Corsera, 5 ottobre 1980: “Il fascino discreto del potere nascosto. Parla, per la prima volta, il signor P2”

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Intervista di Maurizio Costanzo a Licio Gelli

[L’intervista riportata sotto è divenuta celebre: la realizzò Maurizio Costanzo il 5 ottobre 1980, ai tempi in forza al Corriere della Sera, colloquiando con Licio Gelli, maestro di una famigerata loggia massonica, quella che ha segnato in modo quanto più negativo possibile la storia di questo paese. Alla data in cui uscì questo articolo – otto settimane dopo la strage alla stazione di Bologna – mancavano ancora cinque mesi alle perquisizioni a Castiglion Fibocchi e a Villa Wanda. Perquisizioni che portarono alla scoperta della lista degli iscritti, da cui si venne a sapere che intervistatore e intervistato erano “fratelli” di tessera. Da qui si può scaricare la scansione della pagina originale (formato jpg, 2,7MB).]

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Il Corriere della Sera, domenica 5 ottobre 1980

Il fascino discreto del potere nascosto
Parla, per la prima volta, il signor P2
Licio Gelli, capo indiscusso della più segreta e potente loggia massonica, ha accettato di sottoporsi a un’intervista esponendo anche il suo punto di vista. L’organizzazione: «un Centro che accoglie e riunisce solo elementi dotati di intelligenza, cultura, saggezza e generosità per rendere migliore l’umanità». L’album di famiglia: da Giuseppe Balsamo (Cagliostro) a Giuseppe Garibaldi. «Una repubblica presidenziale sull’esempio di De Gaulle». Una frase di Aldo Moro. «Sì, ero all’insediamento di Carter per simpatia». In Italia otto servizi segreti: troppi. I politici: «lavorano nell’interesse del paese oppure solo nell’interesse dei partiti?». L’economia e la moglie di Adenauer. Un consiglio al prossimo presidente del Consiglio: «meno programmi, più fatti».
di Maurizio Costanzo

Nella galleria dei personaggi inavvicinabili è tra i più inavvicinabili: si chiama Licio Gelli, ha sessant’anni, è di Arezzo e non so cosa abbia scritto sulla carta d’identità alla voce professione: industriale? Diplomatico? Politico? In realtà il suo nome compare spesso come il capo indiscusso di una segreta e potente loggia massonica, la «P2», e rimbalza di continuo in questioni di non facile identificazione. Nel corso di questa intervista ha espresso, credo per la prima volta, opinioni, pareri, raccontato episodi. Ma non mi illudo: è solo una delle sue facce, le altre sono celate in qualche parte del mondo.

Quattro anno fa io l’avevo invitata a una puntata di «Bontà loro». Declinò l’invito. Per timidezza? Per mantenere mistero intorno alla sua persona?

Perché non ravvedevo nella mia persona requisiti tali per essere intervistato alla tv.

Come mai adesso ha accettato questo colloquio?

Per premiarla della costanza che ha avuto nell’inseguirmi per quattro anni. Così, dopo questa intervista, spero per altri quattro anni di stare tranquillo.
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Quando la professione è quella del depistatore

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Domani di Maurizio ChiericiNegli ultimi anni il nome di Elio Ciolini è finito raramente sui giornali. La comparsa più recente risale all’estate 2005 quando alcuni personaggi legati all’estrema destra italiana sarebbero stati in cerca di contatti a Bruxelles per favorire il finanziamento europeo di non meglio definite attività. E ancora, procedendo a ritroso, nel 2001 l’uomo sembra aver confermato una caratteristica già evidenziata in passato: essere un depistatore. Ex vigile urbano nato a Firenze il 18 agosto 1946, Ciolini dieci anni fa raccontò di essere stato avvicinato in Bolivia da un sedicente estremista di sinistra a caccia di supporto logistico per organizzare alcuni attentati in Italia. Tra gli obiettivi, fece il nome del presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, e di quattro città, Roma, Milano, Bologna e Venezia. Inoltre disse che lo sconosciuto avrebbe fatto parte di un’organizzazione terroristica in contatto con la sacra corona unita e con narcotrafficanti latino-americani.

Si indagò, all’inizio del precedente decennio, su queste affermazioni, ma non saltò fuori nessun riscontro. E a parte la sortita subito rientrata del 2005, quello di Elio Ciolini è un nome rimasto per lo più nella memoria di chi ha seguito la storia giudiziaria delle stragi in Italia. In particolare della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980.

A rievocarlo è stata nei giorni scorsi la mail di un giornalista belga che indaga sulla cosiddetta banda di Patrick Haemers, un criminale morto quarantenne nel 1993 dopo una vita di rapine (la prima risale al 1978 e per portarsi via il corrispondente di 235 mila euro prende in ostaggio 28 persone). Negli anni Ottanta, con la complicità di Philippe Lacroix e di Thierry Smars, si specializza in furgoni portavalori e, nel giro di sette colpi, arraffa 5 milioni di euro, ma nel 1985 uccide due persone e viene arrestato di nuovo.
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Aldo Balzanelli, Repubblica Bologna: pesi mediatici diversi a seconda del tipo di terrorismo

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Ha radione Aldo Balzanelli, alla guida di Repubblica Bologna, quando nota che vari fatti stragisti sono attribuiti al terrorismo di sinistra mentre la matrice sta altrove. E chiedendosi quali siano le ragioni, prova a dare una risposta:

Oggi si scopre che i ragazzi pensano che anche la strage di piazza Fontana, come già quella di Bologna, sia opera delle Brigate Rosse. Mi sono chiesto perchè per i giovani tutto il terrorismo sia stato rosso e una spiegazione, forse, l’ho trovata. Il terrorismo rosso ha avuto una vasta copertura mediatica: servizi, interviste, approfondimenti, inchieste, ricordi, film, persino sceneggiati televisivi. Quello nero molto, molto meno. La ragione è che il terrorismo di destra ha galleggiato molto più di quello di sinistra in un pentolone affollato di servizi segreti, pezzi dello Stato. È sempre stato contaminato da rapporti oscuri con il potere “ufficiale”, con la criminalità organizzata, la massoneria. È sempre stato scomodo, insomma, parlarne, imbarazzante, e in molti dunque hanno preferito tacere, dimenticare, rimuovere. E così i ragazzi, a forza di sentir parlare solo di Brigate Rosse, si son fatti l’idea che anche a mettere le bombe nelle banche, sui treni e nelle stazioni siano stati i nipotini di Renato Curcio.

Per quanto riguarda i fatti del 2 agosto 1980, si veda questo servizio realizzato pochi mesi fa.

GNUFunk Radio: da mercoledì sera “Scala di grigio – Ritratti di storie in ombra”

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Bologna non dimentica - Scala di grigioGNUFunk Radio parte mercoledì sera trasmettendo la prima puntata di Scala di grigio – Ritratti di storie in ombra, trasmissione rilasciata con licenza Creative Commons (da qui si potrà scaricare l’mp3 completo) che inizia ricostruendo i fatti legati alla strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 e dedicata alla vittime.

Si tratta di un ciclo di otto puntate che avranno cadenza mensile e che, a seguire, affronteranno questi temi:

  • la banda della Uno bianca: una scia di terrore lunga sette anni
  • un normale eroe in divisa: Pasquale Juliano e piazza Fontana
  • Alceste Campanile: delitto politico a Reggio Emilia
  • i delitti del DAMS: quando si parlò del serial killer all’università
  • Ilaria Alpi: la Somalia, la guerra e i traffici dall’occidente
  • Fausto e Iaio: una calibro 32 per due giovani del Leoncavallo
  • la saponificatrice di Correggio: amiche fatte di sapone

Ed ecco le doverose citazioni per il materiale utilizzato nella costruzione di questa prima puntata.

Fonti audio e brani musicali

Credits

Un ringraziamento a MSound.org e GNUFunk Radio per il supporto tecnico.

Cara Angela, cara Maria, per voi la pena è certa

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Bologna, 2 agosto 1980Cara Angela, cara Maria. Lettere aperte sul 2 agosto.

– Mamma, sono morti anche dei bambini?
– Sì, è accaduto. E alcuni sono morti con la loro mamma.
– Chi sono?
– C’è Maria, che aveva tre anni, e c’è Angela, che se la teneva vicina e che ne aveva ventiquattro.

A sette anni, quanti ne hai invece tu, la strategia della tensione non sai cosa sia. Sei abituata ad ascoltare il telegiornale della sera, dove sigle astruse vengono rimbalzate a cavallo di diverse notizie. Gente ammazzata da guerre a bassa intensità sono per te solo delle immagine statiche, fotografie di fantocci immobili spesso coperti da lenzuola bianche. Per te è quella l’immagine della morte: finta, in bianco nero alla tivvù o a pallini di varie tonalità di grigio nelle retinature dei giornali.

È un giorno di piena vacanza, il 2 agosto 1980. In montagna ci sei arrivata a fine giugno, quando le scuole si sono chiuse sul tuo primo anno scolastico. La poca esperienza di vita che ti porti dietro ti sta già suggerendo che non durerà ancora molto, che le vacanze finiranno prima di quanto tu non creda, ma non l’ascolti: quella voce è poco più di un malessere che talvolta ti passa per lo stomaco. Non credi davvero che verrai restituita alla pianura, alla normalità, alla nebbia.

Alle 10.25 del mattino non sai più neanche cosa stavi facendo. Di certo qualche gioco, di certo con tuo fratello e tua sorella, ma a pranzo ti ricordi dov’eri perché così accadeva tutti i giorni: il tuo posto, l’ultimo sulla sinistra della grande tavolata, con le spalle alla stufa a legna spenta e alla cucina a gas dove sta ancora sfrigolando qualcosa.
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