Il fioraio di Peron: due Argentine unite da una storia. E poi la fine del copyright

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Il fioraio di PeronPubblicando con Stampa Alternativa, di questo libro era da un po’ che sentivo parlare e mi incuriosiva parecchio. Ora è in uscita. Si intitola Il fioraio di Peron ed è stato scritto da un autore davvero bravo, Alberto Prunetti (per averne conferma si provi a leggere il suo Potassa e gli articoli per Carmilla). Ecco di che parla:

L’Argentina di ieri e quella di oggi, unite da una Storia che, tra crisi e trasformazioni, resta pervicace nelle sue linee di fondo e in cui il peronismo riemerge periodicamente quale collante politico e culturale di una nazione. Nazione ben strana, del resto, in cui apparente spensieratezza italiana e apparente tragicità spagnola hanno dato luogo a una curiosa sintesi, che differenzia il paese da tutto il resto dell’America Latina. Il romanzo narra episodi in gran parte veri, ma ciò è irrilevante: ciò che è vero al di là di ogni dubbio è il contesto umano e sociale che, nel narrare la vicenda di un fioraio italiano giunto vicino alle sedi del potere, e quella parallela di un erede che ne cerca le tracce, Alberto Prunetti mette in evidenza. Con un linguaggio terso e incisivo, in cui piccoli dettagli, rapide annotazioni, osservazioni di poche righe assurgono a sintomi di un dramma più vasto. Il simbolo più significativo di tutto ciò è la Casa Rosada, così chiamata – impariamo – perché tinta con sangue bovino all’epoca della costruzione. Un colore tenue e piacevole, dunque, che allude a una crudeltà sempre pronta a trasudare, fatta di prepotenza e pulsioni autoritarie. La complessa realtà argentina non poteva essere descritta meglio.

La fine del copyrightE già che si segnalano libri interessanti (anche se in questo caso per altri motivi), sempre per lo stesso editore sta uscendo anche La fine del copyright di Joost Smiers e Marieke van Schijndel:

Quando sono pochi conglomerati internazionali a controllare saldamente il bene comune della comunicazione e della produzione culturale, è a rischio la democrazia stessa. La libertà di comunicare che spetta a ciascuno di noi e il diritto individuale di partecipare alla vita culturale della propria comunità (come sancito nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani) non possono non indebolirsi davanti al diritto esclusivo assegnato dall’odierno copyright a un pugno di manager e investitori, guidati unicamente dai propri interessi ideologici ed economici.

Il paese della vergogna torna a raccontare alcune brutte storie italiane

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Un pezzetto del Paese della vergogna è quello raccontato nel video qui sopra. Ma è anche un libro di Daniele Biacchessi e uno spettacolo teatrale che Daniele porta in giro per l’Italia con i Gang dei fratelli Marino e Sandro Severini. A breve i live riprenderanno per raccontare queste storie:

1944, Sant’Anna di Stazzema. Inizia da un immagine di un girotondo di bambini il racconto di Daniele Biacchessi, accompagnato da Marino e Sandro Severini dei Gang. Questo spettacolo parte da un dato di fatto, incontrovertibile. In Italia la verità storica non segue mai lo stesso binario della verità giudiziaria. Le prove delle stragi nazifasciste di Sant’Anna di Stazzema e Marzabotto nascoste nel cosiddetto “Armadio della vergogna”. I colpevoli di stragi come Portella della Ginestra, Piazza Fontana, Piazza della Loggia a Brescia, treno Italicus, stazione di Bologna, Rapido 904, sono tutti sostanzialmente liberi. E’ l’Italia spiazzante delle verità negate, raccontate da Biacchessi attraverso scene esemplari, flash su personaggi diversi tra loro ma uniti da un solo nome: ingiustizia. Sono tra gli altri Peppino Impastato, direttore di Radio Aut, assassinato da Don Tano Badalamenti; Giovanni Falcone e Paolo Borsellino uccisi dalla mafia politica. Un collage di fatti e storie, carichi di emozioni. “Il paese della vergogna” é un libro di Chiarelettere Editore. Il quadro sulla strage di via dei Georgofili é scritto da Raja Marazzini.

Santa mafia: il “viaggio” da Palermo a Duisburg ricostruito da una giornalista tedesca

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Santa mafia di Petra ReskiPoco tempo fa era stata la volta A Milano comanda la ‘ndrangheta, scritto da Davide Carlucci e Giuseppe Caruso e uscito lo scorso settembre per Ponte alle Grazie. Sempre in tema di criminalità calabrese (ma non solo), per l’editore Nuovi mondi, è stato pubblicato anche un altro libro di recente, Santa mafia – Da Palermo a Duisburg: sangue, affari, politica e devozione della giornalista tedesca Petra Reski.

La ricostruzione di un mosaico di luoghi, persone e vicende che parte dalla Sicilia e sale seguendo le rotte della criminalità: Calabria, Campania, su fino al ricco nord-est. E poi ancora oltralpe, nella sua Germania, terra di elezione della mafia, dove non esiste il reato di associazione mafiosa e non sono ammessi l’uso intensivo delle intercettazioni e la confisca dei beni. Nell’edizione originale il libro è uscito censurato per volontà dell’autorità giudiziaria tedesca, intervenuta su richiesta di alcuni personaggi i cui nomi sono ben noti perché figurano nelle informative di polizia (sia italiane che tedesche), nei documenti giudiziari, in numerosi resoconti giornalistici. Tuttavia, di loro non si può parlare in un libro; la gente deve continuare a ignorare il problema. L’edizione italiana poteva scegliere di eliminare semplicemente queste parti del testo; invece ha deciso di riportare le medesime righe nere sulle parole che sono costate a Petra Reski intimidazioni e minacce. Perché il lettore abbia una chiara immagine del bavaglio con cui il potere cerca costantemente di ridurre al silenzio il giornalismo più coraggioso.

Il volume, righe nere o meno, è partito subito provocando qualche nervosismo, come accaduto nel caso di Marcello Dell’Utri, riportato qui, sul sito dell’editore. E una recensione è stata pubblicata da poco da Booksblog.

Andrea Cabassi e l’analisi della figura politica di Emilio Lussu

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Andrea Cabassi è uno psicoterapeuta di Parma e un saggista nel suo settore, ma le sue competenze esulano anche in altri ambiti. Tempo fa ho letto un suo manoscritto tuttora (purtroppo) inedito in cui crea un dialogo immaginario tra la famiglia Rosselli ed Emilio Lussu. E proprio intorno alla figura del politico sardo ha scritto Lussu Sardus Pater: dio mancato di una nazione mancata?, testo pubblicato sul sito del circolo Giustizia e Libertà di Sassari e anticipato sul relativo blog:

In questo lavoro cercherò di rispondere al quesito: Emilio Lussu può essere considerato il Sardus Pater del popolo sardo? Ha accettato o ha rifiutato di assumere l’onere che questo ruolo comportava? E se lo ha rifiutato perché? C’è differenza tra il Sardus Pater che, come Mosè, conduce il suo popolo alla Terra Promessa di una Nazione Indipendente e il padre di una piccola patria, con le sue tradizioni, con i suoi usi e costumi, con uno statuto autonomo che, però, è parte di una patria più grande? Incunearsi in questa differenza significa tentare di comprendere le ragioni politiche, psicologiche, esistenziali che spinsero Lussu a fare le sue difficili scelte a partire dal ritorno in Sardegna del 1944, per passare alla traumatica scissione del 1948 ed arrivare agli ultimi giorni della sua vita. Significa non avere risposte pre-confezionate, significa confrontarsi con le posizioni anche le più lontane tra di loro.

Come Andrea ha già dimostrato di saper fare, rilegge il passato in una chiave che aiuta a comprendere meglio anche l’attualità politica. E lo fa con molti riferimenti e citazioni che contriscono – anzi, invogliano – all’approfondimento.

Frammenti a colori degli anni 30 e 40 dalla Biblioteca del Congresso

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1930s-40s in Color

Il set si chiama 1930s-40s in Color ed è stato creato all’interno dell’account Flickr della Biblioteca del Congresso statunitense:

Queste fotografie dai colori vivaci risalenti al periodo della Grande Depressione e della seconda guerra mondiale catturano un’epoca in genere vista solo in bianco e nero. Fotografi alle dipendenze della Farm Security Administration (FSA) e più tardi dell’Office of War Information (OWI) hanno realizzato queste immagini, scattate tra il 1939 e il 1944. Vi invitiamo ad aggiungere tag e commenti, oltre a maggiori informazioni che consentano di identificarne i soggetti (gli attuali titoli derivano dalla documentazione originale dell’agenzia, talvolta incompleta).

Le fotografie ritraggono, oltre agli Stati Uniti, anche Puerto Rico e le Isole Vergini, hanno a che fare soprattutto con i sommovimenti quotidiani generati dall’approssimarsi del secondo conflitto mondiale e maggiori informazioni sulla collezione sono disponibili qui.

L’OIC e i dieci anni di studi sulla comunicazione di crisi

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Observatoire International des CrisesDieci anni di comunicazione di crisi. Li festeggia il francese OIC (Observatoire International des Crises), organismo indipendente nato appunto a inizio 2000 con lo scopo di “occuparsi più specificamente delle crisi legate a internet, tema assente dal panorama sociale”. Per vedere quanto, in questo arco di tempo, il materiale dell’osservatorio si sia arricchito, si provi a dare un’occhiata all’elenco degli articoli e delle pubblicazioni, consultabili in rete e scaricabili in formato pdf.

Per quanto mi riguarda, ho conosciuto telematicamente l’osservatorio nel 2003 e ai tempi avevo tradotto Il ruolo di Internet nella condivisione del sapere in situazioni di crisi di Didier Heiderich, a cui è seguito qualche mese fa L’influenza su Internet, come si segnalava al momento dell’uscita. Ma per chi legge il francese di tematiche interessanti ce ne sono. Oltre ad atti e interventi a conferenze per mezzo mondo, si veda per esempio quello che accadde nel 2007:

Le prese di posizioni dell’OIC, per quanto moderate, sui pericoli legati agli investimenti in Cina ci sono valsi una censura […] e un periodo di osservazione e un’audizione da parte delle autorità in Francia. La notizia di questa censura farà il giro del pianeta.

Ora chissà che nel prossimo decennio non decidano di sbarcare anche in Italia. Che un lavoro come quello del team dell’OIC sarebbe senz’altro utile anche da questa parte delle Alpi. Intanto, per capire cos’è accaduto nei dodici mesi appena conclusi, è stato messo online un bilancio delle crisi del 2009:

Accelerano, vengono banalizzate e la memoria delle crisi passate si dissipa a causa della condanna mediatica inflitta dall’irrompere [di nuovi eventi] e dalla conseguente dimenticanza quasi immediata [dei precedenti]. Dietro questa accelerazione, le crisi cambiano volto e ciascuna lascia insegnamenti che le sono propri.

Il testo, scritto da Thierry Libaert e Christophe Roux-Dufort, entrambi docenti universitari, comprende – tra gli altri fatti – il disastro dell’Airbus AF 447, la crisi economica, la catena dei suicidi a France Telecom e l’influenza A. E, oltre a caratterizzare ciascuno degli eventi affrontati, si chiude con una serie di interrogativi lasciati in eredità al nuovo anno.

Il Reportage, in arrivo trimestrale di scrittura, giornalismo e fotografia

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Il ReportageBooksblog annuncia che questo mese inizieranno le pubblicazioni di una nuova rivista, Il Reportage, trimestrale di scrittura, giornalismo e fotografia. Citando un lancio dell’Agi:

Questa rivista (direttore è Riccardo De Gennaro, photo-editor Mauro Guglielminotti) ha una concezione molto flessibile del reportage, che può essere anche un’inchiesta-denuncia, un’intervista, un viaggio letterario, un diario. Anche la fiction non è trascurata: ogni numero di Reportage, che si avvarrà anche di un sito internet (www.ilreportage.com), ospiterò un racconto. Il primo è di Dario Voltolini. Tema del primo numero sono le periferie: Catania strangolata dalla mafia nel racconto di Riccardo Orioles e Pippo Scatà con le foto sulle mafie di Alberto Giuliani; i quartieri periferici di New York e Detroit, svuotati dal boom dei mutui, raccontati da Eleonora Bianchini e Mauro Guglielminotti: quel pezzo tragico di storia della “periferica” Argentina nell’intervista di Alejandro Brittos a uno dei guerriglieri superstiti al massacro di Trelew nel 1972 con i ritratti di Simone Perolari; la borgata di Ostia, dove fu ucciso Pasolini, descritta da Beppe Sebaste e dalla fotografa Maria Andreozzi. Ma anche Hong Kong, come in un “viaggio fino alla fine del mondo”, con lo scrittore Carlo Grande e il fotoreporter Francesco Acerbis, il “viaggio senza viaggio” di Fabio Sebastiani (le foto sono di Stefano Snaidero) nella metropolitana di Roma, il “trip” del drogato di eroina raccontato anche in chiave saggistica dal poeta Lello Voce con le foto di Jessica Dimmocks. Ci sono poi i fotoreportage sull’Africa di Ron Haviv e sui campi di concentramentio di Auschwitz e Birkenau di Ivo Saglietti.

Al momento sul sito della rivista, pubblicata da Edizioni Centouno, c’è solo una pagina di annuncio mentre per leggere qualcosa di Riccardo De Gennaro, che proviene da Repubblica, si può andare qui. Del photo-editor invece c’è un sito personale.