Premio poetico a Gelli: guai per gli organizzatori delle proteste

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Come si ricorderà, lo scorso 13 giugno a Ostia c’è stata agitazione per un premio letterario conferito a una persona che, prima che poeta, è altro. Ma la questione non sembra finita con la manifestazione che c’è in stata in protesta del riconoscimento culturale. Quella che segue è una comunicazione scritta Paula de Jesus, presidentessa del comitato civico Entroterra XIII.

Sabato 4 luglio, la polizia di Ostia ha reso ‘edotti’ due pittadini, che hanno partecipato alla manifestazione contro Licio Gelli, che nei loro confronti sarà trasmesso d’ufficio all’autorità giudiziaria apposita informativa di reato. Il reato commesso sarebbe quello di esser stati i promotori di una riunione in luogo pubblico senza aver dato avviso, almeno tre giorni prima, al questore.

I fatti

La manifestazione è terminata intorno alle ore 19:00 davanti alla sede del XIII Municipio con lo scioglimento del presidio delle forze dell’ordine. Tre di noi si sono incamminati per raggiungere le proprie auto, ma sono stati bloccati su Via Quinto Aurelio Simmaco, all’angolo con Via dei Pallottini, dalla Polizia di Stato e invitati a non passare. Alla richiesta del perché di tale impedimento, mentre altre persone transitavano tranquillamente in entrambi i sensi per Via dei Pallottini, la risposta è stata ‘ordine di servizio’. Durante lo scambio dialettico con gli agenti, sono arrivati altri 6 Cittadini, che avevano partecipato alla manifestazione, e anche a loro è stato impedito di passare. Poiché era chiaro che tale impedimento veniva mantenuto solo per i partecipanti alla manifestazione, si è deciso di attendere sul posto la riapertura di Via dei Pallottini. Questo è durato per due ore. Alcuni di noi sono stati identificati, mentre alcuni agenti della Polizia di Stato hanno tenuto nei confronti dei Cittadini un comportamento inappropriato, rifiutandosi perfino di esibire il proprio tesserino identificativo.
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L’oltraggio a Bologna contro partigiani e vittime del terrorismo

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“Cartoline” da Bologna alla fine della campagna elettorale: Oltraggio al sacrario dei caduti partigiani e alla lapide delle vittime del terrorismo. I contenuti sono ben riassunti dalle immagini che ha mandato Riccardo Lenzi. Il quale, alla stessa mail, allega anche il comunicato del presidente dell’Anpi provinciale William Michelini:

Un miserabile gesto oltraggioso ai danni del patrimonio civile e democratico di Bologna è stato commesso in Piazza Nettuno nella notte scorsa da sconosciuti, i quali hanno peraltro firmato col simbolo del nazifascista Ordine Nuovo. Frasi inneggianti al duce, a Gelli e alla Loggia massonica P2 quale strumento per sovvertire l’assetto democratico del Paese, sono state tracciate sul quadro centrale dei tre che contengono 2059 formelle con immagini di donne e uomini caduti nella Lotta di Liberazione tra il 1943 e il 1945.

L’oltraggio è stato commesso inoltre contro il quadro che elenca le 85 vittime della strage fascista del 2 agosto 1980 alla stazione centrale della nostra città, nella quale vi furono anche 200 feriti e mutilati. Questi episodi si aggiungono a quelli dei giorni scorsi ai danni del cippo che nel Quartiere Reno ricorda la staffetta partigiana Delcisa Gallerani “Tosca”, a quello della Croce del Biacco nel Quartiere San Vitale dedicato a tre giovani partigiani fucilati nel 1944, nonché delle tre bacheche del quotidiano “l’Unità” nel Fossolo.

Vi è il proposito di incrinare il clima civile che contraddistingue la vita nella nostra comunità, medaglia d’Oro della Resistenza. L’ANPI invita tutti i cittadini, le loro rappresentanze politiche, sindacali, sociali, ad unirsi nella condanna delle provocazioni e a mantenere ben saldi i principi democratici che Bologna si è conquistata a prezzo di tanti sacrifici e che le hanno consentito di attuare un percorso di alta civiltà”.

Processo per piazza della Loggia: Affatigato parla di Gelli

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Dal numero più recente della newsletter di Misteri d’Italia, si legge questo passaggio, Strage di Brescia, Affatigato: “Con Gelli si parlò di attentati”:

Marco Affatigato, negli anni Settanta referente di Ordine Nuovo per la provincia di Lucca, sospettato di essere al soldo dei servizi segreti italiano e francese (il suo nome compare in un depistaggio per la strage di Ustica), interrogato durante il processo per la strage di Piazza della Loggia a Brescia del 28 maggio 1974, ha riferito, tra l’altro, di un incontro, avvenuto in quegli anni, con Licio Gelli, maestro della Loggia massonica P2, con cui parlò di possibili attentati ai tralicci.

“Noi – ha detto Affatigato – cercavamo del denaro e venimmo presentati ad una persona che ci chiese se eravamo disponibili a compiere attentati ai tralicci. Risposi negativamente anche perché allora non ero ancora entrato in clandestinità. Successivamente riconobbi in quell’uomo Licio Gelli”.

Per chi volesse seguire le udienze in corso a Brescia per la strage di piazza della Loggia del 28 maggio 1974, le registrazioni integrali sono qui.

Il programma di Licio Gelli: bibliografia e sitografia

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Il programma di Licio GelliDi seguito, l’elenco del materiale consultato per scrivere Il programma di Licio Gelli – Una profezia avverata?. I siti sono elencati nell’ordine utilizzato per la costruzione del testo.

Bibliografia

  • Barbacetto, Gianni, B. Tutte le carte del Presidente, Net, Milano, 2006
  • Barbacetto, Gianni, Gomez, Peter, Travaglio Marco, Mani pulite. La vera storia. Da Mario Chiesa a Silvio Berlusconi, Editori Riuniti, Roma, 2002
  • Barbacetto, Gianni, Gomez, Peter, Travaglio Marco, Mani sporche, Chiarelettere, Milano, 2007
  • Canosa, Romano, Storia della magistratura in Italia da Piazza Fontana a mani pulite, Baldini Castoldi Dalai, Milano, 1996
  • Flamigni, Sergio (a cura di), Dossier P2, Kaos Edizioni, Milano, 2008
  • Flamigni, Sergio, Dossier Pecorelli, Kaos Edizioni, Milano, 2005
  • Flamigni, Sergio, Trame atlantiche. Storia della loggia massonica segreta P2, Kaos Edizioni, Milano, 2005
  • De Gregorio, Concita, Cicchitto e i banditi, La Repubblica, 20 settembre 2003
  • Galli, Giorgio, Affari di Stato. L’Italia sotterranea 1943-1990, Kaos Edizioni, Milano, 1991
  • Galli, Giorgio, La venerabile trama. La vera storia di Licio Gelli e della P2, Lindau, Torino, 2007
  • Gambino, Michele, Il cavaliere B. Chi è e che cosa vuole l’uomo che sogna di cambiare l’Italia, Manni, San Cesario, 2001
  • Gambino, Michele, I furbetti del quartierino. Dalla razza padrona alla razza mattona, Editori Riuniti, Roma, 2005
  • Gomez Peter, Travaglio, Marco, Inciucio, Bur, Milano, 2005
  • Guarino, Mario, Raugei, Fedora, Gli anni del disonore, Edizioni Dedalo, Bari, 2006
  • Lodato, Savero, Trent’anni di mafia. Storia di una guerra infinita, Bur, Milano, 2008
  • Pellicanò, Daniela, Uno sparo in caserma. Il caso Lombardo, Città del Sole Edizioni, Reggio Calabria, 2006
  • Pinotti, Ferruccio, Fratelli d’Italia, Bur, Milano, 2007
  • Travaglio, Marco, La scomparsa dei fatti. Si prega di abolire le notizie per non disturbare le opinioni, Il Saggiatore, Milano, 2006

Sitografia
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Il programma di Gelli: dalla spaccatura dei sindacati alla conclusione

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Il programma di Licio Gelli

Per quanto concerne i sindacati la scelta prioritaria è fra la sollecitazione alla rottura, seguendo cioè le linee già esistenti dei gruppi minoritari della cisl e maggioritari della uil, per poi agevolare la fusione con gli autonomi in una libera confederazione, oppure, senza toccare gli autonomi, acquisire con strumenti finanziari di pari entità i più disponibili fra gli attuali confederali allo scopo di rovesciare i rapporti di forza all’interno dell’attuale trimurti.
(Piano di rinascita democratica, procedimenti, articolo 3)

Le cronache degli ultimi mesi del 2008 hanno mostrato poi un aspetto di particolare evidenza nella vita politica del paese: la spaccatura del fronte sindacale. È accaduto in settembre per il caso Alitalia durante le trattative per cedere la “good company” alla Cai (Compagnia Aerea Italiana): da un lato ci sono la Cgil di Guglielmo Epifani e i sindacati autonomi, dall’altro la Cisl di Raffaele Bonanni e la Uil di Luigi Angeletti. A scindere in due le maestranze è in quest’occasione l’accordo sui lavoratori della compagnia aerea. Il mese successivo accade qualcosa di molto simile per i tagli alla scuola pubblica e in novembre sui modelli contrattuali e sul pacchetto anticrisi da attuare per sorreggere economia reale, imprese e famiglie di fronte al crollo di mercati valutari, istituti finanziari e colossi assicurativi.

E questo nonostante Epifani stesso abbia voluto assumersi un ruolo propositivo inviando al ministro dell’economia Giulio Tremonti una piattaforma di lavoro che però, agli occhi dell’esecutivo, contiene un peccato originale insormontabile: se si applicassero anche solo alcuni dei punti contenuti, come la detassazione delle tredicesime, si minerebbe la triennale legge finanziaria che l’esecutivo ha varato. Intanto Bonanni e Angeletti partecipano a meeting riservati a esponenti del governo e di Confindustria, prendono le distanze da scioperi e manifestazioni di piazza e sperano, forse, si vedersi attribuire il merito di qualche riforma andata in porto.

La strategia ad excludendum del fronte sindacale, nemmeno questa, però, è un fatto nuovo. Se si fa un balzo indietro al 2002, ci si imbatte in una situazione analoga, anche se forse allora era più esacerbata di quanto non sia al momento la spaccatura del 2008 (ma, come per la giustizia, anche l’affaire sindacato è ancora in evoluzione). Ai tempi infatti erano due gli scontri in corso: quello sul “patto per l’Italia” e l’altro sulla proposta di revisionare l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori.
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Il programma di Licio Gelli: la magistratura, quel grande nemico

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Il programma di Licio Gelli

Ordinamento giudiziario: le modifiche più urgenti investono:
– la responsabilità civile (per colpa) dei magistrati;
– il divieto di nominare sulla stampa i magistrati comunque investiti di procedimenti giudiziari;
– la normativa per l’accesso in carriera (esami psico-attitudinali preliminari);
– la modifica delle norme in tema di facoltà di libertà provvisoria in presenza dei reati di eversione – anche tentata – nei confronti dello Stato e della Costituzione, nonché di violazione delle norme sull’ordine pubblico, di rapina a mano armata, si sequestro di persona e di violenza in generale.
(Piano di rinascita democratica, programmi, articolo a1)

La storia dell’impero editoriale raccontata in precedenza non è stata lineare né tranquilla. Di questioni aperte ce ne sono moltissime: lodo Mondadori, affaire Rete4, processo imi-sir con le condanne a Cesare Previti, indagini antimafia su Vittorio Mangano e Marcello Dell’Utri. Oltre all'”uso criminoso” della televisione pubblica che, ripete a pie’ sospinto il premier, sarebbe in mano alla sinistra, c’è anche la magistratura.

Berlusconi ha di recente ribadito tutto il suo disprezzo per la categoria proprio come fecero diversi suoi predecessori. Nel luglio 1981, per esempio, Bettino Craxi commenta il suicidio del tenente colonnello delle fiamme gialle Luciano Rossi, fresco di interrogatorio perché un suo rapporto su Licio Gelli non aveva seguito l’iter previsto in caso di indagine giudiziaria, ma era stato ritrovato nel corso della perquisizioni dell’81 di Villa Wanda, la residenza aretina del venerabile. La storia andò in sostanza così: nel 1974 erano diversi gli uffici investigativi che volevano vederci chiaro sul patrimonio di Gelli e sulle sponde politiche di cui poteva godere. Così il colonnello Salvatore Florio, comandante dell’Ufficio I della guardia di finanza, incaricò Rossi e altri ufficiali di dare un’occhiata, incurante dei dissidi che si sarebbero creati con i suoi superiori, i già citati generale Raffaele Giudice e colonnello Donato Lo Prete, che lo avevano peraltro invitato a iscriversi alla loggia (Florio rifiuterà e morirà nel luglio 1978 in un incidente stradale in Veneto dalla dinamica mai del tutto accertata).

Quando il ritrovamento del rapporto Rossi diventa di pubblico dominio, nella tarda primavera del 1981, l’ufficiale si spara con la pistola d’ordinanza mentre si trova nel suo ufficio presso il nucleo centrale di polizia tributaria. Nonostante i dubbi su questa versione avanzati a più riprese da Massimo Teodori, membro della commissione parlamentare d’inchiesta sulla loggia P2, la tesi del suicidio rimane quella più accreditata e Craxi accusa in una seduta a Montecitorio quelle “azioni giudiziarie che presentano aspetti scriteriati [e] generale furia accusatoria [che] ha fatto delle vittime, coinvolgendo persone che io continuo a considerare in buona fede, spingendo molti alla disperazione”.
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Kaizenology: ispirarsi alla storia del Gatto e della Volpe

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Su Kaizenology viene pubblicato un lungo post incentrato sulle figure del Gatto e della Volpe im cui si scrive che:

Non starò quindi a ripetere cose che già in altre sedi e in altri tempi sono state dette, esaminate, commentate e ricommentate. Quello che invece mi preme far notare e che forse potrebbe sorprendere e disorientare qualche nostro concittadino è che da quel carrozzone polveroso e malandato chiamato “Italia” i due signori in questione non sono ancora scesi. Sono ancora lì, invecchiati e forse stanchi, ai loro posti di comando, un po’ defilati dal palco al riparo dai riflettori del presente, ma comunque vivi e pronti a fare la loro parte. Per fortuna di nuovo in molti se ne sono accorti: giornalisti e scrittori che con poche forze e poco sostegno provano a far riemergere la verità dei fatti, tentano di far sapere al resto d’Italia e del mondo che il Gatto e la Volpe hanno forse perso il pelo ma non il vizio.

E si citano tre episodi che accostano per versi differenti i due personaggi politici italiani: il volo che il 20 giugno 1973 avrebbe dovuto riportare in patria Juan Domingo Peròn; il ritrovamento del memoriale Moro il 1 ottobre 1978 in via Montenevoso a Milano; e le registrazioni consegnate nel 1991 al giudice Guido Salvini dal capitano Antonio La Bruna. Da leggere, dunque, questo testo di Kaizen.

Il programma di Licio Gelli: decenni di mani sulla stampa

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Il programma di Licio Gelli

Nei confronti della stampa (o, meglio, dei giornalisti) l’impiego degli strumenti finanziari non può, in questa fase, essere previsto nominatim. Occorrerà redigere un elenco di almeno 2 o 3 elementi per ciascun quotidiano o periodico in modo tale che nessuno sappia dell’altro. L’azione dovrà essere condotta a macchia d’olio, o, meglio, a catena, da non più di 3 o 4 elementi che conoscono l’ambiente. Ai giornalisti acquisiti dovrà essere affidato il compito di “simpatizzare” per gli esponenti politici.
(Piano di rinascita democratica, procedimenti, articolo 2)

Enzo Biagi, decano del giornalismo italiano scomparso a Milano nel novembre 2007, è diventato per tutti il paladino dell’informazione libera dopo la sua morte. Paladino anche di chi – e anche questo è un esercizio lieve di memoria – lo aveva ostracizzato dopo l’editto bulgaro del 2002. A quei tempi, Biagi conduceva da nove anni ormai una striscia televisiva, “Il fatto”, che andava in onda dopo il Tg1 e, unica nella storia recentissima del piccolo schermo, era una potente concorrente in termini di share dell’inscalfibile “Striscia la notizia” di Antonio Ricci, campione di ascolti fin dal suo debutto, nel novembre 1988. La breve trasmissione di Biagi si era guadagnata lustro sul campo, ma che i suoi contenuti iniziassero a non piacere lo si era annusato già dal 2001 a causa di due interviste che fece a Indro Montanelli e a Roberto Benigni. Il primo intervistato, altro giornalista di lungo corso, disse senza troppi giri di parole che il candidato della Casa delle Libertà era simile a un virus e che avrebbe instaurato una “dittatura morbida”; il secondo, l’attore che nel 1997 vinse l’Oscar con il film “La vita è bella”, si allargò troppo nella sua gag satirica che prendeva di mira i toni della campagna elettorale del centro-destra, compresi temi scomodi come il conflitto d’interessi e il contratto con gli italiani firmato unilateralmente dal candidato premier di fronte a una telecamera. Faziosità, fu l’accusa mossa dallo schieramento politico guidato dal cavaliere a poche settimane dalle elezioni politiche che avrebbero comunque portato al secondo governo Berlusconi.

Malgrado il risultato favorevole delle urne, i sodali di Silvio Berlusconi se la legarono al dito e il primo ad augurarsi il licenziamento di Biagi fu Maurizio Gasparri, esponente di Alleanza Nazionale e prossimo a diventare ministro delle comunicazioni nelle cui vesti firmò una legge controversa sul riassetto radiotelevisivo. Ne seguì un’indagine del garante per violazione della par condicio che però diede ragione all’anziano giornalista, ma da palazzo Chigi si chiedeva comunque la testa del conduttore. Così, il 18 aprile 2002, mentre Silvio Berlusconi era in visita ufficiale a Sofia, rilasciò all’Ansa una dichiarazione passata agli annali come “editto bulgaro” in cui si invocava il pugno di ferro contro “un uso criminoso della televisione pubblica”. Biagi non era il solo destinatario degli strali del premier – che se la prese anche con il giornalista Michele Santoro e con il comico Daniele Luttazzi – ma forte della sua professionalità rispose a sua volta con una dichiarazione che merita di essere riportata per ampi stralci:
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Il programma di Gelli: più o meno sono tutti uomini di un presidente

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A proposito dell’ultimo libro, Luigi Milani, dopo quello di Pentiti di niente, ha realizzato il booktrailer di Il programma di Licio Gelli (qui la scheda del volume). Grazie, Luigi!

Nelle esperienze a capo dell’esecutivo, l’ex costruttore milanese si porta dietro conoscenze che risalgono a molto tempo prima. L’attuale sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta, per esempio, ex direttore del quotidiano “Il Tempo” negli anni in cui era di proprietà di Renato Angiolillo, in rapporti – attraverso il salotto della moglie Maria – con Bruno Tassan Din, amministratore delegato della Rizzoli ai tempi della P2. In particolare, a mettere in relazione la signora Angiolillo e l’uomo della loggia di Gelli c’è una casuale intercettazione telefonica fatta da un radioamatore emiliano che poi vende la registrazione a un giornale. Ma questa si inabissa nei fascicoli scoperti dalla guardia di finanza durante l’ispezione del marzo 1981 degli uffici di Gelli, a Castiglion Fibocchi: Tassan Din le parla in quell’occasione dei guai finanziari di Calvi e le raccomanda di metterlo in contatto con ambienti politici e giudiziari che lo possano aiutare. Sempre durante la direzione Letta del quotidiano romano, un giornalista, Franco Salomone, fa a Licio Gelli un’intervista che esce nell’aprile 1981: Gelli, in quell’articolo, nega in termini drastici il coinvolgimento dei ministri Adolfo Sarti, Franco Foschi ed Enrico Manca e dei capi dei servizi Giulio Grassini, Giuseppe Santovito e Walter Pelosi e manda a dire a un intimidito Arnaldo Forlani, allora capo del governo, di non rivelare i nomi contenuti nella lista appena ritrovata.

Poi c’è Publio Fiori (tessera numero 1878, fascicolo 0646) che è stato vicepresidente della Camera dei deputati, sottosegretario al ministero delle poste e telecomunicazioni (1992, governo Amato), sottosegretario alla sanità (1993, governo Ciampi) e ministro dei trasporti e della navigazione (1994, primo governo Berlusconi). Democristiano ai tempi della Prima Repubblica e poi confluito in Alleanza Nazionale – contribuendone alla fondazione – dopo lo scivolamento della corrente Dc di Mino Martinazzoli verso le posizioni riformiste del Partito Democratico della Sinistra post-comunista, rompe con Gianfranco Fini nel 2005 a causa di questioni ritenute troppo laiche, come quelle relative alla fecondazione assistita. Così, al motto di “il vero centro siamo noi”, prima collabora alla creazione della Democrazia Cristiana per le Autonomie con Gianfranco Rotondi, ministro per l’attuazione del programma nel quarto governo Berlusconi e artefice di un ennesimo motto (“colpire un PM per educarne altri cento” nella campagna anti-magistratura), e poi si alterna in alleanze varie (Udeur di Clemente Mastella, Nuova Democrazia Cristiana e Federazione Democristiana) senza che la saga partitica appaia, al momento in cui si scrive, ancora finita.
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Il programma di Licio Gelli: la storia che insegnano loro

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Il programma di Licio GelliDopo la pubblicazione della prefazione di Oscar Marchisio al libro Il programma di Licio Gelli – Una profezia avverata (da oggi in download la versione elettronica del volume), di qui alle prossime settimane verranno pubblicati i capitoli di questo breve libro sul mondo a cavallo tra il prima e il dopo P2.

Questo libro è stato concepito in tempi non sospetti: era nell’estate 2008, si tentava di rompere l’afa estiva con una cedrata e si parlava a tono sostenuto per superare il frastuono dei martelli pneumatici che bucavano l’asfalto e realizzavano i grandi progetti della viabilità cittadina. Oscar Marchisio, l’editore, lo dice e lo ripete che la loggia massonica Propaganda 2 un segno l’ha lasciato. Ed entrambi conveniamo che sarebbe interessante andare a rileggere alcuni fatti degli ultimi trent’anni per capire se effettivamente il piano di rinascita democratica, quello sequestrato a Maria Grazia Gelli nel luglio del 1982, qua e là si sia avverato, malgrado la fine dell’esperienza gelliana. Ma che sarebbe deleterio trasformare Licio Gelli nel Nostradamus dei tempi nostri. La mia insegnante di filosofia delle scuole superiori, a proposito del celebre indovino del XVI secolo, era perentoria: chi formula profezie distribuendole nei secoli a venire è un baciato dalla dea dei numeri e dalla statistica. Dunque, distribuendo le proprie previsioni su un arco di tempo molto vasto, c’è caso che prima o poi qualcosa si avveri. Così come, se si fanno vaticini su un range molto ampio di argomenti, si finirà per trovare qualche coincidenza curiosa.

Ecco, Licio Gelli, al contrario di Nostradamus, non ha scorrazzato nel futuro per centinaia di anni, ma ha esteso i punti del suo piano (ma anche del suo schema r, dove “r” stava per risanamento) su molti fronti: il bipolarismo partitico, il controllo del mezzi di informazione, la riforma della giustizia, la ristrutturazione degli organi politico-amministrativi, il predominio del governo sul parlamento. Tutti argomenti che, vai a ben vedere, non risulteranno nuovi a un lettore neanche troppo assiduo dei giornali perché in questi anni se n’è tornato a parlare spesso.

E ultimamente se n’è tornato a parlare più spesso. Si diceva all’inizio che l’idea di scrivere queste pagine è precedente alla baraonda dell’autunno 2008. Quando il lavoro di documentazione era già a uno stadio avanzato ed era partita la fase della scrittura, ecco che erompe prima sul web e poi sulla stampa cartacea e televisiva una notizia: il ritorno al piccolo schermo di Licio Gelli. Pistoiese, classe 1919, un passato da militante nella guerra di Spagna del 1936 e nella Repubblica sociale italiana post armistizio del 1943, divenne collaborazionista degli occupanti nazisti, doppiogiochista sul fronte della resistenza partigiana e poi sostanzialmente sfuggì alle proprie responsabilità per il suo ruolo ambivalente negli anni di guerra.
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