Falange Armata: in un libro la storia criminale di un’organizzazione che non è mai esistita, ma che ha rivendicato (quasi) tutto

Standard

L'operazione criminale che ha terrorizzato l'ItaliaScritto da due giornalisti di SkyTg24, Massimiliano Giannantoni e Paolo Volterra, il libro L’operazione criminale che ha terrorizzato l’Italia appena uscito per i tipi di Newton Compton Editori racconta una delle storie meno spiegate della recente storia italiana, quella della Falange Armata:

La Falange Armata non è mai esistita. Eppure è stata la più efficace operazione di destabilizzazione realizzata in Italia negli ultimi venticinque anni. Le sono stati attribuiti attentati, omicidi, ferimenti, sequestri, intimidazioni, depistaggi. Le sue propaggini sono arrivate fin nel cuore del potere, nelle stanze del Quirinale e di Palazzo Chigi, facendo sobbalzare uomini di Stato come Oscar Luigi Scalfaro e Carlo Azeglio Ciampi. La Falange ha rivendicato praticamente tutti i tragici avvenimenti di un biennio fra i più cupi e misteriosi della nostra storia recente, quello dal 1992 al 1994: anni sanguinosi per le stragi di mafia e non, anni di svolta nelle istituzioni e nella politica, le cui conseguenze arrivano dritte dritte alle crisi dei nostri giorni. Ma chi muoveva i fili della Falange Armata? C’era un livello superiore che ha preso la decisione finale degli attentati? E chi faceva parte di questa presunta organizzazione?

Ulteriori dettagli sul libro sono disponibili qui.

Pentiti di niente: “Quei testimoni sono inattendibili”

Standard

Carlo SaronioCarlo Fioroni ricompare all’inizio del gennaio 1987: è in Francia dove insegna italiano a Lille da alcuni anni con il supporto delle autorità diplomatiche tricolori. Da quanto racconta, non fa certo mistero della sua residenza: a un certo punto afferma infatti di aver conosciuto una ragazza, di essersene innamorato e di aver deciso di sposarsi. Allora nel marzo 1986 scrive personalmente una lettera a Oscar Luigi Scalfaro, ministro dell’interno nel secondo governo Craxi, e si rivolge alle autorità francesi per chiedere la naturalizzazione o quanto meno un permesso di soggiorno di lungo periodo, che gli vengono entrambi negati.

Ma come? Farnesina, Viminale e inquirenti, che tramite l’Interpol lo cercavano in 134 paesi, non lo consideravano irreperibile fin dal 1983 quando valica i confini nazionali, forte del suo discusso passaporto, facendo perdere le sue tracce? Nel periodo della sua latitanza francese si fa chiamare Giancarlo Colombo, ma quando serve presenta documenti su cui sono riportate le sue vere generalità. E parla, Fioroni, in un’intervista al GR1 dicendo che nessuno lo aveva convocato per testimoniare al processo “7 aprile”: mai alcuna comunicazione giunse a lui o ai suoi genitori, residenti in Italia. Di fatto, accertati i movimenti dell’uomo in tutto quel periodo, le cose non starebbero proprio così.

A metà 1984, infatti, di fronte alla necessità di metterlo a confronto con gli imputati del “7 aprile”, la corte d’assise di Roma chiede che Fioroni sia rintracciato e da Roma la richiesta rimbalza a Varese (nella cui provincia Fioroni è nato) e a Milano (dove ha a lungo vissuto). Il 14 novembre 1984 Aurelio Fioroni, padre di Carlo, risponde agli investigatori di sapere solo che il figlio è all’estero, forse in Inghilterra, ma meglio chiedere all’avvocato di Latina che lo dovrebbe rappresentare. Per la sorella, invece, Carlo è negli Stati Uniti o in Canada e pochi giorni dopo Aurelio Fioroni ammette di aver ricevuto in precedenza una telefonata del figlio: lui lo informa che in Italia lo cercano perché vada a Roma a testimoniare al processo “7 aprile”, ma lui risponderebbe che non se la sente. A questo punto, siamo al 29 novembre 1984, parte l’ordine ufficiale di ricerca all’estero e viene fuori che l’uomo sarebbe ad Amsterdam, dove avrebbe chiesto aiuto alle autorità consolari, ma qui si fermerebbero le tracce che lascia dietro di sé.
Continue reading