Cara Angela, cara Maria, per voi la pena è certa

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Bologna, 2 agosto 1980Cara Angela, cara Maria. Lettere aperte sul 2 agosto.

– Mamma, sono morti anche dei bambini?
– Sì, è accaduto. E alcuni sono morti con la loro mamma.
– Chi sono?
– C’è Maria, che aveva tre anni, e c’è Angela, che se la teneva vicina e che ne aveva ventiquattro.

A sette anni, quanti ne hai invece tu, la strategia della tensione non sai cosa sia. Sei abituata ad ascoltare il telegiornale della sera, dove sigle astruse vengono rimbalzate a cavallo di diverse notizie. Gente ammazzata da guerre a bassa intensità sono per te solo delle immagine statiche, fotografie di fantocci immobili spesso coperti da lenzuola bianche. Per te è quella l’immagine della morte: finta, in bianco nero alla tivvù o a pallini di varie tonalità di grigio nelle retinature dei giornali.

È un giorno di piena vacanza, il 2 agosto 1980. In montagna ci sei arrivata a fine giugno, quando le scuole si sono chiuse sul tuo primo anno scolastico. La poca esperienza di vita che ti porti dietro ti sta già suggerendo che non durerà ancora molto, che le vacanze finiranno prima di quanto tu non creda, ma non l’ascolti: quella voce è poco più di un malessere che talvolta ti passa per lo stomaco. Non credi davvero che verrai restituita alla pianura, alla normalità, alla nebbia.

Alle 10.25 del mattino non sai più neanche cosa stavi facendo. Di certo qualche gioco, di certo con tuo fratello e tua sorella, ma a pranzo ti ricordi dov’eri perché così accadeva tutti i giorni: il tuo posto, l’ultimo sulla sinistra della grande tavolata, con le spalle alla stufa a legna spenta e alla cucina a gas dove sta ancora sfrigolando qualcosa.

L’annuncio della strage ti fa voltare la testa di novanta gradi, tanti te ne servono per indirizzare lo sguardo verso lo schermo del televisore. E vedi mezza stazione venuta giù, la gente che come in formicaio corre, si sposta, si arrampica, gesticola. Vedi facce così tirate che sembrano maschere dei fumetti, ma non ti fanno ridere come invece fanno quelle.

A tavola nessuno commenta mentre scorrono le prime immagini. Senti solo le posate appoggiarsi accanto ai piatti, una sedia che si sposta, il suono delle cicale come unico contraltare alla voce che esce dal piccolo schermo. Poi tua madre parla.

– Secondo te hanno messo un’altra bomba?

E tuo padre che risponde.

– Chi lo sa? Dal vedere sembra di sì, ma stanno dicendo che forse è una caldaia saltata per aria.

A porre la domanda sui bambini morti con le loro mamme aspetti qualche giorno, quando si saprà che non è stato un evento accidentale a fare quel massacro. Le informazioni che via via si aggiungono a quel primo annuncio per te rimangono comunque un brusio confuso, parole che vorresti capire, ma che ti dicono ben poco. Poi chiedi, quando vengono ripresi dal telegiornale i funerali da piazza Maggiore.

– Ma chi ha ucciso Maria e Angela?
– Gente cattiva.
– E chi è così cattivo da uccidere una mamma e la sua bambina di tre anni?
– Non lo so.
– Succederà ancora?
– Non lo so.

Da quei giorni, da quelle immagini e da quelle domande sono trascorsi ventinove anni. Ventinove anni in cui i fatti che condussero a quell’eccidio – o almeno alcuni di essi – ti si sono chiariti con il tempo, con le letture, per inseguire il ricordo di una giovane donna saltata per aria con la figlia in una mattina d’estate. La loggia coperta che ha contribuito a confondere le acque è stata sciolta e per prevenire eventuali esperienze del genere è stata fatta una legge apposta. Si sono poi celebrati i processi, tanti, alcuni che annullavano i precedenti, altri – la maggior parte – che li confermavano.

E oggi “strage fascista” è una dicitura che rimane attaccata alla lapide che vi ricorda, Maria e Angela, malgrado qualcuno ci provi a dire rimuoviamola. C’è stato il ricambio non solo generazionale dei vertici dell’intelligence perché in quell’inizio di Anni Ottanta il riflusso si accompagnava alla mistificazione delle indagini per opera di uomini dello Stato. Quindici anni dopo sembrava addirittura che si dovesse cambiare tutto lo Stato, sbugiardato ormai da una mazzettopoli trasversale e sfacciata. Eppure tutto è cambiato per non cambiare.

Oggi si parla ancora della vostra morte: a fronte dei vostri giovanissimi assassini, i cui nomi ormai tutti conoscono, Angela e Maria, c’è sempre qualcuno che ci prova a soffiare sulla polvere. Vi mette in mano ai palestinesi, agli americani, agli israeliani, vi collega alle persone che solo qualche settimana prima avevano subìto la vostra stessa sorte, la morte, nel cielo sopra Ustica. C’è chi vi fa saltare per aria a causa di una sigaretta buttata via con noncuranza e che per un caso atterra su una valigia che contiene oltre venti chili di esplosivo; chi poi per un gioco di spie a caccia di responsabilità fallaci; e chi dice che hanno ragione i brigatisti rossi quando affermano che i condannati sono stati tirati in mezzo.

In tutto questa confusione, voi stesse siete polvere, Angela e Maria, polvere a disposizione di correnti politiche; polvere per deprecare i fischi in piazza; polvere per vendette trasversali motivate da pochi fatti provati e da molte chiacchiere. Non siete morte solo quel giorno: morite ogni anno, a ogni anniversario, a ogni dichiarazione revisionista priva di riscontri, a ogni rappresentante del governo in piazza Medaglie d’Oro. Per voi la pena è certa e la decorrenza non si conosce.

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