La musica ribelle ai tempi di Internet

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>Il software libero in Italia

Amo la radio perché arriva dalla gente
entra nelle case e ci parla direttamente
e se una radio è libera, ma libera veramente
mi piace ancor di più, perché libera la mente

Eugenio Finardi, La Radio, 1976

Il periodo in cui nacquero e si diffusero le radio libere inizia nel 1976: fu l’anno della liberalizzazione dell’etere [1] e ne seguì un’esplosione di libertà senza precedenti [2]. I ragazzi mangiavano musica ed entusiasmo, si procuravano attrezzature rudimentali per la diffusione delle loro trasmissione, ciò che mancava loro veniva improvvisato fruttando una risorse tutt’altro che scarsa – la creatività – e per il resto largo alla voglia di raccontare.

Raccontare di tutto: dai fenomeni musicali che si andavano consolidando a quelli emergenti, dalle tensioni politiche che da anni percorrevano il paese alla libertà sessuale che passava attraverso la consapevolezza del corpo e l’educazione a comportamenti responsabili. Fino alla denuncia sociale. Una denuncia per la quale, per esempio, Peppino Impastato pagò con la vita: da Radio Aut, le sue cronache su Mafiopoli [3] non erano più tollerabili per gli uomini della cosa nostra di Cinisi. Oppure nel 1977 la bolognese Radio Alice diede in diretta notizia dell’irruzione della polizia nei suoi studi con lo scopo di zittirla: era di marzo, il giorno 12 per la precisione, in piena contestazione, e di lì a pochissimo sarebbe morto per mano di un carabiniere lo studente di medicina Francesco Lorusso.

Ma accanto a queste emittenti ricordate ancora oggi per gli aspetti più drammatici delle contestazioni della fine degli anni Settanta, ce ne sono altre che hanno proseguito e che rappresentano un riferimento per l’informazione al di fuori dei grandi network. Tra queste la milanese Radio Popolare, diventata con il tempo un circuito nazionale. La padovana Radio Sherwood, nata negli ambienti dell’Autonomia Operata veneta e che ha visto il suo direttore, Emilio Vesce, finire nel tornado del processo “7 aprile”, inchiesta giudiziaria costruita sulle dichiarazioni di presunti pentiti del terrorismo che accusarono lui e un altro centinaio di persone (compreso Antonio Negri, docente all’università patavina) di aver tramato contro lo Stato coordinando i mille rivoli dell’eversione di estrema sinistra. Era falso e il processo lo dimostrò. Altro esempio è la romana Radio Onda Rossa, tutt’oggi esistente e che nel 2001 ha partecipato Network Radio Gap per raccontare i fatti del G8 di Genova.

Se questo capitolo fosse dedicato alle radio libere degli anni Settanta, con gli esempi e le storie si potrebbe andare avanti per molte pagine. Ma di quell’esperienza, nel contesto attuale, ci serve lo spirito, l’indole libertaria, la voglia di uscire dalla passività di un’informazione di massa e massificata per rilanciare dibattiti, contenuti e arte nelle sue diverse declinazioni. Compiendo dunque un salto di oltre tre decenni e passando dall’etere al web, oggi forse manca un po’ la carica politica di allora, almeno nella sua declinazione più contestataria, ma Internet sembra aver fatto ritrovare quella pulsione che porta a uscire dagli schemi dell’emittenza ufficiale e di farsela da sé, una radio. In rete.

Che tecnicamente è anche più facile. O almeno così dicono le informazioni che circolano su Internet. Le guide e le istruzioni online si trovano con discreta abbondanza e vanno dal “self made” totale, con allestimento di propri server, software e tipologia di banda consigliati, al riferimento di servizi online già attivi a cui appoggiarsi e con i quali, una volta pagato un canone, si è operativi e pronti per trasmettere [4].

Qui però non ci si vuole soffermare sugli aspetti tecnici e commerciali di iniziative del genere. Qui, invece, si vogliono sondare altre tematiche, legate alle esperienze che esaltano la creatività, soprattutto quella che viene esclusa dai circuiti promozionali mainstream, ponendo un unico vincolo. Del resto una radio “libera veramente”, per citare Eugenio Finardi, deve rimanere tale – e cioè libera – per definizione. Altrimenti rischia lo snaturamento o l’estinzione. E chi vuole fare radio in rete deve essere consapevole di un fatto: su Internet non ha trovato un eldorado scevro da imposizioni legali e pressione di lobby, ma deve sottostare a leggi – tra cui quelle sul diritto d’autore – che nulla hanno da invidiare alle ganasce burocratiche da rispettare altrove.

Ma andiamo con ordine. Le prime web radio in Italia iniziano a diffondersi nella seconda metà degli anni Novanta e il primo esempio della penisola è stato quello di Radio Cybernet [5] che è stata la voce dell’Hackmeeting [6] fin dalla sua nascita. Con il tempo, la crescita del fenomeno è stata caratterizzata da un duplice aspetto: da un lato le radio tradizioni, che già trasmettono per lo più in modulazione di frequenza, hanno iniziato a diffondere i loro contenuti via Internet (in streaming, via podcast o con altre modalità); dall’altro sono nate nuove realtà che hanno come unico spazio vivendi la rete [7]. E, come già si accennava, sono arrivare le norme a “protezione” dei contenuti. Se alla fine degli anni Novanta il caso Napster ha fatto tremare i discografici che vedevano minacciato il loro business, la Recording Industry Association of America (Rria) riuscì a far passare l’imposizione di royalty anche per la musica diffusa in rete [8]. E non sono mancate le risposte, come la campagna The SaveNetRadio Coalition [9], nata per difendersi da dazi, sanzioni e limitazioni legislative. Oppure vademecum che spiegano in che modo difendersi legalmente dagli assalti dell’industria dell’intrattenimento [10].

Sulla scia della “privatizzazione” delle trasmissioni telematico, ecco che presto fatto anche gli italiani Siae e Scf Consorzio Fonografici si sono adeguati a quello che si vorrebbe trasformare più una nuova frontiera degli affari a scapito di autori e fruitori di contenuti. La Società italiana autori ed editori è arrivata a farlo con il cosiddetto modulo Awr [11] riservato al webcasting radiofonico (flusso continuo) escludendo esplicitamente il download. Inoltre effettua una triplice suddivisione di scopo: le web radio infatti vengono contraddistinte in personali, pubbliche e commerciali con una conseguente ripercussione sulle attività pubblicitarie, riservate solo alla terza tipologia. Le prime due, invece, neanche gratuitamente la possono ospitare, la pubblicità. L’Scf invece invece imponeva un limite per la banda passante alle web radio amatoriali, vincolo di recente rimosso [12].

Insomma, le regole sono numerose: legislazione sul diritto d’autore, norme internazionali perché mica si può limitare alla realtà nazionale un’iniziativa che vive in rete e licenze o mandati più o meno esclusivi sono i principali nodi da tenere in considerazione. E nel 2005, per cercare di regolamentare in modo più centralizzato ma anche più elastico le radio in rete, è nata anche la Wra [13], acronimo che sta per Web Radio Associate, i cui scopi principali sono “ridimensionare le attuali tariffe Siae e Scf in modo tale da poter osservare l’andamento e lo sviluppo effettivo della Web Radio in Italia. Avere tariffe adeguate sull’effettiva realtà delle Web Radio significherebbe possibilità di investire nel mezzo, possibilità di crescita e soprattutto collaborazione da parte di tutti per studiare o avanzare proposte adeguate in base all’effettivo sviluppo della Web Radio”.

Stante comunque una situazione legale non agilissima, come accade sempre quando si parla di contenuti digitali, non si è fatta intimidire la diffusione di realtà che hanno fatto della musica che si riserva solo alcuni diritti il proprio cavallo di battaglia. E diversi sono in Italia i siti che come web radio si presentano per diffondere materiale tutelato da una delle licenze Creative Commons o con una clausola “copyleft”, in sostanza è riconducibile al libero utilizzo per scopi non commerciali. Iniziamolo, dunque, questo viaggio nelle radio che su Internet hanno deciso di privilegiare questo genere di musica.

La realtà indubbiamente più ampia in termini di quantità di contenuti è Radio Radicale [14]: la sua impostazione libertaria è suffragata fin dalla licenza scelta, la Creative Commons: Attribuzione 2.5 [15], che consente “di riprodurre, distribuire, comunicare al pubblico, esporre in pubblico, rappresentare, eseguire e recitare” e anche “di modificare” le schede pubblicate sul loro sito. I numeri riportati sul loro sito non sono indifferenti: l’“archivio della democrazia”, come viene chiamato dall’emittente romana nata nel 1976, nella sua declinazione digitale contiene infatti oltre 120 mila file distribuiti in diverse categorie: le sedute parlamentari (attività per la quale Radio Radicale è sempre stata celebre prima che un servizio di diretta parlamentare iniziasse a essere fornito anche dai siti istituzionali, malgrado rimangano a tutt’oggi di livello inferiore), i processi di prima e seconda repubblica (da quelli per terrorismo ai dibattimenti per mafia, dai recenti crack finanziari di Cirio e Parmalat alle udienze per i fatti di Genova del 2001 e molto altro ancora) fino ad arrivare a convegni, dibattiti, presentazioni di libri. In questo caso invece la musica è un capitolo marginale e non per una scelta a caso. Si legge infatti sul sito: “Radio Radicale si caratterizza anche per l’assenza totale di spazi musicali. Gli stacchi tra un programma e l’altro sono riempiti con musica da requiem, scelta che risale alla campagna radicale contro lo sterminio per fame nel mondo, quando il Partito radicale decise di abbrunare in segno di lutto il proprio simbolo [16]. La radio iniziò allora a trasmettere brani di messe da requiem per ricordare le centinaia di persone quotidianamente sterminate dalla fame e dalla denutrizione. Le musiche trasmesse sono quindi brani delle messe da requiem di Mozart, Verdi, Brahams, Fauré e Cherubini. Gran parte di questi brani possono essere scaricati gratuitamente a questo indirizzo internet [17]”.

Se anche Radio Radicale va inserita tra le realtà che trent’anni fa si affacciavano alla finestra delle frequenze libere per trasformarsi in ciò che è oggi, un po’ più giovane ma con un background analogo è la bresciana Radio Onda d’Urto [18]. La sua storia inizia negli anni Ottanta, raccoglie l’eredità lasciata dal movimento del Settantasette e, attraverso un percorso basato sull’autofinanziamento e sul rifiuto delle logiche commerciali che in quel periodo si andavano assestando, nel 1992 arriva quello che viene definito il “salto di qualità”: “obiettivo fu quello di ricostruire la programmazione della radio per soddisfare le esigenze di informazione e controinformazione (anche su tutto quello che per i mass media non fa notizia), di approfondimento politico e culturale, di socializzazione del dibattito sui e nei movimenti ed anche di inchiesta, per favorire la comprensione e l’analisi critica della realtà sociale. Si diede così maggior spazio anche alle interviste, ai programmi culturali riguardanti cinema, teatro, libri ed a varie espressioni di istanze sociali o di comunità etniche che hanno fatto acquistare alla radio un carattere di plurilinguismo etnico e culturale”. Presente oggi anche su satellite e in modulazione di frequenza, ha un archivio digitale in fase di ricostruzione (un incendio nel maggio 2003 distrusse infatti la sede della radio mandando in fumo parte del suo storico) e la modalità di licenza adottata è la Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia [19].

Agenzia radiofonica che trasmette e diffonde attraverso Internet è Amisnet [20], testata giornalistica registrata a Lamezia Terme che in nove anni di attività è arrivata a coprire trentacinque città italiane fornendo contenuti originali a moltissime emittenti di importanti network nazionali. Nel 2007 – anche se in questo caso si parla di satellite – ha avviato inoltre il “progetto Mir, Med Info Radio, una radio satellitare all news nell’area del Mediterraneo basata sulla collaborazione di emittenti o centri di produzione in Spagna, Slovenia, Algeria, Palestina, Giordania, Marocco, Tunisia, Egitto”. Creative Commons anche in questo caso, nella sua declinazione Attribution 3.0 Unported [21], e variegata la programmazione: si va da “Back Beat – Geopolitica degli Usa a suon di rock” a “Caffè Sarajevo” incentrata sull’Europa orientale, da “Scirocco” per dare voce alle realtà del bacino del Mediterraneo a “Radio Laser” per raccontare la scienza e la cultura scientifica.

E poi ci sono moltissime realtà più piccole. Più piccole per età, per quantità di contributori (a volte sono iniziative di singole persone) o per forza tecnologica. Ma tutte lì, entusiaste, pronte a crescere, disponibili ad aprirsi a segnalazioni e collaborazioni. Tra queste ne citiamo alcune. Radio Elastivo [22], “un progetto che sposa la filosofia della diffusione libera e legale delle opere artistiche legate al mondo sonoro siano esse musica, audiolibri, testate giornalistiche”. ImprontaDigitale.org [23], che raccoglie una rivendicazione contro la passività di don Luigi Ciotti, alfiere nella lotta alla criminalità organizzata, fonda nel 2005 un’associazione culturale (Energia Radio Multimedialità Espressione Suono, Ermes) e poi passa alla web radio per farla, la cultura, non solo sorbirla, e dare spazio soprattutto ai giovani e alle realtà che si oppongono alla criminalizzazione della società. Radio Atlantide [24] si affida a uno slogan che difficilmente può essere frainteso: “Fai un gesto rivoluzionario: libera la musica”. Quintessenza Network [25] punta sull’originalità delle nuove proposte artistiche diecimila circa brani musicali di gruppi emergenti. Radio Mauro Delle Chiaie [26], che prende il nome dal suo fondatore: trentacinque anni, premiato a undici mesi dal fascinoso attore Amedeo Nazzari per la sua fotogenia, ha deciso di dare e darsi spazio con una web radio “per la libertà di movimento, per le risorse che può ospitare, per le persone che possono interagire con essa, perché può arrivare contemporaneamente in ogni parte del mondo”. Sciax2 Radio [27] nasce dalla “volontà di portare avanti una web radio senza dover accendere” e prosegue con un “ambizioso progetto: quello di trasmettere solo musica creata da giovani cantanti, gruppi o deejay che sia sotto licenza Creative Commons o copyleft, e che è quindi possibile trasmettere liberamente”; così finisce che hanno un palinsesto quotidiano che inizia alle dieci del mattino e finisce a mezzanotte, comprende rubriche e interviste e annovera decine di musicisti di riferimento. FlorenceWebRadio [28] invece nasce con una connotazione territoriale – quella che afferisce al capoluogo toscano, come si evince dal nome – e ha uno scopo definito: “dare voce agli studenti, alle associazioni culturali, ai centri Informagiovani, alle etichette indipendenti, agli enti no-profit, e a tutti i giovani che ritengono di avere qualcosa di interessante da dire”. Noise Radio Station Indipendent Republic [29], dedicata al jazz, alla musica sperimentale e a quella elettronica, viene infine indicata come una delle prime realtà italiane ad aver virato verso la musica libera, facendo radio in rete.

Con ciò che si è raccontato in questo breve testo non si intende far un censimento esaustivo delle web radio attive in Italia: nelle ricerche condotte per avere un elenco iniziale dei siti e farne una successiva cernita, sono davvero molte di più le realtà che con costanza alterna promuovono cultura libera in rete attraverso la parola e la trasmissione di note musicali. Ma lo scopo con cui si scrive è invece un altro: poter dare qualche input per partire, per scegliere, per cominciare a prendere confidenza, andare oltre le proposte della radiofonia commerciale. Un pugno di spunti, insomma, per conoscere musica e contenuti quasi sempre di qualità professionale e con tematiche che invece quasi mai vengono affrontate altrove. Una sperimentazione, non solo da parte di chi propone il progetto, ma anche da parte di chi lo incontra. Un sistema per espandere le informazioni con cui si può venire in contatto e condividerle nella più totale legalità. E con il termine legalità, si presti attenzione, non si intende l’accettazione passiva di un sistema normativo che invece accettabile non è, per le limitazioni che impone in modo sempre più macchinoso e censorio, ma per dimostrare che, attraverso un processo costruttivo, quanto cantava Eugenio Finardi trent’anni fa non solo è ancora attuale, ma viene potenziato: “è che con la radio non si smette di pensare”.

Note

[1] Si veda l’articolo Radio libere, una rivoluzione in Fm disponibile all’indirizzo http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2007/03_Marzo/19/radio_libere_museo.shtml.

[2] Per una storia delle radio libere degli anni Settanta, si veda il libro Via etere di Paolo Lunghi (Ibiskos, 2007) a cui è stato affiancato l’omonimo sito http://www.viaetere.net/.

[3] Alcune delle trasmissioni radiofoniche ideate e condotte da Peppino Impastato sono disponibili all’indirizzo http://www.peppinoimpastato.com/inaria.htm. Per la sua biografia di consulti quando pubblicato invece all’indirizzo http://www.peppinoimpastato.com/biografia.htm.

[4] Alcuni testi che spiegano come creare una web radio: Come Creare La Tua Stazione Radio Online: Una Mini-Guida di Robin Good ; Come creare una radio che trasmetta in streaming mp3 ; entrambi di Andrea Beggi sono i post Come fare una webradio, for dummies e Come fare una webradio, e parlare . Una panoramica di link iarticolata viene fornita da Fabrizio Mondo all’indirizzo http://www.fabriziomondo.com/blog/indice-articoli-web-radio/.

[5] http://www.radiocybernet.org/

[6] Manifestazione nata nel 1998 a Firenze, è stato il primo raduno italiano di attivisti legati all’hacking, alle libertà digitali e alla difesa di Internet come terreno di libera espressione. L’evento, che ha luogo tuttora, si tiene all’interno di hacklab e centri sociali autogestiti, si autofinanzia e rifiuta sponsorizzazioni per evitare possibili condizionamenti politici. Il sito della manifestazione si trova all’indirizzo http://www.hackmeeting.org/ mentre i link alle edizioni finora tenutosi in tutta Italia sono linkate qui: http://it.wikipedia.org/wiki/Hackmeeting#Archivi_dei_precedenti_hackmeeting.

[7] Per le web radio attive in Italia si veda l’elenco disponibile all’indirizzo http://www.leradio.com/italia/index.html.

[8] Per maggiori informazioni sulle attività di lobby portate avanti dalla Rria in questo settore si vedano Legittimità delle radio on line di Michele Iaselli e quanto riportato da Wikipedia all’indirizzo http://it.wikipedia.org/wiki/Radio_on_line#RIAA_e_la_crociata_contro_la_pirateria.

[9] http://www.savenetradio.org/

[10] 7 Ways to Stick it to the RIAA di Stan Schroeder .

[11] http://www.siae.it/documents/Multimedialita_Modello_AWR.pdf

[12] Si veda quanto riportato agli indirizzi http://www.scfitalia.it/showPage.php?template=utilizzatori&search=tecnologie&id=15 e http://www.scfitalia.it/showPage.php?template=utilizzatori&search=music&id=5&masterPage=diffusione.html.

[13] http://www.wra.it/

[14] http://www.radioradicale.it/

[15] http://creativecommons.org/licenses/by/2.5/it/

[16] http://www.radioradicale.it/exagora/mozione-generale-approvata-dal-xxiii-congresso-straordinario-del-pr-roma-7-8-e-9-marzo-1980

[17] http://cocoa.fbk.eu:8282/search?q=requiem

[18] http://www.radiondadurto.org/

[19] http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.5/it/

[20] http://amisnet.org/

[21] http://creativecommons.org/licenses/by/3.0/

[22] http://www.elativo.com/

[23] http://www.improntadigitale.org/

[24] http://www.radioatlantide.it/

[25] http://www.quintessenzanet.org/

[26] http://www.radiomaurodellechiaie.tk/

[27] http://www.sciax2.it/radio/

[28] http://www.florencewebradio.com/

[29] http://profile.myspace.com/index.cfm?fuseaction=user.viewprofile&friendID=261793211

(Il testo che segue è contenuto nell’antologia Il software libero in Italia, appena pubblicata dalla Shake Edizioni con licenza Creative Commons. Gli altri testi sono stati firmati da Antonio Bernardi, Associazione per il Software Libero, Nicola Bernardini, Marco Ciurcina, Renzo Davoli, Italian Linux Society, Flavia Marzano, Francesco Morosinotto, Carlo Piana, Fabio “naif” Pietrosanti, Cristina Rossi Lamastra, Denis “Jaromil” Rojo e Lele Rozza. Il volume è stato curato da Andrea Glorioso.)

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