“Storia degli errori militari”: il libro pacifista secondo cui il ridicolo potrebbe essere la via per sopprimere i conflitti

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Storia degli errori militariUscirà il prossimo 31 gennaio un altro bel libro per i tipi della casa editrice bolognese Odoya. Si tratta di Storia degli errori militari. Dall’antica Roma al Vietnam del ricercatore e saggista Charles Fair:

L’era nucleare era appena calata su di noi che già le menti più illuminate di ambedue i campi scorsero il pericolo; e dalla consapevolezza del pericolo scaturì la paura; e dalla paura la decisione di armare fino ai denti le rispettive nazioni; e da quella decisione, in modo del tutto conseguente, la situazione nella quale ora ci troviamo: una situazione nella quale basterebbe un altro «giro» di inettitudine militare alla Filippo II, o anche soltanto un solo comandante sul campo con i nervi troppo tesi, per scatenare quella che per il mondo sarebbe l’ultima battaglia.

Nel libro, che vuole essere un contributo al pacifismo, Fair scrive che “il mezzo più efficace per sopprimere le guerre potrebbe essere il ridicolo”.

“Scorie radioattive”: in un libro la ricostruzione dei viaggi in Francia e dei depositi in Italia. La Difesa Usa: “Problemi di sicurezza”

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Scorie radioattiveOgni tanto, dell’argomento, se n’è sentito parlare e poi s’è di nuovo inabissato. Da qualche settimana è diventato un libro di un giornalista, Andrea Bertaglio, e di un esperto di risparmio energetico Maurizio Pallante, presidente anche del Movimento per la decrescita felice. Si intitola Scorie radioattive. Chi sa trema, ma in silenzio (Aliberti) e di questo si occupa:

Di tanto in tanto, in date sconosciute, ci sono treni che fanno la spola tra l’Italia e la Francia attraversando paesi e città. Trasportano scorie nucleari, solo che nessuno lo sa. Sulle rive della Dora Baltea, esattamente a Saluggia, è stipato l’85 per cento dei rifuti radioattivi italiani, in gran parte in forma liquida. Dovevano essere solidifcati trent’anni fa, e invece sono ancora lì. Insieme a cinque chili di plutonio, una quantità suffciente a uccidere cinquanta milioni di persone: un decimo di milligrammo, se inspirato, costituisce uffcialmente una dose mortale. Millecinquecento metri più a valle c’è il più grande acquedotto del Piemonte, e quando il fume è in piena, chi sa trema. Ma in silenzio.

Ci sono depositi di rifuti radioattivi un po’ ovunque nel Paese. Gli scarichi di routine dei centri nucleari fniscono nei fumi e nei laghi, ma nessuno sembra notarlo. Sotto il terreno bresciano sono stipate quaranta bombe atomiche, altre cinquanta ad Aviano: secondo un rapporto del Dipartimento della Difesa Usa, nelle basi “italiane” ci sono «problemi di edifci di supporto, alle recinzioni dei depositi, all’illuminazione e ai sistemi di sicurezza», mentre «a guardia delle basi vi sono soldati di leva con pochi mesi di addestramento». Anche questo, di certo, sette italiani su dieci lo ignorano. In Italia due referendum hanno detto no all’atomo. Ma il nucleare è qui, sotto i nostri piedi. E nessuno vuole farcelo sapere.

Se ne parla anche qui, sul sito del Fatto Quotidiano.

Referendum, tra vittorie e minacce dal nucleare all’acqua pubblica. Da vedere ora che accadrà

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Acqua bene comune - Foto di ateneinrivolta.org

In una giornata in cui per la seconda volta va dritta (e probabilmente questa è più importante, visti i temi in ballo), sembra utile tornare su alcuni dei temi dei referendum. Per questo Peacereporter segnala qualche approfondimento:

Inoltre adesso occorrerà vedere se alcune delle minacce portate avanti dal fronte del no al secondo quesito sull’acqua negli ultimi giorni della campagna referendaria verranno concretizzate. La minaccia in questione si trova nell’articolo Hera: “Se vince il sì smettiamo di investire”.

Dal divorzio all’acqua pubblica, 62 referendum abrogativi dal ’74 a oggi

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Referendum 2011Sul sito del Fatto Quotidiano si racconta che ci sono stati dal divorzio all’acqua pubblica, 62 referendum abrogativi dal ’74 ad oggi. Ecco di seguito nel pezzo integrale quali sono. Utile promemoria in vista del 12 e 13 giugno.

Dal divorzio alla modifica della parte II della Costituzione. Dal 12 maggio del 1974 al 25 giugno 2006. In mezzo, 62 referendum abrogativi sui quali gli italiani sono stati chiamati a esprimere un parere. Al centro le grandi battaglie sui diritti civili come la legalizzazione di divorzio e aborto, l’obiezione di coscienza, il voto ai diciottenni, lo stop alle centrali nucleari, la riforma del sistema elettorale in senso maggioritario, la depenalizzazione dell’uso personale di droghe leggere, l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, la chiusura dei manicomi e l’affermazione dei diritti dei transessuali. Il quorum viene raggiunto 35 volte, il “no” vince 16 volte, il “sì” 19.

Il divorzio. Previsto dall’articolo 75 della Costituzione con soli tre casi di inammissibilità, l’istituto referendario è stato introdotto in Italia solo nel 1970 su richiesta del Vaticano che spingeva per abolire la legge sul divorzio (la Fortuna-Baslini) approvata grazie alla campagna dei radicali. Il 12 e 13 maggio 1974 quasi 38 milioni di italiani sono chiamati a votare. Votano “no” il 59,1 per cento degli italiani. Il risultato è dirompente. L’Unità titola: “Grande vittoria della libertà: il popolo italiano fa prevalere la ragione, il diritto, la civiltà”. L’editoriale affidato al segretario del Pci Enrico Berlinguer saluta “un’Italia che è cambiata e che vuole e può andare avanti”. Non la vittoria di un singolo partito, ma il contributo di “un larghissimo schieramento di forze politiche, sociali, culturali diverse” hanno portato il no alla vittoria.

La ragione del successo sta nel rifiuto di gran parte dell’elettorato Dc di seguire l’indicazione di voto e la linea politica della segreteria dello Scudo crociato. Insomma, milioni di elettori cattolici avevano voltato le spalle ai Gabrio Lombardi e ai Fanfani schierandosi per il “no”.
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“Stacca la spina”: l’informazione sull’energia prodotta da combustibili fossili e nucleare

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Stacca la spina

Stacca la spina si presenta in questi termini:

In un mondo ideale sarebbe giunto finalmente il momento di staccare la spina ai progetti energetici che fanno male all’ambiente e alle popolazioni locali. Quelli che continuano a sfruttare i combustibili fossili infischiandosene delle conseguenze nefaste che provocano da decenni. Quelli che ci vogliono far credere che il carbone può essere “pulito”, creando un ossimoro all’ennesima potenza. Oppure quelli che hanno intenzione di massacrare ettari ed ettari di territorio per cavarne fuori la sabbie bituminose, una versione molto più inquinante del petrolio e che ha già rovinato uno spicchio significativo di Canada. E ancora quelli che ci vorrebbero far credere “sostenibili” e a difesa del clima, se non addirittura assimilabili alle fonti rinnovabili: la grandi dighe e il nucleare.

Il sito “stacca la spina” è nato tre anni fa proprio per monitorare e denunciare i pericoli collegati a questa ultima tipologia di progetto energetico, che sta per rivedere la luce tra mille dubbi e incertezze. In tanti dei progetti di cui si occupa il sito c’è un serio coinvolgimento di due tra le principali multinazionali italiane: l’Enel e l’Eni, entrambe per circa il 30 per cento ancora di proprietà dello Stato italiano. Compagnie che operano, e tanto, all’estero e che spesso sono state oggetto di controversie e contenziosi ancora aperti. “Stacca la spina” seguirà queste e molte altre storie, nella speranza che siano sempre di più le persone pronte a chiedere un modello energetico realmente sostenibile, al di là della vuota retorica sulla lotta ai cambiamenti climatici che ci propinano i governi del Nord del mondo e i principali attori privati. Ne va della sopravvivenza del nostro Pianeta.

E qualcosa si può leggere qui. Al momento, inoltre, il progetto si è occupato di dighe, nucleare, sabbie bituminose, petrolio e gas e carbone.

“Il segreto delle tre pallottole”, il nodo della fusione a freddo e dell’industria degli armamenti

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Per quanto uscito nella nuova collana Verdenero Inchieste, il libro, Il segreto delle tre pallottole, firmato da Maurizio Torrealta ed Emilio Del Giudice nella veste si presenta come un romanzo. Ma – avvertono gli autori – ciò che viene raccontato è frutto di una duplice inchiesta: da una parte, il giornalista – Torrealta – che con il suo team d'”inchiestisti” si butta su una storia per verificarne l’autenticità a livello di accadimenti; dall’altra il fisico – Del Giudice – che si prende in carico i contenuti della vicenda e si accerta che quanto meno siano plausibili sul piano scientifico.

Il nodo attorno a cui ruota questa storia è quello dell’esistenza della fusione fredda, reazione nucleare a bassa energia che, presentata nel 1989 da Martin Fleischmann e Stanley Pons, venne fatta a pezzi dalla comunità scientifica che sosteneva l’implausibilità del procedimento. Vai a osservare però le verifiche svolte sul lavoro dei due ricercatori dell’università di Salt Lake City e ti accorgi che il metodo scientifico non era stato proprio rispettato. Tanto che quando, anni dopo, in Italia si tenterà ancora un procedimento di fusione fredda, ecco la sorpresa: funziona.

Il romanzo, all’interno del quale sono contenute lunghe descrizioni fisiche e chimiche dei procedimenti innescati, parte e prosegue come una spy story, quale poi in realtà è. I suoi elementi comprendono scienziati avvelenati da microesposizioni radioattive che provocano altrettanto microscopici tumori, telefonate nel cuore della notte, personaggi strani che iniziano a girare intorno ai protagonisti con l’implicito scopo di intimorirli. Ma soprattutto questo libro è il racconto di una guerra sottaciuta. Anzi, di una guerra sporca, occultata all’interno di operazioni per l'”esportazione della democrazia”.
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