Il “caso Sindona” visto da Silvio Novembre, il maresciallo che fu a fianco dell’avvocato Ambrosoli

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Silvio Novembre - Lucarelli racconta, Gli uomini dello Stato

In memoria di Silvio Novembre, morto a Milano il 28 settembre 2019.

I funerali dell’avvocato Giorgio Ambrosoli vengono celebrati il 14 luglio 1979 a Milano, nella chiesa di San Vittore al Corpo. Tra chi vi prende parte, non c’è nessun rappresentante ufficiale delle istituzioni. Quelle istituzioni che pure l'”unico commissario liquidatore” dell’impero finanziario di Michele Sindona aveva servito a dispetto della mole di lavoro, delle pressioni, dei poteri forti coinvolti. E a dispetto delle minacce, diventate reali tre giorni prima di quelle esequie, l’11 luglio.

Tra chi partecipa, però, ci sono i collaboratori dell’avvocato. Coloro con cui, dal 27 settembre 1974, giorno della nomina da parte del ministero del Tesoro e dell’allora governatore della Banca d’Italia, Guido Carli (sostituito l’anno successivo, dopo le sue dimissioni, da Paolo Baffi, altro personaggio che pagherà con accuse ingiuste e un periodo di carcere insieme al vicedirettore generale Mario Sarcinelli l’essersi opposto ai potenti della finanza italiana), aveva condiviso anni di lavoro. Di fronte al feretro ci sono Baffi, i giudici Guido Viola e Ovilio Urbisci. E poi c’è un uomo che appartiene alla guardia di finanza e che non stacca gli occhi dalla bara. La fissa intensamente, senza battere ciglio, rigido. Si chiama Silvio Novembre ed è un maresciallo della guardia di finanza, entrato nelle fiamme gialle quasi per caso e diventato a sua volta un fedele servitore dello Stato. O almeno così credeva.
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Palermo, 38 anni fa l’omicidio di Boris Giuliano: la mafia decise di eliminare un investigatore troppo pericoloso

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Boris GiulianoGli hanno sparato alle spalle sette proiettili 7.65. A essere puntata contro Giorgio Boris Giuliano, 49 anni, capo della squadra mobile di Palermo, è una Beretta semiautomatica che si trova da almeno venticinque o trenta centimetri da lui. È una mattina di pieno luglio, il 21 per la precisione, e malgrado la stagione estiva sia nel pieno, il vicequestore aggiunto esce dall’appartamento preso in affitto in via Alfieri a fine 1963 e varca la soglia del bar Lux di via De Blasi, a Palermo.

Chi lo incrocia quel mattino, se ne stupisce quasi perché Giuliano di solito ci andava quando accompagnava i figli a scuola, approfittando di quel caffè per comprare loro le merende. Invece il 21 luglio 1979 si ferma lì. Ordina un espresso e sul momento nessuno, nemmeno il titolare del locale, Giovanni Siragusa, che solo il 20 luglio precedente aveva ricevuto una lettera anonima su cui c’era scritto con timbri a inchiostro «Morirai tu e Contrada», sembra notare un uomo che entra appena dopo.

È sui 35 anni, alto approssimativamente poco meno di un metro e 70, robusto e con braccia poderose, fitti capelli castano scuri su un volto senza barba né baffi. Elementi che lì per lì non sembrano poter condurre in tempi rapidi a dare un nome al killer. Ma l’identikit elaborato nelle ore successive al delitto porta a Giacomo Bentivenga. Identità confermata nel giro di breve anche da una confidenza.
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Boris Giuliano: 37 anni dopo l’omicidio di un precursore delle indagini antimafia

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Boris Giuliano

È finita sul piccolo schermo la storia del capo della squadra mobile di Palermo trucidato il 21 luglio 1979 da Leoluca Bagarella, il boss corleonese che gli sparò alle spalle sette proiettili calibro 7.65 in un bar, il Lux. Su Rai 1, infatti, il 23 e il 24 maggio scorsi l’attore Adriano Giannini ha interpretato Boris Giuliano nell’omonima fiction diretta da Ricky Tognazzi che ne ha ricostruito la storia.

Una storia che finisce in un locale non a caso. Quello di via De Blasi, infatti, è un posto che Giuliano frequenta abitualmente. Quando le scuole sono aperte, ci si ferma a comprare la merenda per i figli e quando invece è tempo di vacanze ci passa per un caffè. Da solo, nonostante le minacce, come quella giunta solo il giorno prima: «Morirai».
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Ambrosoli nelle parole del figlio Umberto: una lezione di etica civile e politica

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Qualunque cosa succedaStefano Casarino mi invia il testo che pubblicato sotto. Segue un incontro che c’è stato lo scorso 23 marzo a Cuneo, incontro organizzato dall’associazione culturale LiberoSpazio e dedicato a Giorgio Ambrosoli, l’avvocato che ebbe il compito di liquidare l’impero finanziario di Michele Sindona e che per questo fu ucciso l’11 luglio 1979. Per discuterne era stato invitato il figlio di Ambrosoli, Umberto, autore del libro Qualunque cosa succeda. Il testo, pubblicato su alcuni giornali locali, è disponibile anche qui, su margutte.com. Ecco quanto scrive Stefano Casarino.

«Se, quando ero bambino, mi avessero ucciso “papà” per la sua attività di integerrimo, incorruttibile funzionario dello Stato e ai suoi funerali non fosse stata presente nessuna autorità pubblica, non credo proprio che parlerei dello Stato italiano come sta facendo ora Umberto Ambrosoli», è quanto pensavo tra me e me ascoltando le sue appassionate parole al Salone d’Onore del Comune di Cuneo. Organizzato dall’Associazione Culturale LiberoSpazio, l’evento ha visto una folta affluenza di pubblico e ha rappresentato un momento forte di riflessione e di condivisione sul tema, sempre drammaticamente attuale e moralmente ineludibile, della “responsabilità civile individuale per rigenerare il Paese” (tale il titolo prescelto per la serata).

Dopo la doppia introduzione di Maria Peano, Presidente dell’Associazione, e dell’on. Mino Taricco, il giornalista Gianni Martini ha letto una lettera, emotivamente molto intensa, di Giorgio Ambrosoli alla moglie. Quattro anni prima del suo assassinio. È importante riprodurne qualche passaggio:
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Dal blog sul FattoQuotidiano.it: “Giorgio Ambrosoli, questo grande uomo a lungo dimenticato”

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Milano, anno 1970. Roberto da tre anni lavora nel mondo dello spettacolo e probabilmente ha negli occhi e nelle orecchie l’eco del Derby Club che, dal seminterrato di via Monte Rosa, è diventato un crocevia imprescindibile per attori, musicisti, cabarettisti e letterati. Fa il presentatore, organizza eventi e ha iniziato nel 1967 quando, all’ultimo minuto, sostituisce in un locale di Silvi Marina, provincia di Teramo, il presentatore, fuori gioco a causa di un incidente stradale. E nel corso del tempo ha avuto occasione di conoscerne diversi, di artisti, lavorando con nomi del calibro di Walter Chiari e Dalida. Poi ecco l’ingaggio per organizzare una manifestazione a Milano, all’Hotel Sonesta, a pochi passi dalla Stazione Centrale.

L’albergo, che oggi ha cambiato nome, è stato inaugurato nell’ottobre 1969. E lo ha fatto in grande stile. Un paio di mesi prima della strage di piazza Fontana, quando la bomba alla Banca Nazionale del Lavoro non aveva ancora inferto una brusca sterzata alla storia di tutto il Paese, un filmato dell’Archivio Luce immortala il direttore Roger Sonnabend brindare con l’attrice Carroll Baker, volto divenuto ormai celebre per interpretazioni in pellicole come “Il gigante” di George Stevens, “Baby Doll” di Elia Kazan o “Il grande sentiero” di John Ford. Poi, alla cerimonia di apertura dell’hotel, ci sono le autorità milanesi: il sindaco Aldo Aniasi, il prefetto Libero Mazza e anche il provveditore agli studi.

Continua a leggere sul fato del FattoQuotidiano.it. Si tratta di un post che nasce da questo commento e dunque grazie a chi l’ha lasciato.

Giorno della memoria 2012: presentato il sito “I nomi della Shoah italiana” del Centro di documentazione ebraica contemporanea

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Con il Giorno della memoria 2012 e dopo la pubblicazione del volume Il libro della memoria – Gli Ebrei deportati dall’Italia (1943-1945) di cui si parlava qui, adesso arriva il sito I nomi della Shoah italiana – Memoriale delle vittime della persecuzione antiebraica, iniziativa del Centro di documentazione ebraica contemporanea (Cdec):

Nel 1979, il Cdec prese in considerazione l’idea di pubblicare in un libro-memoriale l’elenco completo di tutti gli ebrei morti in Italia o deportati dall’Italia nel biennio 1943-1945. La direzione del progetto fu affidata a Liliana Picciotto. Nuovi documenti erano nel frattempo venuti alla luce: la schedatura di 58.000 ebrei o supposti tali messa in atto dal governo fascista nel 1938, i registri-matricola delle carceri italiane con i nomi degli ebrei arrestati, i documenti del Ministero dell’Interno reperiti per le Procure tedesche nell’ambito dei processi a criminali nazisti che avevano operato in Italia.

L’analisi di questo complesso documentario portò alla luce nuovi nomi e nuovi dati. Nel 1986 il Cdec ricevette in dono un raro e prezioso computer che dette una svolta alla ricerca: i dati fino ad allora reperiti furono fatti confluire in un innovativo data base creato con l’aiuto dell’ingegnere informatico Alfonso Sassun. L’esito della ricerca sui nomi è stato pubblicato nel 1991 dalla casa editrice Mursia […], che ha visto successive numerose edizioni. La vasta diffusione del libro permise a parenti e amici delle vittime di entrare in contatto diretto con il Cdec e con l’elenco stesso.

Segnalazioni e integrazioni, inizialmente assai numerose, non sono nel corso degli anni mai cessate, segno dell’interesse costante da parte della società civile e della comunità ebraica verso il proprio passato. Poiché nuovi dati e completamenti ci vengono ancora comunicati, l’elenco non si può considerare definitivo ma un continuo working progress. Il Cdec con i due monumenti: Il libro della memoria e questo sito “I nomi della Shoah Italiana” ha inteso da una parte soddisfare la ricerca storica e dall’altra onorare la memoria delle vittime.

Chi avesse informazioni, notizie o fotografie in tema, può segnalarle qui.

Current.tv: nell’anniversario del delitto Ambrosoli, due speciali di Enzo Biagi su Gelli e Sindona

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Nell’anniversario dell’omicidio di Giorgio Ambrosoli, avvenuto l’11 luglio 1979 (e nel compleanno – il 12 luglio – del suo braccio destro, il maresciallo della guardia di finanza Silvio Novembre), Current manda in onda questa sera due speciali di Enzo Biagi. Alle 21.10 “C’era una volta Licio Gelli” e alle 21.40 “C’era una volta Sindona”, il banchiere che sarà condannato per aver commissionato al killer William Joseph Aricò il delitto dell’avvocato Ambrosoli, incaricato nel 1974 di liquidare l’impero finanziario del banchiere siciliano.

Trent’anni fa l’addio a Demetrio Stratos e a un’epoca

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Sono trascorsi trent’anni dalla scomparsa di Demetrio Stratos (qui il sito dedicato al musicista). Da un anno aveva lasciato gli storici Area, nati nel 1972. Con queste parole lo ricorda Paolo Tofani nel libro Dancing days di cui s’è parlato poco tempo fa:

Dovevamo suonare dalle parti di Lecco: passai a prendere Demetrio ma mi disse che stava male. Lo misero subito in ospedale e da allora lo sentii solo al telefono: le prime volte era positivo, si scherzava, alla fine mi diceva d’aver paura, “io di qui non esco”. Anni dopo a New York incontrai il suo medico, che mi disse: non siamo riusciti a fermare nemmeno per un attimo il processo di disgregazione del suo corpo. La morte di Demetrio non ci ha solo privati di un grande musicista: ha segnato una svolta gigantesca nell’Italia di quegli anni.

Il 14 giugno 1979, all’arena di Milano, si svolge un concerto per raccogliere fondi con cui far curare il musicista dall’aplasia midollare, ma è tardi. Stratos è morto il giorno prima. Quell’evento, per il quale sono arrivare 60 mila persona, diventa così un funerale simbolico per un uomo e per un’epoca. Tornando a oggi, in questo periodo ha iniziato a circolare il documentario La voce Stratos – Voce unica e irripetibile del ‘900.

Giornali e democrazia: Beppe Lopez racconta un processo interrotto

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Giornali e democraziaSiamo nel 1979 e Beppe Lopez fonda un giornale, il Quotidiano di Brindisi, Lecce e Taranto. Un’avventura editoriale che si trasforma anche in altro:

punto di riferimento innovativo a livello nazionale e non solo sul piano meramente giornalistico. Nacque, si insediò e fu interrotto: come successe, in generale, al processo di democratizzazione e di socializzazione avviato e stroncato in quegli anni in Italia. Da quello spartiacque della vita nazionale nasce il processo di restaurazione e di omologazione di cui il degrado che vivono oggi la nostra democrazia e la nostra informazione è il frutto maturo.

Questo libro racconta dunque una vicenda-metafora, che intreccia protagonisti e questioni cruciali per capire il passato e il presente dell’informazione e della democrazia nel nostro Paese: la Repubblica, l’assassinio di Moro e la fine del compromesso storico, il craxismo, la degenerazione della”sinistra socialista” in “sinistra ferroviaria”, Carlo Caracciolo, Paese Sera, il caso-D’Urso, Tangentopoli, la fine della cosiddetta “Prima Repubblica”, le provvidenze per l’editoria, La Gazzetta del Mezzogiorno, Giuseppe Gorjux, Giuseppe Romanazzi, Francesco Gaetano Caltagirone, le grandi conglomerate editorial-finanziarie.

Questa è la presentazione del nuovo libro di Beppe Lopez, che del nodo informazione si era già occupato con La casta dei giornali (Stampa Alternativa, 2007) e che continua a farlo con Infodem. Si intitola Giornali e democrazia, viene pubblicato da Glocal Editrice e il suo sottotitolo già la racconta dei contenuti: analisi del degrado dell’informazione in Italia, partendo dallo spartiacque della fine degli anni Settanta e dalla vicenda-metafora del primo quotidiano locale moderno e popolare: il Quotidiano di Lecce.