Un po’ di luce sul dopoguerra nel Mezzogiorno d’Italia

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Un po’ di luce, un documentario di Pietro Annicchiarico sul passato prossimo di un pezzo di società italiana. Parecchio materiale è disponibile sul blog Caos Video e di seguito invece una presentazione:

Gli anni tra il 1950 e il 1960 a Grottaglie in provincia di Taranto, sono stati tempi in cui non c’erano le fognature e niente era scontato, nemmeno che il pane fosse presente in ogni casa. Intanto il patriarcato conservava la sua tradizione millenaria e solo a partire dal1968 gli studenti, gli operai e le femministe, con una durissima lotta, riuscirono a spazzarlo via, mettendo in discussione finalmente l’autoritarismo che lo animava. I padri, allora, imperavano con le maniere forti sulla testa dei figli. Nascere poveri contadini, non aiutava a sognare un futuro diverso da quello per cui si era stati programmati. I pochi sognatori che osavano cambiare le proprie sorti, anche se autorizzati dai genitori, dovevano combattere i pregiudizi e le ostilità di chi proprio non voleva che anche il contadino avesse il figlio dottore.

Le differenze sociali ed economiche erano evidenti e accettate come fatto naturale proprio nel luogo dove, in teoria, si dovevano far sviluppare le coscienze civiche: la scuola. Quest’ultima era usata dalla classe politica e intellettuale, per replicare le discriminazioni già presenti nella società, che vedeva nettamente distinti i percorsi di emancipazione pensati per figli dei professionisti o comunque di chi aveva uno stipendio statale, con quelli di pura sussistenza riservati ai poveri, figli di contadini e operai a cui non era consigliato proseguire gli studi. Erano le classi differenziali, proprio come quelle che la Lega ripropone oggi per i figli dei migranti.

La nascita del sindacato e la forte spinta del movimento contadino e proletario permise ai braccianti grottagliesi e di tutto il meridione, di raggiungere una chiara consapevolezza dei propri diritti fondamentali: il diritto alla pensione, a un orario di lavoro umano e, non ultimo, a un salario dignitoso […]. “Un po’ di luce” vuole essere un omaggio alle voci, quelle dei nostri genitori e dei nostri nonni, che hanno cercato di trasmetterci le loro drammatiche esperienze del dopoguerra nel Mezzogiorno, ma che hanno trovato solo interlocutori sordi e distratti.
Pietro Annicchiarico

L’unità paramilitare degli Scorpioni condannata per eccidio in Kosovo

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Di questo processo si racconta anche qui e alla fine ci si è riusciti a condannare di nuovo gli Scorpioni, gruppo paramilitare responsabile anche del massacro di Srebrenica di cui varie volte si è scritto. Lo racconta Peacereporter parlando di un eccidio di dieci anni fa:

La Corte serba per i crimini di guerra ha condannato […] a pene fino a venti anni […] i componenti di un’unità speciale, chiamata Scorpioni, che dipendeva dal ministero degli Interni di Belgrado durante il conflitto in Kosovo del 1999. In particolare agli imputati viene addebitata la responsabilità del massacro di Podujevo, in Kosovo, avvenuto nel 1999, quando vennero massacrati 14 albanesi, tra i quali donne e bambini. Zeljko Djukic, Dragan Medic e Dragan Borojevic sono stati condannati a 20 anni di prigione, e Miodrag Solaja a 15, per la motivazione che non aveva ancora 18 anni quando aveva preso parte al massacro. Lo rende noto la televisione serba B92, citando Bruno Vekaric, il portavoce della Corte. Per lo stesso episodio era stato condannato a 20 anni di carcere Sasa Cvjetan, membro della stessa unità. Gli Scorpioni hanno preso parte alle guerre in Croazia (1991-95) e in Bosnia (1992-95), prima di essere inviati nel Kosovo nel 1998-1999. Quattro altri uomini appartenenti all’unità sono stati condannati due anni fa a pene che vanno fino a 20 anni di prigione perché giudicati colpevoli di aver giustiziato sei musulmani nel massacro di Srebrenica, in Bosnia, nel 1995, in cui sono stati uccisi 8 mila musulmani.

Libertà di cultura e partecipazione: un fine giugno denso di eventi

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Ci si è quasi all’incontro pubblico annunciato un po’ di tempo fa, Giornalismo e media partecipativi: voci, strumenti, prospettive, organizzato da Citizen Media e in programma il prossimo 23 giugno a Roma, presso Sala Walter Tobagi della Federazione Nazionale della Stampa (Corso Vittorio Emanuele II n. 349, 2). Il programma è stato messo a punto (da qui si può scaricare anche in formato pdf) e dieci sono le realtà attive a livello nazionale: Global Voices Italiano, Yurait Social Blog, Agoravox Italia, Fai Notizia, Parallelo 41, You Reporter, CafèBabel, PeaceReporter, CrossingTv e The Populi. Dell’evento se ne parla anche su Lsdi – Libertà di stampa. Diritto all’informazione, che è tra le realtà che hanno collaborato, insieme alla Federazione nazionale della stampa italiana, con le menti ideatrici e organizzatrici dell’incontro: Bernardo Parrella, Eleonora Pantò e Antonio Rossano.

E sempre in tema di eventi, ce n’è un altro terzetto di interessante in questo periodo: nello stesso giorno dell’incontro romano, a Torino ci sarà il 3rd Creative Commons Technology Summit di cui si parla anche sul sito di CreativeCommons.it. Identica città ma qualche giorno prima (il 21 giugno) per torinOpen, iniziativa dell’Arci Torino per la diffusione delle licenze Creative Commons in ambito musicale. Infine di nuovo il 26 giugno, ma stavolta a Prato, per il barcamp Condividere X (fare) Cultura, che si terrà al teatro Magnolfi e che vede tra le sue anime l’instancabile Flavia Marzano.

La nuova notte dei morti viventi. Libera, internazionale e collaborativa

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Night Of The Living Dead: ReanimatedSi parla ancora di horror. Ma di horror con risvolti oltre il genere. Il progetto di oggi si chiama Night Of The Living Dead: Reanimated (in codice NOTLD:R), si ispira come appare chiaro al quasi omonimo film del 1968 firmato da George A. Romero e come obiettivo si propone quello di riportare in vita la pellicola cult (operazione da non confondere con un remake). Con una particolarità ulteriore: tutto il materiale prodotto sarà rilasciato con una licenza Creative Commons-BY-NC-ND. E quello del curatore del progetto, Mike Schneider, con un’ancòra più libera CC-BY.

Al ri-ritorno dei morti viventi romeriani stanno lavorando in termini collaborativi decine di artisti di tutto il mondo per dare vita a una specie di installazione, con una colonna sonora originale, proiezioni e storie che riportano alle atmosfere del film del 1968. Una delle raccomandazioni che si leggono sul sito di NOTLD:R è infatti quella di vederselo prima di accedere al progetto. Dopodiché si può per esempio passare al promo e ai trailer, che sono 1, 2 e 3.

Il progetto è del tutto autofinanziato, gli artisti stanno lavorando a titolo volontario, loghi e artwork sono stati donati e, una volta ultimato il lavoro, sarà liberamente disponibile in rete. Infine chi vorrà il DVD, pagherà le spese vive. Chi volesse sostenerlo però può dare un’occhiata al negozio virtuale tra magliette, tazze e cartoline d'”auguri”.

(Via CreativeCommons.org)

L’horror di Danilo Arona in chiave anticlericale e di satira letteraria

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L’estate di Montebuio di Danilo AronaDanilo Arona torna con un nuovo incubo cartaceo. Incubo che, come spesso accaduto con i suoi libri precedenti, si annuncia come l’ennesima poesia in veste horror (del resto, da queste parti, mai s’è fatto mistero della passione per le avventure letterarie di aroniana matrice). Il libro si intitola L’estate di Montebuio, è pubblicato da Gargoyle Books, sarà in libreria a partire dal 25 giugno prossimo e contiene la prefazione della sceneggiatrice Susanna Raule. Questa la sua presentazione:

In una notte del dicembre 2007, alle tre in punto, lo scrittore horror Morgan Perdinka si toglie la vita nel suo loft di Milano. Il 9 gennaio del 2008 il cadaverino mummificato di una ragazzina scomparsa quarantacinque anni prima riaffiora dalle acque gelide di un torrente sulla cima del Monte Buio, nell’Appennino Ligure. Eventi all’apparenza estranei l’uno all’altro. Ma quando un carabiniere e un anatomopatologo scoprono che il dodicenne Morgan trascorse le vacanze estive del 1962 sotto il Monte Buio, vivendo un tenero e infantile amore nei confronti della bambina destinata a essere inghiottita dal nulla l’estate successiva, una mostruosa verità inizia a farsi strada, trascinando i due uomini in un abisso inconcepibile dove regnano il Male puro e i suoi più insospettabili adepti. Cosa lega una vecchia colonia in rovina alle inquietanti preveggenze dei libri scritti da Morgan? Chi è la Vergine Crocefissa? Che cosa è la sostanza nera e fosforescente che da decenni prolifera sulle propaggini della montagna? Benvenuti nella mente diabolica di Morgan Perdinka, una zona oltre i confini del reale tutt’altro che morta…

Nei suoi lavori precedenti, Danilo ha inserito argomenti che prescindono dalla trama stessa: si va dall’immigrazione alle culture sincretiche dei Caraibi, dalla tradizione popolare locale ai racconti bellici, dalle paure di massa che si evolvono raccontando la contemporaneità al passato come retaggio con cui fare i conti. Stavolta, recuperando parte di questi temi, se ne aggiungo altri (e nel prossimo futuro ci si tornerà). Sempre dalla presentazione del libro:

Una sontuosa e apocalittica rappresentazione del Male – all’insegna di shock visivi e reminiscenze di antichi folclori locali – si fonde a un feroce e autentico anticlericalismo e a una satira “sgarbata” dell’ambiente letterario italiano in una storia carica di suggestioni. Un intenso horror metafisico, che è anche una riflessione attorno all’ingegno e alla difficoltà dell’artista di separarsi dai propri mondi creativi con il rischio di restarne soggiogati non distinguendo più tra realtà e finzione.

Intanto, per saperne di più, si dia un’occhiata all’intervista realizzata da Andrea G. Colombo su Horror.it.

Nefertiti: antica regina eretica e testimone attuale delle lotte femministe

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Nefertiti di Jasmina TesanovicEsce in questi giorni per Stampa Alternativa un libro che ho editato un po’ di tempo fa e che m’è piaciuto davvero molto. Si intitola Nefertiti – L’amore di una regina eretica nell’antico Egitto, è stato scritto da Jasmina Tesanovic, di cui s’è parlato varie volte da queste parti, e si rivela un testo che non ci si aspetterebbe (almeno se non si è mai letto niente dell’autrice, della quale lo scorso gennaio era uscito Processo agli scorpioni con una postfazione pubblicata qui qualche mese fa). Nefertiti non è un solo libro storico e non è neppure un romanzo d’amore. È questo, ma è anche un tessuto di rivendicazioni sociali e femministe (Jasmina fa parte delle Donne in nero), è una lode all’arte, una rivendicazione di libertà e un inno alla bellezza vissuta fuori dagli schemi. Credo che ulteriori parole per descrivere meglio questo libro possano essere quelle di Bruce Sterling, che ne ha scritto la prefazione e che è anche il marito della scrittrice serba. Il booktrailer invece è stato realizzato dall’infaticabile Luigi Milani, autore anche di quelli per Pentiti di niente e per Il programma di Licio Gelli.

Jasmina Tesanovic è una ben nota femminista e dissidente politica dell’Europa del Est. È naturale domandarsi perché una donna del genere abbia scritto un romanzo su Nefertiti. Specialmente un libro strano come questo, un libro che è chiaramente una litania intesa a risvegliare i morti. Avendo io sposato Jasmina, l’ho vista scrivere questo libro. Mi sono accorto che è stata costretta a farlo, forse perfino segretamente ossessionata da un bisogno irresistibile.

Potrei fornire tante spiegazioni sul perché l’abbia scritto quest’opera, ma ne esiste una, credo, che ha molto senso per il pubblico italiano. Jasmina è nata nella ex Yugoslavia: in uno stato comunista eretico, un’utopia fallita. Mentre il comunismo italiano è tuttora molto vivo – a Torino, la mia città preferita, lo constato tutti i giorni – la Yugoslavia scomparsa è uguale all’antico Egitto. La Yugoslavia di Tito una volta mandò una bambina, Jasmina Tesanovic, a vivere nell’antica terra d’Egitto. La Yugoslavia e l’Egitto una volta erano amici per la pelle.
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Trent’anni fa l’addio a Demetrio Stratos e a un’epoca

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Sono trascorsi trent’anni dalla scomparsa di Demetrio Stratos (qui il sito dedicato al musicista). Da un anno aveva lasciato gli storici Area, nati nel 1972. Con queste parole lo ricorda Paolo Tofani nel libro Dancing days di cui s’è parlato poco tempo fa:

Dovevamo suonare dalle parti di Lecco: passai a prendere Demetrio ma mi disse che stava male. Lo misero subito in ospedale e da allora lo sentii solo al telefono: le prime volte era positivo, si scherzava, alla fine mi diceva d’aver paura, “io di qui non esco”. Anni dopo a New York incontrai il suo medico, che mi disse: non siamo riusciti a fermare nemmeno per un attimo il processo di disgregazione del suo corpo. La morte di Demetrio non ci ha solo privati di un grande musicista: ha segnato una svolta gigantesca nell’Italia di quegli anni.

Il 14 giugno 1979, all’arena di Milano, si svolge un concerto per raccogliere fondi con cui far curare il musicista dall’aplasia midollare, ma è tardi. Stratos è morto il giorno prima. Quell’evento, per il quale sono arrivare 60 mila persona, diventa così un funerale simbolico per un uomo e per un’epoca. Tornando a oggi, in questo periodo ha iniziato a circolare il documentario La voce Stratos – Voce unica e irripetibile del ‘900.

Prima del Fatto va online il suo “antefatto”

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Prima viene l’Antefatto, poi a settembre anche Il fatto quotidiano. Al momento è online il modulo di prenotazione all’abbonamento, un blog ancora in fase di pre-rodaggio che però già raccoglie commenti e la possibilità di iscriversi e una newsletter. Il tutto per quattro ragioni:

1. Perché racconterà i fatti, fin dalla sua testata. Darà le notizie, le analisi e i commenti che gli altri non danno, o nascondono. Parlerà dei temi che gli altri ignorano.

2. Perché non avrà padroni: la società editoriale è composta da alcuni piccoli soci, compresi noi giornalisti, che partecipano con quote equivalenti a un progetto comune: un quotidiano fatto solo per i suoi lettori. Senza vincoli né sudditanze ai poteri forti, politici, finanziari e industriali, che usano i giornali per i loro interessi.

3. Perché non chiederà né avrà finanziamenti pubblici concessi da questo o quel partito.

4. Perché nascerà solo se avrà dei lettori interessati ad acquistarlo, e a leggerlo. Nel paese dei giornali senza lettori, mantenuti in vita dai contribuenti, anche e soprattutto da quelli che non li comprerebbero mai, noi faremo il nostro giornale soltanto se avremo un numero di lettori sufficiente per mantenerlo in vita.

Se telefonando: un paese che viene messo a tacere

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Scrive su Micromega il magistrato antimafia Roberto Scarpinato, a prefazione del libro Se telefonando. Le intercettazioni che non leggerete mai più di Gianni Barbacetto, che con il Ddl intercettazioni, il Paese [viene] messo a tacere.

Le intercettazioni sono rimaste l’ultimo tallone di Achille di un potere che nel tempo ha sempre più circondato di segreto il proprio operato, perché l’opposizione è venuta meno al proprio compito, il giornalismo indipendente è emarginato e non ha più spazi nella televisione, la magistratura rischia di divenire sempre più addomesticata. Ed ecco perché la riforma delle intercettazioni deve passare, perché da quel momento in poi non sarà più possibile sapere quello che succede in questo Paese dietro le quinte: in quel fuori-scena dove, come la lezione della Storia ha dimostrato, si mettono a punto accordi segreti e inconfessabili, che riducono la politica visibile a una “messa in scena” per cittadini ignari, trattati come eterni minorenni ai quali celare la realtà della macchina del potere. La magistratura sarà privata di strumenti di indagine fondamentali e il vecchio tormentone sulle toghe rosse non ci sarà più, perché non ci saranno né toghe rosse, né toghe nere, né toghe di centro.

Qui, su Radio Carcere, il testo del disegno di legge approvato dalla Camera il 10 giugno scorso. E grazie a Paola Esposito per le segnalazioni che costantemente mi invia.

I rifiuti campani raccontati dalla “Voce delle voci”

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La Vittoria con Letizia raccontata da Rita Pennarola del mensile La voce delle voci. Che, a fronte di questo nuovo articolo, non solo i giornalisti della rivista napoletana a tiratura nazionale se la devono vedere con le citazioni in sede penale e civile, ma tornano pure ai tempi bui delle intimidazioni telefoniche per aver scritto che:

Nessuno ha saputo spiegare dove siano poi finite le tonnellate di spazzatura rimosse con le ruspe come dopo un terremoto. Di sicuro si sa che l’intero settore in Campania e’ da tempo monopolio di imprese subappaltatrici controllate dai clan. Gia’, la camorra. E stato detto che la Napoli in fiamme di inizio 2008 era l’ultimo atto del bracco di ferro fra i poteri criminalita le popolazioni quanto si vuole, ma di sicuro sta gia’ sottraendo alla malavita organizzata buona parte di quel business da 600 milioni l’anno. Quale fu il prezzo vero della resa? Chi conosce quelle logiche, oggi vede fra le righe del risultato elettorale il patto segreto sotteso alla “magica” sparizione dei rifiuti dalle strade. Un anno dopo l’epocale “operazione pulizia” messa in campo a Napoli, il centrodestra passa e raccoglie il plebiscito, in Campania come altrove, conquista quindici Province, piazza amministratori fidati nei gangli della cosa pubblica locale.