“Aldo Moro: frammenti della memoria”, un blog per riunire “testi e testimonianze sull’unità nazionale”

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Accademia Aldo Moro

Aldo Moro: frammenti della memoria è un blog in cui vengono raccolti “testi e testimonianze sull’unità nazionale e il senso dell’essere italiani”. Nato all’inizio dello scorso agosto, fa parte del programma “L’intelligenza e gli avvenimenti” dell’Accademia di studi storici Aldo Moro e deve essere calato nelle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Dal post di presentazione:

È vero che il Paese corre più veloce, in un mondo in rapido e completo mutamento, che non riescano a fare governo, parlamento ed istituzioni politiche e ciò mentre sentiamo lo stimolo di una vita internazionale aperta e di una comunità europea senza frontiere. È vero che l’Italia cresce e mal si adatta agli schemi angusti del passato. (…) La mia richiesta non è di mettere in stato di accusa il nostro Paese, che amo nella sua intensa bellezza e nella sua straordinaria vitalità, ma di impegnarsi, tutti, in modo che in un’armonia feconda sia scongiurata la decadenza, siano affrontate le sfide del nostro tempo, sia assicurato al nostro popolo, nella concordia di intenti propria delle ore difficili, il suo avvenire di libertà, di benessere, di pace.”

Lo scrisse il 5 dicembre 1974 lo il politico Dc che fu assassinato dopo 55 giorni di prigionia il 9 maggio 1978.

Quello sconosciuto “anello” della Repubblica. “Il noto servizio, Giulio Andreotti e il caso Moro” nella ricostruzione di Aldo Giannuli

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Il noto servizio, Giulio Andreotti e il caso Moro di Aldo GiannuliPer lungo tempo sembrò poco più di un parto di fantasia. Eppure oggi si può dire non solo che è esistito davvero, ma che i suoi uomini hanno avuto ruoli in alcune vicende di primo piano nella storia della prima Repubblica. Si parla del libro di Aldo Giannuli Il noto servizio, Giulio Andreotti e il caso Moro (Marco Tropea Editore) e di un apparato conosciuto anche con il nome di Anello, un servizio segreto “ufficioso” fondato nella fase calante della seconda guerra mondiale dal potente generale Mario Roatta e poi sopravvissuto ai riassetti – talvolta solo di facciata – degli apparati dello Stato dopo la fine del fascismo.

Notizie – o frammenti di esse – che ne parlano si rintracciano nelle indagini del giudice Guido Salvini su Piazza Fontana e in qualche commissione parlamentare. E poi ci sono i faldoni del Viminale, quelli scoperti nel 1996, oltre inchieste che hanno portato a processi come quelli per la strage di piazza della Loggia, a Brescia, del 28 maggio 1974. In tutto questo materiale documentale – disponibile anche negli archivi di Stato maggiore, dei ministeri o dei servizi segreti – ecco che emerge una struttura d’intelligence che avrà una proposta “testa”: quella di Giulio Andreotti, che condivideva l’informazione con uno sparuto gruppo di politici nazionali, tra cui Aldo Moro e Bettino Craxi.
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“Retour sur une lutte armée”: un documentario francese ricostruisce la storia delle Br con quattro testimonianze dirette

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Retour sur une lutte armeeSi intitola Retour sur une lutte armée ed è stato realizzato da Mosco Lévi Boucault il documentario in DVD e diffuso sul piccolo schermo dall’emittente francese Arte dedicato alla storia delle Brigate Rosse. Nella presentazione scritta da Rémi Douat per Regards.fr, si legge:

Sono quattro appartenenti alle Br ancora in libertà condizionale o che stanno scontando pene da che vanno dai 15 ai 32 anni. Nell’Italia degli anni di piombo, fecero tutti parte del commando che rapì, tenne prigioniero e uccise il leader democristiano Aldo Moro dopo 55 giorni. Oltre trent’anni dopo, davanti alla telecamera di Mosco Lévi Boucault, si raccontano. Questo documentario […] rievoca la genesi, l’effervescenza della fine degli anni Sessanta, la necessità di rinnovamento a fronte di una “politica ristretta nei suoi doppiopetti”. Certo, c’è il movimento studentesco, ma ci sono anche quelli sociali nei quartieri… È in corso un processo di rottura, ma quale strada imboccare? Si approfondisce il fossato scavato tra un partito comunista impantanato nell’adattamento e nella mediazione e i gruppi in corso di formazione che concepiscono come inevitabili il conflitto […]. I quattro uomini non si giustificano, chiariscono, coscienti di aver “nuotato nel sangue”, il bisogno di un cambiamento generazionale. Nel film ci sono anche altre interviste a Daniel Cohn-Bendit, Serge July, Alain Krivine.

(Via Celestissima su Twitter)

“Il noto servizio, Giulio Andreotti e il caso Moro”: in uscita il nuovo libro di Aldo Giannuli

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Il noto servizio, Giulio Andreotti e il caso Moro di Aldo GiannuliAldo Giannuli lo annuncia sul blog: è in uscita per i tipi di Marco Tropea Editore il volume Il noto servizio, Giulio Andreotti e il caso Moro. Che così si presenta:

Questo libro è il risultato di un lavoro di ricerca durato quasi 15 anni che l’autore ha svolto – per conto dell’autorità giudiziaria di Brescia, di Milano e di Palermo – presso gli archivi della presidenza del consiglio, del ministero dell’interno, della guardia di finanza, del Sismi, del Sisde, dell’ufficio storico dello stato maggiore dell’esercito, dei tribunali e delle questure di Roma e Milano e molti altri. Ne è scaturita la storia, completamente sconosciuta, di un servizio segreto clandestino, nato negli ultimi anni della guerra e poi sopravvissuto, con molte trasformazioni, sino agli anni ottanta.

Questo servizio ebbe come suo referente politico il senatore Giulio Andreotti, con la cui parabola politica si intreccia strettamente, e al quale è riservata una parte ragguardevole del testo. Una vicenda fra politica, finanza, spionaggio che permette di rileggere in una luce completamente nuova molte pagine della storia più recente d’Italia: dal colpo di stato di Junio Valerio Borghese alle principali vicende della strategia della tensione, per culminare nel caso Moro di cui si offre una lettura originale, distante da tutte le ricostruzioni fatte sinora.

Fra le “scoperte” del libro ricordiamo il ruolo delle associazioni imprenditoriali e dei loro servizi segreti, lo scontro interno alla Chiesa e la partecipazione di diversi religiosi alla lotta politica e all’intelligence del tempo, un lontano tentativo di colpo di stato (1947) mai emerso sinora, le pressioni delle gerarchie militari sulla classe politica per una svolta autoritaria, gli intrecci fra istituzioni e mafia. Una massa di centinaia di carte e di decine di testimoni offre un solido supporto documentale alle affermazioni e – talvolta – alle ipotesi avanzate dall’autore.

Qui a breve si potrà leggere il primo capitolo del testo.

Stefania Limiti: intervista a un ex carabiniere che sorvegliò il covo di via Montalcini

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Stefania Limiti, l’autrice del libro L’anello della Repubblica sul Noto Servizio di cui si era parlato qui, pubblica sul blog Cado in piedi il post-intervista Caso Moro: le verità nascoste. A rispondere alle domande della giornalista è un ex carabiniere a cui fu ordinato di tenere sotto sorveglianza il covo brigatista di via Montalcini durante i cinquantacinque giorni del sequestro del presidente della Democrazia Cristiana. E commenta in coda Limiti:

L’esperienza del signor Mario può suggerire tante cose ma tutte andrebbero verificate. E’ certo che lascia di stucco: durante i 55 giorni del sequestro di Aldo Moro nessuno sapeva dell’esistenza di un covo-prigione in via Montalcini. Il generale Dalla Chiesa suggerì una sua ipotesi durante un’audizione in parlamento: cioè che da via Montalcini fosse uscita una Renault 4 quella mattina, ma vuota. Ciò che Moro non fosse lì. Comunque, qualcuno sapeva che in quell’appartamento non c’era solo una normale coppia di giovani sposi. Così come era sotto osservazione, da lontano, il covo di via Gradoli: lo ha detto un uomo dell’Anello, spiegando che fu impedito un blitz per liberare Moro.

Continua qui.

Misteri d’Italia: a Roma una retrospettiva per fotogrammi sul recente passato

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Misteri d'Italia: retrospettiva a Roma dal 16 al 26 novembre

Crimeblog ha pubblicato un post in cui annuncia Misteri d’Italia: retrospettiva a Roma dal 16 al 26 novembre che si terrà presso il cinema Trevi. Da qui è possibile scaricare il programma della manifestazione [pdf, 507 KB], che si presenta in questi termini:

Nel manifesto di un piccolo film del 1994, Strane storie di Sandro Baldoni, campeggia un’immagine tanto surreale quanto inquietante: quella di un enorme squalo che, come piombato dal cielo, ha la testa conficcata nella carcassa di un vagone dell’Italicus, il tristemente famoso “espresso” Roma-Monaco di Baviera devastato da una bomba il 4 agosto 1974. Per questa come per altre oscure vicende degli ultimi sessant’anni non sono mai stati trovati i responsabili. Una strana storia, dunque, al pari dei fatti relativi a Portella della Ginestra, piazza Fontana, Brescia, Ustica, Bologna o, ancora, ai tentati Golpe De Lorenzo e Borghese, ai “casi” Mattei, Moro, Ambrosoli e all’omicidio di Pier Paolo Pasolini fino alle stragi di mafia degli anni Novanta e al G8 di Genova. Tutte quelle storie, insomma, che appartengono al contesto dei cosiddetti “Misteri d’Italia”; nodi apparentemente inestricabili di un passato/presente che la rassegna intende ripercorrere proiettandone la rappresentazione e una possibile interpretazione nella cornice del grande schermo. Riprendendo il testimone lasciato dalla fortunata retrospettiva Schermi di piombo. Il terrorismo nel cinema italiano, tenutasi […] nella primavera del 2008 […], ancora una volta si è voluto adottare uno sguardo ad ampio raggio, capace di rendere conto del cinema d’autore così come dei casi più rilevanti di quella produzione documentaria e indipendente che, parimenti, ha tentato di fronteggiare, spesso “a caldo”, questioni cruciali all’interno di tale scenario.

Il dettaglio delle proiezioni è disponibile qui e tra di esse Salvatore Giuliano (1961) e Il caso Mattei (1972) di Francesco Rosi, Il sasso in bocca (1970) di Giuseppe Ferrara, Segreti di Stato (2003) di Paolo Benvenuti, Giuseppe Pinelli (1970) di Nelo Risi, Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970) di Elio Petri, Colpo di Stato (1968) di Luciano Salce, La pista nera (1972) di Giuseppe Ferrara, I giorni di Brescia (1974) di Luigi Perelli e La polizia accusa: il servizio segreto uccide (1975) di Sergio Martino.

“Piccone di Stato”: Francesco Cossiga, una doppia natura in contraddizione con se stessa

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Piccone di StatoEsce il prossimo 16 novembre Piccone di Stato – Francesco Cossiga e i segreti della Repubblica (collana Igloo, Nutrimenti Editore) ed ecco dunque di seguito le righe che introducono la narrazione.

Doveva succedere. Perché è sempre così che accade, dopo. Dopo il cordoglio, dopo la tumulazione, dopo l’esaurimento dello spazio sulle prime pagine dei quotidiani. Doveva succedere che gli irriducibili, coloro che non dimenticavano gli anni bui della strategia della tensione, ricorressero alla rodata arte del tazebao e lo scrivessero sui muri che, per loro, Francesco Cossiga era stato e rimaneva il ‘Kossiga’ in versione nazistoide dei tempi di Francesco Lorusso e Giorgiana Masi. Così, in barba a qualsiasi buonismo post mortem – e anche all’imposta comunale sulle pubbliche affissioni – gli animatori di un centro sociale di Cremona erano stati denunciati per “vari reati, amministrativi come penali” dai lavoratori pensionati europei. Che ci pensasse l’autorità giudiziaria a trovare la punizione adatta e, se non lo avesse fatto, sarebbe stata a propria volta accusata di omissione d’atti d’ufficio.

Ma c’era anche chi, più celebrativo, non dimenticava nemmeno che il trofeo ‘Presidente della Repubblica di Vela Latina’, giunto a fine estate 2010 alla ventottesima edizione, venne assegnato per la prima volta nel 1982 sempre da lui, l’allora dimissionato presidente del Consiglio dei ministri, in panchina dopo la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 e il caso Donat Cattin e in attesa del soglio senatoriale, seguito a ruota da quello quirinalizio. E così, dunque, che non si perdesse tempo e alla cerimonia di premiazione si dedicasse al suo celebre padrino – il Francesco Cossiga compito e istituzionale – l’edizione corrente.

Due estremi, questi, per iniziare a raccontare un uomo e un politico di non facile decifrazione. Un personaggio che tra i suoi soprammobili teneva una cazzuolina d’argento a ribadire le mai celate simpatie massoniche. E che nella vita, se non avesse scelto la carriera nelle stanze dei bottoni, avrebbe voluto fare il direttore d’orchestra (“ma dopo tutto devo dire [che] tra fare musica a certi livelli e governare un paese, cosa che ho fatto, non c’è poi tutta questa gran differenza”). Oppure il gesuita, se non fosse stato per il padre Giuseppe, anticlericale, che lo richiamò in Sardegna nel periodo in cui il giovane Francesco studiava a Milano, all’Università cattolica del Sacro Cuore.
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La cronaca criminale di Pino Nicotri e la banda “a geometria variabile”

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Cronaca criminaleUn video per presentare il libro Cronaca criminale – La storia definitiva della banda della Magliana, scritto da Pino Nicotri:

Magistrati che se ne sono occupati affermano che la Banda della Magliana «è un’invenzione giornalistica» e che «non è mai esistita una organizzazione unitaria della malavita romana» oppure, al contrario, che «era molto di più di una banda, molto più pericolosa, ed è stata colpevolmente sottovalutata». Sta di fatto che la «bandaccia», come veniva anche chiamata, è protagonista di romanzi, film e sceneggiati televisivi di grande successo e suggestione, fino a diventare sinonimo di «cupola» onnicomprensiva della malavita capitolina dalla seconda metà degli anni Settanta alla fine degli anni Ottanta e a far sospettare che esista ancora. Associata alla mafia e al terrorismo nero, ritenuta ricca di agganci e compiacenze nelle zone torbide dei servizi segreti, della finanza, della massoneria e della gerarchia vaticana, tanto da esserne la longa manus negli affari più sporchi, le propaggini della Banda della Magliana sono state «viste» in quasi tutti i casi che hanno scandito la burrascosa storia italiana di quegli anni sanguinosi: l’omicidio del giornalista Mino Pecorelli, l’attentato al banchiere Roberto Rosone, l’uccisione di Roberto Calvi, i depistaggi del rapimento di Aldo Moro, la strage di Bologna, le scorribande della banca vaticana Ior e le losche manovre della Loggia P2 di Licio Gelli. I confini tra mito e realtà si sono sempre più assottigliati fino a diventare evanescenti e provocare, dopo venticinque anni, il surreale coinvolgimento della «bandaccia» nelle indagini sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, con una serie di presunti scoop tanto clamorosi quanto finiti tutti come sempre in nulla. Ma come stanno in realtà le cose? Esisteva la onnitentacolare Banda della Magliana? O fu una stagione infelice che vide l’Urbe ridotta a prostituta di bande borgatare e cricche affaristiche e corruttrici allattate dal potere? Capire l’arcipelago Magliana vuol dire addentrarsi in una tragedia collettiva fatta di avidità e ferocia, deliri di onnipotenza criminale e sottili disegni politici, un magma in cui tutto si fonde insieme e che, una volta raffreddato, ha lasciato sogni di pietra e morti senza gloria.

Su “Polits” una retrospettiva dalla Francia sulle Brigate Rosse e sul rapimento Moro

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Politis

Per chi mastica il francese, segnalo l’articolo Années des plomb: entre tabou et refoulement (pdf, 360 KB), pubblicato sul settimanale d’oltrealpe Politis. Si tratta di un’intervista allo storico Enzo Traverso, docente presso la facoltà di scienze politiche all’università Picardie di Amiens, realizzata alla vigilia dell’uscita in Francia del libro Brigate rosse. Una storia italiana, scritto da Mario Moretti, Carla Mosca e Rossana Rossanda (disponibile a partire dal 16 settembre per i tipi di Editions Amsterdam, qui la scheda del volume francese).

E K. disse a De Lutiis di quelli della commissione stragi: “Qui solo io e lei conosciamo le cose. Questi non sanno un cazzo”

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Giuseppe De Lutiis, rispondendo a qualche domanda di Simone Ceriotti per il Fatto Quotidiano, ricorda di quella volta che Francesco Cossiga gli disse in sede di commissione stragi che “qui solo io e lei conosciamo le cose. Questi non sanno un cazzo”. Si riferiva alla fine di Aldo Moro e al ruolo giocato dai servizi in diverse vicende. Aggiungendo che:

Lui che conosceva scena e retroscena del caso Moro non poteva ignorare certi incontri avvenuti a Parigi che tirano in ballo Cia e Kgb. Invece si è sempre ostinato a dichiarare che tutto era stato ideato e orchestrato dalle Brigate Rosse. Ma questo era solo un aspetto. Più in generale, il fatto che io avessi scritto una storia dei servizi segreti che metteva l’accento sulle cosiddette “deviazioni”, lo aveva convinto che il mio lavoro fosse dannoso perché lasciavo intendere che questa organizzazione tramasse contro lo Stato. Sicuramente considerava il libro “aggressivo” nei suoi confronti, ma ciò che più gli dava fastidio era che ne uscisse un’immagine negativa per i servizi segreti.

Inoltre, altra lettura interessante è quella pubblicata da Ugo Maria Tassinari, che riprende un testo di Michele Franco, La morte di Kossiga ci ricorda non solo i crimini di stato impuniti ma anche la vergogna di quanti – anche a sinistra – vollero farsi stato!, disponibile anche su Contropiano.