“Ilva – Comizi d’acciaio”: in un’inchiesta a fumetti 50 anni di siderurgia e di aggressione sociale, sanitaria e umana

Standard

Ilva - Comizi d'acciaioSceneggiata da Carlo Gubitosa e illustrato da Kanjano, la storia dell’Ilva diventa un’inchiesta a fumetti per le Edizioni BeccoGiallo. Accade con il volume appena uscito Ilva – Comizi d’acciaio, 192 pagine che sono descritte così:

Polo siderurgico per la produzione e la trasformazione dell’acciaio a ridosso del quartiere Tamburi, è al centro di un vasto dibattito pubblico per gli effetti delle sue emissioni sull’uomo e sull’ambiente. Questo libro, con il supporto di un apparato di infografica e collegamenti a contenuti multimediali disponibili in rete, è un tuffo in cinquant’anni di industria siderurgica che nasce da un lavoro giornalistico e di ricerca sul campo per documentare le esperienze di singole persone e di intere comunità che vivono e resistono all’ombra dell’acciaio.

Alessandro Marescotti di PeaceLink, a corredo del libro, ha commentato: “Sembra che senza la produzione di acciaio dell’Ilva debba crollare l’Italia, l’Europa e il mondo intero. Come se il mondo avesse una fame incredibile di acciaio e noi lo tenessimo a dieta forzata. Ma è davvero così?”

Quando in Italia si era pronti a spararli grossi: una mappa delle basi di missili Jupiter

Standard


Visualizza Basi missili nucleari Jupiter in una mappa di dimensioni maggiori

L’argomento di cui si parla è questo. Nel contesto specifico invece si legge:

Località dove fra il 1960 e il 1963 vennero posizionati 45 missili a testata nucleare Jupiter. Ogni base aveva 3 missili, uno di lancio e 2 di riserva. Dieci basi sono in Italia fra Puglia e Basilicata, e 5 in Turchia. La fiamma indica la posizione delle basi, il cerchio viola i centri di telecomunicazione troposcatter più vicini alle basi, smantellati nel 1994 in tutta Europa e gli aerei le basi aeree: la base Nato di Gioia del Colle, tuttora in funzione, l’aeroporto Belbek in Crimea e la base dell’aeronautica sovietica. Le linee blu segnalano l’orientamento delle basi di lancio. L’obiettivo era Mosca per quasi tutte le basi.

(Via Giovanni Calia. E ormai diverso tempo fa se ne parlava anche su Peacelink)

Peacelink: per avviare una storia condivisa della pace

Standard

Annunciano Alessandro e Daniele Marescotti su Peacelink:

È venuto pertanto il momento di ricercare nel passato – e in modo sistematico – le radici culturali e ideali di questo movimento. Ogni soggetto collettivo che cambia la storia prima o poi scrive la sua storia. Questa storia della pace è stata iniziata nel 1991 e poi diffusa nel 1999 in occasione dell’anno mondiale per la cultura della pace su http://www.peacelink.it/pace2000. La nuova versione (ora corretta, arricchita, aggiornata, ampliata e dotata di un indice ipertestuale e con cornici storiche introduttive) è stata annunciata nel febbraio 2004 su “Strumenti Cres” di Mani Tese con due articoli consultabili su http://www.manitese.it/cres/stru36/marescotti1.htm. Purtroppo in Italia non esiste ancora una ricerca disciplinare sistematica di “Peace History”. Ci auguriamo che questa lacuna della ricerca storica italiana venga al più presto colmata.

Seguono i riferimenti per chi volesse dare il proprio contributo.

Scorci di vite palestinesi oltre i riflettori di guerra e media

Standard

Palestina borderlinePeacelink pubblica una lunga recensione firmata da Francesca Borri e dedicata a un libro uscito lo scorso maggio per ISBN Edizioni. Si tratta di Palestina borderline – Storie da un’occupazione quotidiana, scritto da Saree Makdisi, docente di letteratura inglese all’università della California cresciuto a Beirut ed esperto di Medioriente (su questo blog c’è un archivio dei suoi scritti). Non è un testo che ha per protagonista la guerra nei suoi aspetti più eclatanti, ma i protagonisti sono i “signori nessuno” che con gli effetti della guerra ci devono aver a che fare, che siano in patria o all’estero. Quelli che si mettono in fila dovendo sopportare trafile burocratiche e quotidiane prevaricazioni. O che vivono rincorrendo visti per ricongiungimenti familiari da sempre negati. O – ancora – testimoni muti di logiche bancarie che sono più forti e più opprimenti di qualsiasi forma di estremismo. Questa la presentazione del libro:

Questo libro non racconta storie di kamikaze, ma storie di persone comuni. Come quella di Sam Bahour, un uomo d’affari di Al bireh, di Mohammad Jalud, un agricoltore che vive a Qalqilya, di Samira che lavora a Gerusalemme. Esistenze che sarebbero banalmente normali, se non dovessero fare i conti con gli orrori di un’occupazione quotidiana […]. Saree Makdisi viaggia nei Territori, scatta fotografie, raccoglie dati e informazioni sulle condizioni di vita dei palestinesi e spiega come il cosiddetto «processo di pace» nasconda di fatto il progressivo restringimento della geografia della Palestina e una serie di misure di sicurezza punitive imposte dallo Stato di Israele. Palestina borderline descrive la realtà di un Paese dai confini di filo spinato, ponendo finalmente l’essere umano al di sopra delle questioni politiche.

E aggiunge Francesca Borri nella recensione:

Le prime volte, un checkpoint incendia indignati: ma rapida, subentra una sorta di aritmetica istintiva del male minore: difendere da uno sputo è regalare il pretesto per una chiusura. Si è contagiati così da una gramigna di tolleranza, via via più larga – perché ogni giorno è giorno di infinite ingiustizie minime: fino a riscoprirsi pazienti in fila a un checkpoint, anestetizzati come davanti a un semaforo rosso. E se il pericolo, scriveva Tiziano Terzani, è che alla guerra ci si abitua, questo libro non è allora per principianti, ma veterani della questione palestinese: per quelli che non si sorprendono più – perché è qui che l’occupazione vince: quando si converte in paesaggio.

Belgrado, Milosevic, il gay pride e l’opposizione del passato recente

Standard

Gay Pride Belgrade

Jasmina Tešanović è un nome che è tornato spesso da queste parti. E anche la notizia dell’annullamento del gay pride di Belgrado è circolata in vari luoghi. Ora, mettendo da un lato che l’autrice di Processo agli scorpioni è serba e dall’altro che raccontare le storie in presa diretta è un pezzo del suo lavoro, si provi a leggere il reportage pubblicato da Peacelink a firma della scrittrice balcanica e tradotto da Giacomo Alessandroni.

È domenica, sono le 11. In questo momento avremmo dovuto trovarci davanti all’università per assistere alla seconda Gay Pride Parade di Belgrado. La prima sfilata, nel 2001, è finita nel caos e nella vergogna. Novecento teppisti con la bava alla bocca si sono presentati per insultare e picchiare con quanta violenza possibile i manifestanti gay, in tutto meno di cinquanta.

Due giorni prima, Slobodan Milosevic era stato estradato all’Aia per il suo processo. Lui, di parte e prevenuto, prendeva attivamente posizione contro i “pervertiti”. Tutti i partecipanti che sfilano nel 2001 alla gay parade, subirono ore di umiliazioni e paura. I teppisti erano felicissimi per l’occasione di perseguitarli attivamente. Nella Piazza della Repubblica si respirava un’atmosfera da linciaggio di massa. Un gay è stato gravemente colpito dagli assalitori, come pure un poliziotto che cercava di proteggerlo.

Allora scrissi: “Questa è anche la mia Serbia”, anche se io sono donna, emarginata e femminista. Voglio ritornare a colpire queste persone: dichiararle fuorilegge e insignificanti, loro che conoscono solo la violenza e l’odio.
Continue reading

Peacelink, Alessio Di Florio: negazione di ogni possibile democrazia

Standard

Alessio Di Florio, dalle colonne virtuali di Peacelink, traccia i contorni di un golpe criminale [che] si aggira per l’Italia. Senza bisogno di artiglieria e liste, senza bisogno di presidiare manu militari il territorio, senza bisogno di alcun folklore da parata perché:

in realtà, e tutti ne sappiamo mandanti, esecutori e complici (anche perché, in larga parte, siamo tra loro) c’è un golpe silenzioso che non si è mai fermato. Un golpe fatto di menzogne, connivenze criminali, repressione violenta, omertà, corruzione, cancellazione di ogni dignità personale che ha conquistato il cuore dello Stato Italiano, e ha annullato ogni possibilità di democrazia.

Una retrospettiva sulla situazione delle indagini mafia-stato in Sicilia, sulla politica abruzzese, sull’occupazione e su caso come quello di Aldo Branzino, Federico Aldrovrandi o Ramesh. Altro post interessante è quello pubblicato sul caso di Carmelo Canale, collegato da vicino a quello di cui è già parlato di Antonino Lombardo: qui siamo sempre in Sicilia e sempre di lotta (se così si può chiamare) alla mafia si parla.

Pougala: “L’odio del governo verso gli stranieri non ha limiti”

Standard

Lettera aperta a Silvio BerlusconiIl testo che segue è stato scritto da Jean Paul Pougala, autore del libro uscito per Einaudi con il titolo In Fuga dalle tenebre, una denuncia sia delle condizioni sociali in Africa che di quelle di immigrato in Italia (lo scrittore di origine camerunense ha infine acquisito la cittadinanza l’estate scorsa). È una lettera aperta che, datata 2 aprile 2009, Pougala indirizza da Moncalieri al presidente del consiglio e che viene pubblicata il giorno successivo sul sito di Peacelink per affermare che “passano i giorni e l’odio del Suo governo verso gli stranieri dimostra di non avere limiti”. Non si può che riportarla integralmente.

Presidente Berlusconi,

Una settimana dopo l’insediamento del Suo governo, il ministro dell’Interno dichiarava ad una trasmissione televisiva, con una ingenuità sconcertante, che tutti potevano constatare che da quando il Suo governo era ritornato al potere, non c’erano più sbarchi dei migranti sulle coste meridionali del Paese. Egli contrapponeva il presunto lassismo del precedente governo della sinistra al nuovo pugno duro della destra al potere. Soltanto che non aveva consultato la meteorologia per accorgersi che in quei giorni il mare era mosso e impediva a quei morti di fame di mettersi in viaggio.

Qualcuno è veramente convinto che esista uno solo dei migranti che prima di mettersi in viaggio si preoccupa di una qualche legge restrittiva fatta in Italia o altrove? Lei pensa che il famoso “Libretto Rosso”, che bollava i migranti italiani in America negli anni 20 come “analfabeti” e li costringeva alla “quarantena”, li scoraggiasse veramente a sbarcare nel “nuovo mondo”?

Presidente, da che mondo è mondo, i poveri che vivacchiano qui è là alla ricerca di una vita felice non hanno mai goduto di alcuna libertà.

Hanno sempre subìto. Oggi i paesi poveri si vantano del fatto che i soldi loro mandati a casa dai loro emigrati nei paesi ricchi sono il doppio dei soldi dei vari prestiti che ricevono dal sistema finanziario internazionale, anche se nel paese di arrivo sono trattati peggio dei topi da schiacciare.
Continue reading

Taranto, l’Ilva, la diossina e le pecore

Standard

Dopo la segnalazione su Acerra, Peacelink pubblica un articolo intitolato Noi, ignoranti come le pecore. È firmato da Alessandro Marescotti, presidente dell’associazione, che scrive a proposto di un’inchiesta della Rai dopo che Peacelink ha fatto ampia informazione in tema:

Questo video vi colpirà. Vi chiederete perché in tutti questi anni la verità non è venuta a galla. Noi abbiamo mangiato diossina con la stessa incoscienza delle pecore. Sia le pecore sia noi abbiamo vissuto nella più completa ignoranza. E nessuno ci ha avvertito. Siamo andati a scuola, abbiamo fatto le traduzioni di latino, ci siamo cimentati con i polinomi, abbiamo fatto le nostre ossidoriduzioni come da programma ministeriale e… a tavola diossina, sempre diossina. Con lo stesso livello di informazione delle pecore.

La città di cui si parla è Taranto e più precisamente gli stabilimenti dell’Ilva. Inoltre c’è di mezzo una raccolta di firme promossa dall’AIL (Associazione Italiana contro le Leucemie), sede locale.