre 20 procedimenti giudiziari?
L’articolo merita di essere letto per esteso. Tra gli intervistati nel documentario, invece, il senatore Sergio Flamigni, i magistrati Gherardo Colombo e Mario Ristuccia, il colonnello della guardia di finanza Guido Mario Geremia, don Antonio Gallo, il giornalista Raffaele Fiengo, l’imprenditore Francesco Di Stefano (l’editore di Europa 7, inciampata nel cosiddetto lodo Rete4), il politico Leoluca Orlando, l’architetto del premier Mario Catalano e lo stesso pluricitato nel video Licio Gelli (tornato a parlare poche settimane fa). C’è margine per sperare che una tivù italiana ne acquisti i diritti e lo trasmetta anche nel Belpaese?
Un altro libro in uscita da mettere nella lista dei testi da leggere. È La lobby di Dio di Ferruccio Pinotti (Chiarelettere). Come anticipa l’autore sul suo sito:
Più potente dell’Opus Dei, più efficiente della massoneria. Questo libro racconta per la prima volta dall’interno come funzionano Comunione e liberazione e il suo braccio finanziario, la Compagnia delle opere (una rete di più di 34.000 imprese, un fatturato complessivo di almeno 70 miliardi di euro). Un potere che sembra inarrestabile […]. Con la tecnica del racconto in presa diretta, si propone la prima vera inchiesta su Cl con interviste esclusive ad alcuni appartenenti ai Memores Domini, i “monaci guerrieri” che praticano la castità e vivono in residenze comuni, secondo uno stile di vita che molto ricorda quello dei numerari dell’Opus Dei (Formigoni è il più illustre tra i Memores Domini). Insieme ai Memores, la testimonianza dura e lucidissima di un fuoriuscito dal movimento […] e quella di uno psicoterapeuta che ha conosciuto molti militanti di Cl e ne racconta fragilità e paure […].
Fondamentali la politica e gli affari: i rapporti del movimento con Berlusconi fin dagli anni Settanta (nel 1978 nasce “Il Sabato”, il settimanale di Cl finanziato dall’attuale premier) e i legami con la sinistra (Bersani al Meeting di Rimini 2003: “Solo l’ideale lanciato da Cl negli anni Settanta è rimasto vivo”) e con la Lega Nord. Dall’università alla scuola, alla sanità, alla finanza, all’edilizia, ai servizi sociali e all’assistenza, quello legato a Cl è un business che vale miliardi di euro e seduce tutti, imprenditori, politici e uomini d’affari. Non senza conseguenze giudiziarie, come dimostrano le inchieste Oil for Food, Why Not, La Cascina, oltre a quella della Procura di Padova sui fondi Ue o i procedimenti che hanno toccato la sanità lombarda.
Un po’ di rassegna stampa si trova qui.
(Via Misteri d’Italia)
A proposito delle revisioni storico-politiche di questi giorni, è interessante il post che Marco Damilano pubblica sul blog Lost in politics a proposito di quello che unisce Craxi a Berlusconi:
Non è l’amicizia, come ha detto oggi Berlusconi all’uscita di casa del cardinale Ruini. Meglio del Cavaliere lo spiega una pagina del diario di Walter Tobagi, pubblicata nello stupendo libro della figlia Benedetta “Come mi batte forte il tuo cuore” (Einaudi).
«30 ottobre 1979. Il “Corriere” pubblica oggi un’intervista anonima a Craxi. Se l’è scritta Craxi da solo. Pilogallo mi racconta che il testo l’hanno portato Tassan Din e Angelo Rizzoli alle otto e mezzo di sera, i quali l’hanno consegnato a Di Bella. E Di Bella ha ritagliato le risposte, le hanno incollate su altri fogli, scrivendo di suo pugno (meglio: ricopiando) le domande che Craxi s’era fatte da solo. È vergognoso: sia per Craxi che per Di Bella».
Gli editori Bruno Tassan Din, Angelo Rizzoli e il direttore del “Corriere” Franco Di Bella erano iscritti alla loggia P2. Come Berlusconi, data di affiliazione 26 gennaio 1978, tessera numero 1816. E la singolare concezione della libertà di stampa, le autointerviste, non è l’unica cosa che collega Craxi a Berlusconi. Il volantino di rivendicazione dell’omicidio del giornalista fu ritrovato nella valigia di Licio Gelli a Castiglion Fibocchi. Craxi andò a casa Tobagi a spiegare alla vedova che conosceva importanti documenti sull’assassinio del marito, ma che non poteva produrli per senso di responsabilità. La signora Maristella mise il segretario del Psi alla porta, «poi un pianto dirotto. È stato Craxi a provocarlo. A casa nostra non mise più piede». Per queste pagine Stefania Craxi ha accusato Benedetta Tobagi di «farneticazioni, allucinazioni, incapacità di uscire dal suo ruolo di figlia». Lei ne sa qualcosa.
Walter Tobagi, ricorda Benedetta, era socialista, aveva apprezzato l’elezione di Craxi alla segreteria del Psi nel ‘76, ma le sue speranze si affievolirono ben presto. Fu ucciso sotto casa, da una banda di aspiranti brigatisti il 28 maggio 1980. Il suo assassino Marco Barbone si è pentito, è stato subito scarcerato, è responsabile comunicazione della potente Compagnia delle Opere. A maggio sono trent’anni che siamo stati privati di Tobagi: chissà se anche Walter avrà un messaggio di commemorazione.
Il libro si intitola Corpo morto e corpo vivo. Eluana Englaro e Silvio Berlusconi, è firmato da Giulio Mozzi ed è stato pubblicato poco tempo fa da Transeuropa Edizioni. Qui (via Vibrisse) Giulio ne parla e per leggerne un po’ si veda invece qui.
Parlare di dati di fatto e non di lenzuola è la richiesta. Anche se ci sarebbe da discutere quanto siano di lenzuola vicende che dalle camere da letto finiscono nelle aule della politica, da quella locale a – quasi – quella europea (per tacer del concetto di corpo femminile propagato dalla classe cosiddetta dirigente), l’invito non solo lo hanno colto, ma lo hanno anticipato due giornalisti, Peter Gomez (L’Espresso) e Antonella Mascali (Radio Popolare). Farabutti anche loro, probabilmente, per qualcuno. A maggior ragione, per quei qualcuno, dopo aver scritto a quattro mani il recentissimo Il regalo di Berlusconi – Comprare un testimone, vincere i processi e diventare premier. La vera storia del caso Mills (Chiarelettere):
Bisogna cominciare da qui. Dalle motivazioni della sentenza di condanna che il 17 febbraio 2009 ha inflitto quattro anni e mezzo di carcere in primo grado a David Mills, l’avvocato inglese, marito di un ministro laburista, creatore a partire dal 1978 della rete delle società offshore del gruppo Fininvest. Un documento eccezionale, solo in parte raccontato da giornali e tv, in cui si spiega come dietro le assoluzioni di Berlusconi nei vecchi processi (corruzione della Guardia di Finanza) ci sia la falsa testimonianza di Mills. E in cui, finalmente, viene alzato il coperchio sul sistema di fondi neri che ha garantito al Cavaliere anni di guadagni esentasse: centinaia di milioni di euro sottratti allo Stato. Tutto grazie a lui, Mills, il professionista foraggiato da Berlusconi prima con 10 miliardi di lire e poi con una tangente da 600 mila dollari.
Sarà dunque interessante leggere le parole usate dai due giornalisti per raccontare la vicenda contenuta nella sentenza Mills. Per chi volesse poi confrontare il libro al documento ufficiale e se lo fosse perso quando venne pubblicato dalla versione elettronica di alcuni quotidiani, può scaricare la sentenza da qui (file zip, 7,9MB).
Il testo che segue è stato scritto da Jean Paul Pougala, autore del libro uscito per Einaudi con il titolo In Fuga dalle tenebre, una denuncia sia delle condizioni sociali in Africa che di quelle di immigrato in Italia (lo scrittore di origine camerunense ha infine acquisito la cittadinanza l’estate scorsa). È una lettera aperta che, datata 2 aprile 2009, Pougala indirizza da Moncalieri al presidente del consiglio e che viene pubblicata il giorno successivo sul sito di Peacelink per affermare che “passano i giorni e l’odio del Suo governo verso gli stranieri dimostra di non avere limiti”. Non si può che riportarla integralmente.
Presidente Berlusconi,
Una settimana dopo l’insediamento del Suo governo, il ministro dell’Interno dichiarava ad una trasmissione televisiva, con una ingenuità sconcertante, che tutti potevano constatare che da quando il Suo governo era ritornato al potere, non c’erano più sbarchi dei migranti sulle coste meridionali del Paese. Egli contrapponeva il presunto lassismo del precedente governo della sinistra al nuovo pugno duro della destra al potere. Soltanto che non aveva consultato la meteorologia per accorgersi che in quei giorni il mare era mosso e impediva a quei morti di fame di mettersi in viaggio.
Qualcuno è veramente convinto che esista uno solo dei migranti che prima di mettersi in viaggio si preoccupa di una qualche legge restrittiva fatta in Italia o altrove? Lei pensa che il famoso “Libretto Rosso”, che bollava i migranti italiani in America negli anni 20 come “analfabeti” e li costringeva alla “quarantena”, li scoraggiasse veramente a sbarcare nel “nuovo mondo”?
Presidente, da che mondo è mondo, i poveri che vivacchiano qui è là alla ricerca di una vita felice non hanno mai goduto di alcuna libertà.
Hanno sempre subìto. Oggi i paesi poveri si vantano del fatto che i soldi loro mandati a casa dai loro emigrati nei paesi ricchi sono il doppio dei soldi dei vari prestiti che ricevono dal sistema finanziario internazionale, anche se nel paese di arrivo sono trattati peggio dei topi da schiacciare.
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Questo articolo, L’erede della loggia P2 – argomento su cui si è tornati alcune volte in questo periodo (e a breve ci saranno ulteriori novità sempre in tema) – è stato pubblicato oggi sul quotidiano Liberazione a firma di Dino Greco. Direi che interpreta correttamente alcune analogie tra passato e presente e che rende in termini altrettanto corretti gli adattamenti del precedente piano allo stato attuale.
Il Paese, la democrazia repubblicana sono sotto scacco. Al rifiuto del Capo dello Stato di controfirmare il decreto che ordina di riprendere l’alimentazione forzata di Eluana Englaro, Berlusconi risponde con la convocazione delle Camere (anche se non rientra nei suoi poteri farlo) per approvare, a tamburo battente, attraverso il voto di fiducia, una legge che risolva in radice l’oggetto del contenzioso. Sembra che, nelle ultime ore, questa tracotante intenzione abbia incontrato, nella stessa maggioranza e specialmente nel Presidente della Camera, qualche significativo contrasto. E che, “in articulo mortis”, l’uomo di Arcore sia stato costretto a scegliere una strada formalmente meno dirompente: un disegno di legge affidato ad un percorso parlamentare accelerato. Ma resta, tutta intera, l’intenzione eversiva, l’insofferenza sempre più marcata verso ogni e qualsiasi regola o potere che si frappongano all’esercizio del suo potere assoluto. Si guardi alla successione di eventi di questa convulsa giornata. Prima Berlusconi si scaglia contro il presidente della Repubblica, accusato di avallare con il suo diniego niente meno che il reato di «omissione di soccorso di una persona in pericolo di vita». Poi, in un crescendo rossiniano, dichiara che la decretazione d’urgenza, il ricorso al voto di fiducia, rappresentano il modo ordinario, necessario, di governare. E se ciò non bastasse – ma i nessi logici si fanno qui assai laschi – si rammenti che è sempre possibile tornare dal popolo sovrano per ottenerne un mandato plebiscitario a cambiare la Costituzione. In un sol colpo, il caudillo italiano squaderna l’intero suo repertorio, ereditato – come è sempre più evidente – dal «programma di rinascita democratica» del «venerabile maestro» Licio Gelli: minaccia il capo dello Stato e ne usurpa le prerogative, ignora la sentenza della Corte di Cassazione, si sbarazza del Parlamento, attacca con ossessione compulsiva la Costituzione, travolge ogni senso di laicità dello Stato per conformarsi alle pulsioni più reazionarie della gerarchia vaticana, esercita un’inaudita violenza sul corpo di una donna costringendola a protrarre un’esistenza puramente vegetativa, compie un gesto di crudele sopraffazione sulla sua famiglia. Ve n’è più che abbastanza per comprendere che – forse come non mai in questa pessima stagione politica – si sia superata la soglia di guardia, oltre la quale sono davvero messe a repentaglio la democrazia e le libertà fondamentali. Non è bene attendere che la corsa si fermi in fondo al piano inclinato. Perché allora potrebbe essere troppo tardi. Occorre mobilitarsi, da subito, in tutto il Paese, costruendo la massima unità.