Wikileaks: dal “Fatto Quotidiano” la prima puntata del documentario sui “wikirebels” in versione italiana

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Il sito del Fatto Quotidiano è partito con la pubblicazione della prima puntata di un documentario sui wikirebels realizzato dagli svedesi Jesper Huor e Bosse Lindquist (per la versione italiana hanno lavorato Stefano Citati, Lorenzo Galeazzi e Federico Mello e tradotto da Davide Ghilotti). Ecco cosa racconta la presentazione di questa parte iniziale:

Il fondatore di Wikileaks con il caschetto, con il codino, biondo e canuto. Comincia il racconto del camaleonte Assange, mai uguale a se stesso, in giro per il mondo e seguito per sei mesi dalle telecamere svedesi di Svt-Play tv. Julian è in lotta da tempo contro il “vecchio potere”, lui stesso racconta le sue prime iniziative hacker quando si faceva chiamare “Mendax”. Anche la Nasa fu tra i suoi obiettivi: lui viene indagato per degli attacchi informatici e, seppur assolto, si convince della necessità di portare avanti una battaglia a tutto campo per la trasparenza. Dalla creazione in Australia di una delle prime piattaforme informatiche per dibattiti online alla pubblicazione di documenti riservati della setta Usa Scientology, il passo che porta a Wikileaks, nel 2006, è breve. Poi è uno scoop dopo l’altro. Dai documenti sulla sottrazione di denaro pubblico da parte del governo keniota, al manuale di detenzione nella prigione di Guantanamo; dalle prove che la multinazionale Trafigura ha inondato di rifiuti tossici la Costa d’Avorio alle mail private di Sarah Palin che mostrano come la governatrice dell’Australia, violando la legge Usa sulla trasparenza, ha usato una mail privata per degli affari pubblici. Comincia così l’epopea Wikileaks.

In versione originale, il documentario può essere visto interamente seguendo questi quattro link: 1, 2, 3 e 4.

E K. disse a De Lutiis di quelli della commissione stragi: “Qui solo io e lei conosciamo le cose. Questi non sanno un cazzo”

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Giuseppe De Lutiis, rispondendo a qualche domanda di Simone Ceriotti per il Fatto Quotidiano, ricorda di quella volta che Francesco Cossiga gli disse in sede di commissione stragi che “qui solo io e lei conosciamo le cose. Questi non sanno un cazzo”. Si riferiva alla fine di Aldo Moro e al ruolo giocato dai servizi in diverse vicende. Aggiungendo che:

Lui che conosceva scena e retroscena del caso Moro non poteva ignorare certi incontri avvenuti a Parigi che tirano in ballo Cia e Kgb. Invece si è sempre ostinato a dichiarare che tutto era stato ideato e orchestrato dalle Brigate Rosse. Ma questo era solo un aspetto. Più in generale, il fatto che io avessi scritto una storia dei servizi segreti che metteva l’accento sulle cosiddette “deviazioni”, lo aveva convinto che il mio lavoro fosse dannoso perché lasciavo intendere che questa organizzazione tramasse contro lo Stato. Sicuramente considerava il libro “aggressivo” nei suoi confronti, ma ciò che più gli dava fastidio era che ne uscisse un’immagine negativa per i servizi segreti.

Inoltre, altra lettura interessante è quella pubblicata da Ugo Maria Tassinari, che riprende un testo di Michele Franco, La morte di Kossiga ci ricorda non solo i crimini di stato impuniti ma anche la vergogna di quanti – anche a sinistra – vollero farsi stato!, disponibile anche su Contropiano.

Dal Fatto: ecco perché la nebbia avvolge ancora 140 morti. La ricostruzione del caso Moby Prince

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Traghetto Moby PrinceLe due pagine centrali del Fatto Quotidiano di oggi sono dedicate all’anticipazione di un libro di prossima uscita per i tipi di Chiarelettere. Si intitola 1994, è stato scritto da Luciano Scalettari e Luigi Grimaldi e ricostruisce la storia della Moby Prince, il traghetto andato a fuoco il 10 aprile 1991 uscendo dal porto di Livorno. Furono 140 le vittime (qui l’elenco) e, proprio perché le inchieste non hanno fornito risposte, a tutt’oggi rimangono diversi punti da chiarire: la nebbia, le tracce di esplosivo – T4 – trovato a bordo, il ritardo nei soccorsi, l’unico sopravvissuto che cambia idea. Di tutto questo parla il lungo estratto pubblicato oggi e parla anche dei collegamenti – che vanno ben oltre la nave XXI Ottobre II della Shifco presente nella rada toscana – con il caso di Ilaria Alpi.

Per leggere più nel dettaglio, da qui si può scaricare quanto pubblicato dal Fatto (formato pdf, 575KB). Qui invece si trova online solo il primo pezzo.

Piazza Fontana: loro sapevano. Le memorie del generale Maletti. E anche quelle di Maggi

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Piazza Fontana. Noi sapevamoA pagina 11 del Fatto Quotidiano di oggi viene pubblicato un articolo intitolato Piazza Fontana. “Quell’arsenale ripulito dai carabinieri” (il link consente di scaricare l’articolo in formato pdf, 794MB). Si riferisce al lavoro fatto da tre giornalisti, Nicola Palma, Andrea Sceresini e Maria Elena Scandaliato, che sono andati in Sudafrica a intervistare il generale Gianadelio Maletti. Un primo risultato di quei tre giorni a contatto con l’ex capo del controspionaggio del Sid era l’intervista in video già segnalata qui. Ora invece (e a questo si riferisce l’articolo del Fatto), esce il libro Piazza Fontana. Noi sapevamo – Golpe e stragi di Stato. Le verità del generale Maletti (Aliberti Editore):

Il generale per la prima volta apre i suoi archivi, allungando un’ombra inquietante sulla matrice americana della strage e facendo importanti rivelazioni sull’esplosivo usato a piazza Fontana, sul percorso delle bombe e sul commando («Io so i loro nomi»), composto da elementi legati all’eversione nera veneta. Gli autori dell’intervista sono riusciti a individuare uno di loro, cosa che né la magistratura né la stampa erano mai state in grado di fare.

Maletti riferisce di un coinvolgimento americano anche nel golpe Borghese e nella strage di piazza della Loggia, che sarebbe stata eseguita da neofascisti «della stessa covata di piazza Fontana». Tra coloro che sapevano di questa strategia, figurano i nomi di Giulio Andreotti e del presidente Saragat, insieme ad altri personaggi minori: uno di questi, assicura Maletti, era ministro nel penultimo governo Berlusconi.

Da segnalare anche un’altra uscita, risalente questa volta allo scorso gennaio. È un libro pubblicato dall’Editoriale Chiaravalle che si intitola L’ultima vittima di Piazza Fontana. L’ultima vittima – anche se suona non di poco impudente – dovrebbe essere dunque il suo autore, Carlo Maria Maggi, uno dei leader di Ordine Nuovo del nord-est che, come si viene a sapere dal sottotitolo, “racconta la sua verità”. Per leggere di più a proposito di questa pubblicazione, si può dare un’occhiata qui.

A sedici anni dal delitto Alpi-Hrovatin, un rapporto ONU conferma la pista di armi e rifiuti

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Il 20 marzo scorso ricorreva il sedicesimo anniversario dell’omicidio della giornalista Ilaria Alpi e del suo operatore Miran Hrovantin, assassinati a Modagiscio nel 1994. Sul Fatto Quotidiano di oggi, a pagina 15, viene pubblicato un lungo articolo sul rapporto del Consiglio di Sicurezza dell’Onu sulla Somalia e si sottolinea come l’inchiesta che stava conducendo l’inviata del Tg3, con anni di anticipo, confermasse quanto oggi si scrive al Palazzo di Vetro. Pirateria dei mari, società di contractor, rapporti con l’Italia, il ruolo di Giancarlo Marocchino nella costruzione del porto Eel Ma’an sono alcuni dei passaggi. Ma si torna a parlare anche di armi e rifiuti interrati.

Di tutto questo si tratta nel rapporto, consultabile in formato HTML e pdf (785KB). Cliccando invece sull’immagine sottostante si può leggere l’articolo del Fatto, in cui si spiega anche la possibilità di una revisione del processo al termine del quale è stato condannato Hashi Omar Hassan.

Il rapporto ONU che da' ragione a Ilaria Alpi

Sul Fatto Quotidiano, “Le mani della ‘ndrina, poche analisi sull’inquinamento”

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Due pagine su Caorso: ritorno atomico firmate da Maurizio Chierici e pubblicate sul Fatto Quotidiano di oggi. Argomento: «Nella città della centrale si parla del nuovo possibile impianto, mentre restano da smaltire 8700 fusti di vecchie scorie». Sotto l’articolo di Maurizio, l’intervista “Le mani della ‘ndrina, poche analisi sull’inquinamento”, derivata da questo pezzo precedente.

Per scaricare la doppia pagina centrale, si può cliccare qui (pdf, 495KB).

Il caso Giuffré, a fine anni Cinquanta un banchiere di Dio ante litteram

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A pagina 19 del Fatto Quotidiano di oggi Giovanna Gabrielli racconta questa storia all’interno della rubrica “Il fatto di ieri”:

Il caso Giuffré

Per approfondire la vicenda che ebbe come protagonista Gianbattista Giuffrè, si può vedere la relativa voce di Wikipedia. Per far luce venne istituita anche una commissione parlamentare d’inchiesta, presieduta dal senatore Giuseppe Paratore (qui l’annuncio della sua composizione), il cui scopo era quello di indagare su un caso che nel frattempo era stato soprannonimato l’Anonima banchieri e che aveva portato a una truffa ai danni di migliaia di risparmiatori. Ma in proposito se ne legge nella cronologia pubblicata sul sito della Fondazione Cipriani:

21 gennaio 1959. Inizia alla Camera la discussione sui risultati dell’inchiesta detta “Anonima banchieri” o caso Giuffrè. Oggetto delle critiche provenienti dagli opposti schieramenti (il missino Romualdi, il comunista Assennato, il liberale Bignardi, Bruno Romano per il Pmp fra gli altri intervenienti) è la reticenza del partito di maggioranza all’approfondimento dell’indagine ma per taluni anche il ministro delle Finanze, Preti.

Information Guerrilla: «Noi, guerriglieri dell’informazione»

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Information Guerrilla

Il pezzo che segue lo ha diffuso Roberto Vignoli ed è stato scritto da Roberto Laghi a proposito dei dossieraggi effettuati dalla coppia Pollari-Pompa ai danni di una serie di professionisti e organi d’informazione. Nel caso specifico, si tratta di Information Guerrilla. A latere – ma neanche più di tanto – risultano efficaci anche due articoli scritti da Giuseppe Genna per Carmilla: Le expertise di Luttwak e Luttwak, la voce del padrone. Buona lettura.

Dopo le rivelazioni del Fatto Quotidiano sull’attacco di Luttwak a Informationguerrilla [http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2415191&title=2415191], per chi volesse sapere qualcosa in più sul sito d’informazione alternativa da me curato dal 2002 al 2007, pubblico un articolo inedito (scritto per il numero zero di una rivista poi abortita) dell’amico e braccio destro “infoguerrigliero” Roberto Laghi. Dedicato a tutti i collaboratori e lettori di Information Guerrilla. Che, prima o poi, come la fenice, chissà che non risorga dalle sue ceneri.
rv

Noi, guerriglieri dell’informazione
di Roberto Laghi

Non si inizia mai da zero. Non si dà nessun post- senza alcun pre- (nonostante, come cantavano i CCCP, “qualcuno è post senza essere mai stato niente”). E poiché in questo spazio vogliamo parlare di informazione dal basso in rete, è necessario fare un passo indietro per dare conto dei suoi momenti importanti, fondativi. Raccontare lo scenario di oggi presuppone la conoscenza di ciò che era ieri, con la consapevolezza dell’evoluzione degli strumenti di comunicazione e partecipazione. Implica una riflessione sull’importanza della memoria – conoscenza di contesti e percorsi oltre che di fatti -, tensione personale che va a innestarsi su un tessuto civile collettivo in grado di mantenere il ricordo e di collegarlo al presente. Questo articolo parla di un sito, un importante punto di riferimento per la rete dal 2001 in avanti.
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Il Fatto che scompare dalle edicole bolognesi

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Il fatto quotidiano a Bologna

Tre edicole, a Bologna, e niente, Il fatto quotidiano, il nuovo giornale di Antonio Padellaro e Marco Travaglio, non si è trovato. L’immagine pubblicata sopra è stata scattata in piazza della Pioggia e il cartello è opera dell’edicolante sotto un portico che dice di aver ricevuto una decina di copie. “Comunque troppo poche, appena aperto erano già andate tutte esaurite”. Una quindicina quelle arrivate in via Riva Reno e altrettante in via Marconi. Non sembra però che si sia verificato solo a Bologna. Su AgoraVox si legge che a Udine è andata nello stesso modo e così è accaduto a Milano, in base a quanto scrive Alfonso Fuggetta. Il quale giustamente aggiunge:

Evidentemente c’era attesa per questo quotidiano. In parte penso sia l’effetto di qualunque numero uno. Forse c’è anche qualcosa in più. Non ho visto Il Fatto e non voglio esprimere un giudizio preventivo. Ma visto che si parla tanto di chi capisce veramente i cittadini, forse c’è una fascia di cittadini, che non credo siano tutti stalinisti o forcaioli, che richiede una rappresentanza che oggi non trova.

Per domani intanto l’ho prenotato. Non sarà il primo numero atterrato in edicola, ma rimane pur sempre una lettura da non tralasciare. Nel frattempo, per chi voglia vederlo almeno in pdf, può scaricarlo da qui, come si segnala sempre su AgoraVox (7,3MB).