“Governare con la paura”: quel film non s’ha da proiettare

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Ancora a proposito di Governare con la paura. Prove tecniche di colpo di Stato, un nuovo divieto si aggiunge ad altri recenti. Stavolta lo scenario è romano e il fattaccio non riguarda le abitudini da slow food dei milanesi e nemmeno la programmazione di una pay tv, ma ha comunque toni che meritano di essere raccontati. Lo fa Beppe Cremagnani, uno degli autori – insieme a Enrico Deaglio e Mario Portanova – del cofanetto appena uscito per Melampo Editore con il documentario G8/2001 – Fare un golpe e farla franca, che scrive:

Forse sapete già quello che è successo a Roma in occasione della proiezione del nuovo film inchiesta “Governare con la paura”. Era prevista una serata al cinema Nuova L’Aquila. L’iniziativa, organizzata dal Pd romano, prevedeva la presenza della direttrice de “L’Unità” Concita De Gregorio e di Massimo D’Alema, oltre a quella di Enrico Deaglio e mia. Qualche ora prima della proiezione il Comune di Roma ha avvisato il gestore della sala che la “manifestazione” veniva sospesa.

Il divieto aveva avuto un precedente in mattinata quando un consigliere del Pdl, Giorgio La Porta, aveva presentato una mozione sostenendo che la proiezione era inopportuna perchè “il regista del suddetto film è stato oggetto di una denuncia per aver documentato un tentativo di brogli elettorali e tale tesi è stata totalmente smontata dal Ministero dell’Interno”. La censura si è messa in moto subito.

Di fronte alle proteste del Pd, di altre organizzazioni politiche e di molti cittadini, Alemanno ha provato a fare marcia indietro dicendo che il divieto era frutto di un errore dei funzionari. Comunque il Comune non è ritornato sulla sua decisione e la proiezione è stata annullata. Lascio a voi il giudizio di quale clima si respiri nel nostro paese alla vigilia del 25 aprile.

A Roma è stata vietata la proiezione di un documentario che critica il governo, mentre è stata promossa in pompa magna e con grande dispendio di denaro pubblico la ricorrenza del “Natale di Roma”, festa cara al fascismo, che ai tempi del duce aveva sostituito il primo maggio. Non ho parole.

Il diciottesimo vampiro vive a Modena. Parola di Claudio Vergnani

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Il diciottesimo vampiro di Claudio VergnaniDi Gargoyle Books ho già parlato varie volte perché ne ammiro l’accuratezza nella scelta dei libri da pubblicare: occupandosi solo di horror, non pesca nella massa degli ammiccamenti commercializzanti a cui potrebbe con facilità attingere, ma va alla ricerca di testi che spesso raccontino non solo la storia narrata, ma anche un contesto non di rado dagli aspetti politici e sociali. Si provi per esempio con questo recente volume e si inizi con un esercizio di fantasia prendendo un improbabile drappello di cacciatori di non-morti. La prima immagine che viene in mente, iniziando a leggere, è quella dei protagonisti strappati a Vampires, prima nel romanzo di John Steakley (Vampire$) e poi nella trasposizione cinematografica di John Carpenter. Anche qui ci sono i cacciatori che il loro compito lo svolgono su commissione.

Ma nel romanzo di Claudio Vergnani, Il diciottesimo vampiro, l’ambientazione è diversa. Pur mantenendo alcune atmosfere da far west, sono Modena e la sua provincia a dover essere “bonificate” e il sapore di un certo cinismo marmoreo alla Raymond Chandler subisce l’inevitabile reinterpretazione della quotidianirà della bassa italiana: precarietà della vita, fugaci riferimenti a un benessere economico inaccessibile a chi sta solo accanto, l’operosità dell’oriundo contro il perdigiornismo di alcuni dei disullusi personaggi. Per certi versi sembra di rileggere Fuori e dentro il borgo o rivedere Radiofreccia di Luciano Ligabue: non per nulla la limitrofa provincia reggiana è abitata da un tizio che si fa chiamare Bonanza, come nel longevo telefilm statunitense. Ma in questo caso, a differenza di quello della cricca di Ligabue, il nemico non è l’eroina, che falcia una generazione. Sembra quasi che, oltre ai vampiri (o per certi versi più di loro), i nemici di Claudio e dei suoi comprimari siano più che altro loro stessi (e qui si ritrovano influssi forse inconsapevoli di un altro autore che ha raccontato, nascendovi, la provincia emiliana, Piervittorio Tondelli).
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Dal NYT i documenti della CIA sulle “tecniche da interrogatorio”

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Per chi volesse consultare qualche decina di pagine di documentazione originale, il New York Times (che ha fatto il pieno quest’anno, con cinque Pulitzer) pubblica questo: Justice Department Memos on Interrogation Techniques. Ecco di che si tratta:

Il dipartimento di giustizia giovedì ha reso pubblici dettagliati promemoria che descrivono le dure tecniche usate dalla Central Intelligence Agency. Il presidente Obama ha detto che gli agenti della CIA che hanno adottato queste tecniche non sarebbero perseguibili.

I documenti sono quattro (uno del 2002 e tre del 2005) e qui un articolo dello stesso quotidiano che racconta più nel dettaglio la vicenda.

Tina Merlin: “A perdifiato”, una biografia teatrale

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Riccardo Lenzi mi segnala questo spettacolo teatrale, A Perdifiato, ritratto in piedi di Tina Merlin, che si terrà a Bologna il prossimo 3 giugno presso la sala teatrale “ex Macello” (via Azzo Gardino, 65). Patrocinato dal Premio Ilaria Alpi e il teatro d’impegno civile e organizzato dal Biograd Film Festival in memoria di una donna che non poco ha contribuito alla cultura e alla politica italiana (per maggiori informazioni qui il sito dell’associazione a lei intitolata), questo spettacolo ne rievoca la vita e le sue evoluzioni:

dall’infanzia sulle montagne del Bellunese alla Resistenza, fino all’impegno nella società e nel giornalismo, che la vide a lungo attiva sulle pagine de L’Unità. La narrazione viene affrontata lavorando in primo luogo sulla ricerca del vero fil rouge del personaggio: un amore forte e razionale a un tempo per la natura, nato dai ritmi biologici della vita contadina, che rimane sempre il pensiero dominante – come emerge dai numerosi articoli sul paesaggio veneto, stravolto dall’industrializzazione selvaggia degli Anni ’50 e ’60. Tre ante, allora, per altrettante immagini di un trittico. Nella prima, Tina Merlin si racconta alla madre, in una narrazione che rievoca il passato, fino allo scoppio della guerra e alla presa di coscienza politica con la scelta partigiana. La sezione centrale cambia completamente stile. Una perdita d’equilibrio del discorso, un corpo a corpo poetico con il video: allusione allo spazio ipnotico e senza tempo dell’inconscio; immagini che contengono tutto il dolore e lo spavento di questo mondo. Il terzo episodio si apre sulla figura di Tina Merlin giornalista, la sua precisa volontà di dire quello che la gente – nell’Italia ridente del boom economico – preferisce forse ignorare, per poi fronteggiare le tragedie con lo sgomento dell’ uditore cieco davanti alla morte annunciata. Emerge da questa memoria appassionata un’antica oralità, una sapienza femminile distillata nei secoli, un’opera di civiltà che le nostre madri hanno compiuto giorno dopo giorno per rendere abitabili le case e più umana la vita.

La regia dello spettacolo è curata da Daniela Mattiuzzi di cui è anche la drammaturgia, insieme a Luca Scarlini.

“Assalto alla diaz”: una poliziotta racconta la notte del 21 luglio 2001

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Simona l’aveva detto e l’ha fatto. Così, a metà del mese prossimo uscirà questo libro, Assalto alla Diaz. Polizia e G8 – L’irruzione del 2001 ricostruita attraverso le voci del processo di Genova. L’argomento è ben chiaro da titolo e sottotitolo, ma la particolarità di questo lavoro è che Simona di professione è assistente capo della PdS, dunque ha deciso di rievocare quei fatti da persona che da vent’anni veste una divisa. Ma che la sua posizione andasse oltre l’accesa critica verso l’irruzione nella scuola genovese lo aveva già dimostrato con il racconto Diaz, inserito all’interno dell’antologia La legge dei figli (Meridiano Zero, 2007). Questi i contenuti di questo nuovo libro, la cui prefazione è firmata da Carlo Bonini, giornalista in forza a Repubblica e autore di Acab:

Questo libro parla con le voci di chi si trovava dentro la scuola Diaz di Genova la notte del 21 luglio 2001: manifestanti e poliziotti. Voci che hanno scandito mesi di udienze in un’aula di giustizia, raccontando la stessa vicenda da più punti di vista, da fronti opposti, con versioni discordanti. Ma voci che ricostruiscono, al di là della sentenza finale, l’esplosione di una “macelleria messicana” spacciandola per una “colluttazione unilaterale”.

La presentazione in anteprima ci sarà il prossimo 15 maggio a Torino. Inoltre il libro sarà rilasciato con licenza Creative Commons e aderisce alla campagna Non pago di leggere.

Nuovi venti “bulgari” su chi fa informazione

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Dopo Annozero, Report, scrive Agoravox raccontando di ipotetici editti bulgari che si profilano all’orizzonte. Infatti:

Report citata a giudizio per la puntata su Catania, dall’editore Ciancio, che porterà la trasmissione ad un lungo processo civile. E non è finita qui per Report. La puntata sulla Social card non è piaciuta a Tremonti, che tramite il suo consigliere Angelo Maria Petroni (nominato dal tesoro), ha chiesto di visionare la cassetta e “inviato al giudizio del Comitato etico dell’azienda“.

Da notare che, come accade spesso, quando qualcuno si sente diffamato, passa alle vie civili, saltando quelle penali, per avere soddisfazione. Perché, in questo caso, la soddisfazione – almeno economica – arriva prima. Un po’ come racconta Sabina Guzzanti nel video a fianco che chiudeva la puntata di ieri sera della trasmissione di Santoro. In quelle parole, affidate alla satira, c’è un pozzo di verità verso chi fa informazione, a prescindere dallo strumento che si usa.

Le censure di Stato “ispirate da una visione apocalittica della rete”

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Di utopie tradite e censure di Stato parla Bernardo Parrella sul suo blog e su Alias, l’inserto del Manifesto, dell’11 aprile scorso (scaricabile in pdf da qui). E si domanda Bernardo:

È emersa la pratica dei singoli governi di implementare tecniche per controllare le comunicazioni via Internet provenienti dall’esterno, affermando così le proprie leggi tramite la loro imposizione all’interno dei confini nazionali. E sempre più tale tendenza va sforando anche nelle democrazie contemporanee… Superata giustamente la fase della cyber-euforia, stiamo forse cedendo alla tentazione opposta, quella del controllo diffuso? E cosa ne sarà della sbandierata salvaguardia della Rete come bene pubblico?

Nello stesso pdf si può leggere un articolo di Raffaele Mastrolonardo (disponibile su web anche qui) in cui l’autore fa il punto delle tre proposte di Pdl e Udc per la rete tricolore. Sono l’emendamento D’Alia, la proposta di legge di Gabriella Carlucci (tanto se n’è parlato nelle scorse settimane) e un’altra firmata da Luca Barbareschi. Partendo dal prossimo futuro e presentando la situazione in cui si potrebbero trovare tre navigatori immaginari, dice Mastrolonardo:

Queste situazioni sono iscritte in una serie di proposte normative presentate negli ultimi mesi in Italia, ispirate da una visione apocalittica della rete considerata un maligno brodo di coltura per pedofilia, criminalità e “pirateria”.

OpenSecrets.org: 200 milioni di dati sui finanziamenti alla politica USA

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OpenSecrets.orgVent’anni di dati sui finanziamenti alla politica statunitense. Informazioni che possono essere scaricate, che vengono fornite gratuitamente e sulle quali è applicata una licenza Creative Commons Attribution-Noncommercial-Share Alike 3.0. Per accertarsene si veda OpenSecrets.org Goes OpenData in cui, dopo una partenza che prometteva bene un paio d’anni fa, oggi si avvertono politici e lobbisti: attenzione che il gruppo di ricerca apartitico noto come Center for Responsive Politics sta rilasciando qualcosa come 200 milioni di dati “direttamente nelle mani di cittadini, attivisti, giornalisti e chiunque sia interessato a seguire il flusso di denaro nella politica americana”. La suddivisione viene effettuata in base a finanziamento a campagne o a individui, attività di lobbying e organizzazioni – sono 527, per la precisione – che si occupano di raccogliere fondi da aziende, associazioni di categoria e singoli.

Per attingere e utilizzare questi dati, è possibile interfacciarsi via web a specifiche API o più semplicemente servirsi dei widget messi a disposizione del progetto. Per avere accesso a queste informazione, infine, ci si registri su MyOpenSecrets per scaricare i file in formato CSV. Sempre qui si potrà avere a disposizione una sorta di dizionario e una guida all’uso (quest’ultimo link punta a un file in formato .doc).

(Via BoingBoing)

Yoani Sánchez: “Cuba libre”, vivere e scrivere all’Avana

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Cuba LibreYoani Sánchez, blogger di cui si era parlato già in passato per il suo Mi Cuba e per le battaglie portata avanti con Generacion Y, torna in questi giorni in libreria con un nuovo libro, Cuba libre (Rizzoli), tradotto e curato da un conoscitore di quell’angolo dei Caraibi, Gordiano Lupi. Che scrive di questo testo:

Yoani si scaglia contro il doppio sistema monetario e narra la realtà del mercato nero, unica fonte di sostentamento, perché la maggioranza dei cubani vive di ciò che i venditori informali portano nelle loro case. L’informazione di regime è un altro bersaglio da colpire, perché non è vero che tutto è sotto controllo e che i problemi vengono sempre superati da una rivoluzione solida e forte. Il libro – blog di Yoani Sánchez è uno spaccato di vita che rappresenta con realismo la Cuba contemporanea, lontano da condizionamenti ideologici, ma dalla parte del cittadino che giorno dopo giorno è costretto a inventare il modo per sopravvivere.

La blogger cubana qualche problema per la sua costante informazione ce l’ha avuto. Si veda per esempio qui e qui. E si veda anche cosa il Time scriveva di lei a fine 2008.

Purgatori su “Fortapàsc”: un film su Siani, non su Jouakim

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A proposito di Fortapàsc, il film diretto da Marco Risi sul giornalista Giancarlo Siani ammazzato dalla camorra il 23 settembre 1985, e della richiesta dell’ex capo-redattore del Mattino Mino Jouakim che chiede il sequestro della pellicola, AgoraVox pubblica una doppia intervista: da un lato Jouakim, che fu il capo di Siani e che oggi si ritiene danneggiato dal film, e dall’altro Andrea Purgatori, la cui firma si trova su opere come Il muro di gomma, Segreto di stato e Il giudice ragazzino, solo per citarne alcuni (qui la sua filmografia completa). E se il giornalista napoletano non sembra retrocedere dalle sue posizioni, Andrea invece afferma:

Abbiamo modificato i nomi di tutti ad eccezione dei camorristi e di Giancarlo per creare, come spesso accade nella cultura cinematografica, delle sintesi e degli opposti che ci potessero raccontare meglio la storia. Questo è stato fatto nella piena libertà creativa che ci si prende quando si fa un film e non un documentario. Nessuno si può riconoscere in quel giornalista perché quel giornalista non esiste. Adesso lui si sente, come ho letto, diffamato e vedremo cosa dirà il giudice. Nel “Divo” di Sorrentino, Andreotti si è guardato bene dal chiedere il ritiro del film e non l’ho ha fatto nemmeno Cirino Pomicino che in una scena fa una scivolata nel Transatlantico, col suo nome e cognome e non con un altro. Io penso che ci vorrebbe più elasticità nell’affrontare queste cose e nel pensare che abbiamo affrontato la storia di Giancarlo Siani e non quella di Jouakim. Che dire di fronte a queste cose? Ci sono abiutato, io non scrivo “Vacanze di Natale”… Per il “Muro di Gomma” mi hanno chiesto 100 miliardi, per “Il Giudice Ragazzino” si sono incazzati. Non mi stupisce, quindi. Mi stupisce il fatto che ci sia qualcuno che non si rende conto che stiamo facendo un film.