Legge bavaglio: Bolognesi, è a rischio la sicurezza di tutti

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Un paio di giorni fa Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, ha scritto un pezzo per l’Unità a proposito della legge bavaglio. E fa rilevare qualche punto finora poco battuto da altre voci che si sono espresse sull’argomento dicendo che è a rischio la sicurezza di tutti.

Con il disegno di legge sulle intercettazioni, giustamente definito “legge bavaglio”, questo paese sarebbe meno sicuro e avrebbe ancora più segreti. Le intercettazioni telefoniche recentemente hanno aperto significativi squarci su personaggi che ad oggi non erano in primo piano nell’indagine sulla strage di Bologna. Mi riferisco a Gennaro Mokbel, che proprio in una telefonata intercettata ha dimostrato una grande vicinanza a Giusva Fioravanti e a Francesca Mambro. Tra l’altro si è vantato di averli tirati fuori di galera pagando “un milione e due”. Quelle intercettazioni, iniziate da tutt’altro presupposto (un’indagine per riciclaggio), hanno rivelato una catena di collegamenti e rimesso al centro dell’attenzione situazioni meno marginali di quanto si pensasse. Spunti investigativi che permetteranno, se coltivati adeguatamente, di dare risposte molto interessanti sugli aiuti economici di cui i terroristi hanno goduto: forse non si finanziavano solo con le rapine. Ma questo disegno di legge è preoccupante anche con riferimento alla formazione dell’opinione pubblica del nostro paese. Nei trent’anni che ci separano dalla strage abbiamo fatto ogni sforzo per tenere viva la memoria, ma penso che i risultati raggiunti non sarebbero stati possibili se, assieme al nostro, non ci fosse stato il lavoro dei giornalisti. E questo ragionamento vale non solo per la strage del due agosto ma per ogni altro eccidio d’Italia, da piazza Fontana in poi. È per questo che c’è la mia completa adesione alla giornata del 1° luglio che mi vedrà presente in prima persona ad un’iniziativa organizzata nell’ambito della Rassegna Giardino dei Popoli a Corticella di Bologna.

E per domani, buon 1 luglio, tra tagli e bavagli.

Riccardo Bocca: sangue e ipocrisia sulla strage di Bologna

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Tutta un'altra strage di Riccardo BoccaRiccardo Bocca, autore del libro Tutta un’altra strage di cui si è parlato un annetto fa, sul 2 agosto 1980 qualcosa da dire ce l’ha. Nonostante sul suo blog, Gli antennati, parli poco di ciò che fa e più spesso intervenga con post graffianti su altre notizie, un paio di giorni fa ha preso la tastiera per dire la sua a proposito di sangue e ipocrisia sulla strage di Bologna scrivendo:

Un paio di anni fa ho scritto un libro sulla strage di Bologna.
Un mucchietto di pagine dove documentavo come Fioravanti e Mambro avessero costruito una realtà virtuale per discolparsi dalla celeberrima bomba.
Raccoglievo anche la testimonianza di una signora che ha riconosciuto, nelle foto indicate dagli investigatori, Francesca Mambro come la ragazza presente davanti alla stazione di Bologna il 2 agosto.
Eccetera eccetera.

Insomma: esce il libro e i programmucci mi vogliono in televisione.
Per buttarla in caciara, perché le polemiche piacciono, perché l’ufficio stampa fa il suo mestiere.

Poi passano i giorni, le settimane, un anno, due anni, e la televisione ogni due agosto è costretta a ricordare gli 85 morti.
Ma come lo fa?
Continuando a dire che bisogna trovare la verità.
Perché la verità non c’è, porca miseria, non c’è.

Faticosamente, molto faticosamente,
e raramente, invece,
si ricorda che cinque gradi di giudizio hanno costruito una sentenza credibile e scrupolosa (leggere per credere le 600 mila pagine di atti, miei cari pigroni).
Una fotografia che gronda sangue, e ancora sangue, e violenza infinita.

Quello che manca, piuttosto, sono i mandanti.
Cioè: non mancano: ci sono i mandanti.
Manca il dito per indicarli alla pubblica piazza.

Cara Angela, cara Maria, per voi la pena è certa

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Bologna, 2 agosto 1980Cara Angela, cara Maria. Lettere aperte sul 2 agosto.

– Mamma, sono morti anche dei bambini?
– Sì, è accaduto. E alcuni sono morti con la loro mamma.
– Chi sono?
– C’è Maria, che aveva tre anni, e c’è Angela, che se la teneva vicina e che ne aveva ventiquattro.

A sette anni, quanti ne hai invece tu, la strategia della tensione non sai cosa sia. Sei abituata ad ascoltare il telegiornale della sera, dove sigle astruse vengono rimbalzate a cavallo di diverse notizie. Gente ammazzata da guerre a bassa intensità sono per te solo delle immagine statiche, fotografie di fantocci immobili spesso coperti da lenzuola bianche. Per te è quella l’immagine della morte: finta, in bianco nero alla tivvù o a pallini di varie tonalità di grigio nelle retinature dei giornali.

È un giorno di piena vacanza, il 2 agosto 1980. In montagna ci sei arrivata a fine giugno, quando le scuole si sono chiuse sul tuo primo anno scolastico. La poca esperienza di vita che ti porti dietro ti sta già suggerendo che non durerà ancora molto, che le vacanze finiranno prima di quanto tu non creda, ma non l’ascolti: quella voce è poco più di un malessere che talvolta ti passa per lo stomaco. Non credi davvero che verrai restituita alla pianura, alla normalità, alla nebbia.

Alle 10.25 del mattino non sai più neanche cosa stavi facendo. Di certo qualche gioco, di certo con tuo fratello e tua sorella, ma a pranzo ti ricordi dov’eri perché così accadeva tutti i giorni: il tuo posto, l’ultimo sulla sinistra della grande tavolata, con le spalle alla stufa a legna spenta e alla cucina a gas dove sta ancora sfrigolando qualcosa.
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