Il fumetto e il giornalismo d’inchiesta: l’esempio di “Dossier Tav. Una questione democratica” di Claudio Calia

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Dossier Tav. Una questione democraticaEsce domani per Beccogiallo il libro a fumetti Dossier Tav. Una questione democratica sceneggiato e illustrato da Claudio Calia. Una lunga recensione scritta da Giuliano Santoro e pubblicata su Microgema ne anticipa diversi aspetti. Eccola per stralci:

“Dossier Tav” […] è un percorso artistico e politico, un’unica striscia lunga e in bianco e nero dal tratto essenziale, mai ridondante, che racconta gli anni che abbiamo alle spalle, che ci conduce a questo libro. Le vignette con in primo piano manganelli delle truppe di occupazione in Val di Susa rimandano ai disegni cupi e poetici del diario del G8 genovese. Leggendo dell’ambiente minacciato e della fredda forza dei numeri di raccontare i dogmi del potere e dei mass media, si scorge l’epopea velenosa delle ingiustizie e delle lotte operaie di Porto Marghera. La legge non è uguale per tutti. E la capacità di mettere in fila gli eventi, di ricollegare le esistenze individuali alla loro trama sociale e universale ricorda È primavera, la poetica intervista disegnata a Toni Negri tradotta in diverse lingue.

Calia fa un’operazione raffinata e sottilmente provocatoria: racconta le ragioni del No alla Tav e le lotte che le hanno sostenute rivendicando in stampatello nelle prime pagine del fumetto: “Non sono mai stato in Val di Susa”. Ciò non gli impedisce, all’occorrenza, di parlare in prima persona, di essere a tutti gli effetti voce narrante. L’autore può rivendicare a pieno titolo di essere parte di questa storia. Per le ragioni che elencavamo prima, per quell’intreccio tra il suo percorso artistico e politico e i fatti della Valle. Ma anche per la capacità dei valsusini di essersi fatti contagiare e di aver posto un tema senza farsi ingabbiare, da ideologie semplicistiche o trappole mediatiche, nella cornice della lotta puramente localistica.

Questo “dossier”, dunque, si presenta come una sintesi della questione, un perfetto saggio di “graphic journalism”.

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“Novantadue. L’anno che cambiò l’Italia”: la storia di Carla, Marinella e Debora, tre donne di scorta

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Del libro Novantadue. L’anno che cambiò l’Italia (Castelvecchi Rx) si parlava alla vigilia dell’uscita qui. Micromega Online ci torna riprendendo la parte dedicata alle donne da scorta 1992-2012. Sono le storie di Carla, Marinella e Debora. Nomi di fantasia per vicende vere. La prima calata nel periodo delle stragi del 1992-1993, la seconda durante il maxiprocesso di Palermo e la terza nella realtà palermitana dei giorni nostri. Di seguito un passaggio sulla seconda, la prima donna a effettuare i servizi di scorta:

Ho sentito, nel pieno del silenzio, il rumore dell’esplosione di una bomba. Non capivo cosa stesse accadendo. Era il 23 maggio del 1992 e io ero vicino Capaci con la mia famiglia per una vacanza primaverile. Stavamo preparando la cena. Anche mio marito è un poliziotto ed entrambi abbiamo avuto paura, uno strano sentore, come se qualcosa di drammatico stesse per accadere. Erano gli anni del Maxiprocesso e Palermo era una città in subbuglio. Molte cose stavano cambiando, altre sono rimaste uguali […]. Nel 1986 ho seguito il primo corso per le donne in polizia. Dopo, mi hanno subito destinata alle scorte. Sono rimasta a Palermo perché in quel periodo c’era necessità di personale. Anche se in verità io non avevo scelto di fare la scorta, volevo fare la poliziotta. Mi hanno subito fatto seguire molte delle personalità che operavano nel maxiprocesso. Quelli erano anni caldi (fine anni Ottanta) e io mi sono ritrovata ad essere tra le prime donne, in un mondo assolutamente maschile, a scortare magistrati. Non è stato facile anche per una questione di genere. Mi trovavo spesso a dover fare accettare la mia presenza agli uomini, in quello che fino ad allora era il loro mondo. Col tempo però le cose sono cambiate e sono nate grandi amicizie. Adesso si lavora bene insieme. Ci si aiuta. Gli anni delle stragi invece sono stati terribili. Uscivamo la mattina con la paura di non tornare più a casa. E questo è diventato ancora più difficile quando sono nati i miei figli. Mi sentivo responsabile verso di loro e non volevo che pagassero per le mie scelte professionali.

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Emilio Carnevali su Micromega: Mladic, Eichmann e i mostri della storia

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Emilio Carnevali, redattore di MicroMega, scrive a proposito di Mladic, Eichmann e i mostri della storia:

L’intreccio fra il calcio e le vicende politiche e belliche della ex Jugoslavia rimanda a un capitolo di quel conflitto che non possiamo affrontare nemmeno sommariamente. Ci limitiamo a ricordare che Zeljio Raznatovic, più noto con il famigerato soprannome di Arkan, era un capo ultras della Stella Rossa, la più blasonata squadra di Belgrado, prima di dar vita al gruppo paramilitare delle Tigri, i cui componenti vennero in gran parte reclutati proprio fra gli ultras e che si rese protagonista di alcuni dei peggiori massacri perpetratati durante la guerra di Bosnia. Quando Arkan fu assassinato – nel 2000, a guerra ormai finita – fu salutato a Belgrado da una folla di 20.000 persone; anche in Italia, nella curva dei tifosi della Lazio (notoriamente infarcita di gruppi di estrema destra), fu issato uno striscione che recitava “Onore alla tigre Arkan”.

Tuttavia il collegamento fra un elemento ordinario della nostra esperienza quotidiana come il calcio ed un evento assai lontano, di difficile comprensione almeno per le generazioni più giovani, come la guerra – la guerra nella sua stra-ordinaria atrocità – può forse essere utile per riflettere sul pericolo che un certo tipo di pratica della memoria possa scivolare paradossalmente nel suo opposto, ovvero in una Grande Rimozione. È il pericolo che corriamo quando separiamo certi fenomeni dall’orizzonte delle nostre possibilità, dei nostri destini collettivi, appiccicandogli addosso l’etichetta della mostruosità dis-umana. Siamo di fronte a una problematica ben al di là del dilemma – anch’esso presente in casi come questi – di una giustizia che opera sempre e solo nei confronti degli sconfitti, ovvero del terribile ammonimento che ci ha lasciato Joseph Goebbels quando nel 1943 dichiarò: “Passeremo alla storia come i più grandi statisti di tutti i tempi, o come i più grandi criminali” (ai giorni nostri George W. Bush non è celebrato come un grande statista, ma c’è da esser certi che non sarà mai condotto alla sbarra per rispondere di crimini contro l’umanità).

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“Wojtyla segreto”: controinchiesta di Ferruccio Pinotti e Giacomo Galeazzi sul papa polacco

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Qualche giorno fa si segnalava lo speciale di Micromega Karol Wojtyla – Il grande oscurantista, pubblicato in vista delle celebrazioni del 1 maggio per la beatificazione del papa polacco. Anche la casa editrice Chiarelettere ha fatto uscire nel frattempo un libro in argomento. Si tratta di Wojtyla segreto. La prima controinchiesta su Giovanni Paolo II (il cui booktrailer si può vedere sopra), scritto dal giornalista Ferruccio Pinotti e dal vaticanista della Stampa Giacomo Galeazzi:

Il pontefice polacco che la Santa sede sta per proclamare Beato assume una nuova luce attraverso il racconto [di] un viaggio tra Ior, Solidarnosc, scandali finanziari e crisi geopolitiche, da cui emerge un Wojtyla capace di muoversi come un antico monaco-guerriero in battaglia contro l’ateismo di Stato e al contempo come un modernissimo predicatore. Un fondamentale «asset» atlantico durante la guerra fredda. Per oltre trent’anni gli organi di polizia polacchi spiarono ogni movimento e discorso di Karol Wojtyla. Usando anche preti infiltrati per entrare nelle sue stanze. Ora i documenti su questa attività sono finalmente desecretati. Da queste carte inedite compilate dagli uomini del regime di Varsavia incaricati di sorvegliarlo, pedinarlo e controllarlo, emerge una nuova immagine di Giovanni Paolo II. Dal primo giorno di sacerdozio fino all’ascesa al pontificato. Nel piano strategico di Karol Wojtyla, di fronte al rischio dell’Est totalmente scristianizzato occorre mobilitare qualunque risorsa, convogliare tutti i canali di sostegno economico, anche i più imbarazzanti, verso le organizzazioni che oltre cortina si battono per la sopravvivenza dell’identità cattolica. C’è una sfida mortale in atto, Wojtyla lo sa e si dà da fare per vincerla. A ogni costo. L’importante non è da dove arrivano i soldi ma dove sono diretti. Il libro rivela sia tratti inediti del Wojtyla personaggio pubblico e vero uomo politico sia aspetti finora mai scritti e legati alla sua vita privata, prima in Polonia poi in Vaticano.

La prefazione, scritta da monsignor Domenico Mogavero (vescovo di Mazara del Vallo e presidente Cei per l’immigrazione, oltre che postulatore per la causa di beatificazione di don Pino Puglisi), può essere letta qui.

“Karol Wojtyla, il grande oscurantista”: Giovanni Paolo II secondo Micromega

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Karol Wojtyla - Il grande oscurantistaMicromega annuncia la pubblicazione per domani di un suo numero speciale fuori abbonamento. Si intitola Karol Wojtyla – Il grande oscurantista ed esce alla vigilia della beatificazione di Giovanni Paolo II, prevista per il prossimo 1 maggio. Questi alcuni degli interventi in elenco:

  • Hans Küng – Santo subito? Il caso Maciel e altre ombre
    La titubanza nell’intervenire sugli abusi sessuali, il pieno sostegno ai Legionari di Cristo del ‘discusso’ Maciel, la crociata sul celibato ecclesiastico, la carenza di miracoli e l’inflazione di santificazioni dal grande valore mediatico. Uno dei teologi messi all’indice da Wojtyla ricorda i motivi per cui Giovanni Paolo II non è un santo.
  • A cura di Valerio Gigante – Grandezza e miseria di un pontificato
    Dalla sua elezione, il 16 ottobre 1978, alla sua morte, il 2 aprile 2005, sono passati 27 anni. Un pontificato lunghissimo che ha segnato in modo profondo i destini della Chiesa. Fra incontestabili luci (prima fra tutte il ruolo giocato nel crollo dei regimi comunisti) e numerosissime ombre (dalla repressione teologica all’occultamento degli scandali pedofilia), Giovanni Paolo II ha lasciato un’orma indelebile nella sua epoca. Ripercorriamo anno per anno, data per data, la sua storia.
  • Paolo Flores d’Arcais – La santa alleanza contro la modernità
    Wojtyla ha dichiarato guerra alla guerra, e con questo messaggio di intransigente pacifismo ha conquistato molti consensi in settori molto lontani dalla Chiesa. Ma in realtà ha dichiarato guerra alla modernità e al suo fondamento: lo spirito critico del pensiero laico. E in questa battaglia non si è trovato affatto solo, potendo contare sull’appoggio degli altri fondamentalismi religiosi e di troppi ‘orfani del marxismo’.
  • Lina Pavanelli – La dolce morte di Karol Wojtyla
    Un’attenta analisi delle condizioni di salute di Giovanni Paolo II nelle ultime settimane della sua esistenza dimostra che non gli sono state praticate alcune cure che avrebbero potuto tenerlo in vita ancora a lungo. Il vecchio papa le ha rifiutate perché le considerava troppo gravose. Lui diventerà santo, a Piergiorgio Welby sono stati rifiutati persino i funerali.

La lista completa di articoli e approfondimenti è disponibile qui.

“Il caro armato”, in un libro raccontati “spese, affari e sprechi delle forze armate”

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Il caro armatoRoberto Laghi intervista per Micromega (in audio) Francesco Vignarca a proposito del libro che ha scritto a quattro mani con Massimo Paolicelli. Appena uscito per i tipi di Altreconomia, il volume si intitola Il caro armato. Spese, affari e sprechi delle forze armate italiane e si presenta così:

Il “Nuovo Modello di Difesa” ha spostato la linea del fronte dai confini geografici a quelli degli interessi economici occidentali, ovunque siano considerati a rischio. La leva obbligatoria è stata sospesa. Ma scopriamo che, nonostante le “riforme”, il nostro esercito professionale conta ancora 190mila uomini, tra i quali il numero dei comandanti – 600 generali e ammiragli, 2.660 colonnelli e decine di migliaia di altri ufficiali – supera quello dei comandati. Scopriamo che il nostro Governo continua ad acquistare “sistemi d’arma” sempre più costosi, dalla portaerei Cavour, alle fregate FREMM (5.680 milioni di euro) al cacciabombardiere Joint Srike Fighter (13 miliardi di euro); e che il “mercato” delle armi, con i Governi principali committenti, è tutt’altro che libero: sono al contrario stretti i rapporti tra forze armate e industria bellica e frequenti i passaggi di militari a fine carriera dall’una all’altra schiera. Un capitolo è riservato alle scelte più controverse legate alle forze armate e ai loro “costi”: le missioni internazionali, la presenza dei militari in città, le servitù militari, il destino degli immobili della Difesa, l’abbandono del servizio civile; per arrivare agli “scandali” veri e propri, tra cui sprechi e inefficienze clamorose e la triste vicenda dell’uranio impoverito. L’appendice fa infine il punto sulle spese militari in Europa e nel mondo.

Francesco Vignarca, su tematiche analoghe, aveva scritto Mercenari S.p.A (Bur, 2004) e Li chiamano ancora mercenari. La privatizzazione degli eserciti nell’era della guerra globale (Altreconomia, 2004). Massimo Paolicelli invece è il presidente dell’Associazione Obiettori Nonviolenti.

Il manifesto dei 101, quando un’altra politica era possibile

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Sul sito di Micromega viene riproposto un articolo di Emilio Carnevali pubblicato sul nono numero del 2006 a proposito del manifesto dei 101. Si intitola I fatti d’Ungheria e il dissenso degli intellettuali di sinistra:

Attraverso documenti e interviste ai firmatari, genesi, diffusione e censure del “Manifesto dei 101”, con cui molti intellettuali di sinistra – la maggior parte iscritti al Pci, come lo stesso Antonio Giolitti – stigmatizzarono i ritardi nella critica allo stalinismo e l’errata analisi della rivolta ungherese, invitando il partito a porsi dalla parte degli insorti. “Un’altra politica era possibile”.

E a proposito di Antonio Giolitti, il blog del circolo sassarese di Giustizia e Libertà racconta di un antifascista e partigiano, a sinistra contro i carristi e contro Craxi.

Bizzarri “Valori” che avvicinano cappucci e compagni

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P2 walk this wayRoberto Vignoli, collaboratore di Micromega online e ancor prima mente di InformationGuerrilla.org (mente così pungente da “aggiudicarsi” prima gli strali di Edward Luttwak e poi la schedatura del Sismi ai tempi di Pio Pompa, insieme ad alcune altre realtà dell’informazione italiana, come Nuovi Mondi Media e La Voce delle Voci), non perde il vizio di segnalare fattacci della politica italiana. Come questo, rapido resoconto dell’amicizia tra Oliviero Diliberto e Giancarlo Elia Valori, che è corretto – seppur riduttivo – definire piduista (si dia un po’ un’occhiata a questo articolo prima che diventi illegale e/o che l’oblio sia imposto per legge).

I distesi rapporti tra i due erano fatto noto già da un po’ di tempo, almeno fin dall’esplusione di Marco Rizzo dal suo partito, decretata ufficialmente per aver tenuto “comportamenti ostili” all’interno del Pdci in favore dell’Italia dei Valori. Di fatto, Rizzo aveva anche fatto altro. Come indire una conferenza stampa in cui diceva (in pdf) chiaro che qualche piduista era tra loro. E se in questo fatto non ci sarebbe oggi nulla di penalmente rilevante (anche perché Luigi De Magistris non da potuto finire con Why Not e dunque nemmeno con Valori), sta di fatto che l’etica in politica non è – o non dovrebbe essere – argomento che riguarda sempre e solo gli altri. Si veda infatti un ritratto del personaggio di cui sopra, L’ultimo potere forte, tracciato da Gianni Barbacetto nel 2000 per il Diario della Settimana e riproposto da Società Civile.