Volk: un racconto che varca i confini, le etnie e le religioni

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Volk di Graziano Cernoia e Marco PasquiniUn libro e un blog per continuare a raccontare una storia che scavalca le frontiere. Il libro si intitola Volk, è stato pubblicato per le m.edizioni ed è firmato da Graziano Cernoia e Marco Pasquini. Questa la presentazione del volume:

Questa è una storia che guarda lontano. Lontano, al di là del mare Adriatico e del Mediterraneo, al di là di quelle che chiamiamo etnie, di quelle che chiamiamo religioni e di ciò che viene definito confine di stato. Questa è una storia che parla di gente, vista attraverso gli occhi di un ragazzo che ha girato per il mondo cercando di lasciarsi alle spalle tutto quello che gli anni ottanta lo avevano fatto diventare. È una storia che racconta del suo carattere, della rabbia, delle sue fortune e disperazioni. E di come si sia trasformato in qualcos’altro, andando alla ricerca di un popolo che non si riconosce in nessuna bandiera.

E aggiunge Alessio Aymone in una recensione uscita sul sito di Radio Città Fujiko:

È come lo snodo di una stazione ferroviaria in cui i suoi dieci binari, terminata la banchina che accoglie i passeggeri, confluiscono gradualmente in uno solo, direzione chissà dove. Quest’unico binario rimasto ha però senso grazie agli altri: le stazioni si affollano di persone, le persone riempiono i vagoni, i vagoni si allontanano stracolmi lungo un binario. Volk è la ricostruzione di appunti di viaggio che nascono dal contatto con le etnie, le religioni, gli stati: è la storia di un tecnico del suono, avvezzo a girare il mondo per lavoro, che quelle etnie, quelle religioni, quegli stati se li è ritrovati spesso dinnanzi agli occhi testando così sulla propria pelle il concetto, labile e vago, di “confine”.

Valerio Evangelisti: i pentiti di niente e i demoni moderni

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Pentiti di nienteIl testo che segue è la prefazione che Valerio Evangelisti ha scritto (grazie!) per Pentiti di niente (collana Eretica, Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri), da oggi in libreria. Essendo rilasciato con licenza Creative Commons, l’interno del libro – anticipato in qualche parte nelle scorse settimane – è anche scaricabile in versione completa da qui.

Forse è inevitabile che, a lato di fluviali movimenti di massa, durante fasi importanti di trasformazione politica e sociale, si formino pozze oscure, in cui sguazza una fauna dall’incerto profilo. Dostoevskij, con “I demoni”, ne fornì un esempio, romanzando magistralmente un episodio di cronaca: l’assassinio, da parte di un gruppetto di rivoluzionari russi guidato da Nestor Nečaev, di un loro compagno. Anche l’Italia degli anni Settanta, in preda alle convulsioni positive e negative di mutamenti profondi, destinati a lasciare il segno sui decenni successivi, ebbe il proprio Nečaev: Carlo Fioroni. Figura ancora più sinistra, per non dire diabolica, dell’antesignano, il quale quanto meno non tradì mai il credo gelido cui si era consacrato, né il ferreo catechismo (“una regola benedettina”, lo definì Bakunin) che ne sorreggeva la messa in pratica.

Invece Fioroni, ucciso il compagno e supposto amico Carlo Saronio, tradì un po’ tutti: chi era stato suo complice e chi non lo era stato affatto. Senza altre finalità se non quella della salvezza propria. In ciò, Fioroni ebbe il concorso semi-involontario dei poteri dello Stato. Nel 1975, ai tempi dell’uccisione di Saronio, non era ancora giunta a forma compiuta la legislazione sui “pentiti”. Tuttavia era prassi invalsa, e di vecchia data, concedere sconti di pena in cambio di delazioni. Era quindi già operante il meccanismo perverso insito nel “pentitismo”. Vuotato il sacco sui delitti propri (spesso almeno in parte addossati ad altri, nei limiti del possibile) e incassati i relativi benefici, per ottenere benefici ulteriori non c’è che un mezzo: “rivelare” ciò che non si sa, ma che gli inquirenti si attendono di udire, a conforto di proprie tesi.
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“Valigie impossibili”: gli anni Ottanta dei Paesi Baschi

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Valigie impossibili di Juanjo OlasagarrePeaceReporter pubblica una lunga recensione dedicata al libro Valigie impossibili (GranVia.it, 2008. Traduzione di Roberta Gozzi) dell’autore basco Juanjo Olasagarre. Come una specie di nuovo Tondelli iberico, lo scrittore cavalca vent’anni (si concentra sugli Ottanta a cui approda partendo da questo decennio) in cui si va alla ricerca di:

“quelli che erano i miei amici”, pensò. “e tutto quello che non sono stato: l’amante che non ho avuto, la rivoluzione che non abbiamo portato a termine, il mondo smarrito dei nostri antenati, una storia di lotta che era meglio non riesumare, le mie inclinazioni sessuali non confessate, la possibilità di non averti conosciuto, il braccio muscoloso che si affacciava da una camicia a quadri verde e rossa, un desiderio effimero in cui tutto sprofondava… in una parola: la vita non vissuta per averne vissuta un’altra”.

Qui è disponibile un capitolo del romanzo in formato pdf.

Babele 56: otto storie di quotidiano melting pot a Milano

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Babele 56 di Giorgio FontanaDopo il libro uscito poco tempo fa di Toni Fontana, L’apartheid (Nutrimenti), è arrivato un altro volume che parla di immigrazione. Si tratta di Babele 56. Otto fermate nella città che cambia di Giorgio Fontana (Terre Di Mezzo) che, dal nord-est su cui si concentra il lavoro del giornalista dell’Unità, passa questa volta a raccontare il capoluogo lombardo attraverso le vicende di alcuni stranieri che attraversano la città:

Karkadan, rapper tunisino. Kamal, giocatore di cricket dello Sri Lanka, portinaio per campare, José e Milca, editori peruviani a piazzale Loreto […]. I capitoli del libro sono intervallati da un racconto ambientato sull’autobus numero 56, che percorre avanti e indietro via Padova, una della vie più multietniche di Milano […]. Un giorno esci per andare al lavoro e ti accorgi che il tabaccaio sotto casa – Il tabaché del vintitrì, chiuso da tempo – ha ripreso vita: due ragazzi asiatici sistemano bottiglie di liquori e birra sugli scaffali bianchi. Quel giorno “posso dire di non aver visto soltanto un negozio che riapriva, ma una particella del processo di meticciamento”.

Genna e Salierno: due libri a breve in libreria

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Italia De Profundis di Giuseppe GennaEdito da Minimux Fax, sta per uscire il nuovo libro di Giuseppe Genna, Italia De Profundis, con relativo sito:

È il Paese che non c’è più. È il Paese più all’avanguardia del mondo occidentale, la sua punta di zircone, poiché si sta sporgendo per primo in una selva di istanze antiumane che preludono a un rovesciamento totale e impensabile dello stato del regno umano sul pianeta. È la propaggine del Drive In, la nazione che non risolve i propri nodi che riguardano il passato o il presente. È lo Stivale che ha pestato la cacca e ne ha subìto il contagio. È la congerie qualunquista, giacobina, teleschermizzata, priva di empatia. È una non-comunità che andrebbe sottoposta a una terapia: di umanismo, non dello hitlerismo sotto false spoglie che continua ad autopropinarsi senza rendersene conto. È lo Stato privo di politica perché si è fottuta l’idea stessa della pietà, dell’amore, dell’alterità. È il carcere geriatrico dove si sono cristallizzate le generazioni, dove i padri non hanno passato la staffetta ai figli e dove i figli non hanno potuto contare su figure generosamente magistrali. Paradossalmente, questo stato di cose induce una generazione (la mia) a uno sviluppo apparentemente tardivo ma violentissimo, che, quanto alla letteratura, opera nella “lingua morta” – la più letteraria e antica di quelle moderne. Il Boomerang lanciato dal Boom dei Sessanta sta tornando indietro. Credo che l’Italia esprima la letteratura più all’avanguardia dei Paesi industrializzati. Il suo contesto incivile implica una resistenza attiva, inventiva, una guerriglia umanistica che sta facendo vedere sintomi esaltanti per me, deprimenti e pericolosi per molti altri

Inoltre, visitando il sito di Minimux Fax, vedo che sta uscendo, in una nuova edizione a trent’anni di distanza dalla prima, un altro – grandissimo – libro, Autobiografia di un picchiatore fascista scritto da Giulio Salierno e di cui si era parlato qualche mese fa.

Gli anni del disonore che non sono ancora finiti

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Gli anni del disonore di Mariano Guarino e Fedora RaugeiPer una strana coincidenza, mi trovo ad aver concluso Gli anni del disonore di Mariano Guarino e Fedora Raugei proprio mentre sta circolando una notizia che definire curiosa è usare un tenue eufemismo: Licio Gelli, il venerabile maestro della loggia massonica P2, va in televisione a raccontare la storia d’Italia, a iniziare dal periodo fascista. Il primo accenno che trovo della novità è sul blog di Giuseppe Genna: ha pubblicato qualche giorno fa un post su un lolitesco telefilm prodotto dalla Disney con relative considerazioni su un certo tipo di società. Dato appunto però che tra la pubblicazione e la mia lettura è trascorso qualche giorno, c’è anche qualche decina di commenti da spulciare, non di rado sagaci anche questi. Fino a quando arrivo in fondo e, sempre dalla tastiera del Miserabile Scrittore, esce un’informazione di cui riporto solo uno stralcio:

Licio Gelli debutta in tv. Avrà un programma tutto suo […]. Un approdo singolare se si pensa che uno degli obiettivi principali della P2, almeno in base a quanto è stato accertato dalla magistratura, era il controllo o una presenza significativa nel mondo dei media. Così, se personalmente Licio Gelli, non è riuscito, se non in una fase breve della sua storia, in cui la P2 indirettamente controllava l’azionariato del Corriere, ora la tv prova a farla in prima persona.

All’inizio penso a uno scherzo, a un divertissement di Giuseppe per gettare zizzania o per stimolare qualche surreale dibattito. Ma è verosimile sparare in modo così blissettiano? Anche sì, ma già bastavano le sue salaci righe sulla fiction americana per sbizzarrire l’ironia dei suoi lettori. No, il debutto sul piccolo schermo di Gelli non è una battuta. E allora ripenso alle pagine di Gli anni del disonore, le metto mentalmente a confronto con gli atti della commissione sulla P2 presieduta da Tina Anselmi, recupero memoria dei fatti in cui il leader massonico è rimasto coinvolto e mi chiedo come sia possibile. Scrive in proposito Maso Notarianni, direttore di Peace Reporter, nel suo Ma questo è un paese normale?:
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“Pentiti di niente”: una storia che attraversa due decenni

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Pentiti di nienteIl libro Pentiti di niente sarà il libreria e scaricabile da Internet il prossimo 20 novembre, ma l’editore, Stampa Alternativa, lo ha messo da qualche giorno in prenotazione. Sottotitolo è “Il sequestro Saronio, la banda Fioroni e le menzogne di un presunto collaboratore di giustizia” e il testo riportato di seguito è l’introduzione alla storia. Grazie a Valerio Evangelisti per la prefazione che verrà pubblicata a breve.

C’è una storia che taglia a metà gli anni Settanta arrivando a lambire quasi tutti gli Ottanta e che diventa un paradigma non solo dello sbando di alcuni personaggi che non trovano collocazione in quel decennio di ideali, ma anche di scontri politici. È quella di Carlo Saronio, giovane ingegnere della borghesia milanese che si avvicina alla sinistra extraparlamentare, ma che finisce preda della bramosia di alcuni di questi personaggi. Oltre al dramma personale di un sequestro e di un omicidio, la vicenda di Carlo Saronio racconta anche la nascita di un fenomeno, quello della dissociazione dalla lotta armata, e della sua strumentalizzazione da parte di chi andava a caccia di sconti di pena. Riuscendo a ottenerli.

Mentre si indaga su chi ha rapito l’ingegnere, la Milano che ne emerge in un primo momento sembra una specie di Marsiglia in cui il Mediterraneo viene sostituito dai Navigli e dalla darsena di Porta Ticinese, ma che nulla ha da invidiare alla disinvoltura dei banditi d’Oltralpe. Una Milano in cui la politica arriva fino a un certo punto e la malavita fa da padrona tra evasioni, ricatti, giri di denaro da riciclare, bella vita ogni volta che si arraffa un po’ di contante. Dove l’umanità si scontra e perde di fronte al profitto criminale e dove non esiste alcun codice etico quando si decide di speculare anche su un cadavere in precedenza fatto sparire.

Ma poi all’improvviso lo scenario cittadino si modifica e quegli stessi personaggi, dai protagonisti alle comparse, dalle vittime ai carnefici, diventano gli interpreti di un copione a sfondo terroristico dove l'”Organizzazione” viene prima di tutto. Anche della solidarietà verso un compagno e dell’amicizia tra due giovani che stanno dalla stessa parte. Il cambiamento è così repentino che non sembra di essere ancora in quei quartieri. Sembra a questo punto di aver attraversato i confini della realtà per entrare in un romanzo di fantapolitica in cui si può raccontare tutto e il contrario di tutto.
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Creative Commons in noir: l’antologia scaricabile

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Creative Commons in NoirQuesta è l’antologia pubblicata da Stampa Alternativa che raccoglie i 10 racconti vincitori del concorso Creative Commons in Noir dello scorso anno. Ecco testi e autori inclusi nel volume: “Scultura” di Davide Bacchilega, “La marmellata di more” di Euro Carello, “Apocalisse di Giovanni” di Luciano Pagano “Il timbro e il flagello” di Alberto Prunetti, “Angelo mio” di Alberto Giorgi, “Saint Vincent” di Michele Frisia, “Il male” di Karim Mangino, “Una vera signora” di Angela Venuti, “Corso dei mille” di Antonio Pagliaro, “Erano in tre” di Paolo Ferrari. È disponibile per il download dal sito Libera Cultura (qui il pdf e Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate la licenza con cui viene rilasciata). Di seguito la prefazione.

Questa antologia è il risultato di due passioni: quella, diffusa, per la letteratura definita “di genere” ma che spesso valica i confini del noir per diventare rappresentazione della vita e della società; e quella per la condivisione della cultura, una passione che rifiuta l’imposizione del “tutti i diritti riservati” per restituire (e restituirsi) il diritto di essere autori, lettori ed eco della cultura, e non semplici fruitori, consumatori passivi di “prodotti”.

Ecco com’è nata l’idea di un concorso letterario che è stato poi battezzato Creative Commons in Noir. E alle due passioni di cui sopra – raccontare e condividere – se n’è aggiunta un’altra, che a Stampa Alternativa è piaciuta perché fa parte del tessuto connettivo di questa casa editrice: andare alla ricerca di voci, scandagliare tra chi scrive e trovare narrazioni nuove.
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“Le memorie di Jack Lo Squartatore”: un affresco storico

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Le memorie di Jack Lo SquartatorePersonalmente ritengo che sia poco rilevante ormai l’identità di Jack Lo Squartatore, lo pseudonimo dell’anonimo assassino che nell’autunno del 1888 fece (almeno secondo le ricostruzioni ufficiali) cinque vittime tra le più neglette delle donne di Whitechapel. In proposito, nel corso di un quasi un secolo e mezzo, di ipotesi ne sono state formulate molteplici. E un’altra la propone Clanash Farjeon, noto anche come Alan John Scarfe, ponendo come protagonista del suo romanzo, Le memorie di Jack Lo Squartatore, lo psichiatra londinese Lyttleton Stewart Forbes Winslow. Il libro, uscito a fine settembre in italiano per Gargoyle Books e con la prefazione di Luca Crovi, racconta la storia di questo medico: figlio di un facoltoso alienista, quarant’anni passati da poco, smaltite vicissitudini familiari che gli hanno impedito di migliorare ulteriormente il suo stato sociale, lo psichiatra scopre una passione. Anzi, un’illuminazione, una sorta di percorso mistico verso il sollievo (suo e delle sue vittime): uccidere.

Ma il valore di questo libro non sta tanto nella trama, nella rievocazione dei delitti, nell’autocritica che il killer porta avanti per migliorare il suo modus operandi. Il suo vero valore sta invece altrove: nello spettacolare affresco storico e sociale della Londra di fine Ottocento; nei chiari di una borghesia professionale che assapora gli anticipi di quella che altrove sarebbe stata chiamata belle époque; e negli scuri di un mondo infame, sudicio, senza speranza, da cui fuggire, mondarsi, elevarsi. Singole parole e intere costruzioni sintattiche (ben tradotte in italiano da Chiara Vatteroni) rendono in pieno le atmosfere, contrastanti e complementari, di quel mondo. Sembrano renderle reali, visibili, le luci delle case signorili dove la scurrilità viene ben celata, la frigidità è un destino ineluttabile contro la trivialità dei sensi, dove l’amore diventa motivo di schiavitù tramandato di generazione in generazione. In modo paradossale, la vita e la vitalità stanno altrove: stanno laddove una coltre di sporcizia copre pelle, strade, abiti, marciapiedi, esseri umani. Dove la profanazione di qualsiasi legame affettivo significa perdizione autentica, ma dove la disperazione diventa una costante molla per una ricerca.
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Benvenuti su Marte: quando gli UFO non erano fantasie

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Welcome to MarsSi intitola Welcome to Mars, è stato scritto dall’autore britannico Ken Hollings e uscirà a fine mese nel mercato anglofono per i tipi della Strange Actractor Press. Non si tratta però di un’opera di fantascienza: le storie rievocate – si legge nella descrizione del volume – sono state raccontate come vere (o come verosimili) nel periodo che va dal 1947 al 1959 e abbracciano sia l’Europa che gli Stati Uniti. Nel volume vi sono raccolti infatti resoconti giornalistici, campagne pubblicitarie, documenti governativi declassificati e li si mette in relazione a un tempo tanto cupo quanto straordinario in cui la minaccia atomica marciava di pari passo alla scoperta di mondi sconosciuti attraverso stati di coscienza alterati e forme alternative di cultura.

Qui si trova la scheda di presentazione del libro mentre qui c’è il blog dell’autore. Infine, a questo proposito, BoingBoing.net segnala i podcast realizzati nel 2006 per Resonance FM prima di diventare libro. Un episodio, il quarto, è dedicato all’Italia.