Letteratura e rivolta: il racconto della violenza negli anni di piombo

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Dai ritratti narrativi alla realtà degli anni Settanta, da Leonardo Sciascia ad Alberto Arbasino, da Aldo Moro a Carlo Giuliani. C’è questo e molto altro nel bel testo scritto da Demetrio Paolin, La figura della violenza nella letteratura sugli “anni di piombo” (disponibile per il download in formato pdf). Pubblicato su Vibrisse Libri, questo documento è stato presentato dal suo autore, che ha scritto Una tragedia negata – Il racconto degli anni di piombo nella narrativa italiana, durante il convegno Littérature et “temps des révoltes” (Italie, 1967-1980), che si è svolto dal 17 al 29 novembre scorso a Lione. E vi si legge:

Le vittime non sono più corpi del reato, ma sono persone che chiedono verità ed esigono che gliela si racconti direttamente e alla presenza di terzi. Chi ha commesso una colpa è chiamato a assumersi la responsabilità di quello che ha fatto, a tracciarne i limiti precisi (Edipo è colpevole di aver ucciso suo
padre e aver giaciuto con sua madre, i confini dei suoi delitti sono chiari, netti). Tutto acquista forza perché viene detto, si fa narrazione. È questo secondo me il tema principe del dibattito culturale, narrativo e politico sugli anni 70 e sulla stagione del terrorismo, ovvero come poter mettere in scena racconti, narrazioni che non servano a consolare o a giustificare, ma mettano in primo piano le colpe commesse da ognuno. Il compito è certamente arduo.

Genna: il racconto della storia e chi la racconta

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Un altro modo di raccontare l’Italia e la sua storia, quella che propone Giuseppe Genna con questo video collegato a Italia de profundis di cui si parlava poco tempo fa. Se na sta discutendo sul blog dell’autore che presenta questo “collage” come una videomeditazione. E in effetti così è, con un’avvertenza:

qui nulla è ironico, neppure quando appaiono cose o battute o sospensioni che farebbero sorridere. In calce al filmato, specifico provenienza e natura delle immagini e delle parole di questo video. La cui natura è essenzialmente interrogativa. Alcune domande: come si può raccontare la storia italiana? Raccontandola, persona e personaggio che rapporti hanno? Fondamentalmente, se si vuole narrare la storia d’Italia, si vuole proprio raccontarla? Chi sarebbe quello lì che la racconta? Nessuna risposta, se non un azzardo, che metà filosofia ha formulato: la storia non siamo noi, noi siamo i sogni, che si avverino o meno.

La fantascienza del futuro prossimo secondo Charlie Stross

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La fantascianza del futuro prossimo secondo lo scrittore Charlie Stross, uno dei primi autori d’oltreoceano ad aver adottato una licenza Creative Commons per i suoi romanzi. Ripreso da WorldChanging.com, si legge nel testo:

Near-future SF does different things with the same tools; they come front-and-centre — or rather, their effects come front-and-centre, and the world is changed thereby. And they’re not necessarily such obvious new technologies as smart bombs and wrist-watch radios; they might equally well be a new way of looking at the memetic spread of fashions, as in Connie Willis’ Belwether, or social network mediated economics, as in Bruce Sterling’s Maneki Neko.

Racconti nell’ombra in teatro a Castel Maggiore

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Sguardi - Stagione 2008 2009Dopo l’esperienza estiva di BoNoir con Riccardo Marchesini e GiostraFilm, si riparte tra poco con quella invernale (o quasi). Diverse le novità: il nome della manifestazione, che si chiamerà “Racconti nell’ombra – Viaggio negli enigmi bolognesi”, la location è la sala teatro “Biagi-D’Antona” di Castel Maggiore, alle porte di Bologna, e l’inserimento all’interno della stagione teatrale 2008-2009 intitolata Sguardi e diretta da Francesca Mazza. Qui (in formato pdf) il programma completo della stagione mentre per quanto riguarda gli appuntamenti con “Racconti nell’ombra” queste sono le date:

  • 23 novembre 2008, “Fratelli di sangue: la banda della Uno bianca” con Rosanna Zecchi (presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime) e Alessandro Gamberini (avvocato); letture di Francesca Mazza
  • 18 gennaio 2009, “L’omicidio Alinovi e i delitti del Dams” con Achille Melchionda (avvocato e scrittore), Giampiero Rigosi (scrittore) e Cristiano Governa (scrittore)
  • 8 febbraio 2009, “Leonarda Cianciulli: la saponificatrice di Correggio” con Serena Bersani (giornalista), Fabrizio Piccinini (giornalista) e Marcello Fois (scrittore); letture di Angela Malfitano
  • 1 marzo 2009, “Il caso Murri” con Lorena Mirandola (giornalista), Maurizio Matrone (scrittore) e Loriano Macchiavelli (scrittore)

“Le memorie di Jack Lo Squartatore”: un affresco storico

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Le memorie di Jack Lo SquartatorePersonalmente ritengo che sia poco rilevante ormai l’identità di Jack Lo Squartatore, lo pseudonimo dell’anonimo assassino che nell’autunno del 1888 fece (almeno secondo le ricostruzioni ufficiali) cinque vittime tra le più neglette delle donne di Whitechapel. In proposito, nel corso di un quasi un secolo e mezzo, di ipotesi ne sono state formulate molteplici. E un’altra la propone Clanash Farjeon, noto anche come Alan John Scarfe, ponendo come protagonista del suo romanzo, Le memorie di Jack Lo Squartatore, lo psichiatra londinese Lyttleton Stewart Forbes Winslow. Il libro, uscito a fine settembre in italiano per Gargoyle Books e con la prefazione di Luca Crovi, racconta la storia di questo medico: figlio di un facoltoso alienista, quarant’anni passati da poco, smaltite vicissitudini familiari che gli hanno impedito di migliorare ulteriormente il suo stato sociale, lo psichiatra scopre una passione. Anzi, un’illuminazione, una sorta di percorso mistico verso il sollievo (suo e delle sue vittime): uccidere.

Ma il valore di questo libro non sta tanto nella trama, nella rievocazione dei delitti, nell’autocritica che il killer porta avanti per migliorare il suo modus operandi. Il suo vero valore sta invece altrove: nello spettacolare affresco storico e sociale della Londra di fine Ottocento; nei chiari di una borghesia professionale che assapora gli anticipi di quella che altrove sarebbe stata chiamata belle époque; e negli scuri di un mondo infame, sudicio, senza speranza, da cui fuggire, mondarsi, elevarsi. Singole parole e intere costruzioni sintattiche (ben tradotte in italiano da Chiara Vatteroni) rendono in pieno le atmosfere, contrastanti e complementari, di quel mondo. Sembrano renderle reali, visibili, le luci delle case signorili dove la scurrilità viene ben celata, la frigidità è un destino ineluttabile contro la trivialità dei sensi, dove l’amore diventa motivo di schiavitù tramandato di generazione in generazione. In modo paradossale, la vita e la vitalità stanno altrove: stanno laddove una coltre di sporcizia copre pelle, strade, abiti, marciapiedi, esseri umani. Dove la profanazione di qualsiasi legame affettivo significa perdizione autentica, ma dove la disperazione diventa una costante molla per una ricerca.
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La storia di cinque anarchici del sud

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Cinque anarchici del SudQuella dei cinque anarchici della Baracca è oggi una storia forse quasi dimenticata. Se ne accenna qua e là quando si parla della stagione delle stragi e non si può fare a meno di parlarne in coda ai moti di Reggio Calabria, quando tra il 1970 e il 1971 la città esplose contro la decisione di fare di Catanzaro il capoluogo di regione. L’epilogo della vicenda di quei giovani anarchici si consumò il 26 settembre 1970: Nixon era in visita a Roma, si annunciavano manifestazioni di protesta e i cinque ragazzi stavano viaggiando in automobile alla volta della capitale.

Ma non andavano ai cortei contro il presidente statunitense: in base a quanto dissero prima di partire, avevano con loro un dossier che dimostrava le responsabilità degli estremistri di destra e della criminalità organizzata nell’attentato al Treno del Sole Palermo-Torino avvenuto poche settimane prima, il 22 luglio, che fece sei vittime e 54 feriti. Ma gli anarchici della Baracca a Roma non ci arrivarono: mancavano pochi minuti alle undici e mezza di sera che, a meno di sessanta chilometri dalla meta, la Mini Morris su cui erano venne coinvolta in un incidente. In tre morirono sul colpo, un quarto passeggero non sopravvisse nemmeno il tempo di arrivare al pronto soccorso mentre l’agonia dell’unica ragazza presente durò ventun giorni.

Il libro Cinque anarchici del Sud. Una storia negata di Fabio Cuzzola ricostruisce la storia di questi giovani, che si chiamavano Gianni Aricò, Angelo Casile, Franco Scordo, Luigi Lo Celso e Annalise Borth, e lo fa con una delicatezza e una passione tangibili in ciascuna delle pagine del libro. Parte da un’esigenza, questo lavoro, resa efficacemente nella prefazione da Tonino Perna, che l’ambiente dell’anarchismo di quegli anni lo conosce bene perché ne faceva parte:
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I diari di George Orwell riproposti attraverso un blog

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Orwell DiariesI diari dell’autore del romanzo 1984 pubblicati su web sotto forma di blog. L’iniziativa si chiama Orwell Diaries, è opera dell’Orwell Prize e qui si possono trovare maggiori informazioni. Tra cui:

From 9th August 2008, you will be able to gather your own impression of Orwell’s face from reading his most strongly individual piece of writing: his diaries. The Orwell Prize is delighted to announce that, to mark the 70th anniversary of the diaries, each diary entry will be published on this blog exactly seventy years after it was written, allowing you to follow Orwell’s recuperation in Morocco, his return to the UK, and his opinions on the descent of Europe into war in real time. The diaries end in 1942, three years into the conflict.

Ne viene fuori – prosegue la presentazione – un lato poco noto dello scrittore dedito alla natura, ma emergono anche le riflessioni politiche che poi lo hanno portato a scrivere i suoi celebri romanzi (via BB).

“La via oscura”: l’orrore di un ritratto sociale

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La via oscura di Robert R. McCammonIn tempi di rinascente xenofobia e lotta alla diversità, questo è un libro che spinge a riflettere sulla realtà. Si tratta del romanzo “La via oscura” di Robert R. McCammon, pubblicato a fine inverno da Gargoyle Books, che si inquadra all’interno della letteratura horror d’oltreoceano, ma i temi che affronta sono più che mai concreti: differenze etniche, estremismo religioso, telepredicazione, confronto con stili e credenze minoritari sono i cardini attorno a cui ruota la narrazione.

Se c’è chi credesse poi che le pagine di questo libro contengano descrizioni fastidiose o raccapriccianti perché appartiene al più estremo dei generi del mistero, si dovrà ricredere: da un lato, infatti, McCammon dosa con sapienza l’orrore che inserisce; dall’altro le cronache dei giornali degli ultimi mesi hanno fornito esempi di ben più becera natura che non hanno nemmeno l’attenuante della fantasia di uno scrittore. Insomma, come accade per Joe R. Lansdale con “La notte del drive-in”, anche qui si ritrova una lettura della quotidianità, un ritratto efficace di una società che sembra non conoscere differenze, almeno a livello geografico, quando si tratta di odio.
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Bryan Burrough: la differenza tra racconto e ricostruzione

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La fiction è arte, il suo contrario è costruzione. Interessante articolo sul NYT del giornalista e scrittore Bryan Burrough a proposito di due approcci alla scrittura. Il pezzo si intitola Death in Wyoming, parte come una specie di recensione al libro The Legend of Colton H. Bryant di Alexandra Fuller e ne approfitta per fare il punto sulle modalità da adottare quando si racconta una storia di fantasia e quando invece se ne racconta un’altra realmente accaduta. Come nel caso del libro che Burrough recensisce: storia di un nativo americano che fa l’operaio nel settore petrolifero e che muore poco più che ventenne a causa della negligenza dell’azienda per cui lavora, la Patterson–UTI Energy. E a proposito della nonfiction, il giornalista scrive:

The nonfiction author, however, must build his house by tramping into the woods of society day after day, rooting through the underbrush for just the right wood; then he must fell the trees, haul them back to his site and assemble his dwelling log by log, nail by nail, all the while keeping in mind that if one plank is out of place, someone will howl.

MilanoNera: il primo numero è arrivato

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MilanoNera Web PressSe n’era accennato un po’ di tempo fa del progetto di passare da blog alla carta di Milano Nera. Ed è accaduto, Paolo Roversi ha mandato in rete e la rivista, che sarà distribuita gratuitamente in veste fisica, in sembianze virtuali può essere scaricata da qui (file pdf). Ecco come viene presentato il primo numero:

Un numero d’eccezione, da conservare, con interviste esclusive a Carlo Lucarelli, Massimo Carlotto, Joe Lansdale, Leonardo Padura Fuentes solo per citarne alcuni. Ospiterà rubriche fisse come Taxi Blues, tenuta dalla scrittrice taxista Raffaella Piccinni, anteprime di romanzi, ed una trentina, fra interventi e recensioni di libri, redatti da importanti scrittori come Giampaolo Simi, Nicoletta Vallorani, Paolo Bianchi, Paolo Grugni, Valeria Palumbo, Adele Marini, Daniele Biacchessi e molti altri ancora. Dal 15 maggio la rivista sarà disponibile in tutte le librerie italiane con una particolare presenza nelle librerie Feltrinelli. La rivista uscirà ogni due mesi con una tiratura base di trentamila copie, in concomitanza con i principali eventi letterari italiani (Salone del Libro, Festivaletteratura, Courmayeur Noir Festival, ecc).

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