Dal carisma all’esoterismo: Giorgio Galli racconta il lato impalpabile della politica

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Esoterismo e politica - Giorgio GalliGiorgio Galli, docente di storia delle dottrine politiche all’università degli studi di Milano, non è un neofita, quando si tratta di andare a indagare i retroscena esoterici o mistici di movimenti politici. L’aveva già fatto con “Hitler e il nazismo magico”, “La magia e il potere” e, in parte, nel colloquio con altri autori “Le reliquie e il potere”. Nel recente “Esoterismo e politica”, pubblicato a dicembre 2010 dalla casa editrice calabrese Rubbettino, torna sul tema facendo di questo libro, a seconda della preparazione del lettore, un’integrazione dei precedenti o un’introduzione all’argomento.

Partendo dai concetti di populismo e carisma, che troppo spesso vengono applicati a leader politici che non possiedono né l’uno né l’altro, fa una retrospettiva suddivisa (quasi) per aree geografiche: dalle sensitive e/o cartomanti delle first lady d’oltreoceano (le signore Linconl e Reagan) ai maghi europei alle “corti” di Churchill o dei russi pre-rivoluzione d’ottobre. Traccia il profilo delle confraternite americane a cui tanti presidenti sono appartenuti e di “multinazionali” come Scientology. Pone nel corretto contesto ideale correnti come lo gnosticismo e steinerismo, quest’ultimo un po’ abusivamente dalla romena Legione dell’Arcangelo Michele e della correlata Guardia di Ferro di Cornelio Codreanu.

E – elemento di particolare interesse – interviene per delineare il ruolo di personaggi rimasti spesso ai margini delle cronache, come quel monsignor Pavel Hnilica che, perseguitato dal regime comunista e divenuto gola profonda dei servizi segreti vaticani (conosciuti con il nome di “Entità”) sugli affaracci dello Ior, la banda di Dio, inciampa poi anche nella morte di Roberto Calvi, presidente del Banco Ambrosiano. Una questione forse secondaria rispetto ad altri nodi di quell’omicidio, avvenuto il 17 giugno 1982 a Londra, sotto il Ponte dei Frati Neri (era roba di assegni girati e non pagati). Peraltro una questione da cui Hnilica esce senza conseguenze, ma che pone ambienti legati al grande malaffare della storia recente accanto ad circoli che all’esoterismo erano legati.
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Pentiti di niente: 19 ottobre 1991, morte del dissociato Carisati

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Carlo SaronioLo trovano morto di prima mattina, Carlo Casirati, che dopo i passati clamori giudiziari per vivere recuperava rottami di mezzi agricoli. Addosso ha solo il pigiama e sopra un impermeabile. Giace a pochi metri dalla sua Lancia Thema e pare che nella notte tra venerdì 18 e sabato 19 ottobre l’uomo abbia perso il controllo del veicolo a poche centinaia di metri da casa sua, a Treviglio. All’incidente sembra non aver assistito nessuno.

Solo uno degli abitanti della zona dice di aver sentito intorno alle 22.30 un botto, come di un copertone che esplodeva, e di essersi affacciato. Ma non aveva visto nulla. Da dove si trovava non poteva effettivamente vedere l’automobile che era volata fuori dall’asse stradale finendo dieci metri più sotto. Casirati, sbalzando fuori dall’abitacolo, muore così, da solo, a 49 anni, in una notte d’autunno. Dopo essere stato un bandito, un rapitore, un assassino e infine un pentito ritenuto inattendibile.
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“Altri destini”, da PaginaUno un romanzo sugli anni Settanta e il processo 7 aprile

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Altri destiniLa rivista PaginaUno, bimestrale di analisi politica, cultura e letteratura, ha anche una collana, “Narrativa”, all’interno della quale è contenuto il romanzo Altri destini – Una storia degli anni Settanta scritto da Walter G. Pozzi:

Dal casuale ritrovamento in un armadio di un maglione sporco di sangue, inizia il viaggio a ritroso nel tempo dell’introverso e disimpegnato Roman Zeri; un viaggio che lo porta a indagare sulla vita di suo padre Max, coraggioso direttore di un settimanale indipendente, e sugli oscuri motivi che lo hanno scaraventato in una storia kafkiana fatta di arresti, interrogatori e processi. Un susseguirsi di colpi di scena scandisce il percorso, anche interiore, di Roman, il quale, scartabellando tra vecchi documenti, fotografie del passato e ritagli di giornali, entra in contatto con una realtà che fino a quel momento aveva ritenuto impensabile. Sullo sfondo della vicenda, la nostra Storia, quella tragica e tuttora irrisolta degli “anni di piombo”, delle manifestazioni, degli scontri con le forze dell’ordine, del “terrorismo”, delle bugie di Stato, del processo “7 aprile”, della violenza che ha stravolto le vite di tutti. E cambiata risulterà anche l’esistenza di Roman, la sua visione del mondo, la prospettiva con la quale guarderà al suo futuro, tanto da esclamare, al culmine di una profonda crisi di coscienza: “Non si sta bene sotto le coperte calde dell’ignoranza”.

Per saperne di più, si può ascoltare la trasmissione di Radio Sherwood Sapevatelo che ha ospitato l’autore o leggere l’intervista realizzata da Giuseppe Ciarallo.

Pentiti di niente: “Quei testimoni sono inattendibili”

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Carlo SaronioCarlo Fioroni ricompare all’inizio del gennaio 1987: è in Francia dove insegna italiano a Lille da alcuni anni con il supporto delle autorità diplomatiche tricolori. Da quanto racconta, non fa certo mistero della sua residenza: a un certo punto afferma infatti di aver conosciuto una ragazza, di essersene innamorato e di aver deciso di sposarsi. Allora nel marzo 1986 scrive personalmente una lettera a Oscar Luigi Scalfaro, ministro dell’interno nel secondo governo Craxi, e si rivolge alle autorità francesi per chiedere la naturalizzazione o quanto meno un permesso di soggiorno di lungo periodo, che gli vengono entrambi negati.

Ma come? Farnesina, Viminale e inquirenti, che tramite l’Interpol lo cercavano in 134 paesi, non lo consideravano irreperibile fin dal 1983 quando valica i confini nazionali, forte del suo discusso passaporto, facendo perdere le sue tracce? Nel periodo della sua latitanza francese si fa chiamare Giancarlo Colombo, ma quando serve presenta documenti su cui sono riportate le sue vere generalità. E parla, Fioroni, in un’intervista al GR1 dicendo che nessuno lo aveva convocato per testimoniare al processo “7 aprile”: mai alcuna comunicazione giunse a lui o ai suoi genitori, residenti in Italia. Di fatto, accertati i movimenti dell’uomo in tutto quel periodo, le cose non starebbero proprio così.

A metà 1984, infatti, di fronte alla necessità di metterlo a confronto con gli imputati del “7 aprile”, la corte d’assise di Roma chiede che Fioroni sia rintracciato e da Roma la richiesta rimbalza a Varese (nella cui provincia Fioroni è nato) e a Milano (dove ha a lungo vissuto). Il 14 novembre 1984 Aurelio Fioroni, padre di Carlo, risponde agli investigatori di sapere solo che il figlio è all’estero, forse in Inghilterra, ma meglio chiedere all’avvocato di Latina che lo dovrebbe rappresentare. Per la sorella, invece, Carlo è negli Stati Uniti o in Canada e pochi giorni dopo Aurelio Fioroni ammette di aver ricevuto in precedenza una telefonata del figlio: lui lo informa che in Italia lo cercano perché vada a Roma a testimoniare al processo “7 aprile”, ma lui risponderebbe che non se la sente. A questo punto, siamo al 29 novembre 1984, parte l’ordine ufficiale di ricerca all’estero e viene fuori che l’uomo sarebbe ad Amsterdam, dove avrebbe chiesto aiuto alle autorità consolari, ma qui si fermerebbero le tracce che lascia dietro di sé.
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“Pentiti di niente”: gli interrogativi su un passaporto inspiegabile

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Carlo SaronioGiunti a un certo punto, verso la metà del 1984, le istituzioni non possono più esimersi dal rispondere alle continue domande sul passaporto concesso a Carlo Fioroni e sulla mancata predisposizione di misure di sorveglianza dell’uomo. A prendere la parola è il sottosegretario agli interni, il democristiano veneto Marino Corder. Il quale prima definisce una “deprecabile assenza” il fatto che Fioroni non si sia presentato al processo. Poi rimbalza la responsabilità addosso a funzionari del ministero di grazia e giustizia che, su parere favorevole di tre magistrati, hanno autorizzato il rilascio di un documento valido per l’espatrio perché al tempo non venne individuata “alcuna causa ostativa”.

Giovanni Spadolini, in questo periodo ministro della difesa, ma capo del governo quando venne concesso il passaporto a Carlo Fioroni, agisce a sua volta e si rivolge al presidente del consiglio Bettino Craxi: il comitato parlamentare per la vigilanza sui servizi di sicurezza deve ricevere informazioni specifiche in merito alle norme varate il 29 marzo 1982 a tutela dei pentiti e coperte dal segreto di Stato. Il leader socialista, alla sua prima esperienza al vertice dell’esecutivo, accetta di far luce sulla vicenda Fioroni al termine di una riunione del CIIS (Comitato interministeriale per l’informazione e la sicurezza).

Ma da questa disponibilità ne scaturirà poco, malgrado le posizioni molto critiche verso il processo espresse dal senatore del garofano Luigi Covatta e da Salvo Andò, responsabile del PSI per i problemi dello Stato, secondo il quale “la sentenza 7 aprile non chiude i conti con gli anni di piombo, ma anzi li esaspera”. Le principali speranze di raccapezzarsi in una vicenda così intricata vengono riposte nella commissione parlamentare per i procedimenti d’accusa che ha aperto un fascicolo per presunte irregolarità dopo la denuncia presentata nell’aprile 1984 da Rossana Rossanda, Carla Mosca e Luigi Ferrajoli ai presidenti di Camera e Senato, Nilde Jotti e Francesco Cossiga.
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Pentiti di niente: “Un memoriale cosparso di frasi dubitative”

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Carlo SaronioÈ a fine ’79 che in questa vicenda dunque Carlo Fioroni si presenta come protagonista, sulla scia di quanto sta già facendo un altro ex-compagno, Antonio Romito, che ha fatto partire l’indagine padovana. Nei primi giorni del dicembre 1979 Fioroni chiede di poter essere ascoltato nell’ambito dell’indagine “7 aprile” e inizia un racconto che calza a pennello con quanto i magistrati stanno delineando: mette in relazione infatti il nome di Toni Negri con quello di altri 149 militanti della sinistra extraparlamentare, indicati tutti come complici in moltissime azioni che vanno dal sequestro Saronio a una serie di delitti commessi quando Fioroni era già in carcere e che dunque non può conoscere. Almeno non di prima mano. In merito alle accuse che piovono copiose prima e durante il processo di secondo grado per la morte di Carlo Saronio e che vengono credute malgrado l’imprecisione della fonte, scrive in proposito il giornalista e scrittore Pasquino Crupi:

Tutto il memoriale di Fioroni è cosparso e, nei punti delicati, sorretto (diciamo demolito) da sospensioni di memorie, incisi dubitativi, impressioni, opinioni, deduzioni, sensazioni, locuzioni cautelative, allargamenti, estensioni e generalizzazioni. Li trascriviamo, mettendo in parentesi le frequenze d’onda. Non so (6); Non ricordo se (12); se ben ricordo (2); non mi sovviene il nome (1); non ricordo il nome (7); se non ricordo male (1); non ricordo (3); ho il vago ricordo (1); a quanto ricordo (1); di cui non so il nome (1); mi pare (16); mi sembra (8); avevo l’impressione (1); non sono sicuro (1); non sono sicurissimo (1); sono quasi sicuro (1); ritenni (1); ritengo (6); sono intimamente convinto (1); mi convinsi (1); ho sempre ritenuto (1); non escludo (3); se non erro (6); se non m’inganno (1); se non vado errato (7); se non sbaglio (1); mi posso sbagliare (2); mi riferì (7); mi fu riferito (2); che io sappia (1); a quanto seppi (1); a quel che seppi (2); per quanto io ne sappia (1); come seppi (3); da quanto appresi (1); a quanto appresi (2); come m’informò (1); come mi raccontò (1); mi risulta (4); non sono in grado (4); mi domando ancora (1); nessun dubbio (1); non ebbi dubbi (1); mi fece intendere (1); io intesi (1); solo in via d’ipotesi posso pensare (1); mi fece pensare (1); attribuii successivamente nella mia mente (1); trassi il sospetto (1); non posso precisare (1); si può affermare (1); poco prima o poco dopo (1); dopo un giorno o due (1); a mio avviso (1); forse (7); probabilmente (3); quasi sicuramente (1); quasi certamente (2).

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Il signor Billionaire: il lato non raccontabile di una testa calda di Cuneo che approda al jet set internazionale

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Il signor BillionaireLe cronache mondane, quelle sportive e talvolta anche quelle giudiziarie tendono a cristallizzare un personaggio nell’istante in cui viene raccontato: lo yatch, l’aereo privato, le scuderie di un gran premio di Formula Uno, il pancione della giovanissima e bellissima compagna in attesa dell’erede. Flavio Briatore, per la maggior parte dei giornali, è sempre stato Flavio Briatore, con i club per ultra-vip sulle coste della Sardegna, il costante trasudamento di denaro anche nelle istantanee che lo ritraggono nelle mise più sgarruppate, gli scandali e scandaletti a suon di favori sessuali e spionaggio industriale in cui ogni tanto lui e il suo entourage sono inciampati.

Ma anche dietro Flavio Briatore c’è un passato non così limpido. Tre giovani giornalisti, già fattisi conoscere per il libro-intervista Piazza Fontana. Noi sapevamo al generale del Sid Gianandelio Maletti, quel passato lo hanno raccontato nel libro Il signor Billionaire. Ascesa, segreti, misteri e ‘coincidenze’ (Aliberti Editore). Avvalendosi dei vecchi e rodati strumenti del mestiere, Andrea Sceresini, Maria Elena Scandaliato e Nicola Palma sono andati a scavare dall’inizio, da dove tutto cominciò. Era la Cuneo degli anni Settanta, dove il “Tribüla”, soprannome di un giovane e iroso Briatore, inizia la sua carriera tra assicurazioni, locali pubblici e acerbe attività imprenditoriali che finiscono male. Ci sono i soci di quegli anni, come Attilio Dutto, morto ammazzato il 21 marzo 1979 dalla sua auto che salta per aria. Un attentato a cui Flavio scampa per il proverbiale miracolo, un ritardo di un quarto d’ora.

Ma ci sono i contatti anche con futuri indagati per fatti di mafia, c’è il gioco d’azzardo che diventa una professione, una specie di “butta dentro” ai tempi in cui Briatore si dava da fare per trovare clienti per i casinò e intascarsi la sua fetta sulle perdite degli sventurati (tra cui il suo stesso socio e amico Dutto). E poi c’è un altro socio in affari, Lorenzo Streri, che sparisce nel nulla e altrettanto nel nulla spariscono i suoi averi mobili, pari a una quindicina di miliardi scomparsi insieme ai trenta già spariti dopo l’auto saltata per aria.
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Wikileaks: libri in arrivo e già arrivati sul progetto di Assange per raccontarne luci e ombre

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Inside WikileaksBooksblog riprende un’anticipazione di Affaritaliani.it in cui si dice che è in uscita per Marsilio l’attesissimo “Inside Wikileaks”. La data di pubblicazione prevista è il 16 febbraio (e a darlo alle stampe è Marsilio) mentre il volume viene presentato in questi termini:

Daniel Domscheit-Berg [l’autore, NdB] è l’ex portavoce di Wikileaks (ha ricoperto la carica fino a settembre 2010) e ha sbattuto la porta per via di profondi disaccordi con il fondatore del sito più discusso degli ultimi mesi. Il suo memoir, dal titolo “Inside WikiLeaks. La mia esperienza al fianco di Julian Assange nel sito più pericoloso del mondo”, anticipa l’uscita (in Italia per Feltrinelli) del libro di Assange stesso […]. Nel suo “Inside Wikileaks”, l’ex portavoce promette di svelare l’evoluzione, i finanziamenti, le tensioni all’interno di Wikileaks, a partire dal suo primo incontro con Assange, datato dicembre 2007. Quanto all’autore, si sa che Daniel Domscheit-Berg, nato in Germania nel 1978, ha ricevuto in regalo il primo computer all’età di otto anni. Terminati gli studi, ha cominciato a lavorare come programmatore. Anche prima del suo coinvolgimento in WikiLeaks è stato un attivo militante del movimento per la libera informazione. Recentemente ha annunciato di essere al lavoro insieme ad altri fuoriusciti da WikiLeaks su OpenLeaks, un sito analogo ma concorrente.

Wikileaks. Il libro dei fatti che non dovevate sapereDi fatto, alla fine dell’anno scorso i più “veloci” erano stati quelli di Editori Riuniti con il libro di Ludovica Amici intitolato Wikileaks. Il libro dei fatti che non dovevate sapere:

La rete è libera e non segue le regole finora conosciute dell’informazione. Wikileaks ne è la dimostrazione più evidente e dirompente. Centinaia di migliaia di documenti segreti hanno messo in imbarazzo i governi di tutto il mondo, a partire dagli Usa, coinvolgendo anche l’amministrazione Obama. Un vero e proprio fenomeno mondiale, che vede milioni di utenti connettersi al portale creato dall’enigmatico Dulian Assange e consultare una mole poderosa di materiale finora sconosciuto – o solo immaginato. Una rivoluzione dell’informazione ai tempi del web 2.0, una finestra finalmente spalancata sugli orrori delle guerre, sui soprusi dei governi e delle multinazionali, sulla corruzione e sul reale funzionamento delle diplomazie. Nulla sarà più come prima dopo Wikileaks.

Pentiti di niente: e Toni Negri diventò il nuovo grande inquisito

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Carlo SaronioInsomma su Antonio Negri – che sta via via assumendo i connotati del grande vecchio della sovversione italiana, il manipolatore di giovani menti, il profittatore del patrimonio di militanti fragili e dall’animo travagliato – si addensano due distinti temporali: quello seguito dal pubblico ministero Spataro a Milano e l’altro, quello romano, istruito dal giudice Amato.

Al momento ci sono solo parole, contro di lui, ancora nessuna prova, nessun indizio che lo inchiodi alle responsabilità che gli vengono attribuite. Ma occorre indagare, interrogare. E così il professore padovano che nei primi anni Settanta era stato uno dei leader di Potere Operaio, deve rispondere alle domande dei magistrati. Inizia a raccontare di aver conosciuto Carlo Fioroni nel 1967 a Bologna e i due si erano incrociati negli anni in cui era entrato a far parte di POTOP assumendo a un certo punto l’iniziativa “tutta personale” di instaurare rapporti con Giangiacomo Feltrinelli. E prosegue:

Fioroni era entrato nella logica gappista per molte ragioni, ivi compresa la sua condizione personale e familiare che lo condizionavano notevolmente. Ciò dico per non per attaccare Fioroni, perché si tratta di circostanze assai penose e meritevoli di attenzione piuttosto che di critica malevola, ma perché servono a inquadrare la sua figura e la sua storia personale. Dopo essere stato coinvolto in vicende giudiziarie di notevole gravità, ripresi i contatti col movimento, egli appariva ed era un uomo solo, nel senso che riceveva da un lato poco credito e dall’altro tentava di far valere la sua precedente militanza ed esperienza come unico elemento di qualificazione.

Io ebbi nei confronti del Fioroni un atteggiamento amichevole, umanamente gli fui vicino. Lo aiutai materialmente e in ogni modo che mi fu possibile. Mi venne allora criticata, e mi viene tanto più ora criticata, la ‘debolezza’ dei miei comportamenti nei suoi confronti. Mi trovai nella condizione di doverlo difendere contro tutti anche perché Fioroni giocava contemporaneamente su più tavoli, per esempio tenendo contatti separati fra compagni, organismi, collettivi ed altro (che non avevano relazioni politiche fra di loro), ma presentandosi all’uno come ‘agente’ dell’altro e all’altro come ‘agente’ dell’uno […]. Aggiungo che mi accorsi allora […] che Fioroni […] si stava muovendo alla disperata sulla base di un suo progetto organizzativo.

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Stéphane Hessel: “Indignatevi!”. Un breve libro per dare vita a un'”insurrezione pacifica” che faccia rete

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Indignez-vous di Stéphane HesselPer sapere chi sia Stéphan Hessel si dia un’occhiata alla voce che parla di lui su Wikipedia.fr. Lo scorso ottobre è uscito il suo libro Indignez vous! (pubblicato dalle Indigène Editions di Montpellier) che così si presenta:

«Novantatré anni. La fine non è lontana. Che fortuna poter approfittarne per ricordare ciò che innescò il mio impegno politico: il programma elaborato settant’anni fa dal Consiglio Nazionale della Resistenza». Che fortuna potervi nutrire dell’esperienza di questo grande resistente, consolidatosi dopo le esperienze nei campi di Buchenwald e di Dora, co-redattore della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo nel 1948, diventato ambasciatore di Francia e della medaglia della Legion d’onore. Per Stéphan Hessel, il «motivo di base della Resistenza era l’indignazione». Certo, le ragioni di indignarsi nel mondo complesso di oggi possono sembrare meno nette rispetto a quelle dei tempi del nazismo. Ma «cercare e troverete»: la disuguaglianza crescente tra ricchissimi e poverissimi, lo stato del pianeta, il trattamento riservato agli irregolari, agli immigrati, ai rom, la corsa per avere sempre di più, alla competizione, la dittatura dei mercati finanziari fino alla svendita delle conquiste della Resistenza, le pensioni, la sicurezza sociale… Per essere efficace occorre, oggi come ieri, agire mettendosi in rete: Attac, Amnesty, la Federazione internazionale dei diritti dell’uomo… ne sono la dimostrazione. Dunque si può credere a Stéphan Hessel e incrociare il suo cammino quando chiama a una «insurrezione pacifica» (Sylvie Crossman).

E di come questo breve libro (trentadue le pagine) si sia trasformato in un fenomeno (650 mila le copie vendute) lo si può leggere sul Fatto Quotidiano nell’articolo da Parigi di Alessandro Verani intitolato Indignatevi! E il libretto di un 93enne partigiano francese diventa un caso editoriale:

Hessel un rivoluzionario? Non proprio. E non lo è mai stato. Oggi vicino a Martine Aubry, segretario generale del Partito socialista, Hessel, un anziano monsieur pacato e sorridente, è sempre stato un intellettuale dall’animo libero, di sinistra certo, ma senza «eccessi» […]. Sì, è diventato l’idolo di tanti giovani. E si prende una sorta di rivincita personale. «Ha provocato il risveglio di un popolo, finora molto passivo», ha sottolineato il filosofo Edgar Morin, suo amico. «Ha ricordato alla sinistra che deve essere ribelle, umana e ottimista», ha sottolineato Harlem Désir, numero due del Partito socialista. Che, nel frattempo, si sta dividendo sulla candidatura delle prossime presidenziali, previste nel 2012. E appare così terribilmente lontano dalla sua base. La sinistra francese sarà capace di sfruttare l’effetto Hessel?