Scienza a due voci: il contributo delle donne dal ‘700 al ‘900

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Forse sono io che lo scopro in ritardo, questo sito, ma Scienza a due voci – Le donne nella scienza italiana dal Settecento al Novecento è un progetto che sembra proprio interessante:

Una ricerca minuziosa, approfondita e insieme appassionata, intenta a ricostruire un quadro più veritiero e autentico della scena scientifica, ha invece portato alla luce una presenza femminile reale, cospicua e diversificata: tanti nomi nuovi, interessanti percorsi scientifici, imprese intellettuali e sociali, vite non sempre facili e lineari, volti e voci pressoché sconosciuti o dimenticati. Con questo sito si vuole dunque riparare alla dimenticanza o alla rimozione della storia: riconoscere alle donne il posto che hanno realmente occupato nella cultura scientifica dell’Italia moderna e contemporanea: ridare spazio a quella voce che è rimasta nascosta ma che ha contribuito con pari dignità al cammino della scienza. Per una scienza, appunto, a due voci.

L’iniziativa, nata all’interno dell’università di Bologna, è dedicata ad Aung San Suu Kyi, l’attivista dei diritti umani insignita premio Nobel per la pace nel 1991.

L’assurdo giuridico: la tradizione dello yoga difesa a colpi di brevetti

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Old School YogaNegli Stati Uniti da tempo ci si stava provando, ma gli indiani devono aver pensato che, se qualcuno deve detenere brevetti (sì, proprio quel titolo che conferisce un monopolio temporaneo sulle invenzioni) sulle posizioni dello yoga, quelli devono essere loro. Così, riferisce il britannico Telegraph:

l’India ha creato un team di diversi guru hindu e di 200 scienziati per individuare tutte le antiche posizioni yoga o asanas. Lo scopo è quello di registrarle per fermare i “pirati dei brevetti” che rubano la “conoscenza tradizionale”.

Il giro d’affari, del resto, non è indifferente. Ancora dalle colonne del giornale inglese si legge che a partire dagli anni sessanta, con l’introduzione dello yoga in Gran Bretagna e negli Stati Uniti a opera di George Harrison dei Beatles, si è creato un circuito che a oggi vale 225 milioni di dollari. Dunque, con il tempo, nei soli USA, sono stati concessi 130 brevetti e sono stati registrati 2300 marchi in tema mentre in oriente le stesse pratiche vengono ancora esercitate come disciplina pubblica che i maestri insegnano nei parchi e in luoghi aperti. E l’obiettivo che si è data la Traditional Knowledge Digital Library indiana è quella di arrivare entro il 2009 ad almeno 1500 brevetti.

Lo sfruttamento delle conoscenze e delle culture tradizionali a scapito di chi questo patrimonio lo possiede non è argomento nuovo. Ne ha approfonditamente parlato Philippe Aigrain per esempio nel suo Causa Comune (qui il link per scaricare il pdf del libro, che è rilasciato con licenza Creative Commons), rilevando come, nel mondo del biologico e dell’agroalimentare, sia guerra aperta in fatto di brevetti e modalità di coltivazione popolare. Nel libro di Philippe si legge per esempio a proposito delle guerre del riso:
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Libertà d’espressione: risorsa spostata o rimossa

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Si chiama (chiamava? Chiamerebbe?) libertà di espressione. Ma:

Libertà d'espressione

PS: certamente non la troverai qui [mappa]

Qui qualche ulteriore (e condivisibile) spiegazione. Altrettanto si può dare qui. E un segnale positivo c’è (soprattutto alla luce di chi dice che va fatto “ogni sforzo per non farla morire. Eluana potrebbe fare figli”, il massimo dell’aberrazione di una mente maschile non solo su una persona in stato vegetativo, ma sul corpo di una donna in quelle condizioni): la nascita – si segnalata su Lipperatura – del sito ZeroViolenzaDonne.it.

0xCAFFE: l’album libero di Molten Rock Sound

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0xCAFFERilasciato con licenza Creative Commons, si può scaricare l’album 0xCAFFE di Molten Rock Sound. Il link diretto è questo, ma è disponibile anche sulle reti peer to peer in formato ogg e mp3. Otto le tracce contenute, che da GNUFunk vengono descritte con queste parole:

Molten Rock Sound has improved his style, in this album we discover a pleasant journey through electro style music, with some guitar improvising. I liked expecially relax, talktorobot, monkeys evolution which has some bachian content here (IMHO naturally!) also b-movie has some heavy pure synth stuff and also bomp with that slapped bass is really ok for me. All in all, an enjoyable album, keep them coming!

Nasce “Senza finzione”, la nuova collana di Stampa Alternativa

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Senza finzioneQuesto post è stato pubblicato su Fronte della Comunicazione, il blog di Stampa Alternativa, per la partenza di un progetto a cui tengo in modo particolare e con cui ho lavorato insieme a Simona Mammano: la nuova collana Senza Finzione (a breve nutrita con il primo e il secondo titolo). Inoltre tutti questi libri saranno rilasciati con licenza Creative Commons.

Inchieste “alla vecchia maniera”, quando la “controinformazione” poteva spiegare fatti altrimenti inspiegabili. Nasce raccogliendo questa eredità una nuova collana di Stampa Alternativa: si chiama Senza Finzione e contiene libri con valenza politica e sociale che affrontano tematiche scomode, legate a terrorismo, criminalità, abusi. E a raccontare queste vicende – direttamente o attraverso un autore che le raccoglie – sono spesso le voci di persone che quei fatti li hanno vissuti direttamente.

Disonora il padre e la madreFacciamo subito un paio di esempi. Il prossimo 20 febbraio usciranno i primi due titoli della collana. Il primo si intitola Disonora il padre e la madre – Un bambino stuprato, una famiglia normale, porta la prefazione di Isabella Bossi Fedrigotti ed è stato scritto da Alessandro Chiarelli, vice-commissario di polizia e a capo dell’ufficio minori della questura di Ferrara. Alessandro, negli anni di servizio in quest’ufficio, di storie di abuso sull’infanzia ne ha viste tante e le ha viste soprattutto laddove, pur sapendolo, non si dice che avvengano: in famiglia. E ha utilizzato lo strumento del romanzo per condensare nella storia di Antonio, il giovanissimo protagonista, un mondo che diventa specchio e allegoria molto limpida di una situazione diffusa. Dalla quarta di copertina infatti si legge che:
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Il libro dei deportati, volume I: 23.826 nomi di italiani finiti nei lager

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Il libro dei deportatiQuesto libro – che porta le firme di Brunello Mantelli, Nicola Tranfaglia, Francesco Cassata, Giovanna D’Amico e Giovanni Villari – è uscito alla vigilia del giorno della memoria e il testo che segue è stato pubblicato sul blog del Circolo Giustizia e Libertà di Sassari. Forse non occorre altra risposta a chi nega o a chi parla di disinfezione. Intanto, prima di passare al testo di GL, si può dare un’occhiata anche a Razzisteria: destra fascista in Italia e nella rossa Toscana, nuovo lavoro video di Saverio Tommasi e Ornella De Zordo, autori di L’altrainchiesta – 10 brutte storie italiane e già segnalati da queste parti per il reportage sulle “terapie riabilitative”.

Per gli “assassini della memoria” c’è un nuovo, insormontabile, ostacolo: nomi, dati anagrafici e storia dei 23.826 italiani (22.204 uomini e 1.514 donne) deportati, tra il 1943 e il 1945, per motivi politici in Germania nei campi di concentramento. Un lavoro gigantesco che ora trova sistemazione organica nel primo volume suddiviso in tre tomi, dell’opera Il Libro dei Deportati 1943-1945 (Milano, Mursia; pp.2554, 120 euro) […] realizzato con il contributo fondamentale della fondazione Compagnia di San Paolo e dell’Assessorato alla Cultura del Piemonte, e già presente in tutte le librerie italiane.

Un’iniziativa editoriale che segue idealmente Il Libro della Memoria di Liliana Picciotto sugli ebrei italiani trucidati nei campi di sterminio tedeschi e che rappresenta una pagina definitiva della “storia nazionale”, parte di quella europea. “Dare volto” ai sommersi – questo l’obiettivo del libro con in appendice 200 pagine di grafici e di tabelle – è costato anni di lavoro ed è dovuto in primis alla caparbietà di due ex deportati: Bruno Vasari, già presidente dell’Aned di Torino, scomparso di recente, e Italo Tibaldi che fece il censimento dei deportati e costrui, in cinquant’anni di lavoro volontario, un primo archivio, forte di circa 45.000 schede. La storia della deportazione indica subito un primo elemento: nessuna provincia dell’Italia del 1943 ne è stata esente, nemmeno le isole e quelle aree del meridione che non conobbero l’occupazione tedesca, la Repubblica sociale e la conseguente Resistenza. Di sicuro, tuttavia, la prevalenza nella provenienza va ascritta alle regioni del Nord.
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La “spirale virale” del movimento per la libertà di cultura

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Viral SpiralSi scarica da qui (formato pdf, 980KB; qui invece i link attraverso cui si può acquistare la copia cartacea) il libro Viral Spiral – How the Commoners Built a Digital Republic of Their Own scritto da David Bollier, redattore di OnTheCommons.org, e definito da CreativeCommons.org la “storia definitiva del nostro movimento”. Questa la descrizione del volume:

Un resoconto dal cuore del movimento della “libertà di cultura” [che] diventa la prima storia completa a raccontare l’impegno di brigate globali di tecnofili, avvocati, artisti, musicisti, scienziati, imprenditori, innovatori e geek […], tutti uniti per creare una repubblica digitale basata sulla libertà e sull’innovazione. “Spirale virale” è l’espressione coniata da Bollier per descrivere il processo quasi magico attraverso cui gli utenti di Internet possono camminare insieme per creare […] questa eclettica circolazione del sapere. La vicenda narrata descrive i principali sviluppi tecnologici e le fondamentali lotte legali anche con le biografie di personaggi come l’hacker Richard Stallman, lo studioso Lawrence Lessig e altri coloriti personaggi.

Inoltre, sempre in tema Creative Commons, per chi è appassionato di mondi fantasy in rete, è nato Runes of Gallidon.

Polveri alle stelle: il film collettivo sull’inquinamento a Taranto

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Polveri alle stellePolveri alle stelle – Il film collettivo sull’inquinamento a Taranto è un documentario (rilasciato peraltro con licenza Creative Commons) che dal titolo è piuttosto chiaro in quanto ad argomento. Se ci si volesse fare un’idea ulteriore, ecco qualche riga di spiegazione ulteriore sul progetto:

L’iniziativa nasce da un’idea di Vittorio Vespucci e Monica Nitti e dà voce ai cittadini ed alle associazioni, reclutando i partecipanti al progetto attraverso il web. Ne scaturisce il ritratto di una città, soggiogata dal ricatto occupazionale della grande industria, che comincia a ritrovare la propria identità e prendendere coscienza di quanto urgente e inderogabile sia la necessità della svolta. Si delineano due scuole di pensiero: c’è chi auspica che la grande industria possa continuare ad essere presente sul territorio ma in forma meno aggressiva e chi, dopo decenni di parole alle quali non hanno avuto seguito fatti concreti, comincia ad immaginare la Taranto post-industriale. Si parla delle conseguenza della diossina sulla salute dei tarantini, delle condizioni di lavoro all’interno degli stabilimenti industriali, dei disagi che l’inquinamento provoca quotidianamente agli abitanti del quartiere Tamburi e all’intera città, del destino spesso segnato di chi lavora nella grande industria.

Per scaricare il documentario o diffonderlo attraverso il proprio sito, il link è questo.

Si interrompe la storia del Cox18, centro sociale a due passi dai Navigli

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Tra i primi a darne notizia, Giuseppe Genna ha segnalato il fattaccio su Carmilla il più velocemente possibile: Sgombero del Centro Sociale Conchetta a Milano. Purtroppo. Purtroppo non solo perché sono ormai decimati gli spazi autogestiti del genere (si vedano per esempio solo alcuni degli ultimi casi, il Laboratorio Crash! di Bologna o l’Horus di Roma), che già di per sé basterebbe, ma anche perché con il Cox18 si chiude un pezzo glorioso della cultura non solo lombarda che comprende Primo Moroni, i cui archivi erano ancora custoditi nel centro sociale a due passi da Darsena e Navigli. Ma che ha esaltato nel corso degli anni anche la cultura hacker di cui qui sono stati testimonial personaggi come Bruce Sterling con il suo Giro di vite contro gli hacker. Legge e disordine sulla frontiera elettronica o Richard Stallman quando ancora i discorsi sul software libero e la libertà di cultura erano argomenti ancora poco diffusi. Eppure la storia di questo piccolo ma grande centro sociale si interrompe in una riga pubblicata alle 8 di questa mattina:

Alla fine sono arrivati. Sono già davanti al portone per sgomberare il centro.

E un paio d’ore più tardi Alessandro Giglioli pubblica sul suo Piovono rane l’appello di Maysa Moroni, figlia di Primo:

In questo momento stanno sgomberando Cox 18 con la Calusca e l’archivio immenso di mio padre di cui stanno tentando il sequestro. L’archivio è proprietà privata mia e di mia madre. Chiunque tu conosca a Milano che sappia chi era mio padre digli di andare lì, avvocati giornalisti semplici persone.

Nel corso della giornata c’è stato qualcun altro che ha scritto di questa vicenda, come Caparossa, che lì dentro ci ha lasciato un pezzo di vita, e Sandrone Dazieri, che altrettanto ha fatto. Un post sull’accaduto è stato pubblicato anche dall’osservatorio sulla repressione che ha linkato le foto pubblicate da Repubblica Milano.

Per chi volesse firmare la petizione a favore del Cox18, il link è questo:
http://www.petitiononline.com/cox18/petition.html