Bruce Sterling ospite dell’Accademia di Belle Arti di Bologna per parlare delle forme del futuro

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Ospite dell’Accademia di Belle Arti di Bologna per l’anteprima dei ciclo di incontri Crossover/Attraversamenti dedicata alle forme del futuro, Bruce Sterling, uno dei padri del cyberpunk e osservatore della digitalità, dialogherà domani 12 dicembre a partire dalle 17 con Jasmina Tesanovic (scrittrice, attivista politica e regista) e con Marco Bolognesi (fotografo) per il cui ultimo volume, Humanescape, Sterling e Tesanovic hanno scritto un’introduzione a quattro mani. Per leggere ancora dell’appuntamento di domani si veda qui.

Osservatorio Balcani: un dossier sulla popolazione gay nel sud-est europeo

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Gay Pride Belgrade

Racconta Osservatorio Balcani a proposito di LGBTIQ Between the State and the EU:

Il 2009 è stato segnato per la popolazione LGBT e queer nel sud-est Europa da un lato da episodi di violenze e intimidazioni (in particolare durante le principali manifestazioni dai Pride in Serbia e Slovenia al festival queer di Sarajevo), senza prese di posizione da parte di amministrazioni locali e Stati nazionali. Dall’altro, pressioni sovranazionali e aspirazioni all’integrazione europea hanno portato all’avanzamento e/o all’approvazione di proposte legislative di stampo progressista. In questo quadro di sviluppi stonati e contrastanti, la popolazione LGBT e queer dei Balcani si ritrova al crocevia tra visibilità e invisibilità, contesto domestico ostile e speranze europee, progresso formale e paure concrete. OBC raccoglie in questo dossier cronache, interviste e analisi dedicate agli sviluppi dell’universo arcobaleno balcanico, al rapporto con le istituzioni internazionali e al ruolo della cooperazione.

Ecco dunque di seguito il dossier Tra stato ed Europa. LGBT e queer nei Balcani. Per quanto riguarda i casi citati nella presentazione: La notte dei cristalli di Sarajevo, Belgrado sotto assedio e Sassi sul Gay pride. Infine un reportage di Jasmina Tešanović dalla capitale serba in occasione del Gay Pride era stato pubblicato un paio di mesi fa. Si intitolava Belgrado, Milosevic, il gay pride e l’opposizione del passato recente.

Nefertiti: antica regina eretica e testimone attuale delle lotte femministe

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Nefertiti di Jasmina TesanovicEsce in questi giorni per Stampa Alternativa un libro che ho editato un po’ di tempo fa e che m’è piaciuto davvero molto. Si intitola Nefertiti – L’amore di una regina eretica nell’antico Egitto, è stato scritto da Jasmina Tesanovic, di cui s’è parlato varie volte da queste parti, e si rivela un testo che non ci si aspetterebbe (almeno se non si è mai letto niente dell’autrice, della quale lo scorso gennaio era uscito Processo agli scorpioni con una postfazione pubblicata qui qualche mese fa). Nefertiti non è un solo libro storico e non è neppure un romanzo d’amore. È questo, ma è anche un tessuto di rivendicazioni sociali e femministe (Jasmina fa parte delle Donne in nero), è una lode all’arte, una rivendicazione di libertà e un inno alla bellezza vissuta fuori dagli schemi. Credo che ulteriori parole per descrivere meglio questo libro possano essere quelle di Bruce Sterling, che ne ha scritto la prefazione e che è anche il marito della scrittrice serba. Il booktrailer invece è stato realizzato dall’infaticabile Luigi Milani, autore anche di quelli per Pentiti di niente e per Il programma di Licio Gelli.

Jasmina Tesanovic è una ben nota femminista e dissidente politica dell’Europa del Est. È naturale domandarsi perché una donna del genere abbia scritto un romanzo su Nefertiti. Specialmente un libro strano come questo, un libro che è chiaramente una litania intesa a risvegliare i morti. Avendo io sposato Jasmina, l’ho vista scrivere questo libro. Mi sono accorto che è stata costretta a farlo, forse perfino segretamente ossessionata da un bisogno irresistibile.

Potrei fornire tante spiegazioni sul perché l’abbia scritto quest’opera, ma ne esiste una, credo, che ha molto senso per il pubblico italiano. Jasmina è nata nella ex Yugoslavia: in uno stato comunista eretico, un’utopia fallita. Mentre il comunismo italiano è tuttora molto vivo – a Torino, la mia città preferita, lo constato tutti i giorni – la Yugoslavia scomparsa è uguale all’antico Egitto. La Yugoslavia di Tito una volta mandò una bambina, Jasmina Tesanovic, a vivere nell’antica terra d’Egitto. La Yugoslavia e l’Egitto una volta erano amici per la pelle.
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Processo agli scorpioni: oltre i tabù di guerra

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Il testo che segue è la postfazione scritta per il libro Processo agli scorpioni – Balcani e crimini di guerra. Paramilitari alla sbarra per il massacro di Srebrenica (Stampa Alternativa, 2009) che sarà il libreria e online (è rilasciato con licenza Creative Commons) a partire dalla settimana prossima. È stato scritto da Jasmina Tešanović, attivista delle Donne in nero di Belgrado, giornalista e blogger, ed è una storia davvero coinvolgente perché, oltre a raccontare l’iter giudiziario per i crimini dei paramilitari serbi, sa scandagliare in modo efficace il lato umano della vicenda senza cadere nel voyerismo emotivo. Il trailer pubblicato a fianco (e presente qui in formato più grande) è opera di Luigi Milani.

Processo agli scorpioni di Jasmina TesanovicC’è stato un periodo, tra il 2003 e il 2005, in cui sono andata diverse volte a Belgrado. Lavoravo alla realizzazione di un documentario sull’infanzia disagiata in Serbia e in qualità di aiuto regista mi capitava spesso di uscire con una parte della troupe per andare a filmare contenuti considerati a corollario di quelli principali. Tante le interviste fatte in quel periodo: a giornalisti e tassisti, ad attori e fornai, a psicoterapeuti e guardiaparchi, a dirigenti scolastici e operai. E una conferma: negli anni dei conflitti nei Balcani, della frammentazione nazionale, dei massacri, dei bombardamenti e delle missioni militari internazionali, le Serbie erano due. Da un lato, quella del regime di Milosevic, dei paramilitari, delle auto che comparivano per portare via qualcuno; dall’altro, quella di una popolazione silenziosa e spesso dissidente, che in quelle auto rischiava di finirci, se avesse protestato apertamente, e che aveva resistito alla guerra senza odiare e senza uccidere.
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Serbia, il grande malato d’Europa nelle parole di Peacereporter

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Mentre in Medioriente la sproporzione è la misura e la Somalia precipita ancora, e mentre a fine gennaio sarà in libreria e in rete un libro in tema a cui tengo moltissimo – Processo agli scorpioni di Jasmina Tesanovic -, PeaceReporter pubblica un reportage di Christian Elia sul grande malato d’Europa. Sarebbe a dire la Serbia, un paese del quale si cerca di comprenderne il presente e intuirne il futuro in un momento in cui l’attenzione verso i Balcani è più focalizzata sul processo di indipendenza del Kosovo.

Le foglie cadono, nel gelo che c’è fuori. “A mio avviso gli anni di Tito possono essere paragonati a un film di Fellini”, osserva Blaz, che veglia sulla tomba del maresciallo. “Se uno non ha gli strumenti culturali per leggere l’aspetto più profondo del film del grande maestro italiano, ne coglierà solo l’aspetto esteriore, a tratti incomprensibile. Ma è nel senso profondo che bisogna perdersi, se si vuole cogliere davvero l’idea del maresciallo: eliminare le divisioni lavorando tutti verso uno stesso progetto. Costruire una società nuova e un uomo nuovo. Non è andata così, anche per colpe dello stesso Tito. Ma quando arriva il 4 maggio, anniversario della sua morte, qui vengono tanti ragazzi, alcuni ancora a piedi, come si usava un tempo. Rendono omaggio a un uomo che, con tutte le sue contraddizioni, è riuscito a tenere assieme quello che è andato distrutto”.
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Jasmina Tesanovic: nazione, nazionalità e nazionalismo nei Balcani

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Si intitola Three halves ed è l’intervento che Jasmina Tesanovic (qui il suo blog, in serbo) ha tenuto poco tempo fa alla LIFT Asia Conference. L’ha pubblicato Luigi Milani sul suo blog, False Percezioni, un lungo racconto (in inglese, questa volta) sul concetto di nazionalità, nazione e nazionalismo nella ex Jugoslavia e in particolare in Serbia. E scrive l’autrice e attivista belgradese:

The bigger entity of whatever nationality always battered the smaller entity of whatever identity. The majority would always bully and oppress the minority, no matter who the minority was. That smaller entity would batter the yet smaller entity within different identity inside it’s own territorial claims. Somebody was always in a minority, so somebody was always being victimized. Nobody ever felt whole and safe in the Balkans — there was always some leftover part, a third half, that was being painfully crushed. So war crimes were committed. The biggest crimes were committed by the biggest group, because the biggest groups had the best resources. If there had been more guns and money in the war, there would have been more crimes, but Yugoslavia was not rich and the war exhausted it and destroyed its wealth. Now the globalization of Balkanization is happening on vast scale.