“Quando l’America si innamorò di Mussolini”: il fascino del duce sugli Usa nei documenti degli archivi americani

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Quando l'America si innamorò di MussoliniUn altro libro da mettere nella lista di lettura. È l’ultimo di Ennio Caretto, Quando l’America si innamorò di Mussolini (Editori Riuniti), che di questo parla:

L’ascesa del Duce fu molto seguita negli Stati Uniti, che inizialmente lodarono e apprezzarono l’operato di Mussolini. La storia segreta, uscita dai documenti degli Archivi nazionali americani che Caretto ha avuto modo di consultare, ci racconta proprio di un’America sedotta dal dittatore, dal suo modo di fare al tempo stesso galante e canagliesco, e questo libro, che quella storia racconta, ci aiuta a capire quali sono i motivi che spinsero le alte sfere di Washington a non combattere il fascismo in Italia, almeno fino allo scoppio della seconda guerra mondiale. Di più, questo libro racconta i rapporti ambivalenti intercorsi fra gli Stati Uniti e l’Italia negli anni dell’ascesa delle camicie nere, tra incidenti diplomatici mancati, accordi internazionali, leggi razziali ed eugenetica. E racconta di un amore inconfessabile fra il Paese della Democrazia e un dittatore capace di sedurre perfino Hollywood e di mettere il seme per la deriva “nera” che oggi, come allora, rischia di impossessarsi del mondo “libero” americano ed europeo.

“La marcia della giovinezza”: il documentario di Noemi Pulvirenti sulla creazione dei battaglioni fascisti della Gil

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La marcia della giovinezza è un documentario realizzato dalla filmaker siciliana d’origine e bolognese d’azione Noemi Pulvirenti. Questa la presentazione del film:

10 giugno 1940: l’Italia, con la dichiarazione di guerra alla Francia e alla Gran Bretagna, entra nel secondo conflitto mondiale. Venticinquemila giovani, provenienti dalle fila della GIL (Gioventù italiana del Littorio), chiedono di essere arruolati volontari per raggiungere il fronte di combattimento. Il PNF (Partito Nazionale Fascista) stabilisce pertanto la costituzione di 25 battaglioni GIL, militarmente istruiti, che vengono impiegati in una marcia dimostrativa di 450 km, denominata “Marcia della Giovinezza”. Questa si conclude, come termine del periodo di addestramento, a Padova ove sono convenuti il capo del governo Benito Mussolini e le autorità militari per passare in rassegna i giovani volontari.

“Camicie nere sull’Acropoli”: l’attacco italiano alla Grecia, l'”osso spolpato”, nella ricostruzione di Marco Clementi

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Camicie nere sull'AcropoliLo storico romano Marco Clementi, già apprezzato tra gli altri lavori per la sua Storia delle Brigate Rosse (Odradek, 2007), qualche mese fa è uscito con il libro Camicie nere sull’Acropoli. L’occupazione italiana in Grecia (1941-1943) (DeriveApprodi) recensito da Antonio Carioti sul supplemento La Lettura del Corriere della Sera. E nella scheda di presentazione viene raccontato così:

28 ottobre 1940, Mussolini lancia l’attacco alla Grecia: è l’inizio di una pagina di storia che ha ispirato film e romanzi come Mediterraneo e Il mandolino del capitan Corelli. Una ricostruzione complessa della campagna italiana raccontata attraverso i documenti greci degli archivi di Atene, Rodi e Sira. Perché un paese piccolo e sostanzialmente innocuo come la Grecia fu brutalmente attaccato dagli italiani? Mussolini la considerava un osso spolpato, eppure la campagna italiana si rivelò più complicata del previsto.

Marco Clementi, grande conoscitore dei Balcani, ricostruisce tutte le fasi della guerra, dell’invasione e infine dell’occupazione della penisola ellenica. Basato su un vasto apparato di fonti inedite, questo libro offre una sintesi ampia e ben articolata di un capitolo fondamentale della politica espansionistica di Mussolini. Clementi sfata molti luoghi comuni come il mito di «italiani brava gente», ma allo stesso tempo ridimensiona, grazie ai documenti trovati negli archivi greci, la polemica sulla rimozione dei crimini di guerra. Dalle storie dei soldati alle strategie militari e al sacrificio della Divisione Julia, senza dimenticare gli episodi più drammatici come la strage di Domenikon e l’eccidio di Cefalonia, Clementi descrive magistralmente gli anni dell’occupazione, la solidarietà con la popolazione per combattere la fame, e le spaccature dopo l’8 settembre fra chi scelse di allearsi con la resistenza greca, chi con i tedeschi e chi cercò di tornare in patria.

E sempre qui se ne può trovare un estratto.

“Il prigioniero di Salò”: Franzinelli su Carmilla racconta “lo squallore e la subalternità di un vecchio dittatore”

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Il prigioniero di Salo'Uscito a inizio autunno, il libro Il prigioniero di Salò. Mussolini e la tragedia italiana del 1943-1945 di Mimmo Franzinelli racconta con documenti inediti tra l’altro “la disistima del capo della RSI verso i suoi collaboratori, l’odio mortale per alleati e partigiani, la prostrazione – sino al limite del suicidio – per la perdita di Roma e l’avvicinamento del fronte al Nord. E attraverso i dossier dei servizi segreti esamina l’estremo tentativo di riscatto, con il discorso milanese del Teatro Lirico, il 16 dicembre 1944”. E nell’intervista di Anna Luisa Santinelli all’autore pubblicata qualche giorno fa da Carmilla Online si aggiunge:

Premesso che la storia di Mussolini è la storia del suo rapporto con il potere, e più precisamente con il potere assoluto, i passaggi dalla causa della rivoluzione a quella della reazione, da sovversivo a dittatore, lo rendono un soggetto di studio assai interessante sia sul piano psicologico sia per l’analisi del ruolo delle personalità nella storia. La straordinaria longevità del mito del duce (ben rappresentata, ad esempio, dal film “Mio fratello è figlio unico”, girato da Daniele Luchetti nel 2007: il giovane protagonista, Accio, cresce nel culto del duce e milita nel Movimento sociale italiano) rappresenta un fattore di stimolo agli studi su Mussolini.

Tenuto conto che buona parte dei libri su Mussolini è inficiata da intenti apologetici o manca di un solido riscontro archivistico-documentario, credo vi sia ancora spazio per monografie rivolte a particolari aspetti della sua figura […]. La destra radicale si richiama più ai 20 mesi della guerra civile e del collaborazionismo coi nazisti che non ai 20 anni di gestione mussoliniana del potere. I giovani che nell’autunno 1943 si trovarono a un bivio decisivo erano stati educati nei valori del regime, che identificava patria e fascismo. E che attribuiva alla guerra un valore fondante, come banco di prova della vitalità dei popoli.

La triade programmatica “Credere Obbedire Combattere” ben sintetizza lo spirito della dittatura mussoliniana, e esprime una linea rimasta inalterata nella Rsi. La convinzione soggettiva di operare per finalità patriottiche era contraddetta […] dalla consapevolezza che l’alleato tedesco avesse già, di fatto se non di diritto, annesso al Reich l’Alto Adige e la Venezia Giulia […].

E veniamo al presente. Per una serie di ragioni – anche esistenziali, con l’esigenza rassicurante di un “grande padre” – troppi giovani ancora oggi mitizzano Mussolini; ebbene, “Il prigioniero di Salò” dimostra, con gli stessi documenti del duce, lo squallore umano e la subalternità politica del vecchio dittatore, che per una causa in cui non credeva più inviava a morire e a dare la morte migliaia di giovani.

La versione completa dell’intervista si può leggere qui.

Aldo Giannuli e il racconto di una tradizione italiana, il dossieraggio a uso privato

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Aldo Giannuli racconta sul suo blog di una “tradizione” (“un pezzo di identità nazionale, metà fra storia e folklore, come la pastasciutta, Va pensiero e la mamma”) a cui l’Italia sembra tenere molto, il dossieraggio a uso privato. E ne fa un po’ di storia:

Il generale De Lorenzo si difese davanti alla commissione parlamentare di inchiesta sul Sifar dicendo: “La pratica dei dossier non l’ho inventata io, quando arrivai alla guida del Sifar, essa già c’era”. Infatti, se è con Giolitti che inizia la schedatura sistematica degli oppositori con il Casellario Politico Centrale, con Mussolini nasce la prassi di schedare le massime autorità dello Stato.

Aggiungendo una particolarità:

Il nostro è un dossieraggio democratico: mica solo spionaggio del governo contro l’opposizione, ma anche nei confronti dei colleghi di governo. Tutti schedati, tutti a rischio sputtanamento. La prassi raggiunse livelli di arte sopraffina con la guerra fra i vari potentati Dc dal 1953 in poi.

Per ripercorrerla, la storia di questa tradizione, ricostruisce il caso Montesi e poi si inoltra nello zelo che dimostrò il generale Giovanni De Lorenzo. Il post di Giannuli continua qui.