OilProject e i molteplici aspetti del concetto di innovazione

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OilProjectÈ una scuola virtuale libera e gratuita, OilProject, che aveva iniziato a occuparsi di informatica concentrandosi sul mondo del software libero. E ora si estende e spazia ruotando sempre intorno a un concetto specifico: quello di innovazione. Mantenendo la sua filosofia di fondo, basata sul principio del copyleft, con quest’autunno amplia gli argomenti che affronta. Per rendersene conto si dia un’occhiata al calendario disponibile sul sito: si parte mercoledì prossimo, 11 novembre, con Patatrac. Crisi economica: perché e fino a quando a cura di Roberto Vacca e si prosegue il giorno successivo con Anna Masera e Giornalismo e giornalisti tra crisi e opportunità dell’era Internet. Per i successivi appuntamenti, che si altereranno fino al 16 dicembre, i temi affrontati varieranno dai vaccini all’informazione dal basso, dall’economia alla storia della scienza, dalla democrazia elettronica alle origini della cultura occidentale. Ed ecco i motivi di questo ampliamento di argomento:

Il senso del percorso è far percepire come il paradigma dell’Innovazione sia unitario, multidisciplinare e trasversale. La ricetta? Offrire ai navigatori i contributi di persone con i background più disparati. Ci si meraviglia sul perché in Italia ci sia una scarsa consapevolezza rispetto (ad esempio) ai temi della regolamentazione della Rete, della tutela delle libertà che Internet offre e della ricerca scientifica. Fino a quanto queste dinamiche verranno ricondotte ad aspetti tecnici e all’universo degli “smanettoni”, però, la partita sarà persa. Questo vale dovunque: in Italia soprattutto, visto che l’altissima età media alimenta un modello culturale “zavorra”.

Per sapere in pratica come partecipare, si dia un’occhiata a questa pagina.

“Ciao babbo”, il ricordo di Antonio, figlio di Pasquale Juliano

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Paura del buioDa oggi Attentato imminente è ufficialmente presente sul sito della casa editrice, Stampa alternativa. In libreria ci sarà tra poco, a partire dal 20 novembre prossimo, e in contemporanea potrà essere anche scaricato dalla rete, dato che viene rilasciato, come i precedenti, con licenza Creative Commons BY-NC-ND. Di seguito inizio con l’anticipare una delle parti a cui tengo di più del libro, la postfazione di Antonio Juliano, il figlio del commissario Pasquale Juliano. Più che una postfazione, è la rievocazione del ricordo del padre e di una vicenda vissuta da bambino.

È bellissima l’emozione che questo libro ha provocato in me e nei miei familiari, soprattutto in mia madre, che quelle vicende le ha vissute davvero giorno e notte, sempre al fianco di mio padre, mentre noi eravamo ancora bambini, troppo ingenui per capire nostro padre e sempre desiderosi delle sue attenzioni. Ho bei ricordi di Padova e qualche anno fa ho avuto nuovamente la possibilità di visitarla e rivedere quei luoghi che la mia memoria non poteva ricordare, ma che il mio inconscio riconosceva.

Ricordo mio padre Pasquale come un uomo molto severo, sempre pronto a inculcarci il più assoluto rispetto degli altri, a ponderare le cose mai in modo superfluo, a insegnarci la più totale dedizione nell’osservare le regole. Ma lo ricordo anche come uomo amabile e gioioso, quando dopo aver affrontato da solo l’uragano che lo aveva investito, nelle sue ancora forti braccia coccolava i suoi nipoti e quasi a rifarsi di un qualcosa che gli era stato tolto, infondeva loro sicurezza, ma questa volta infusa di amore e dolcezza. Mostrava una tenerezza che mai gli avevo visto prima, quella che io e mio fratello maggiore (il più piccolo ha allietato la nostra famiglia solo negli anni settanta), forse inconsapevoli, non riuscivamo a cogliere o forse lui non poteva darci. Forse ora e solo ora, a distanza di tanti anni e grazie anche alla mia maturità, capisco il perché.
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Angus McLeod: la guerra raccontata da strisce a fumetti

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World War by Angus McLeod

Angus McLeod è un artista canadese che racconta la guerra a fumetti. Per partire a conoscere il suo lavoro si possono leggere i suoi due ultimi lavori, World War One: Simple Version e World War Two: Simple Version in cui ogni personaggio è uno Stato coinvolto nel conflitto: la sua sagoma ricalca quella tracciata dai confini della nazione che rappresenta e porta addosso i segni di riconoscimento della propria condotta bellica. Ma navigando all’interno della sua galleria, si può trovare molto altro materiale interessante. Come i volti della guerra. Tipo questo. Nota a conclusione: i lavori di Angus McLeod sono rilasciati con una licenza Creative Commons BY-NC-ND.

(Via BoingBoing.net)

C’era una volta l’intercettazione: la giustizia e le bufale della politica

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C'era una volta l'intercettazioneDopo i primi tre libri (di cui si era parlato qui e qui: Disonora il padre e la madre di Alessandro Chiarelli, Le tigri di Telecom di Andrea Pompili e Assalto alla Diaz di Simona Mammano), siamo a quota quattro. Esce infatti in questi giorni per Senza Finzione, la collana che curo insieme a Simona per Stampa Alternativa, il volume C’era una volta l’intercettazione – La giustizia e le bufale della politica, firmato dal procuratore aggiunto siciliano Antonio Ingroia con prefazione di Marco Travaglio:

Le intercettazioni sono nate e si sono evolute di pari passo con le tecnologie e i cambiamenti sociali. Il loro utilizzo è stato sottoposto a precise regole, la più importante delle quali è la richiesta da parte del pubblico ministero seguita dall’autorizzazione di un giudice per le indagini preliminari. Tutto questo mentre la politica sta insinuando l’idea di un mondo costantemente controllato. Nelle pagine di questo libro si va alla ricerca di fatti che dimostrino quanto il pericolo tanto gridato sia inesistente, rifacendosi alle intercettazioni per i reati di mafia e al valore che hanno in fase processuale.

La prefazione di Travaglio si può leggere qui e in ultimo, but not least, questo come gli altri libri sono rilasciati con licenza Creative Commons.

Paura del buio: il meno peggio e la sua illustrazione

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Paura del buioIl testo che segue è contenuto nell’antologia Paura del buio, raccolta di trenta cartoline staccabili ognuna delle quali contiene un racconto e la relativa illustrazione. Distribuito in libreria e nelle fumetterie attraverso Nicola Pesce Editore, l’antologia è una produzione dal basso di Collane di Ruggine e paura.anche.no ed è rilasciata con licenza Creative Commons. L’illustrazione riportata sotto, a fianco del racconto, è opera di Carlo Labieni.

“Morti i tre scalatori scomparsi. Nuova tragedia della montagna”.
“Stroncati da un mix di alcol e droga i due ragazzi del rave”.
C’è a chi va peggio, pensa Chiara mentre sfila il giornale radio. Sta parcheggiando nel garage sotterraneo e quasi la consolano quelle notizie. Intanto ripassa la sua giornata, meno terribile se confrontata alla sorte di quei poveracci. Un avvio a razzo con la telefonata del suo ex che non rispetta gli accordi sull’affidamento del bambino: neanche oggi gliel’ha riportato.
Illustrazione di Carlo Labieni“Domani chiamo i carabinieri”.
Poi il suo ultimo giorno nella fabbrica che chiude sotto debiti e banche.
“Pazienza, lunedì sarò nel laboratorio nuovo”.
A nero è meglio che niente.
Infine al supermercato la carta di credito disattivata.
“Prenda questo”. Chiara allunga il bancomat. Avrebbe preferito caricare quella spesa il mese successivo, ma tant’è.
Torna al presente. Quando spegne i fanali, si accorge che l’illuminazione del garage è guasta. Ultimo regalo della giornata.
“Merda”.
Stavolta non è un pensiero, è una parola a voce alta.
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La musica ribelle ai tempi di Internet

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>Il software libero in Italia

Amo la radio perché arriva dalla gente
entra nelle case e ci parla direttamente
e se una radio è libera, ma libera veramente
mi piace ancor di più, perché libera la mente

Eugenio Finardi, La Radio, 1976

Il periodo in cui nacquero e si diffusero le radio libere inizia nel 1976: fu l’anno della liberalizzazione dell’etere [1] e ne seguì un’esplosione di libertà senza precedenti [2]. I ragazzi mangiavano musica ed entusiasmo, si procuravano attrezzature rudimentali per la diffusione delle loro trasmissione, ciò che mancava loro veniva improvvisato fruttando una risorse tutt’altro che scarsa – la creatività – e per il resto largo alla voglia di raccontare.

Raccontare di tutto: dai fenomeni musicali che si andavano consolidando a quelli emergenti, dalle tensioni politiche che da anni percorrevano il paese alla libertà sessuale che passava attraverso la consapevolezza del corpo e l’educazione a comportamenti responsabili. Fino alla denuncia sociale. Una denuncia per la quale, per esempio, Peppino Impastato pagò con la vita: da Radio Aut, le sue cronache su Mafiopoli [3] non erano più tollerabili per gli uomini della cosa nostra di Cinisi. Oppure nel 1977 la bolognese Radio Alice diede in diretta notizia dell’irruzione della polizia nei suoi studi con lo scopo di zittirla: era di marzo, il giorno 12 per la precisione, in piena contestazione, e di lì a pochissimo sarebbe morto per mano di un carabiniere lo studente di medicina Francesco Lorusso.

Ma accanto a queste emittenti ricordate ancora oggi per gli aspetti più drammatici delle contestazioni della fine degli anni Settanta, ce ne sono altre che hanno proseguito e che rappresentano un riferimento per l’informazione al di fuori dei grandi network. Tra queste la milanese Radio Popolare, diventata con il tempo un circuito nazionale. La padovana Radio Sherwood, nata negli ambienti dell’Autonomia Operata veneta e che ha visto il suo direttore, Emilio Vesce, finire nel tornado del processo “7 aprile”, inchiesta giudiziaria costruita sulle dichiarazioni di presunti pentiti del terrorismo che accusarono lui e un altro centinaio di persone (compreso Antonio Negri, docente all’università patavina) di aver tramato contro lo Stato coordinando i mille rivoli dell’eversione di estrema sinistra. Era falso e il processo lo dimostrò. Altro esempio è la romana Radio Onda Rossa, tutt’oggi esistente e che nel 2001 ha partecipato Network Radio Gap per raccontare i fatti del G8 di Genova.
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Hai paura del buio: un cofanetto prodotto dal basso

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Un racconto per paura del buioUn po’ di tempo fa, si era parlato della paura del buio, concorso letterario sotto Creative Commons lanciato qualche settimana addietro e che ora porta a un cofanetto di trenta cartoline su cui si trovano racconti e illustrazioni. Si tratta di un’idea nata e lanciata tra Collane di ruggine e paura.anche.no che ormai è realtà. Ma è anche una coproduzione che nasce dal basso e che chiama a raccolta i lettori:

Coproduci e distribuisci le cartoline del Babau! Ordina almeno cinque copie e distribuiscile tra amici e conoscenti, falle vedere al vicino, proponile al tuo gruppo d’acquisto. Diffondi il Babau per non aver più paura!

Quando sei bambino il Babau è il mostro che vive nell’armadio della tua stanza. È quell’essere immaginario a cui credi, pensi davvero che se non ti addormenti presto lui esce, e ti ruba i sogni, ti porta via con lui nel suo mondo, nelle lande popolate da altri mostri orribili, dai peggiori incubi di ogni bambino. Tuttavia esiste un Babau molto più reale. Non vive più negli armadi, non ruba i sogni dei bambini. Vive in ogni angolo di strada. In casa del vicino, in ogni volto diverso dal tuo, in ogni cultura distante, in ogni vicolo buio in cui potresti imbatterti.

È una presenza reale, tangibile. Indossa l’abito della sicurezza a ogni costo, fa leva sulla tua paura primordiale. Il Babau ha mille facce e mille anime, è onnipotente, onnipresente respiri la sua consistenza per strada ogni giorno e non puoi fare a meno di accorgerti della sua presenza, dei suoi mille occhi, delle sue mille armi, della sua capacità di plasmare il mondo che ti circonda. In una situazione sociale che tende a esplodere, il controllo diventa un meccanismo disperato per cercare di mantenere in vita un sistema che si contorce su se stesso in maniera scomposta.

Il Babau è l’incarnazione di un’arma, la paura. Non se ne può parlare senza considerare perché viene usata. Abbiamo provato a raccontarvi queste sue facce, con l’opera di più di 30 autori di fumetti, con una mostra itinerante che sta attraversando l’Italia da quasi un anno, e ora ha cominciato a metter radici all’estero. Un progetto destinato a crescere giorno per giorno con l’arrivo di nuovi autori e nuove visioni del volto del Babau. Abbiamo poi pescato nel fiume delle parole per regalarvi altrettanti racconti che possano accompagnare le vostre giornate e vi facciano addormentare dissacrando il mostro nell’armadio.

In questo volume abbiamo raccolto il frutto del nostro lavoro, un progetto incrociato di Collane di Ruggine e paura.anche.no. Avete tra le mani solo una parte di quel che vogliamo raccontarvi, il resto dell’anima del Babau lo trovate su paura.anche.no. Noi non abbiamo paura di saltellare tra le rovine di questa civiltà, di sorridere delle sue ceneri. E voi?

Per chi vuole poi promuovere sul proprio sito questa produzione del basso, ecco come fare:

usa il widget per promuovere il progetto incollando nel template la riga che segue: <script type=’text/javascript’ src=”http://www.produzionidalbasso.com/qry.php?pro=370″></script>

Guai a raccontare delle navi dei veleni. Anche sotto forma di recensione

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Mentre si è tornati a parlare di navi dei veleni (qualche giorno fa in proposito si segnalava il pezzo di Biagio Simonetta pubblicato su Nazione Indiana, ‘Ndrangheta: viaggio nelle terre radioattive), c’è chi si vede trascinare nelle peste per aver raccontato di un libro che affronta l’argomento e di cui si era scritto anche da queste parti. Accade a Loredana Lipperini:

Sono stata convocata in questura, per una querela. Berlusconi? No. La causa è una recensione a Navi a perdere di Carlo Lucarelli. Precedenti: uno e due. Qui, approfondimento.

“Attentato imminente”: a un passo dalla tipografia

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Attentato imminenteCi manca ancora un po’ all’uscita, prevista per il 20 novembre (per quella data sarà online anche la versione elettronica del libro, rilasciato con licenza Creative Commons e pubblicato da Stampa Alternativa), però intanto i giochi sono fatti e con la copertina ormai si è a un passo dalla tipografia. Il libro, intitolato “Attentato imminente”, racconta la storia di Pasquale Juliano (qualche accenno lo si può trovare nella cronologia curata dalla Fondazione Cipriani), consumatasi alcuni mesi prima della strage di piazza Fontana (per questo l’altro giorno se ne accennava) ed è scritto a quattro mani con Simona Mammano. Daniele Biacchessi ha firmato la prefazione mentre la postfazione è opera di Antonio Juliano, il figlio del commissario che indagò a Padova. Questa la presentazione del testo:

Nella primavera del 1969 l’ennesima azione terroristica all’università di Padova fa partire una nuova indagine. A coordinarla è un commissario di polizia, Pasquale Juliano, il capo della squadra mobile, che arriva a individuare un nucleo di estremisti neri che traffica in armi ed esplosivi. Ma i neofascisti gli preparano una trappola: Juliano si vedrà così scippare l’inchiesta, che verrà insabbiata, e finirà sotto processo perché accusato di aver costruito le prove contro i terroristi. Gli occorreranno dieci anni per dimostrare la sua innocenza, ma nel 1979, quando sarà assolto da tutti i capi d’imputazione, la stagione delle bombe avrà ormai quasi concluso il suo corso.

Wikipedia parla di Angelucci e lui chiede 20 milioni di euro di danni

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In un periodo in cui a parlare o scrivere di dati di fatto ci si vede citati per qualche affermazione etichettata come diffamatoria, oggi pomeriggio volevo fare un post su questo argomento, ma poi altri fatti hanno preso il sopravvento. Così, dando un’occhiata agli rss, vedo ora che l’ha già ben fatto Nicola Mattina e prendo a piene mani dal suo blog. Ah, che vada dato merito a chi ce l’ha: Antonio Angelucci arriva dopo che altri personaggi, invece di intervenire per correggere le affermazioni scorrette (qualora esistano) visto che gli strumenti lo permettono, hanno già agito in modo analogo. Si veda questo caso di cui si parlava un po’ di tempo fa.

Il senatore Angelucci è un signore che, oltre a rappresentare il popolo italiano in parlamento nelle liste del Popolo delle libertà, ha anche costruito un impero nel settore della sanità ed è l’editore di Libero e del Riformista.

Nel 2008, come riporta Repubblica, Angelucci ha frequentato le aule del Senato occasionalmente essendo presente “solo a 58 delle 523 votazioni, con una percentuale di assenze dell’88,9″. Oltre che per questo poco invidiabile record, il senatore è balzato agli onori della cronaca diverse volte in passato perché le sue aziende sono state coinvolte in indagini giudiziarie. Di queste indagini, probabilmente, recava nota la voce di Wikipedia a lui dedicata (il sottoscritto non ha avuto modo di leggerla e non ve ne è traccia neanche nella cache di Google). Tanto che il senatore, malamente consigliato, ha deciso di fare causa all’associazione Wikimedia Italia per diffamazione chiedendo un risarcimento di ben 20 milioni di euro: lo comunica Frieda Brioschi nel suo blog Faccio cose vedo gente.

La voce di Wikipedia dedicata al senatore Antonio Angelucci è stata momentaneamente bloccata “a scopo cautelativo a seguito di minaccia di azioni legali contro i redattori della voce e/o Wikimedia.”

Peccato! Invece di regalare soldi a un rissoso avvocato, il senatore avrebbe potuto molto più proficuamente contattare i redattori della voce e proporre tutta la documentazione utile a correggere eventuali errori. Sempre che nelle sue intenzioni non vi fosse la sostituzione della cronaca dei fatti con un’agiografia :-D

Invece, il risultato che ha ottenuto (peraltro assai prevedibile) è tanta visibilità negativa e molto biasimo.