Cronisti minacciati, un resoconto di Alberto Spampinato sulla situazione italiana

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Alberto Spampinato, direttore del progetto Ossigeno per l’informazione, ha scritto per Nuovi Italiani un pezzo intitolat Minacce ai giornalisti, Italia maglia nera d’Europa in cui si legge tra l’altro che:

In Italia queste importanti prese di posizione non hanno avuto nessuna risonanza. Eppure proprio negli stessi giorni, nel nostro paese si è manifestata una impressionante recrudescenza del fenomeno: nuove gravi minacce, ritenute attendibili dagli inquirenti, sono state rivolte a Lirio Abbate; un plateale atto di intimidazione è stato compiuto in pieno giorno nei confronti di Rosaria Capacchione; in Calabria cinque giornalisti (Francesco Mobilio, Michele Albanese, Francesco Cutrupi, Antonino Monteleone, Giuseppe Baldessarro) sono stati bersagliati, uno dopo l’altro, in provincia di Reggio Calabria nell’arco di sessanta giorni; alcune troupe televisive sono state minacciate a Rosarno dopo i gravi scontri durante i quali sono stati feriti 37 immigrati. Altri gravi episodi si erano verificati nei mesi e nelle settimane precedenti in varie parti d’Italia, senza che se ne avesse una adeguata rappresentazione sui media: in provincia di Foggia, contro un giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno di San Severo, e a Orta Nuova contro Gianni Lannes, che a dicembre ha ottenuto una protezione di polizia; a Treviso, dove Fabio Fioravanti ha ricevuto minacce telefoniche durante una trasmissione televisiva in diretta; a Udine, dove un giornalista ha ricevuto una busta con un proiettile; a Roma, dove due giornalisti televisivi, Nello Rega e Guido Ruotolo, hanno ricevuto gravi intimidazioni; e ancora altri casi a Napoli, a Palermo, a Genova, a Firenze, a Torino…

Intanto oggi è cominciato a Bologna il Festival delle culture antifasciste dove si stanno iniziando a caricare i primi materiali del primo giorno.

Festival delle culture antifasciste

Torna a Bologna il Festival delle culture antifasciste per la sua seconda edizione

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Festival delle culture antifasciste

Seconda edizione del Festival sociale delle culture antifasciste a Bologna. Si svolgerà dal 28 maggio al 6 giugno 2010 e quest’anno sarà all’interno del parco di viale Togliatti. Il programma definitivo sarà pubblicato entro i primi giorni del mese prossimo mentre sulla home page del sito sono riportati gli indirizzi mail a cui scrivere per partecipare agli ambiti tematici già definiti. E per intanto, ecco perché organizzare (e partecipare) a una manifestazione di questo tenore:

Il fascismo è prima di tutto una “cultura”, un modo di essere, di comportarsi, è la volontà di dominio sulle persone, la natura, il territorio, è l’arroganza, la negazione di ogni diritto, la repressione del dissenso, la negazione e il disprezzo per le diversità. Il fascismo di ieri ha lasciato viva la sua “cultura”, si è trasformato e trasfigurato mutando le sue organizzazioni e le sue rappresentanze e continua ancora a fare il suo sporco lavoro. Questo è il fascismo di oggi, questa è la cultura da combattere. Con queste premesse, intendiamo rilanciare il progetto del festival sociale delle culture antifasciste, come progetto dal basso, aperto e partecipato, con l’obiettivo di fare rete, tessere relazioni e darsi gli strumenti per costruire progettualità comuni.

Per dare un’occhiata a cos’è accaduto nel 2009, qui ci sono i materiali d’archivio.

Una giornata dedicata alla ricerca sociale per ricordare Oscar Marchisio

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Oscar MarchisioOscar Marchisio n’è andato mesi fa, ma sono in molti a non averlo dimenticato. E dopo l’incontro dello scorso settembre sul paradigma vegetale, a fine febbraio, il 27 per la precisione, ci sarà una giornata di studio dedicata alla sua memoria. Si terrà a Bologna presso l’Istituto Gramsci di via Galliera 26 ed è organizzata dalle fondazioni Argentina Altobelli e Claudio Sabattini, oltre che dai centri di ricerca IRES Emilia Romagna e R60 di Reggio Emilia. E argomento di discussione sarà la ricerca sociale sui temi del lavoro.

Da qui si può scaricare la locandina dell’evento (pdf, 82 KB).

Risolto il problema del candidato sindaco a Bologna

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Il vero signore di Bologna

Prima di uscire mi fermai da Giovanni Battista. Il suo umore era molto migliorato con secondo boccale di birra, e forse gli dava sollievo l’idea di non essere più responsabile della propria vita. Gli consegnai una copia di riserva della chiave di casa mia, lo informai che poteva usare il sacco a pelo sul divano, e gli dissi di non preoccuparsi se non mi avesse visto per un po’.

«Vieni a bere solo qui» lo istruii. «Eccoti un po’ i soldi. Fatti trovare qui o al magazzino. Non andare in giro. Non battezzare nessuno. Se non mi vedi, avrai mie notizie. Quando riceverai istruzioni, obbedisci senza fare domande».

Annuì. Tornai per strada.

Gli ultimi giorni, Andrew Masterson

Aldo Balzanelli, Repubblica Bologna: pesi mediatici diversi a seconda del tipo di terrorismo

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Ha radione Aldo Balzanelli, alla guida di Repubblica Bologna, quando nota che vari fatti stragisti sono attribuiti al terrorismo di sinistra mentre la matrice sta altrove. E chiedendosi quali siano le ragioni, prova a dare una risposta:

Oggi si scopre che i ragazzi pensano che anche la strage di piazza Fontana, come già quella di Bologna, sia opera delle Brigate Rosse. Mi sono chiesto perchè per i giovani tutto il terrorismo sia stato rosso e una spiegazione, forse, l’ho trovata. Il terrorismo rosso ha avuto una vasta copertura mediatica: servizi, interviste, approfondimenti, inchieste, ricordi, film, persino sceneggiati televisivi. Quello nero molto, molto meno. La ragione è che il terrorismo di destra ha galleggiato molto più di quello di sinistra in un pentolone affollato di servizi segreti, pezzi dello Stato. È sempre stato contaminato da rapporti oscuri con il potere “ufficiale”, con la criminalità organizzata, la massoneria. È sempre stato scomodo, insomma, parlarne, imbarazzante, e in molti dunque hanno preferito tacere, dimenticare, rimuovere. E così i ragazzi, a forza di sentir parlare solo di Brigate Rosse, si son fatti l’idea che anche a mettere le bombe nelle banche, sui treni e nelle stazioni siano stati i nipotini di Renato Curcio.

Per quanto riguarda i fatti del 2 agosto 1980, si veda questo servizio realizzato pochi mesi fa.

E il cielo cadde sulla terra: “Dirigi il velivolo su zona disabitata. Mi senti?”

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Strage dell'Istituto Salvemini - Casalecchio di Reno6 dicembre 1990, missione 356 dell’Aermacchi MB 326, pilota Bruno Viviani.

Ore 8.40.13 (ora di Greenwich)
Viviani: torre da Alfa 356.
Villafranca (centro radar di Verona Villafranca): Alfa, 356 Villa. Buongiorno.
Viviani: una buona giornata a voi. Mike Charlie della squadriglia in rullaggio.

Ore 8.45.50
Villafranca
: 356… Allineato e autorizzato al decollo.

Ore 8.47.14
Viviani
: decollo, 356.

Ore 8.55.33
Villafranca
: ok, abbiamo… oh… un aeroplano che non si capisce bene se è in emergenza o no.

Ore 9.17.20
(Il pilota del velivolo parla di sé in terza persona)
Viviani: è a nord di Ferrara, piantato motore 150 nodi, 4500 piedi, 356.
Padova (centro radar militare): ricevuto. Intenzioni?
Viviani: emergenza.
Padova: ricevuto.
Viviani: se ci arriva dirige direttamente sul campo di Ferrara.
Padova: ricevuto.

Ore 9.18.54
Padova
: la 356 intende effettuare un atterraggio di emergenza sulla pista di Ferrara?
Viviani: si è forse riacceso, comunque non fa più del 72%, con 150 nodi. Provo ad andare a Bologna.

Ora 9.19.45
Padova
: pronto… Pronto…
Poggio Renatico (ente difesa di Poggio Renatico): ascolta: che… ti ha dichiarato emergenza per quale motivo?
Padova: piantata motore.
Poggio Renatico: oh cazzo.
Padova: io comunque… Io comunque l’ho sentito tranquillo, eh… non mi sembra che avesse…
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Stasera “on the web” la prima puntata di “Scala di grigio – Ritratti di storie in ombra”

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Questa sera, alle 21, GNUFunk Radio manda on the net la prima puntata di Scala di grigio – Ritratti di storie in ombra (in replica venerdì 16 ottobre alle 16 e su Archive.org quando si vuole). Argomento: la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980. E, come si diceva qualche post fa, questo lavoro è rilasciato con licenza Creative Commons BY-SA. Per le licenze specifiche dei singoli brani usati, si veda qui. E buon ascolto.

Il Fatto che scompare dalle edicole bolognesi

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Il fatto quotidiano a Bologna

Tre edicole, a Bologna, e niente, Il fatto quotidiano, il nuovo giornale di Antonio Padellaro e Marco Travaglio, non si è trovato. L’immagine pubblicata sopra è stata scattata in piazza della Pioggia e il cartello è opera dell’edicolante sotto un portico che dice di aver ricevuto una decina di copie. “Comunque troppo poche, appena aperto erano già andate tutte esaurite”. Una quindicina quelle arrivate in via Riva Reno e altrettante in via Marconi. Non sembra però che si sia verificato solo a Bologna. Su AgoraVox si legge che a Udine è andata nello stesso modo e così è accaduto a Milano, in base a quanto scrive Alfonso Fuggetta. Il quale giustamente aggiunge:

Evidentemente c’era attesa per questo quotidiano. In parte penso sia l’effetto di qualunque numero uno. Forse c’è anche qualcosa in più. Non ho visto Il Fatto e non voglio esprimere un giudizio preventivo. Ma visto che si parla tanto di chi capisce veramente i cittadini, forse c’è una fascia di cittadini, che non credo siano tutti stalinisti o forcaioli, che richiede una rappresentanza che oggi non trova.

Per domani intanto l’ho prenotato. Non sarà il primo numero atterrato in edicola, ma rimane pur sempre una lettura da non tralasciare. Nel frattempo, per chi voglia vederlo almeno in pdf, può scaricarlo da qui, come si segnala sempre su AgoraVox (7,3MB).

Cara Angela, cara Maria, per voi la pena è certa

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Bologna, 2 agosto 1980Cara Angela, cara Maria. Lettere aperte sul 2 agosto.

– Mamma, sono morti anche dei bambini?
– Sì, è accaduto. E alcuni sono morti con la loro mamma.
– Chi sono?
– C’è Maria, che aveva tre anni, e c’è Angela, che se la teneva vicina e che ne aveva ventiquattro.

A sette anni, quanti ne hai invece tu, la strategia della tensione non sai cosa sia. Sei abituata ad ascoltare il telegiornale della sera, dove sigle astruse vengono rimbalzate a cavallo di diverse notizie. Gente ammazzata da guerre a bassa intensità sono per te solo delle immagine statiche, fotografie di fantocci immobili spesso coperti da lenzuola bianche. Per te è quella l’immagine della morte: finta, in bianco nero alla tivvù o a pallini di varie tonalità di grigio nelle retinature dei giornali.

È un giorno di piena vacanza, il 2 agosto 1980. In montagna ci sei arrivata a fine giugno, quando le scuole si sono chiuse sul tuo primo anno scolastico. La poca esperienza di vita che ti porti dietro ti sta già suggerendo che non durerà ancora molto, che le vacanze finiranno prima di quanto tu non creda, ma non l’ascolti: quella voce è poco più di un malessere che talvolta ti passa per lo stomaco. Non credi davvero che verrai restituita alla pianura, alla normalità, alla nebbia.

Alle 10.25 del mattino non sai più neanche cosa stavi facendo. Di certo qualche gioco, di certo con tuo fratello e tua sorella, ma a pranzo ti ricordi dov’eri perché così accadeva tutti i giorni: il tuo posto, l’ultimo sulla sinistra della grande tavolata, con le spalle alla stufa a legna spenta e alla cucina a gas dove sta ancora sfrigolando qualcosa.
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