Questo è “un pezzo che ritorna al suo posto dopo tanto tempo”. Margherita Asta, il 2 aprile 1985, ha 10 anni e 2 fratellini più piccoli, i gemelli Salvatore e Giuseppe, di 6. Sua madre, Barbara Rizzo, è giovane, una trentunenne che vive per i tre figli e per il marito Nunzio, in convalescenza per un intervento al cuore che gli regala un inizio di giornata ritardato rispetto al normale. Così, quando poco dopo le 8 del mattino, sente un’esplosione, l’uomo non ci pensa due volte a salire in macchina pensando al gas che può aver arrecato non pochi danni a una palazzina. Invece quel botto non è un incidente, è un ordigno fatto di tritolo, T4, pentrite e Semtex che ha fatto a pezzi sua moglie e i gemelli, passati casualmente lungo il rettilineo dov’è stata parcheggiata un’autobomba destinata a un’altra persona, il giudice Carlo Palermo.
Da Trento a Trapani: la lotta di Carlo Palermo
Sono trascorsi 30 anni dalla strage di Pizzolungo, provincia di Trapani, e oggi Margherita torna sull’attentato che distrusse la sua famiglia firmando con Michela Gargiulo il libro “Sola con te in un futuro aprile” (Fandango Libri). Quel giorno la mafia entra nella vita della famiglia Asta perché i boss vogliono morto quel magistrato giunto da Trento solo 40 giorni prima prendendo il posto di Giangiacomo Ciaccio Montalto, assassinato il 25 gennaio 1983. Per anni Palermo ha condotto un’inchiesta su traffico di droga e di armi che l’ha portato nel sancta sanctorum di certa politica, quella popolata da piduisti, tangentari, affaristi e faccendieri. È stato un massacro professionale e personale, per il giudice Palermo, bersagliato da procedimenti e da minacce, tante minacce.