Trentaquattro anni fa l’omicidio del magistrato romano Mario Amato: indagava sulla destra eversiva e fu lasciato solo tra le minacce

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Trentaquattro anni fa, il 23 giugno 1980, veniva ucciso il magistrato Mario Amato che indagava – nella completa solitudine e sotto minaccia – sulla destra eversiva. Per due volte, tra il marzo di quell’anno e qualche giorno prima di morire, aveva denunciato la preparazione di attività terroristiche affermando che il Paese rischiava di scivolare verso la guerra civile. Gli chiusero la bocca mentre attendeva l’autobus sotto casa, diretto in procura a Roma.

“Blocco 52 – Una storia scomparsa, una città perduta”: e Lou Palanca racconta Luigi Silipo, il sindacalista ucciso nel 1965 a Catanzaro

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Blocco 52Di Fabio Cuzzola si è già parlato più volte da queste parti, soprattutto per il suo Cinque anarchici del Sud. Adesso si torna a farlo incontrandolo coinvolto nelle sorti di Lou Palanca, nome del collettivo di scrittura ispirato alla New Italian Epic concepita da Wu Ming. E qui dentro racconta la storia intitolata Blocco 52 – Una storia scomparsa, una città perduta (Rubbettino):

La sera del primo aprile 1965, fra i vicoli del centro storico di Catanzaro, viene ucciso Luigi Silipo, sindacalista dei braccianti ed esponente di rilievo del Partico comunista italiano. Dopo una prima ondata di partecipazione e interesse, l’accaduto viene progressivamente dimenticato, sepolto fra oblii e reticenze, fino a scomparire dalla memoria collettiva. Ci pensa l’opera di Lou Palanca con “Blocco 52. Una storia scomparsa. Una città perduta” a ripescare quei fatti e a puntare l’attenzione su una vicenda rispetto alla quale non c’è nessuna verità giudiziaria accertata: si è trattato di un omicidio politico, passionale o mafioso?

Da quell’evento dimenticato prendono vita altre storie che dal capoluogo calabrese arrivano fino a Praga, oscillando tra le passioni del “secolo breve” e il disincanto dei nostri giorni. Una narrazione a più voci racconta queste vicende fra il richiamo al sogno interrotto di una società più giusta e il mistero di un caso irrisolto.

Per leggere qualcosa di più della storia si veda qui mentre un’estesa intervista è stata pubblicata su Catanzaro Informa.

Notte Criminale: parla Carlo Calvi, il figlio del “banchiere di Dio”. “Lacune nei due primi gradi di giudizio”

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Notte criminaleMarina Angelo, direttrice di Notte Criminale, intervista Carlo Calvi, il figlio di Roberto, il banchiere di Dio, per dire che “in base alla mia esperienza esistevano sufficienti lacune nei due livelli di giudizio precedenti per giustificare un rinvio”:

L’Italia è un Paese ricco. Ricco di “perché”, l’unico dato in crescita all’interno di questa crisi. Molte storie rimangono un giallo dai contorni delineati ma dai colpevoli sfuggenti. Una di queste è, sicuramente, il caso della morte di Roberto Calvi […], nato a Milano il 13 Aprile 1920 e trovato impiccato sotto il Ponte dei Frati Neri a Londra il 18 giugno 1982 con le tasche dei pantaloni pieni di pietre ( 5 chilogrammi) e un documento intestato a Gian Roberto Calvini. Una storia che spende molti di quei perché, e non sconta nemmeno se e ma. Abbiamo interpellato il figlio Carlo da sempre impegnato alla ricerca di quella verità che, ad oggi, pare non voler arrivare.

Sono passati quasi trent’anni da quel delitto, vestito inizialmente da suicidio. E vale la pena continuare nella lettura. Qui

Pentiti di niente: “Nessuna angoscia morale, ma freddo, lucido e bieco calcolo”

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Carlo SaronioNel processo di primo grado per il sequestro e l’omicidio dell’ingegnere Carlo Saronio e nella relativa sentenza, un lungo capitolo viene dedicato all’idea di rapirlo: chi fu ad averla? E quali furono i passaggi per trasformarla in realtà? Se Fioroni cerca di farsi passare come un personaggio di ripiego, entrato in questa faccenda per salvare un amico e comunque soggetto alle decisioni di un comitato di terroristi che deve avallare le sue azioni, le risultanze processuali raccontano altro.

Casirati non può essere stato a concepire per primo il rapimento: non sapeva neanche chi fosse Carlo Saronio prima che Fioroni glielo dicesse. Questa constatazione taglia fuori anche gli altri criminali “comuni”: Carobbio, De Vuono e tutti gli altri entrano nell'”affare” su invito del malavitoso meneghino e dunque è necessario che lui per primo venga a conoscenza del piano e che accetti di prendervi parte. E non può essere frutto del ragionamento collettivo di un gruppo politico, come invece affermato da Casirati senza che si sia trovato riscontro alcuno alla sua esistenza. Non rimane per i giudici che una spiegazione: Carlo Fioroni è la mente dietro al sequestro. Si legge nella sentenza di primo grado:

La sua partecipazione alla fase esecutiva infatti è piena e forse non era presente alla cattura (e, invero, non vi era motivo che lo fosse), ma partecipò alla discussione sul cloroformio; alla discussione sulle divise; seppe di Cavallo; seppe di De Vuono, del quale conobbe anche il compito specifico di speaker con la famiglia Saronio; seppe che per due volte ‘il legionario’ era stato sostituito al telefono da un complice che non aveva accento calabrese. E non si trattava di notizie frammentarie su particolari che egli ‘non era tenuto a sapere’ ma che ugualmente riusciva a estorcere (con le buone maniere) a Casirati, bensì avvenimenti ai quali aveva partecipato o dei quali a pieno titolo veniva posto a conoscenza.

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