Testimoni di giustizia: “È il momento che il loro valore venga riconosciuto e che possano tornare a vivere”

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Questo testo è stato scritto da Gennaro Ciliberto, testimone di giustizia contro la camorra. E dato che lui sa cosa significa denunciare le mafie, merita che il suo scritto venga letto e diffuso. Eccolo.

Che emozione vedere tanta gente unita contro quella mentalità mafiosa e omertosa che rende i criminali sempre più invisibili. Quelle voci dei tanti giovani presenti, il rivedere amici che mi sono stati vicino in questo duro e tortuoso percorso è stato come rinascere. Che bello aver incontrato Claudio, Giovanni, Enza, Ilaria, Francesco, Beppe, Luigi e tanti altri, l’aver potuto riabbracciare Don Luigi ed ascoltare le parole di Rodotà che come sempre lasciano il segno.

Esserci non era un capriccio, esserci per me era l’espressione di libertà, di quella libertà di cui troppo spesso sono privato, il rivivere quella vita normale, il poter riassaporare il gusto della libertà, che non ha prezzo. Io ero presente a Contromafie 2014, lì immerso nella platea, sereno, e quando Don Luigi Ciotti ha voluto con forza ricordare nelle sue parole che dei testimoni di giustizia non sarebbero stati autorizzati a venire all’evento, il mio pensiero è subito andato a chi non ha potuto esserci, a chi, vittima della negazione, ha subito l’ennesima umiliazione che fa parte di quel modus operandi che troppo spesso è regola fissa e che prende le forme di un ricatto.
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Testimoni di giustizia: oggi a Roma un vertice nei pressi del Viminale e da lunedì prossimo operativa la commissione centrale

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Ricevo dal gruppo di testimoni di giustizia che questa mattina ha manifestato a Roma, nei pressi del Viminale. E si spera che davvero sia la volta buona, dopo molte promesse, perché queste persone vengano tutelate, partendo almeno dall’entrata in attività della commissione centrale dopo lo stop imposto dal recente cambio di governo:

L’incontro di oggi ha prodotto un risultato, in primis più testimoni di giustizia si sono confrontati e hanno discusso sul da farsi, un esempio di civiltà portato avanti senza alcuna situazione estrema, ma anzi un tavolo di lavoro con dei punti ben definiti. I deputati 5 Stelle, tra cui Cristian Iannuzzi e Giulia Sarti, di comune accordo con i testimoni di giustizia, hanno varcato i cancelli del Viminale, incontrando il prefetto dottoressa Rabuano e il prefetto dottoressa Rotolo […]. Una vittoria sarà l’operatività della commissione centrale ex art. 10, già in piena funzione da lunedì [prossimo], 26 maggio, in più tante posizioni di testimoni di giustizia sono attenzionate dallo stesso prefetto Rabuano [che] ha preso impegni inderogabilmente e di futura attuazione, comprendendo l’urgenza è la gravità delle tematiche.

Testimoni di giustizia: “Gente ‘pericolosa’ da candidare alle elezioni, anche quelle europee. Ma pericolosa per chi?”

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Riscrive il testimone di giustizia di cui si era già pubblicato un altro intervento. Ecco quali sono le sue considerazioni questa volta.

Orami i giochi sono fatti, le liste chiuse e allora viene da chiedersi qualcosa a proposito degli 81 testimoni di giustizia sotto protezione, uomini e donne che – a dire di uomini delle istituzioni, politici e società civile – sono degli esempi, eroi, simboli di quell’Italia che vogliamo. E allora perché degli 81 testimoni di giustizia nessuno è candidato alle elezioni europee?

Qualcuno potrebbe dire che non sono competenti, preparati o forse non sarebbero all’altezza. Quindi bisogna iniziare da un paio di paragoni: chi è europarlamentare uscente e chi oggi è in lista? Partiremo dalla rettitudine morale, credendo che i testimoni di giustisia siano testimonial di tale virtù. Continuiamo con quel grande senso di dovere e attaccamento alle istituzioni. Bene, chi può dire il contrario per i testimoni di giustizia?

Segue poi quel senso di sacrificio e di sopportazione che è parte di ogni testimone di giustizia, quell’intrinseca voglia di verità, di legalità che è parte integrante del loro essere. Dunque, ora il paragone fatelo voi uomini e donne della società civile. E se la domanda viene posta a qualcuno, la risposta che giunge è sempre la stessa: quegli esempi tanto osannati, tanto citati, vanno tirati fuori al momento opportuno un po’ come un coniglio dal cilindro.
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La lettera di un testimone di giustizia: “Noi, considerati rompicoglioni, siamo latitanti senza aver compiuto reati”

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Ricevo questa lettera da un testimone di giustizia sotto programma di protezione che preferisce rimanere anonimo e che vuole raccontare la sua esperienza. Ecco cosa scrive.

Quasi come un film già visto e rivisto, la storia di un testimone di giustizia si ripete, cambia solo l'”attore”, cioè il testimone. Il resto resta immutato. Immutato nella sua complessità, nella sua burocrazia e nell’indifferenza, fatta di uomini delle istituzioni, che per grazia di Dio non sono tutti uguali. Ma dopo 20 lunghi anni cosa è cambiato? Nulla! Se non il numero dei testimoni, sempre pochi, in uno Stato fatto da 60 milioni di cittadini. Rimane quel sentirsi un peso, un rompicoglioni, un rifugiato, a volte un latitante, senza più diritti, cancellato e invisibile al resto del Paese.

Tristemente a oggi tutto ciò persiste ancora, forse con qualche sorriso in più da parte di chi governa, ma il trattamento riservato è uguale a 20 anni fa. Certo, di migliorie ne sono state fatte, ma ciò che minimamente non è cambiato è la mancanza di rispetto umano nei confronti di chi da uomo e cittadino onesto ha deciso di fare il proprio dovere, quello di denunciare. E allora quel film drammatico si ripete e quasi come un copione è perfetto nell’essere messo in scena.
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I Siciliani Giovani: testimoni di giustizia manifestano a Roma e vengono denunciati. “Perché ci trattate così?”

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mafia-uccide-silenzio-pureLa risposta che Gennaro Ciliberto attendeva non è arrivata. A essere arrivata, invece, è una multa per sosta all’interno della zona a traffico limitato di Roma “senza espresso permesso”, come da verbale della polizia locale della capitale. Solo che l’uomo, nato a Napoli 41 anni fa e testimone di giustizia contro la camorra da 3, aveva pagato il parcheggio davanti al ministero dell’Interno, dov’è tornato nei giorni scorsi per rimarcare l’ancora assente ok al suo inserimento nel programma di protezione. Ma vedersi apporre alle ruote dell’auto le ganasce, in vista di un’imminente rimozione, è stato troppo. Un troppo a cui si è aggiunta una denuncia per danneggiamento con relativa fotosegnalazione in questura e l’intenzione di ricorrere ad azioni legali contro gli agenti della municipale che gli chiedevano 41,87 euro di sanzione.

Sembra un paradosso. Un paradosso che Ciliberto ha condiviso con un’altra persona, il quarantacinquenne calabrese Pietro Di Costa, vicepresidente dell’associazione testimoni di giustizia ed ex titolare di una società di vigilanza privata a Vibo Valentia taglieggiata dalla ‘ndrangheta. A Roma, Di Costa c’era per rimarcare la situazione in cui versano ogni giorno le persone che hanno denunciato la criminalità organizzata. Invece Ciliberto, ex capo della sicurezza di cantieri stradali che ha denunciato le infiltrazioni della criminalità organizzata in opere di mezza Italia, doveva incontrate Filippo Bubbico, viceministro dell’Interno e presidente della Commissione centrale per la definizione e l’applicazione delle speciali misure di protezione. In quell’occasione gli ha consegnato anche 40 mila firme raccolte attraverso il sito Change.org perché sia riconosciuto a pieno titolo testimone di giustizia. Ma all’uscita dal Viminale, la sorpresa. “Se mi tolgono la macchina”, dice Gennaro Ciliberto, “mi tolgono tutto perché è là dentro che dormo”.

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