Fit Watch: “Loro riprendono noi e noi facciamo lo stesso”

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Se si parla della Cina, come fa Rebecca MacKinnon su RConversation a proposito della censura, in qualche modo ce lo si aspetta. Forse meno atteso è invece il discorso sulla Gran Bretagna e sulle relative norme antiterrorismo. Si veda per esempio cosa riportava poche settimane fa Indymedia UK a proposito degli emendamenti contenuti nel Counter Terrorism Bill o il racconto che viene fatto dal blog Fit Watch, creato da un gruppo di persone che tiene d’occhio le novità riguardanti il Forward Intelligence Team. Che, ancora per esempio, di recente ha ammesso l’esistenza di un database che scheda gli attivisti politici che hanno preso parte a proteste pubbliche. Il lavoro svolto da Fit Watch (riprendere e immortalare gli agenti che fanno parte del FIT come questi fanno con i cittadini) è pubblico: oltre al blog, su Flickr vengono pubblicati gli scatti fotografici del gruppo e si incoraggiano con un semplice vademecum di sei punti i cittadini a scendere per strada con la propria attrezzatura di ripresa.

Brutalità giudiziaria per un commento: il caso del francese De Filippis

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Scrive giustamente Vittorio Pasteris in una mail:

Mi ha stupito il totale disinteresse dei media italiani e degli stessi giornalisti in relazione all’arresto del giornalista Vittorio De Filippis. Le ragioni per preoccuparsi per l’azione delle forze dell’ordine e della giustizia sono molteplici. Ne riassumo un paio:

  • la “brutalità” per l’arresto del giornalista francese per un reato di diffamazione
  • il fatto che il presunto reato è attibuito non a un contenuto redazionale, ma ad un commento non correttamente moderato da parte della redazione di Liberation, che quindi è stata citata nella figura di De Filippis direttore ai tempi della vicenda

Che succederebbe se le stesse modalità fossero applicate in Italia ?

Per riassumere è accaduto questo (qui una rassegna in francese degli articoli pubblicati da Libération, il quotidiano che De Filippis dirigeva): irruzione a casa del giornalista lo scorso 28 novembre; prelevato e portato via per essere interrogato; il reato contestatogli è quello della diffamazione durante la sua direzione per un commento di un utente a un articolo che parlava di un provider che già si era fatto il sangue cattivo con il quotidiano d’oltrealpe. Panorama ha ricostruito la vicenda e Condor (file audio in formato mp3) l’ha commentata.

Intanto, altra vicenda (ma sempre di Internet e arresti si parla) che riguarda la rete è questa. Stavolta l’ambientazione è la Croazia.

Sergio Lepri: affidare la memoria al web invece che alla carta

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Sergio Lepri, classe 1919, per lungo tempo direttore responsabile dell’agenzia Ansa, ha scritto – o iniziato a scrivere – un libro (uno tra tanti altri, a dire la verità), che si intitola 1943. Cronache di un anno. Ma ha fatto una scelta: non consegnarlo al circuito della produzione editoriale tradizionale, ma metterlo a disposizione sul suo sito. Il motivo lo spiega lui stesso:

A differenza dei libri a stampa, un libro in Internet non deve essere necessariamente terminato prima di essere reso pubblico. L’autore può inserirlo nel suo sito anche via via che lo scrive. Questa è la prima novità: una specie di “work in progress”, un libro che non solo esce “a puntate”, ma è scritto “a puntate” (molti anni fa alcuni quotidiani pubblicavano a puntate romanzi d’avventura o polizieschi; ma il libro era già scritto e la pubblicazione a puntate serviva soltanto a invogliare i lettori a comprare il giornale del giorno dopo per seguire la vicenda). C’è di più: non è necessario pubblicare i capitoli del libro in ordine cronologico; si può pubblicare un capitolo o un altro, prima o dopo, secondo opportunità.

A differenza dei libri a stampa, un libro in Internet può essere corretto o arricchito dall’autore anche dopo essere stato pubblicato. Intervenire per modificare un testo in rete è semplice. Questa è la seconda novità: un libro che può cambiare, e migliorare, seguendo la diversa ispirazione dell’autore o (per un libro storico o culturale) grazie alla raccolta di nuovi elementi. A differenza dei libri a stampa, un libro in Internet può essere corretto o arricchito anche dal lettore, che invia all’autore, per posta elettronica, osservazioni critiche o suggerimenti o nuove informazioni. Terza novità, quindi: un libro in collaborazione con i lettori, un libro “interattivo”.

A differenza dei libri a stampa, un libro in Internet è aperto non a un numero più o meno grande di possibili lettori, ma al grande mondo di chi “naviga” in rete; e se il libro è un libro storico-culturale, il navigatore (lettore curioso o studioso ricercatore) può, grazie ai “motori di ricerca” e a una parola-chiave, arrivare al libro anche se non sa che esiste e non ne conosce l’autore e non sa chi sia. Questa è la quarta novità: un libro che non sta in qualche migliaio o in alcune migliaia di scaffali, ma, virtualmente, in milioni di computer.

A differenza dei libri a stampa, un libro in Internet non finisce al macero, prima o dopo, per decisione dell’editore oppure, per decisione del lettore, in uno scaffale alto della libreria o sul banchetto di un rivenditore di libri usati; un libro che poi, alla fine, diventa un blocco di carta invecchiata o un mucchio di polvere. Non è fatto di atomi di carta, ma di impulsi elettrici, di bit. Quinta novità: un libro che, se l’autore non lo cancella, è – si fa per dire – eterno o quasi.

E dimostrando una reattività molto superiore a colleghi parecchio più giovani, segnala il suo indirizzo mail per invitare fin da subito i lettori a inviargli consigli, impressioni e proposte di correzioni. Perché, aggiunge, da testimone di fatti storici (e non da storico), è angosciato da un dato di fatto: la perdita della memoria del tempo. E rilancia con un altro invito: aiutarlo a far sì che la memoria non sia dispersa. La seconda parte della pagina dedicata al “cantiere” del libro è occupata dall’indice che contiene già i link a parecchi capitoli (in formato pdf) di quell’anno.

L’horror, la trasfigurazione della realtà e un nuovo blog

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In argomento, seguo il blog di Andrea C. Colombo, Lil e Horror blog: la materia mi incuriosisce (soprattutto nelle sue rappresentazioni letterarie, più che in quelle cinematografiche, come in questo caso) e il genere, quando ben usato, è un grande strumento di interpretazione e di critica politica . Per questo credo che per il futuro, almeno per quello prossimo, leggerò anche Horror – Riflessi di paura, nato ieri e che si presenta così:

È […] un viaggio che ci conduce dalla paura dell’immagine all’immagine della paura, un metodo d’indagine che ci permette di cogliere tutta una serie d’informazioni relative ai molteplici modi di “dire” la paura, quel sentimento fobico primordiale che accomuna il genere umano. Naturalmente – ci auguriamo – con sommo divertimento in quello che sarà principalmente un dialogo in itinere curatore-lettore alla scoperta di tutte le trasfigurazioni orrorifiche che questo mondo ci riserva.

Il digitale, i giornali e l’oscillazione delle notizie

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Bernardo Parrella sottolinea una disattenzione a un argomento che, se sta facendo parlare al di là dell’oceano, da questo lato dell’Atlantico sembra persistere: quella per l’indagine Living and Learning with New Media recentemente pubblicata dalla MacArthur Foundation e incentrata sulle competenze tecniche e sociali che la fascia d’utenza più giovane della rete va sviluppando. E a proposito dell’eco italiana di questi e altri studi, sottolinea Bernardo:

Nonostante i molti anni trascorsi dalla genesi della Rete, per la stragrande maggioranza dei giornalisti (o presunti tali) nostrani urge piuttosto scrivere di nefandezze o gossip. E spingere le mode o i gadget del momento. Cosa c’è di più facile allora che sbattere variamente Facebook in prima pagina pressochè ogni dì? Preferendo alle necessità di spunti e riflessioni articolate, un approccio quasi sempre scandalistico, fuori contesto, inaccurato.

Sempre a proposito di rete, indagini e notizie, è poi interessante quando pubblica Miki Fossati nel post Perdere lettori facendo notare qualche stranezza nei suoi accessi – e qualche link inspiegabile, oltre che imbarazzante – in corrispondenza di testi che parlano del ministro Gelmini e del decreto sulla scuola.

Le “voci globali” che diventano sempre più robuste

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Bernardo Parrella, coordinatore del gruppo italiano di Global Voices, segnala un paio di riconoscimenti tributati al progetto di giornalismo partecipativo fondato dal Berkman Center for Internet and Society di Harvard:

Rising Voices è stato selezionato dal concorso “Best of Blogs 2008” (BOBs) di Deutsche Welle tra i 176 finalisti per le 16 categorie in lizza. Nonostante la nutrita presenza di simili competizioni, BOBs è sicuramente tra le più importanti a livello internazionale: sono previsti 11 premi per ognuna delle lingue in concorso riservati a blog, podcast e videoblog auto-prodotti. Dal 2004 Rising Voices offre microfinanziamenti a una dozzina di comunità di blogger in aree sottorappresentate, tra cui: ‘Voces Bolivianas’, che descrive le difficili situazioni delle comunità boliviane, ‘REPACTED project’ che da Nakuru, in Kenya, spiega come fare educazione sanitaria con il teatro di strada, o ‘Blogging the Dream’ che racconta i sogni della comunità rumena. Il voto è aperto a tutti, basta farlo entro il 26 novembre.

Voices without Votes parte dall’idea che le elezioni del Presidente USA abbiano un impatto mondiale ed è quindi giusto dar voce al cittadini globali sull’evento. In un ampio articolo del 27 ottobre, il Washington Post descrive il progetto, partito ai primi di febbraio 2008, grazie a una partnership con l’agenzia Reuters, e coordinato dalla giornalista Amira Al Hussaini, che vive in Canada ma è nativa del Bahrain, arcipelago del Golfo Persico. Sono una ventina i volontari fra i 20 e i 30 anni, a costituire la redazione di VwV che ogni giorno setaccia più di un migliaio di blog in tutto il mondo e traduce dalle diverse lingue in inglese, le reazioni della blogosfera ai vari eventi di questa campagna elettorale. La sconfitta di Hillary Clinton e la scelta di Sarah Palin, per esempio, sono un’occasione per le ragazze del Kuwait per rivendicare il diritto all’educazione, mentre nelle ultime elezioni in Brasile, il fatto di dichiararsi apertamente sostenitori di Obama non ha portato fortuna a nessun candidato.

Blog fotografici: la selezione di 10000Words.net

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Verve PhotoVia Ultimo, si arriva a un post di 10000Words.net in cui vengono segnalati trenta fotoblog di particolare valore e di argomento eterogeo. Tra quelli elencati, Verve Photo, opera di Geoffrey Hiller, è quello che m’ha colpito di più. Sarà per l’impostazione documentaristica o perché le immagini pubblicate corrispondono bene ai pricipi in base ai quali il blog è stato creato:

Verve is a reminder of the power of the still image. Verve will also point you to new photo agencies, publications and inspiring multimedia projects.

Di ogni fotografia pubblicata, il post corrispondente racconta la storia e dà informazioni sull’autore.

Un appello a sostegno di Carlo Ruta e di AccadeInSicilia

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Io sostengo Carlo RutaRiprendo dal blog di Bernardo Parrella il post intitolato Liberi di comunicare… o forse no? che rilancia un’iniziativa di Giornalismi.info:

Un appello per “impedire che si consumi in Italia il rogo della libera espressione” è stato lanciato, in una lettera aperta, da Carlo Ruta, lo storico condannato da un tribunale siciliano per il reato di stampa clandestina per l’attività del suo blog AccadeInSicilia, oscurato dal Tribunale di Modica l’8 maggio scorso. Ruta sollecita la mobilitazione generale perché è in gioco “la democrazia, nella sua frontiera più avanzata e aperta, rappresentata dalla libera espressione in rete, dalla comunicazione che irrompe e prorompe in senso orizzontale, che rende i cittadini protagonisti in modo nuovo”. Le motivazioni della sentenza, recentemente depositate, confermano l’allarme: lo storico è stato condannato “per avere intrapreso la pubblicazione del giornale di informazione civile denominato ‘Accade in Sicilia’ e diffuso sul sito internet www.accadeinsicilia.net senza che fosse stata eseguita la registrazione presso la cancelleria del Tribunale di Modica, competente per territorio”. Non mancano certo le reazioni indignate, mentre emerge un quadro ben più grave – lo rivela uno stralcio del comunicato diffuso in questi giorni: “Tale fatto giudiziario viene da un contesto difficile. Come testimoniano numerosi eventi, alcuni poteri forti della Sicilia, sottoposti a critica, stanno facendo il possibile per far tacere Carlo Ruta, reo solo di credere nel proprio lavoro di ricerca e documentazione. Basti dire che solo negli ultimi mesi sono state inflitte allo storico ben quattro condanne, a pene pecuniarie e risarcimenti ingentissimi, per complessivi 97 mila euro, presso tre tribunali della regione”.

“Riaprire il fuoco” non diffama gli editori a pagamento

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Ettore Bianciardi, per aver avviato sul blog Riaprire il fuoco insieme a Marcello Baraghini una campagna contro gli editori a pagamento, si era beccato una querela (si veda qua la promessa di rappresaglie legali che aveva preceduto la citazione dell’inverno scorso). La “colpa” che si imputava a Ettore era questa: l’aver fatto notare che se si fa editoria a pagamento occorre dichiararlo subito, fin da quando si promuovono le proprie iniziative, e non dopo, quando ci si trova di fronte a un potenziale autore. Insomma, fatto sta che Ettore si deve cercare un avvocato, investire tempo e soldi per collaborare alla costruzione della propria difesa e presentarsi davanti al giudice. Che però non solo dà torto al querelante, ma dimostra che nelle affermazioni dell’autore bolognese non c’e’ proprio nulla di male. Infatti:

Il Filo, per deontologia professionale, dovrebbe precisare nei propri costosi annunci, che la eventuale (anzi certa) pubblicazione avverrà solo dietro pagamento da parte dell’autore. Non sono solo io a dirlo, da mesi ormai, ma lo conferma, con recente sentenza anche il Tribunale Civile di Bologna. Al Tribunale di Bologna si era rivolta la casa editrice Il Filo, nel gennaio scorso, chiedendo di intimare al sottoscritto la cancellazione dal proprio blog (questo che state leggendo) di tutti gli scritti aventi come oggetto l’attività della casa editrice stessa. La giustificazione di un provvedimento così severo (si può dire cinese?) stava nel fatto che tali scritti erano palesemente falsi e fortemente lesivi dell’immagine e degli interessi de Il Filo. Il Tribunale di Bologna ha respinto il ricorso de Il Filo, sostenendo che la stessa Casa Editrice non è riuscita a dimostrare falsa alcuna delle affermazioni che si trovano su questo blog.

Ettore ha messo a disposizione su web anche l’ordinanza in formato pdf.

Un filo che unisce fenomeni non così scollegati

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Tutte le volte che leggo un post del Miserabile Scrittore ne rimango avvinta per una serie di ragioni: è esplicito, sarcastico, strafottente, ma soprattutto gode di un’invidiabile lucidità nell’interpretare correttamente tra le righe di articoli, libri o lanci di agenzia e nelle retinature (o nei pixel) delle immagini. Per averne un esempio si dia un’occhiata al post Gli americani? Che si sparino… E anche noi in cui riesce a derivare un mosaico coerente da una serie di tasselli apparentemente poco azzeccati l’uno con l’altro: un settimanale che in copertina presenta come se fosse una notizia reale una predisposizione (presunta, da loro) a delinquere di certi bambini appartenenti a etnie specifiche, la circolazione delle armi, i suoi effetti e le sue ripercussioni su sindromi post-belliche e patologie sociali quasi di massa. Il tutto collegato da un’unica linea:

Ci sarebbe da spiegare, da dispiegare. Premesse che sembrano distanti tra loro (copertina di Panorama, l’uso delle armi liberalizzate in USA, il soldato Dwyer, i milanesi depressi e consumatori di psicofarmaci à go go) sono in realtà legate da un filo rosso, che meriterebbe un saggio. Qui vale la pena di lasciare ai vostri commenti. Quanto a me, se devo riassumere ciò che vedo, posso dire questo: il sogno occidentale sta realizzandosi, si tratta del desiderio di uscire dall’umano, di connettere la violenza arcaica a una violenza rettile, di superare la soglia dell’umanità per come è stata conosciuta nella sua storia di meraviglie e nefandezze, per giungere a una forma condizionata e insenziente, disforica e dispercettiva, oberata da protesi mentali e fisiche. Questa è la Macchina Occidentale, lanciata contro il muro del tempo, all’impatto manca poco, e noi tutti ci siamo a bordo. Tirate le vostre conclusioni, vedete un po’ voi se vale la pena di aprire lo sportello e lanciarsi da quest’auto in corsa.