Milano e la memoria, una rassegna per ricordare un recente passato

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Milano e la memoriaChi vive nel capoluogo lombardo (e chi vi passasse nelle settimane a seguire) avrà la possibilità di assistere nel corso dell’autunno alla “rassegna di teatro, reading e parole” Milano e la memoria. Organizzata dalla Biblioteca Nazionale Braidense e del giornalista e scrittore Daniele Biacchessi, è partita un paio di settimane fa con i primi due appuntamenti dedicati a Lalla Romano (il comitato per il centenario della sua nascita è tra le realtà a sostegno sostengono la rassegna) e alla pellicola Le mani sulla città con un reading dello stesso Biacchessi e di Giulio Cavalli. Questi i successivi appuntamenti:

  • 10 ottobre, “Letterature di Resistenza”. Daniele Biacchessi su Resistenza e Liberazione a Milano (letture e drammatizzazioni da Calvino, Meneghello, Fenoglio), accompagnato da Michele Fusiello ai sassofoni
  • 17 ottobre, “Un teatro per Milano”, con Renato Sarti
  • 31 ottobre, “Milano tra rock e canzoni”. David Bidussa su Milano nella canzone. Interviene Ezio Guaitamacchi, “Rock files”, Lifegate
  • 7 novembre, “All’ombra di Milanoir”. Piero Colaprico sulla cronaca nera milanese
  • 14 novembre, “Metropoli per principianti”. Gianni Biondillo sulle trasformazioni architettoniche di Milano
  • 28 novembre, “Qualunque cosa succeda. Giorgio Ambrosoli oggi nelle parole del figlio”. Umberto Ambrosoli intervistato da Daniele Biacchessi
  • 5 dicembre, “Una casa della memoria per il terrorismo e le stragi”. Benedetta Tobagi
  • 12 dicembre, “12 dicembre 1969, il giorno dell’innocenza perduta”. Daniele Biacchessi legge Piazza Fontana dalla parte delle vittime, accompagnato da Michele Fusiello ai sassofoni

Anna Frank: in rete l’unico video conosciuto che la ritrae

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L’Anna Frank Museum non solo ne ha garantito l’autenticità, ma ho la pubblicato sul proprio sito. Si tratta dell’unico video al mondo di cui si conosca l’esistenza che ritrae la piccola vittima dell’olocausto. Scrive in proposito Ace of Spades HQ:

[Il filmato è stato] girato nel luglio 1941 quando aveva dodici anni. Un anno dopo [Anna Frank] avrebbe iniziato a tenere il suo diaro e meno di tre anni più tardi sarebbe deceduta nel campo di concentramento di Bergen-Belsen.

Twilight Zone: cinquant’anni ai confini della realtà

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Per quanto alcuni episodi mi sembrassero davvero spaventevoli (ma ai tempi mi spaventavo anche con Spazio 1999), tra la fine degli anni settanta e l’inizio degli ottanta non perdevo una puntata delle repliche di Ai confini della realtà. A distanza mi dico che avevo ben motivo di atterrirmi, se si considera che soprattutto le prime serie recavano firme come quelle di Rod Serling (i cui racconti originali vennero raccolti nell’omonima antologia), Richard Matheson (insuperabile in Io sono leggenda) o Charles Beaumont, che, pur meno noto ai lettori italiani, è stato un prolifico autore di fantascienza, oltre che sceneggiatore.

Ecco, cinquant’anni fa oggi, il 2 ottobre 1959, sotto il titolo originale di Twilight Zone, gli episodi iniziavano a essere mandati in onda dalla CBS. Questo anniversario lo ricorda Neatorama riprendendo un articolo che esordisce con queste parole:

Era un venerdì sera dell’ottobre 1959 e gli americani iniziarono a scivolare in una dimensione dell’immaginazione vasta quanto lo spazio e senza tempo come l’infinità. Non avrebbero mai fatto ritorno.

L’articolo prosegue raccontando che la CBS non era proprio convinta della serie al suo debutto e che avrebbe valutato se proseguire dopo aver verificato la risposta del pubblico. Di certo, così come gli americani scivolati nella dimensione di cui sopra, neanche l’emittente sarebbe tornata indietro, almeno fino al 1964, quando interruppe la produzione per problemi di budget. Ma non fu la fine di Twilight Zone che vide molti anni dopo altre due serie, per quanto meno fortunate, e un film diretto da quattro registi (Steven Spielberg, John Landis, Joe Dante e George Miller) con Serling e Matherson di nuovo alla sceneggiatura. Inoltre – sulla scia di un fenomeno inarrestabile che ha compreso fumetti, videogiochi e musica – c’è chi dice che X-Files debba in parte i suoi natali proprio alla fortunata serie nata alla fine degli anni cinquanta.

Negli Stati Uniti sono diverse le manifestazioni per festeggiare i cinque decenni di Ai confini della realtà (si vedano le notizie riportare sul sito Twilight Zone Museum) e Neatorama pone una domanda ai suoi lettori: qual è il loro episodio preferito. Il blog americano inizia a rispondere indicando The shelter (Il rifugio). Per quanto mi riguarda Nightmare at 20.000 feet (Incubo a 20.000 piedi: qui la prima, la seconda e la terza parte).

Azione e reazione nella situazione somala di ieri e di oggi

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L’analista somalo Mohamed Abshir Waldo racconta su Terra Italia Nostra l’altra Somalia.

Ci sono due piraterie in Somalia. Una è quella che sta all’origine del problema di oggi, e che è la pesca illegale da parte di imbarcazioni straniere, che oltre tutto mentre pescano assolvono a un altro compito illegale, cioè la discarica di scorie tossiche industriali e persino nucleari nelle nostre acque, tutte provenienti dal mondo ricco. L’altra pirateria è quella che vi raccontano i vostri media. Ma essa si è scatenata in reazione a quei crimini, quando le nostre acque furono avvelenate, quando fu saccheggiato il nostro pesce, e in un Paese poverissimo i pescatori capirono che non avevano altra possibilità se non quella di reagire con la violenza contro le navi e le proprietà dei Paesi potenti che sponsorizzano la vostra pirateria e la discarica tossica qui.

Da aggiungere due dati. Il primo. Un’altra analisi di Mohamed Abshir Waldo sullo stesso argomento è stata pubblicata qui: è in inglese, ma essendo più estesa contiene ulteriori dettagli. Il secondo. Terra Italia Nostra, che s’è occupata parecchio di ambiente, ecomafie, veleni e abusivismi vari soprattutto al sud e soprattutto in Puglia, paga anche il conto in termini di intimidazioni al punto che dal colophon sono stati tolti i nomi dei collaboratori. Rimane solo quello del direttore, Gianni Lannes, che a cicli costanti si vede augurare infausti destini.

La teoria del complotto: miti e ragioni per credere e non credere

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Cults, conspiracies, and secret societiesMichael Shermer è uno storico della scienza che ha fondato un’organizzazione battezzata con il nome di Skeptic Society, dal cui pay off emerge chiaramente lo scopo che persegue – promuovere la scienza e il pensiero critico –, e a cui è seguita la relativa rivista, Skeptic. Da ex fondamentalista cristiano qual è – come lui stesso si definisce – e convertito in seguito all’agnosticismo e all’umanesimo, ha di recente recensito in termini entusiastici un libro uscito lo scorso mese d’agosto. Il titolo di questo volume all’inizio può lasciar interdetti di fronte all’ardore del recensore: Cults, conspiracies, and secret societies: the straight scoop on freemasons, The Illuminati, Skull and Bones, Black Helicopters, The New World Order, and many, many more. E stupisce anche che proprio un personaggio come Shermer abbia usato termini così incensanti per un libro che, a pelle e per i contenuti che approfondisce, avrebbe dovuto liquidare come complottista.

Vediamo il motivo per cui le parole di Michael Shermer risultano a una prima lettura così disorientanti. Intanto partiamo dall’autore del volume. Si tratta di Arthur Goldwag, da vent’anni ricercatore indipendente e scrittore freelance che in passato si è occupato di ebraismo (ma anche più in generale di religione, in particolare per sfatare l’oltranzismo monoteista: sua è infatti la riflessione sugli effetti politici e sociali dei suffissi “ismo” e “ologia”), oltre ad aver lavorato per la blasonata testata statunitense The New York Review of Books. In seconda battuta vediamo in che termini si presenta il libro. Usando le parole della casa editrice che ha pubblicato il volume (Vintage Books), abbiamo a che fare con questo:

una guida intrigante [che] collega i punti [comuni tra varie organizzazioni] e descrive una moltitudine di avidi guru, assassini messianici e coincidenze sospette. Suddiviso in tre sezioni, contiene centinaia di fatti che separano la realtà dal mito.

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Guai a raccontare delle navi dei veleni. Anche sotto forma di recensione

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Mentre si è tornati a parlare di navi dei veleni (qualche giorno fa in proposito si segnalava il pezzo di Biagio Simonetta pubblicato su Nazione Indiana, ‘Ndrangheta: viaggio nelle terre radioattive), c’è chi si vede trascinare nelle peste per aver raccontato di un libro che affronta l’argomento e di cui si era scritto anche da queste parti. Accade a Loredana Lipperini:

Sono stata convocata in questura, per una querela. Berlusconi? No. La causa è una recensione a Navi a perdere di Carlo Lucarelli. Precedenti: uno e due. Qui, approfondimento.

Scorci di vite palestinesi oltre i riflettori di guerra e media

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Palestina borderlinePeacelink pubblica una lunga recensione firmata da Francesca Borri e dedicata a un libro uscito lo scorso maggio per ISBN Edizioni. Si tratta di Palestina borderline – Storie da un’occupazione quotidiana, scritto da Saree Makdisi, docente di letteratura inglese all’università della California cresciuto a Beirut ed esperto di Medioriente (su questo blog c’è un archivio dei suoi scritti). Non è un testo che ha per protagonista la guerra nei suoi aspetti più eclatanti, ma i protagonisti sono i “signori nessuno” che con gli effetti della guerra ci devono aver a che fare, che siano in patria o all’estero. Quelli che si mettono in fila dovendo sopportare trafile burocratiche e quotidiane prevaricazioni. O che vivono rincorrendo visti per ricongiungimenti familiari da sempre negati. O – ancora – testimoni muti di logiche bancarie che sono più forti e più opprimenti di qualsiasi forma di estremismo. Questa la presentazione del libro:

Questo libro non racconta storie di kamikaze, ma storie di persone comuni. Come quella di Sam Bahour, un uomo d’affari di Al bireh, di Mohammad Jalud, un agricoltore che vive a Qalqilya, di Samira che lavora a Gerusalemme. Esistenze che sarebbero banalmente normali, se non dovessero fare i conti con gli orrori di un’occupazione quotidiana […]. Saree Makdisi viaggia nei Territori, scatta fotografie, raccoglie dati e informazioni sulle condizioni di vita dei palestinesi e spiega come il cosiddetto «processo di pace» nasconda di fatto il progressivo restringimento della geografia della Palestina e una serie di misure di sicurezza punitive imposte dallo Stato di Israele. Palestina borderline descrive la realtà di un Paese dai confini di filo spinato, ponendo finalmente l’essere umano al di sopra delle questioni politiche.

E aggiunge Francesca Borri nella recensione:

Le prime volte, un checkpoint incendia indignati: ma rapida, subentra una sorta di aritmetica istintiva del male minore: difendere da uno sputo è regalare il pretesto per una chiusura. Si è contagiati così da una gramigna di tolleranza, via via più larga – perché ogni giorno è giorno di infinite ingiustizie minime: fino a riscoprirsi pazienti in fila a un checkpoint, anestetizzati come davanti a un semaforo rosso. E se il pericolo, scriveva Tiziano Terzani, è che alla guerra ci si abitua, questo libro non è allora per principianti, ma veterani della questione palestinese: per quelli che non si sorprendono più – perché è qui che l’occupazione vince: quando si converte in paesaggio.

In principio fu l’affaire Mills. Una storia tra fondi neri e tangenti

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Il regalo di BerlusconiParlare di dati di fatto e non di lenzuola è la richiesta. Anche se ci sarebbe da discutere quanto siano di lenzuola vicende che dalle camere da letto finiscono nelle aule della politica, da quella locale a – quasi – quella europea (per tacer del concetto di corpo femminile propagato dalla classe cosiddetta dirigente), l’invito non solo lo hanno colto, ma lo hanno anticipato due giornalisti, Peter Gomez (L’Espresso) e Antonella Mascali (Radio Popolare). Farabutti anche loro, probabilmente, per qualcuno. A maggior ragione, per quei qualcuno, dopo aver scritto a quattro mani il recentissimo Il regalo di Berlusconi – Comprare un testimone, vincere i processi e diventare premier. La vera storia del caso Mills (Chiarelettere):

Bisogna cominciare da qui. Dalle motivazioni della sentenza di condanna che il 17 febbraio 2009 ha inflitto quattro anni e mezzo di carcere in primo grado a David Mills, l’avvocato inglese, marito di un ministro laburista, creatore a partire dal 1978 della rete delle società offshore del gruppo Fininvest. Un documento eccezionale, solo in parte raccontato da giornali e tv, in cui si spiega come dietro le assoluzioni di Berlusconi nei vecchi processi (corruzione della Guardia di Finanza) ci sia la falsa testimonianza di Mills. E in cui, finalmente, viene alzato il coperchio sul sistema di fondi neri che ha garantito al Cavaliere anni di guadagni esentasse: centinaia di milioni di euro sottratti allo Stato. Tutto grazie a lui, Mills, il professionista foraggiato da Berlusconi prima con 10 miliardi di lire e poi con una tangente da 600 mila dollari.

Sarà dunque interessante leggere le parole usate dai due giornalisti per raccontare la vicenda contenuta nella sentenza Mills. Per chi volesse poi confrontare il libro al documento ufficiale e se lo fosse perso quando venne pubblicato dalla versione elettronica di alcuni quotidiani, può scaricare la sentenza da qui (file zip, 7,9MB).

“Attentato imminente”: a un passo dalla tipografia

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Attentato imminenteCi manca ancora un po’ all’uscita, prevista per il 20 novembre (per quella data sarà online anche la versione elettronica del libro, rilasciato con licenza Creative Commons e pubblicato da Stampa Alternativa), però intanto i giochi sono fatti e con la copertina ormai si è a un passo dalla tipografia. Il libro, intitolato “Attentato imminente”, racconta la storia di Pasquale Juliano (qualche accenno lo si può trovare nella cronologia curata dalla Fondazione Cipriani), consumatasi alcuni mesi prima della strage di piazza Fontana (per questo l’altro giorno se ne accennava) ed è scritto a quattro mani con Simona Mammano. Daniele Biacchessi ha firmato la prefazione mentre la postfazione è opera di Antonio Juliano, il figlio del commissario che indagò a Padova. Questa la presentazione del testo:

Nella primavera del 1969 l’ennesima azione terroristica all’università di Padova fa partire una nuova indagine. A coordinarla è un commissario di polizia, Pasquale Juliano, il capo della squadra mobile, che arriva a individuare un nucleo di estremisti neri che traffica in armi ed esplosivi. Ma i neofascisti gli preparano una trappola: Juliano si vedrà così scippare l’inchiesta, che verrà insabbiata, e finirà sotto processo perché accusato di aver costruito le prove contro i terroristi. Gli occorreranno dieci anni per dimostrare la sua innocenza, ma nel 1979, quando sarà assolto da tutti i capi d’imputazione, la stagione delle bombe avrà ormai quasi concluso il suo corso.