“Se la colpa è di chi muore”: Fabrizio Ricci racconta la vergogna della Umbria Olii

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Se la colpa è di chi muore di Fabrizio RicciSi chiama Fabrizio Ricci il giornalista che firma il libro appena pubblicato Se la colpa è di chi muore:

Se la colpa è di chi muore è destinato a scuotere le coscienze dei cittadini: Giuseppe Coletti, Tullio Mottini, Vladimir Thode e Maurizio Manili non sono soltanto 4 dei 1.300 lavoratori che vengono uccisi ogni anno nei cantieri e nelle fabbriche, ma sono dei cittadini assassinati due volte. La prima il 25 novembre 2006, durante l’esplosione dei silos dello stabilimento della Umbria Olii. La seconda quando l’amministratore delegato dell’azienda, e unico indagato nel processo penale per le loro morti, ha avanzato al tribunale civile una richiesta di risarcimento ai figli e ai famigliari delle vittime: 35 milioni di euro per i danni causati dalla loro imperizia. Fabrizio Ricci ricostruisce le drammatiche sequenze dell’incidente e le successive, grottesche vicende giudiziarie: assieme, offre uno spaccato della tragedia delle morti bianche e chiarisce quanto sia sicuro lavorare nel nostro Paese e a quale costo.

La vicenda narrata nel libro è questa e per leggerne ancora si può andare qui e qui.

Sul blog di Giuseppe Casarrubea la storia di Maria Adelaide Tucci in via Tasso

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Sul blog di Giuseppe Casarrubea si parlava nei giorni scorsi di via Tasso:

Ricorre domani [ieri, NdB] il 66° anniversario dell’arresto di Maria Adelaide Tucci, sposata Riccio, vivandiera e portalettere degli ufficiali della Regia Marina che hanno aderito al governo del maresciallo Badoglio, e che, pertanto, sono perseguitati dalle truppe tedesche a Roma. È il 18 febbraio 1944 quando le SS, guidate da Erich Priebke e seguite da due repubblichini, si presentano a casa della donna. Forzano la porta e irrompono nell’appartamento. Dopo poche ore la signora, appartenente alla borghesia di tradizione monarchica della capitale, è già in via Tasso al cospetto di Herbert Kappler.

Qui è sottoposta a vari interrogatori. I nazisti cercano “un taccuino nero zeppo di nomi, indirizzi e notizie sulla resistenza della Regia Marina a Roma e dintorni”. Non cavano, però, un ragno dal buco e così, dopo 56 giorni di prigionia, il 16 aprile 1944, “Milaide” è liberata grazie alla provvidenziale intercessione di Trude Zeiss, una tedesca amica della famiglia Riccio, ma anche di Herbert Kappler. Ecco in pdf il racconto della figlia Bianca, pubblicato dal quotidiano l’Unità il 13 maggio 1994:

Il racconto di Bianca Riccio 1
Il racconto di Bianca Riccio 2

Via Tasso, da Life. Per leggere il testo integrale della Memoria scritta da Maria Adelaide Riccio nel maggio 1970, clicca qui sotto:

Memoria di Maria Adelaide Riccio
Scheda su Tullio Riccio

Questi due documenti provengono dall’Archivio di famiglia di Alessandra Baduel, figlia di Bianca Riccio e nipote della signora Maria Adelaide Tucci in Riccio. Alessandra Baduel, che ringraziamo vivamente per il suo prezioso dono, è giornalista del quotidiano la Repubblica.

Quello di Casarrubea è un blog da seguire, per chi nutre passioni storico-politiche. Perché qui ne troverà di documentazione originale da poter consultare.

Zahra’s Paradise: da domani in rete un romanzo a fumetti sull’Iran contemporaneo

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Zahra's Paradise

Da domani, venerdì 19 febbraio, inizierà a uscire online il fumetto Zahra’s Paradise sull’attuale situazione politica e sociale in Iran. Le puntate saranno poi raccolte in un libro che verrà pubblicato il prossimo anno. Così lo racconta BoingBoing:

Scritto da Amir, un attivista per i diritti umani, e illustrato da Khalil, Zahra’s Paradise ricostruisce la storia di un blogger iraniano che cerca suo fratello, Mehdi, diciannovenne scomparso da Tehran dopo le proteste del giugno 2009. Quando il blogger e sua madre, Zahra Alavi, iniziano a cercare Mehdi, veniamo trasportati nell’elaborato labirinto della Repubblica Islamica in cui sono svaniti molti dissidenti nel corso degli ultimi decenni. Nonostante i personaggi non siano reali, il contesto e gli eventi invece lo sono.

“Eroi moderni”, a Terni per parlare delle vittime della mafia

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Domani a Terni, per la seconda giornata della legalità, si parlerà in due riprese di Eroi moderni: per non dimenticare le vittime della mafia: la prima il mattino con gli studenti e la seconda nel pomeriggio, a partire dalle 17.30, a Palazzo Primavera. E saranno presenti i familiari di alcune di queste vittime per raccontarne la storia. Queste le voci che si alterneranno:

  • i coniugi Agostino: genitori dell’agente di polizia, Nino Agostino, ucciso il 5 agosto del 1989 a Villagrazia di Carini insieme alla moglie Ida Castellucci, incinta di cinque mesi di una bambina
  • Sonia o Francesco Alfano: figlia (presidente dell’Associazione nazionale familiari vittime della mafia) o figlio (membro del consiglio direttivo dell’Associazione nazionale familiari vittime della mafia) di Beppe Alfano, giornalista, professore e politico italiano nato a Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messima dove fu ucciso dalla mafia l’8 gennaio del 1993
  • Gianluca Manca: fratello di Attilio Manca, giovane urologo di fama internazionale ucciso a Viterbo il 12 febbraio del 2004 in circostanze misteriose

A moderare ci sarà il giornalista Gianni Lannes, direttore di Italia Terra Nostra.

“Bocca, occhi, orecchie”, documentario sulle Alpi albanesi di Osservatorio Balcani

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Foto di Andrea PandiniBocca, occhi, orecchie. Un viaggio nelle Alpi albanesi è un documentario prodotto da Osservatorio Balcani (grazie anche al sostegno della regione autonoma del Trentino-Alto Adige) e girato da Micol Cossali e Davide Sighele:

Michael studia l’indoeuropeo, Gianni è arbëresh e insegna albanese presso l’Università della Calabria, Monica è stata la prima in Italia a ottenere un dottorato in albanologia. Un gruppo di linguisti e un viaggio in Albania tra parole, cime maestose e luoghi ai margini. Seguendo una ricerca sulle culture minoritarie dell’Europa allargata, “Bocca, occhi, orecchie” traccia un ritratto unico di un mestiere inconsueto e apre uno sguardo molto particolare sull’Albania di oggi, la sua cultura, il suo paesaggio.

Dura 33 minuti ed è corredato da un reportage realizzato con le fotografie Andrea Pandini. Qui invece per vedere il trailer del documentario.

Arte di strada: un documentario la racconta attraverso l’esperienza diretta

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Un documentario che dura meno di venti minuti per raccontare approccio e tecniche dell’arte di strada attraverso l’esperienza di sei dei principali artisti (singoli o collettivi) statunitensi: Faile, Skewville, Mike De Feo, Dan Witz, Espo e Tiki Jay One. Si intitola Open Air, Street Art – Graffiti Documentary, rientra all’interno delle attività del Public Arts Studies Program dell’Università della California ed è stato selezionato per il Coney Island Film Festival e il Freewave International Film Festival.

(Via WoosterCollective.com)

Nomadica: il festival del cinema e delle arti di malastrada.film

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Nomadica - Festival del cinema e delle artiLa newsletter di malastrada.film annuncia la nascita di Nomadica – Festival del cinema e delle arti:

Il Nomadica, ideato da malastrada.film e promosso e sostenuto da decine di realtà in tutta Italia, è un festival nato col fine di creare un circuito di distribuzione dal basso, una rete fatta di spazi e realtà valide e interessate, che proiettano, propongono, sostengono, diffondono centinaia di film – al di là di generi, tecniche e durate. Una rete attualmente composta da circa 40 realtà che aumenteranno ancora e ancora nei prossimi mesi e che saranno in contatto tra loro dando vita a delle possibilità di diffusione davvero uniche. Un festival povero e nomade, per una cultura ricca e senza freni di sorta, che avrà inizio ad aprile 2010 e andrà avanti ad libitum.

Qui i dieci punti rilevanti della manifestazione.

A parole, in breve: “Ultimi. Inchiesta sui confini della vita”

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Ultimi di Rita PennarolaIl libro di cui si occupa la nuova puntata di A parole, in breve, in programmazione su GNUFunk Radio giovedì prossimo alle 20.20, è Ultimi. Inchiesta sui confini della vita di Rita Pennarola (Tullio Pironti Editore, 2010):

Questo libro si propone di sgombrare il campo da tutta la propaganda e da tutte le suggestioni che, in materia di inizio e fine vita, hanno finora oscurato gli aspetti puramente biologici dei due fenomeni. Non è per motivi etici, morali, religiosi o sociali che, come è accaduto finora, i due momenti chiave dell’esistenza vanno ripensati. Il ripensamento nasce dalla comprensione dei diversi passaggi fisiologici che caratterizzano, sulla sola base delle leggi naturali, la nascita e la morte. Due momenti in cui l’essere umano è davvero “ultimo”, privo in se stesso anche di quelle tutele che la natura assegna agli unicellulari per sfuggire ai pericoli. Ed è su loro, sugli “ultimi”, che si accendono qui le luci, attraverso una panoramica aggiornata sia delle acquisizioni in materia, sia delle carenze presenti negli impianti legislativi che, nei diversi Paesi, prescindono da una piena e completa consapevolezza delle conoscenze scientifiche relative ai fenomeni cui ci si riferisce, diffondendo fra i cittadini concetti falsi (come il prelievo di organi “da cadavere”) e fuorvianti. Le truculenti manovre del parthial birth ancora praticato negli Usa, o le regole per lo smaltimento dei feti, in Italia e altrove, non sono che alcuni esempi, qui spiegati fino in fondo, di come sia necessario riconsiderare le leggi sull’aborto, tenendo bene in mente solo ciò che ci dice la ricerca sul campo. Analogamente, i numeri, le storie vere, i controversi pareri della scienza intorno all’espianto degli organi, ci suggeriscono che sarebbe opportuno una revisione della normativa, in attesa che le promettenti acquisizioni in fatto di staminali aprano la strada a nuove vie di salvezza.

Il brano che accompagna la recensione si intitola Now, è contenuto nell’album This Little Bird di Allison Crowe ed è rilasciato con licenza CC-NC-SA.

La puntata è interamente scaricabile da Archive.org, in mp3 o ogg.

Fiorini, corsaro della finanza: dalla Metro Goldwyn Mayer alla Parmalat

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Domani di Maurizio ChiericiLa Metro Goldwyn Mayer è un’istituzione del cinema non solo statunitense. Creata nel 1924 attraverso la fusione di due preesistenti case di produzione, nel corso dei decenni ha prodotto film passati alla storia come Via col vento, Il mago di Oz, Cantando sotto la pioggia, 2001: odissea nello spazio e alcune delle pellicole dedicate allo 007 per eccellenza, James Bond. Ma la sua è stata anche una vicenda che ha segnato i decenni per le traversie societarie, iniziate negli anni Settanta e arrivate, nel giro di un ventennio, alla soglia di fallimento. Erano i tempi in cui la Mgm aveva in gestione la United Artists e si era ancora ben lontani dall’arrivo di Sony, con cui oggi produce anche fiction per il piccolo schermo, e della Comcast Corporation.

Per il colosso del cinema americano sembrano però tornati i tempi duri. Tanto che alla fine dello scorso anno è stata annunciata la vendita dei propri studios, valutati un paio di miliardi di dollari. E un mese più tardi s’è fatto avanti un imprenditore indiano, Anil Ambani, che già aveva investito nella DreamWorks di Steven Spielberg. Ma questa è una vicenda in essere, non ancora conclusa, e che non fa parte del pezzo della storia che si vuole raccontare.

Una storia che ha uno scenario italiano e che vede comparire un personaggio il cui nome torna ancora oggi, quando si parla del crack della Parmalat e delle traversie giudiziarie di Callisto Tanzi. Si chiama Florio Fiorini e, sul finire degli anni Ottanta, si faceva chiamare il «corsaro della finanza» e il «lavandaio». Sopravvissuto agli anni della P2 e della bancarotta del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi – erano anni in cui ricopriva la carica di direttore finanziario dell’Eni –, passò in seguito ad altra occupazione e ad altri interessi e per lui i guai economici e giudiziari videro anche come oggetto proprio la Metro Goldwin Mayer.
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