Diari dalla Cortina di Ferro: progetto multimediale per ricordare la caduta del Muro

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Dieci storie, 23 paesi, un confine di 6800 chilometri. Sono i contenuti di The Iron Curtain Diaries:

Il 9 novembre 1989 crollava il muro di Berlino. Com’è cambiata la vita delle persone cresciute lungo la Cortina di Ferro? Che fine hanno fatto i loro sogni? “The Iron Curtain Diaries” è un progetto multimediale sulla caduta del Muro, prodotto da PeaceReporter, Prospekt, On/off e Becco Giallo, media partner Bonsai TV.

Da lunedì prossimo, 9 novembre, sarà attivo anche un sito dedicato a questo progetto, inaugurato in contemporanea con le presentazioni a Milano alla Galleria Wannabee e a Berlino al Festival of Freedom. Per intanto si può leggere un articolo su PeaceReporter e visitare il relativo canale Youtube.

Anna Frank: in rete l’unico video conosciuto che la ritrae

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L’Anna Frank Museum non solo ne ha garantito l’autenticità, ma ho la pubblicato sul proprio sito. Si tratta dell’unico video al mondo di cui si conosca l’esistenza che ritrae la piccola vittima dell’olocausto. Scrive in proposito Ace of Spades HQ:

[Il filmato è stato] girato nel luglio 1941 quando aveva dodici anni. Un anno dopo [Anna Frank] avrebbe iniziato a tenere il suo diaro e meno di tre anni più tardi sarebbe deceduta nel campo di concentramento di Bergen-Belsen.

Twilight Zone: cinquant’anni ai confini della realtà

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Per quanto alcuni episodi mi sembrassero davvero spaventevoli (ma ai tempi mi spaventavo anche con Spazio 1999), tra la fine degli anni settanta e l’inizio degli ottanta non perdevo una puntata delle repliche di Ai confini della realtà. A distanza mi dico che avevo ben motivo di atterrirmi, se si considera che soprattutto le prime serie recavano firme come quelle di Rod Serling (i cui racconti originali vennero raccolti nell’omonima antologia), Richard Matheson (insuperabile in Io sono leggenda) o Charles Beaumont, che, pur meno noto ai lettori italiani, è stato un prolifico autore di fantascienza, oltre che sceneggiatore.

Ecco, cinquant’anni fa oggi, il 2 ottobre 1959, sotto il titolo originale di Twilight Zone, gli episodi iniziavano a essere mandati in onda dalla CBS. Questo anniversario lo ricorda Neatorama riprendendo un articolo che esordisce con queste parole:

Era un venerdì sera dell’ottobre 1959 e gli americani iniziarono a scivolare in una dimensione dell’immaginazione vasta quanto lo spazio e senza tempo come l’infinità. Non avrebbero mai fatto ritorno.

L’articolo prosegue raccontando che la CBS non era proprio convinta della serie al suo debutto e che avrebbe valutato se proseguire dopo aver verificato la risposta del pubblico. Di certo, così come gli americani scivolati nella dimensione di cui sopra, neanche l’emittente sarebbe tornata indietro, almeno fino al 1964, quando interruppe la produzione per problemi di budget. Ma non fu la fine di Twilight Zone che vide molti anni dopo altre due serie, per quanto meno fortunate, e un film diretto da quattro registi (Steven Spielberg, John Landis, Joe Dante e George Miller) con Serling e Matherson di nuovo alla sceneggiatura. Inoltre – sulla scia di un fenomeno inarrestabile che ha compreso fumetti, videogiochi e musica – c’è chi dice che X-Files debba in parte i suoi natali proprio alla fortunata serie nata alla fine degli anni cinquanta.

Negli Stati Uniti sono diverse le manifestazioni per festeggiare i cinque decenni di Ai confini della realtà (si vedano le notizie riportare sul sito Twilight Zone Museum) e Neatorama pone una domanda ai suoi lettori: qual è il loro episodio preferito. Il blog americano inizia a rispondere indicando The shelter (Il rifugio). Per quanto mi riguarda Nightmare at 20.000 feet (Incubo a 20.000 piedi: qui la prima, la seconda e la terza parte).

Piombo fuso: immagini da una guerra riprese da un freelance

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Su Peacereporter è stata pubblicata una lunga intervista realizzata da Nicola Falcinella a Stefano Savona (che già aveva girato Primavera in Kurdistan), autore del documentario Piombo fuso sull’attacco a Gaza del dicembre 2008.

Le dinamiche che nascono sono le peggiori, come nei lager e leggere I sommersi e i salvati di Primo Levi mi ha aiutato. Non si può dare la colpa a tutti i palestinesi per i discorsi e la politica di Hamas. Di certo la guerra non ha fatto che aumentare il consenso per gli estremisti […]. Per la prima volta nessuno mi ha detto di non filmare qualcosa. Sono sempre stato libero di riprendere. In giro c’ero solo io con la videocamera, è stata una guerra poco mediatizzata, la gente capiva che ero là a mie spese e a mio pericolo. All’inizio avevo qualche timore a filmare le donne velate perché so che non amano essere riprese, poi ho notato che anche loro facevano segni di vittoria con le dita e mi sono sentito più sicuro a riprenderle. Con Hamas ufficialmente non ho mai avuto nessun contatto, non mi hanno contattato né detto nulla.

Già presentato al Festival di Locarno, una versione di 52 minuti del documentario verrà mandata in onda all’interno di Doc3 giovedì 17 settembre. In rete invece non c’è ancora un trailer ufficiale, ma qualche immagine si può vedere da un servizio del Tg3.

Le “capre di guerra” di Jon Ronson si sono fatte pellicola

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Prima s’era parlato del libro e poi del film che ne sarebbe stato tratto. Si tratta di The Men Who Stare At Goats (Capre di guerra in italiano), scritto dal giornalista inglese Jon Ronson. Questo l’argomento:

Le storie raccontate in questo volume sembrano uscite da una sceneggiatura ai confini della realtà. La collocazione del libro è quella di un’America post-11 settembre in cui le torture di Abu Graib possono essere spacciate per episodi tragicomici attraverso cui distendere le truppe e dove va trovato un nuovo approccio al combattimento per non risentire più delle conseguenze dell’orrore stile Vietnam. E così iniziano a farsi strada nelle alte gerarchie militari teorie estreme portate avanti da un pugno di gerarchi tra cui il tenente colonnello Jim Channon. Secondo il quale, sul campo di battaglia, sarebbe meglio ricorrere a mutanti, suoni discordanti e armi psico-elettriche contro il nemico. Roba da fantascienza da due soldi? Mica tanto a leggere le testimonianze che Ronson ha raccolto nel giro di qualche anno. La storia di questa unità, il First Earth Battalion, risalirebbe al 1979 quando venne messa insieme una squadra che doveva trovare il modo di rendere i soldati invisibili, farli passare attraverso i muri e uccidere senza muovere un dito. Alcune di queste tecniche – quelle meno insofferenti verso le leggi della fisica – sarebbero oggi utilizzate in Iraq dove i prigionieri vengono fatti impazzire a suon di avventure dei Flinstones o negli stessi Stati Uniti dove suicidi di massa, come quello di San Diego del marzo 1997, sarebbero stati indotti.

Per quanto riguarda il film, annunciato nel maggio 2008 e girato da Grant Heslov, uscirà il prossimo novembre e per raccontare questa “storia ispirata a una vicenda realmente accaduta” si è scelta la chiave della commedia nera, che probabilmente è la migliore per rendere accadimenti così strani. Per vedere i trailer in diversi formati si veda qui e qui mentre su IMDB c’è la scheda che illustra i dettagli della produzione.

Metafore che cambiano e gli zombie come specchio culturale

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Qualcuno con cui essere d’accordo. Luca Tremodala, su Goozo, quando parla dello spirito dei tempi:

Sarà la crisi della politica, sarà questa aria da ancien régime che si fa sempre più opprimente, sarà che percepisco come mai prima la potenza della metafora videoludica. Ma lo zombie sta diventando la, anzi La chiave di lettura.

Per ribadire il concetto si veda anche quando viene riportato nel post Horror, sincero specchio della società di Antonio Sasso su LSDmagazine. Che, dopo aver parlato delle imprese cinematografiche romeriane come della “metafora della rivolta delle classi sociali inferiori sulle classi dominanti, metafora del ghetto e dell’inumanità a cui la società giunge allorquando è costretta a difendersi dal diverso, a sua volta identificato come il ‘mostro'”, rispetto ai nuovi zombie (28 giorni dopo, 28 settimane dopo o Rec) considera:

La nostra, una società individualistica da un lato e omologante dall’altro, produce così la denuncia e il sospetto inconsci, nei suoi individui, che appunto l’individualismo riduca ad una solitudine asfissiante, mentre la massificazione crei dei gruppi indistinti di mostri assetati dal loro unico ed egoistico intento: il consumo, se non addirittura l’affermazione ad ogni costo della propria identità sull’altro.

(Via Marco Trotta)

Un po’ di luce sul dopoguerra nel Mezzogiorno d’Italia

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Un po’ di luce, un documentario di Pietro Annicchiarico sul passato prossimo di un pezzo di società italiana. Parecchio materiale è disponibile sul blog Caos Video e di seguito invece una presentazione:

Gli anni tra il 1950 e il 1960 a Grottaglie in provincia di Taranto, sono stati tempi in cui non c’erano le fognature e niente era scontato, nemmeno che il pane fosse presente in ogni casa. Intanto il patriarcato conservava la sua tradizione millenaria e solo a partire dal1968 gli studenti, gli operai e le femministe, con una durissima lotta, riuscirono a spazzarlo via, mettendo in discussione finalmente l’autoritarismo che lo animava. I padri, allora, imperavano con le maniere forti sulla testa dei figli. Nascere poveri contadini, non aiutava a sognare un futuro diverso da quello per cui si era stati programmati. I pochi sognatori che osavano cambiare le proprie sorti, anche se autorizzati dai genitori, dovevano combattere i pregiudizi e le ostilità di chi proprio non voleva che anche il contadino avesse il figlio dottore.

Le differenze sociali ed economiche erano evidenti e accettate come fatto naturale proprio nel luogo dove, in teoria, si dovevano far sviluppare le coscienze civiche: la scuola. Quest’ultima era usata dalla classe politica e intellettuale, per replicare le discriminazioni già presenti nella società, che vedeva nettamente distinti i percorsi di emancipazione pensati per figli dei professionisti o comunque di chi aveva uno stipendio statale, con quelli di pura sussistenza riservati ai poveri, figli di contadini e operai a cui non era consigliato proseguire gli studi. Erano le classi differenziali, proprio come quelle che la Lega ripropone oggi per i figli dei migranti.

La nascita del sindacato e la forte spinta del movimento contadino e proletario permise ai braccianti grottagliesi e di tutto il meridione, di raggiungere una chiara consapevolezza dei propri diritti fondamentali: il diritto alla pensione, a un orario di lavoro umano e, non ultimo, a un salario dignitoso […]. “Un po’ di luce” vuole essere un omaggio alle voci, quelle dei nostri genitori e dei nostri nonni, che hanno cercato di trasmetterci le loro drammatiche esperienze del dopoguerra nel Mezzogiorno, ma che hanno trovato solo interlocutori sordi e distratti.
Pietro Annicchiarico

La nuova notte dei morti viventi. Libera, internazionale e collaborativa

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Night Of The Living Dead: ReanimatedSi parla ancora di horror. Ma di horror con risvolti oltre il genere. Il progetto di oggi si chiama Night Of The Living Dead: Reanimated (in codice NOTLD:R), si ispira come appare chiaro al quasi omonimo film del 1968 firmato da George A. Romero e come obiettivo si propone quello di riportare in vita la pellicola cult (operazione da non confondere con un remake). Con una particolarità ulteriore: tutto il materiale prodotto sarà rilasciato con una licenza Creative Commons-BY-NC-ND. E quello del curatore del progetto, Mike Schneider, con un’ancòra più libera CC-BY.

Al ri-ritorno dei morti viventi romeriani stanno lavorando in termini collaborativi decine di artisti di tutto il mondo per dare vita a una specie di installazione, con una colonna sonora originale, proiezioni e storie che riportano alle atmosfere del film del 1968. Una delle raccomandazioni che si leggono sul sito di NOTLD:R è infatti quella di vederselo prima di accedere al progetto. Dopodiché si può per esempio passare al promo e ai trailer, che sono 1, 2 e 3.

Il progetto è del tutto autofinanziato, gli artisti stanno lavorando a titolo volontario, loghi e artwork sono stati donati e, una volta ultimato il lavoro, sarà liberamente disponibile in rete. Infine chi vorrà il DVD, pagherà le spese vive. Chi volesse sostenerlo però può dare un’occhiata al negozio virtuale tra magliette, tazze e cartoline d'”auguri”.

(Via CreativeCommons.org)

Blade Runner torna come serie web sotto Creative Commons

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Notizia notevole rilanciata dal blog di CreativeCommons.org:

Sì, avete letto correttamente. Ridley Scott, il celebre regista di fantascienza che ha firmato un classico come Blade Runner produrrà una nuova serie su web basata sul film e la rilascerà con una licenza copyleft. La serie sarà finalizzata inizialmente per la distribuzione con la possibilità di essere trasmessa sul piccolo schermo e sarà un progetto di Ag8. Del progetto si può leggere sul New York Times, su Purefold di Ag8 o sottoscrivere la discussione su FriendFeed.

Nello specifico la licenza sarà Attribuzione-Condivisi allo stesso modo e ogni episodio durerà tra i cinque e i dieci minuti.

L’olio nero di Sarroch: tra documentari censurati e il racconto del reale

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Le rane di Alessandro Gilioli piovono su chi denuncia Oil, il documentario di Massimiliano Mazzotta girato in Sardegna tra la fine del 2007 e il 2008:

L’intervista di Piovono Rane a Massimiliano Mazzotta, regista del documovie “Oil” sugli impianti petroliferi dei Moratti a Sarroch, in Sardegna. Nel film si parla anche, in modo assai critico, dei subappalti e delle condizioni di sicurezza degli operai. I Moratti hanno fatto azione legale per chiedere il sequestro del documentario. Oggi a Sarroch sono morti asfissiati tre operai.

Per saperne di più: Censure italiane: il caso Moratti-Oil e il blog censurato.