Considerazioni su un operaio suicidato

Standard

Barricata di Francesco De VincenziIncidente a Massa nelle prove in Ungheria, la foto sequenza e i soccorsi, la TAC è positiva. Massa sta bene. Vince Hamilton, Raikkonen secondo. Primo, Luca Disarò, suicidato impiccandosi il 22 luglio 2009. Per te non ci sono parole. “Manca l’aria. Manca un grido, manca un Dio” da Il ghetto, di Alberto Radius, 1977.

Tra questa merda che ci inonda la vita, dove le congiunzioni parademocratiche ci indicano la strada, ti abbiamo perduto di vista per un attimo. Noi, già dispersi ma ignari, credevamo averti al nostro fianco. Manca l’aria di quegli anni. Manca un grido di lotta. Dio c’è. Invece. Dio c’è sempre. A rakkogliere i nostri morti, la nostra morte. Non chiedere cosa faremo per te. Noi non faremo niente. La TAC è positiva. Non chiedere cosa diremo a tuo padre. Vince Hamilton. Per te non ci sono parole. Non chiedere come sopravviverà tua madre. Le porteremo la foto sequenza e i soccorsi. La tua korsa è terminata. Non chiederci dove andremo domani a lavorare.

Torneremo alla Chloride. Dove le Ronde chiedevano a te di andartene via. Dove le Ronde chiedevano a te quello che domani chiederanno a noi. Dove le Ronde pregano Dio. Dio non manca mai. Per te non ci sono parole. Questa è una situazione che non possiamo combattere. Dio è forte. Loro sono figli di Dio. Figli di puttana. Ma se un giorno troveremo barrikate davanti ai nostri kancelli, sapremo che Dio è morto. Allora combatteremo ad armi pari. Allora sì. Allora sì, che faremo qualcosa per te. E non sarai più il ragazzo che si è suicidato. Allora sì che faremo qualcosa per tutti quelli come te. Taglieremo forse in ritardo la corda che ti ha ucciso. Ma la taglieremo.

Torneremo ancora alla Chloride. Ma sarà solo per combattere una battaglia. Faremo qualcosa per te. Io non andrò da tuo padre. Non andrò da tua madre. Ma andrò a combattere ciò che avrei dovuto fare prima della tua morte. Noi tutti dovremo andare nelle piazze a chiederti perdono. Io non andrò da tuo padre. Non potrei guardarlo. E non inseguirò la mia colpa cercando tua madre. Perché avrò vergogna. Voglio dirtelo. Queste cose devo dirtele. Ma tu dovrai dirmi che mi hai perdonato. E solo così potrò vincere il loro Dio. Non andrò nella tua casa. Io forse non arriverò mai primo. Forse non vincerò mai. Forse non avrò mai soccorsi e fotosequenze. Ma forse mi ricorderai, quando avrò tra le mani quella corsa che avresti dovuto correre insieme a me. Ma non potrò mai andare nella tua casa. In questo maledetto paese, dove i padri seppelliscono i figli.

Botte e risposte in giro per la rete

Standard

Mi servivano alcune informazioni, oggi, e finisco, come spesso accade, su una pagina di Wikipedia: è quella che dovrebbe dirmi chi è, almeno a grandi linee, Gaetano Saya (quello delle ronde, per intendersi, anche se lui le chiama in altro modo). Ma anche se non c’è alcuna informazione biografica né professionale né politica, un testo che comunque consente di farsi un’idea di chi sia la persona, c’è comunque. Infatti si trova scritto:

Attenzione: questa pagina è stata oscurata e bloccata a scopo cautelativo a seguito di minaccia di azioni legali contro i redattori della voce e/o Wikimedia. Verrà eventualmente ripristinata alla fine della vicenda che la riguarda.

Forse non sa chi ha avanzato già da un po’ “minacce di azioni legali” che, laddove ravvisasse imprecisioni, errori o distorsioni, può iscriversi a Wikipedia e correggere. Così come lo può fare un qualunque altro utente.

Infine una segnalazione: sulla scia di recenti dichiarazioni istituzionali, nasce il sito Non sono un santo dove trovano spazio non solo le parole dell’ormai ex unto dal Signore, ma anche quello di altri personaggi. Da ricaricare la pagina del sito per leggere le varie affermazioni riportate.

C’erano bei cani ma molto seri, la storia di Giovanni Spampinato

Standard

C'erano bei cani ma molto seriGiovanni Spampinato, quando venne assassinato, il 27 ottobre 1972, non aveva ancora venticinque anni, ma il giornalista per L’Ora di Palermo lo faceva già da un po’ e in quel periodo stava seguendo due storie: la prima riguardava Angelo Tumino, un imprenditore ammazzato qualche mese prima, e la seconda si focalizzava sull’eversione nera in Sicilia. A un certo punto le due storie iniziarono ad avere i primi punti di contatto e si fusero arrivando a comprendere mafia e istituzioni. Poco più di un mese fa, è uscito per la casa editrice Ponte delle Grazie il libro C’erano bei cani ma molto seri, scritto dal fratello di Giovanni, Alberto Spampinato, che ripercorre sia dal punto di vista personale che professionale la vita del cronista ucciso:

“C’era un campo di girasoli, e mangiavamo i semi ancora verdi. C’erano le mucche, e la sera facevano la ricotta… Il padrone di casa, o un suo figlio, era cacciatore. C’erano bei cani, ma molto seri. Un giorno legarono un cane in cortile, e stette lì forse per due giorni. Il cane ululava, si lamentava, era straziante. Ci dissero di non avvicinarci, aveva la rabbia. Poi lo abbatterono a fucilate. Ricordo l’odore della terra bagnata dagli acquazzoni estivi. Quell’odore mi inebriava”. Così, ricordando la propria infanzia, scriveva nel 1971 il giovane giornalista ragusano Giovanni Spampinato, in una tragica e involontaria profezia: fu ucciso poco tempo dopo in circostanze ancora non chiarite. Come corrispondente dell'”Ora” di Palermo indagava su un omicidio e aveva cominciato a rivelare un perverso intreccio fra mafia, eversione nera e servizi segreti. Il fratello minore Alberto, anche lui giornalista, affida oggi a queste pagine un toccante e inquieto ritratto della sua famiglia di origine e un’inchiesta sulle vere cause della morte di Giovanni; ma al contempo vi raccoglie un’indagine personale e profonda sulla storia culturale e sociale della sua terra, la Sicilia, e del nostro Paese: dalla seconda guerra mondiale all’impegno del padre per l’ideale comunista, dal regno incontrastato della cultura contadina alle nuove stagioni dell’industrializzazione e della contestazione, fino all’emergere dei poteri oscuri della reazione e della criminalità.

Una lunga recensione del libro è stata pubblicata da AprileOnline con il titolo di Alle volte le inchieste giornalistiche possono uccidere. Un articolo che tocca i vari punti narrati da Alberto Spampinato: dall’omicidio dell’imprenditore siciliano alla comparsa sullo scenario di Stefano delle Chiaie. Ma a proposito di suo fratello, dice a Leo Sansone, autore della recensione:

Io avrei dovuto fare l’ingegnere, ma dopo l’omicidio di mio fratello rimasi scosso. Lasciai gli studi di ingegneria e decisi di fare il giornalista per continuare il suo lavoro […]. Sento il bisogno di parlare della morte di mio fratello con la stessa forza con cui, fino a qualche tempo fa, non riuscivo assolutamente a parlarne.

Quando la crisi cambia le rotte delle migrazioni

Standard

La crisi, i migranti e vecchie rotte verso il continente americano. Questa storia la racconta Sara Chiodaroli su Peacereporter. Le carrette dell’oceano atlantico puntano sia a nord che a sud e i viaggi – che si interrompono e che vengono pagati dai 2.500 ai 7 mila dollari – generano bilanci drammatici.

Dal mese di marzo a oggi sono state intercettate cinque imbarcazioni che portavano a bordo migranti provenienti da Eritrea, Etiopia, Ghana, Somalia, Nigeria, Cina, Bangladesh e Nepal, successivamente messi in stato di detenzione in attesa di rimpatrio o di richiesta di asilo. Il 13 marzo cinquanta migranti sono stati soccorsi dal Servizio Marittimo al largo delle coste del Nicaragua, dopo essere stati abbandonati in alto mare dai ‘coyotes’ colombiani che li avevano condotti a bordo di un peschereccio salpato dalle coste della Colombia, promettendo di lasciarli in Honduras. Tuttavia il viaggio via mare era cominciato ben quaranta giorni prima, dalle coste africane, dopo aver pagato circa 2.500 dollari ai trafficanti locali. Secondo i dati statistici della Direzione Generale per l’Immigrazione del Nicaragua, negli ultimi quattro anni erano stati rimpatriati dal paese centro americano solo nove cittadini di origine africana; questo sbarco ha rappresento quindi un evento straordinario, considerando anche le difficoltà diplomatiche con i rispettivi consolati, per lo più assenti sul territorio nicaraguense per disporre le operazioni di rimpatrio.

E questa è solo una delle storie raccontate nel reportage di Sara Chiodaroli.

Una risata è l’arma segreta di Stalin: il diorama di Terminator

Standard

Laughter is Stalin’s Secret WeaponSconfiggere l’esercito nazista costruendo un soldato-macchina come Terminator. Se l’è immaginato un modellista russo che ha calato la fantascientifica arma protagonista del film di James Cameron in un contesto inusuale. E dall’immaginazione è passato ai fatti costruendo un diorama: l’ambientazione è quella di un campo militare dell’Armata Rossa, l’arco temporale quello dell’invasione dell’Unione Sovietica e Neatorama, che riporta il link alle immagini riprendendolo da Metafilter, dice che il lavoro si chiama “Laughter is Stalin’s Secret Weapon” (la pagina in cui sono pubblicate le fotografie del diorama è scritta in cirillico). Un lavoro davvero ben divertente e curato nei particolari: dalle uniformi ai dettagli, come il cibo dei soldati sul tavolo e gli attrezzi usati per costruire il terminator contro Hitler.

Diario di un fotografo da Roma nei giorni del G8

Standard

Il diario di un fotografo dalle strade di Roma in giorni di G8. I testi sono di Emiliano Mancuso e le foto di Marta Sarlo:

Nella giornata del 7 luglio ho fotografato i blitz e le mobilitazioni dei cosiddetti no-global a Roma, che nelle edizioni on-line veniva descritta come una città sotto assedio tra caos, sassaiole, lacrimogeni. Il giorno seguente le cronache hanno continuato a gettare benzina sul fuoco narrando le gesta dei black bloc. Tutto falso. I black bloc vivono soltanto nella fantasia dei cronisti e forse negli incubi della polizia. Le iniziative del movimento sono state sporadiche e inefficaci specialmente per lo scarsissimo numero dei manifestanti. Il movimento è morto, e lo dimostrano le poche migliaia di persone accorse a L’Aquila per la protesta del 10 luglio. Cinquemila contro le trecentomila di Genova, in forte dissidio con i comitati aquilani che non volevano un corteo nazionale nelle zone terremotate. Ecco come è andata.

(Via Francesco Mosca)

Presidente, sono qui davanti a te, tuo kamikaze

Standard

Kamikaze colorzCampo, a me, squarcio, campo santo, di me, maceria interrata, campo militare, esperimento fascista, campo tenda, per me, urina, davanti a membra aperte, cronica Cadorna, tua Caporetto, scientifica voce, Prefettura, macelleria rusticana, a grande voce, noi si resta, in case sicure, fino alla morte, fino alla morte, fino alla morte, tuo prefetto esce, di scena, a grande voce, ogni cosa, esce, da tua Prefettura, ma noi si resta, in case sicure, fino alla morte, fino alla morte, che notte spalanca ogni utero, io aborto, io morte, io fetido, qui, sotto le tue colpe, attendo carri, funebri, carri, militari, carri, necrofili, carri, presidenziali, tuo Presidente, scientifico mediatico, necrofilo, esperimento post democratico, questo campo, fianco a Studentato, precipitato, tuoi morti, Presidente, accerchiati, popolo a tempo determinato, esperimento socialmilitare, futuro vicino, come bambina curva, sepolta, spina dorsale conficcata, faccia schiacciata, cranio divelto, guardala, Presidente, il tuo esperimento necromilitaresco, non riesco, non grido, io cadaverina, dal nido di Aquila, volava questo popolo, e aveva un sogno, e parlava di montagne, e cantava di nevi e fiumi, e alte le parole, e volava alta l’Aquila, e ancora avrebbe scritto poemi e verità, e poi disse di domani e domani ancora, e noi non sapevamo, in case sicure, fino alla morte, abbracciati, i nostri occhi piangono i morti, non più poemi, non più parole, non più sogni, non più, non più, ma verità ucciderà ancora, io so, io so, tuo esperimento NATO lontano, occasione vitale, sopravvivenza del delirio, necrofilia iniettata in schermo sedicinoni gi otto, trecento morti, no, molti più ancora, là nel nido dell’Aquila, mai censiti, tra cingoli e catene, recisi, dilaniati, scomparsi, come torri gemelle, non c’è bandiera qui, solo mia voce, umiliata, sterco, merda, crocifissa, e tu ancora incidi tua Presidenza, pretendi onore, io soffio, gas nervino, in bocca Tua, addio Caporetto, veleno massonico, ordine mondiale, da nucleo operativo, campo caserma, addio Cadorna, che sempre ritorna, democrazia sospesa, napalm, noi nella notte, nelle nostre sicure case, sicure case, tornate a casa, ma non il tuo Prefetto, Prefettura deserta, tornate, a casa, ci dicono voci termobariche, io muoio, noi adesso si muore, Presidente, sono qui davanti a te, tuo kamikaze.

Sciopero anti ddl-Alfano: qualche resoconto dalla rete

Standard

A proposito dello sciopero di ieri contro il ddl Alfano, un po’ di resoconti:

  • Alessandro Gilioli su Piovono Rane, 14 luglio, gente di buon umore:

    Questa cosa che si è fatta oggi, con tutti i suoi limiti, è stata un bel messaggio libertario venuto da un posto libertario come la Rete. Un messaggio che può attraversare fette di società, di media, perfino di Palazzo.

  • Roberto De Giorgi di AgoraMagazine, Internet: La democrazia sotto schiaffo

    Un rapporto predisposto da un gruppo di studio che ha operato nella facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Napoli di Federico II, coordinato dal prof. Roberto Mastroianni, sostiene che – se definitivamente approvato – il disegno di legge Alfano sulle intercettazioni, provocherebbe gravi violazioni alla libertà d’informazione, comportando al tempo stesso una forte compressione al diritto di cronaca ed una limitazione del diritto dei cittadini ad essere informati.

  • Repubblica, La Rete imbavagliata dal ddl Alfano protesta

    E la protesta dei blogger non si ferma qui: è stata annunciata anche la costituzione della ‘Consulta permanente per il Diritto alla Rete’ con “l’obiettivo di aprire un tavolo di confronto tra il mondo della Rete e la politica che tenga conto della libertà di espressione e di informazione e soprattutto delle necessità di chi la Rete la vive ogni giorno come utente e cittadino”.