“007 dallo Stato al privato”: inchiesta di RaiNews24 sull’intelligence che esce dal pubblico

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Riprendo dal blog di Roberto Laghi:

RaiNews24 ha presentato un’inchiesta dal titolo 007 dallo Stato al privato, realizzata da Mario Sanna, che racconta il processo di privatizzazione dei servizi di intelligence e sicurezza, che sta acquistando un peso sempre maggiore negli scenari globali accanto al tradizionale lavoro dei servizi segreti degli Stati.

L’inchiesta permette di farsi un’idea del mutamento e della complessità degli scenari attuali a partire dallo spionaggio industriale, che mira a sottrarre tecnologie alla concorrenza, e dal sabotaggio (viene citato il caso delle centrali nucleari iraniane colpite da Stuxnet) per arrivare alle tecniche di disinformazione, come quelle probabilmente in atto nel caso del presunto spionaggio di tre dirigenti Renault.

Tra gli intervistati da Sanna, Giuseppe de Lutiis, storico e autore di I servizi segreti in Italia, e Giuliano Tavaroli, già al centro della questione Telecom-Sismi. Nell’inchiesta si parla anche brevemente del caso di Davide Cervia, tecnico informatico ed esperto di guerra elettronica scomparso il 12 settembre 1990 (che qualcuno associa al caso della morte di Michele Landi).

E a proposito del caso Landi, Roberto e io ne avevamo scritto qui.

A Bologna per parlare di voci globali e informazione condivisa: il ruolo dell’aggregazione e del giornalismo dal basso

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Voci globali e informazione condivisa

I dati dell’appuntamento sono riportati nell’immagine sopra. Questo l’argomento di cui si parlerà:

Dalle recenti rivolte nei Paesi arabi al disastroso terremoto in Giappone, sono i cittadini a battere sul tempo i mass-media, innescando nuove dinamiche comunicative e dando linfa all’attivismo e alla partecipazione sul campo. Global Voices, community che rilancia e traduce le produzioni dei cittadini-reporter in tutto il mondo, e la sua estensione italiana, Voci Globali, insieme agli esperimenti di editoria sociale digitale di Quintadicopertina.com, puntano ad aggregare e amplificare le voci dei netizen e dei social media. Un passaggio fondamentale nell’odierno panorama informativo e culturale, per riaffermare la partecipazione e il diretto coinvolgimento dei singoli al divenire della società civile anche in Italia.

In questo nuovo contesto esiste, e in che misura, una forma di collaborazione e di scambio tra citizen journalism e informazione mainstream? Quali i contributi reciproci, e come rilanciarli per favorire la partecipazione diretta dei cittadini al “fare informazione” nell’era digitale? Gli organizzatori propongono un momento di riflessione su tali questioni in un incontro aperto al pubblico, gentilmente ospitato dall Ordine dei Giornalisti dell’Emilia Romagna nella propria sede.

Per chi non li conoscesse e volesse iniziare a vedere che tipo di informazione fanno i tre progetti organizzatori, questi sono i siti: Global Voices, Voci Globali e Quintadicopertina.com. Qui invece l’invito all’evento del 1 aprile (pdf, 138KB, scaricabile anche cliccando sull’immagine ad apertura del post).

A Reggio Emilia gli anni Settanta sono diventati un corso di formazione per insegnanti

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Istoreco Reggio EmiliaInsegnare gli anni Settanta è un corso di formazione per insegnanti che a Reggio Emilia è partito la settimana scorsa con il primo appuntamento, Parole chiave e nodi storiografici degli anni ’70-’80. Domani, dalle 15,30 alle 17.30, ci sarà il secondo, Partiamo da un evento specifico: la strage di Bologna e il terrorismo neofascista il cui focus sarà concentrato sull’«uso didattico di fonti di diverso tipo (di memoria, visive, quotidiani, filmati, audio) e su alcuni nodi sarà strutturato un percorso di approfondimento riproponibile in classe». Infine, terzo e ultimo appuntamento, il 29 marzo per parlare del terrorismo di estrema sinistra.

La docente bolognese Cinzia Venturoli (già fulcro del Cedost, il centro di documentazione storico politica su stragismo) è la relatrice del ciclo d’incontri, organizzato dall’Istoreco (Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea in Provincia di Reggio Emilia), fondato nel 1965 e parte di una rete nazionale che comprende altri 61 istituti, oltre che dell’European Resistance Archive, archivio di testimonianze video rese da cittadini perseguitati dai fascismi del Vecchio Continente.

Su “Domani” Vuolo, ex Unicoop Tirreno: «Protesteremo fino allo sciopero della fame»

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Domani di Maurizio ChiericiCi sono storie che non possono terminare con la pubblicazione di un articolo. La vicenda dei diciassette lavoratori campani già dipendenti della Unicoop Tirreno, licenziati dopo la cessione dei punti vendita ad altre catene della grande distribuzione che li hanno chiusi, è una di quelle. Se n’era parlato in due occasioni a dicembre 2010 (gli articoli sono qui e qui) e ancora poco tempo fa avevamo di nuovo dato spazio alla questione pubblicando una lettera. Ma a tutt’oggi risultati concreti per i disoccupati non ce ne sono. E il punto della situazione lo fa ancora Carlo Vuolo, delegato a rappresentare gli ormai disoccupati campani.

Rispetto alla sua lettera pubblicata qualche giorno fa, è cambiato qualcosa?

«A dir la verità, sono stato contatto per vie private dalla dottoressa Vanda Spoto, la presidentessa di Legacoop Campania. Mi diceva che si sarebbe impegnata a sostenere la nostra battaglia, per quanto ammettesse di non poter fare granché. Nel frattempo è accaduto un altro fatto: al nostro avvocato viene spedito un fax dallo studio legale Schembri e Bertolini, che rappresenta la Unicoop Tirreno. Ci è stata così sottoposta una proposta di 10 mila euro a titolo non di risarcimento, ma si tratterebbe di una transazione che non riconosce neanche parzialmente delle nostre istanze. Se accettassimo, dovremmo rinunciare insomma a qualsiasi richiesta nei loro confronti, prima tra tutte il posto di lavoro, l’unica nostra vera rivendicazione».
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Le rivolte dell’Egitto e le mancate previsioni dell’intelligence: il caso Cia e Mossad

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Aldo Giannuli pubblica sul suo blog un testo James Petras sulla questione Egitto: i movimenti sociali, la Cia e il Mossad che dice tra l’altro, nel paragrafo dedicato alla “ribellione del popolo”:

La rivolta araba dimostra, ancora una volta, le varie falle strategiche in istituzioni come i servizi segreti, le forze speciali e le intelligence degli Stati Uniti, così come nell’apparato israeliano, nessuno dei quali è stato capace di prevedere, non diciamo di intervenire, per evitare la vincente mobilitazione e influire nella politica dei governi e governanti che erano in pericolo.

L’immagine che proiettavano la maggior parte di scrittori, accademici e giornalisti dell’imbattibilità del Mossad israeliano e dell’onnipotente CIA è stata sottoposta a dura prova, con il suo fallimento nel riconoscere la portata, la profondità e l’intensità del movimento di milioni di persone che ha sconfitto la dittatura di Mubarak. Il Mossad, orgoglio e allegria dei produttori di Hollywood, presentato come un “modello di efficienza” dai suoi ben organizzati compagni sionisti, non è stato capace di intercettare il crescere di un movimento di massa in un paese vicino. Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, si è mostrato sorpreso (e costernato) per la precaria situazione di Mubarak e il collasso dei suoi clienti arabi più vicini, proprio a causa di errori dell’intelligence del Mossad. Ugualmente, Washington, con i suoi 27 organismi di intelligence oltre al Pentagono, è stata colta di sorpresa dalle massicce rivolte popolari e dai movimenti emergenti, malgrado le sue centinaia di migliaia di agenti pagati migliaia di milioni di dollari.

Varie osservazioni teoriche si impongono. S’è dimostrato che l’idea di alcuni governanti forzatamente repressivi, che ricevono migliaia di milioni di dollari di aiuti militari dagli Stati Uniti e possono contare con all’incirca un milione di poliziotti, militari e paramilitari per garantire l’egemonia imperiale, non è infallibile. La supposizione che mantenere vincoli a larga scala e per lungo tempo con tali governanti dittatoriali salvaguardi gli interessi USA è stata smentita.
L’arroganza di Israele e la sua presunzione di superiorità in materia di organizzazione strategia e politica rispetto agli “arabi”, è stata seriamente danneggiata. Lo Stato d’Israele, i suoi esperti, gli agenti segreti e gli accademici delle migliori università statunitensi, rimangono ciechi di fronte alle realtà emergenti, ignoranti circa la profondità dello scontento e impotenti ad evitare l’opposizione di massa ai propri clienti più importanti. I propagandisti di Israele negli Stati Uniti, che non resistono a qualsivoglia opportunità per mettere in luce la “brillantezza” delle forze di sicurezza d’Israele, sia che si tratti di assassinare un leader arabo in Libano o a Dubai o che si tratti di bombardare un’istallazione militare in Siria, sono rimasti temporaneamente senza parole.

Il pezzo continua qui e la traduzione è stata curata da Marina Minicuci.