Parlare d’altro: e così cala un silenzio generalizzato su alcuni processi

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In un periodo in cui si dice, a torto o a ragione, che determinate vicende servono per celarne altre, di ben diverso spessore nazionale, colpisce il fatto che dell’inchiesta Hiram si parli assai poco, almeno a livello di organi d’informazione (discorso a parte, per fortuna, per il web). Da questo panorama va esclusa la copertura che Antimafia Duemila e Crimeblog hanno dedicato alle varie tappe dell’indagine e ora del processo. Processo che peraltro è iniziato poche settimane fa e che il 4 giugno vedrà celebrarsi una nuova udienza: per ascoltarlo, le registrazioni sono disponibili sul sito di Radio Radicale.

Tra i tanti procedimenti importanti in corso (come quello a Mario Obinu e Mario Mori per la mancata cattura di Bernardo Provenzano: qualche informazione di massima qui), questo andrebbe segnalato per i temi e gli ambienti che va a toccare: politica nazionale e siciliana, ambienti economici, cupole mafiose e vincoli massonici, coinvolgimenti istituzionali e religiosi. Il tutto, secondo l’accusa, per rallentare – se non proprio dare una sistemata a – procedimenti penali pendenti. L’articolo Alla Corte dei “miracoli” di Monica Centofante traccia bene il quadro al momento al vaglio della terza sezione penale del tribunale di Palermo. Da notare che due quotidiani nazionali danno al 2008 le ultime notizie di questi fatti: Repubblica a dicembre e Corriere.it addirittura a giugno dello scorso anno (quest’ultimo non consente di salvare la ricerca, ma se si va qui e si digita la parola “hiram” si potrà rendersene conto).

Giornali e democrazia: Beppe Lopez racconta un processo interrotto

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Giornali e democraziaSiamo nel 1979 e Beppe Lopez fonda un giornale, il Quotidiano di Brindisi, Lecce e Taranto. Un’avventura editoriale che si trasforma anche in altro:

punto di riferimento innovativo a livello nazionale e non solo sul piano meramente giornalistico. Nacque, si insediò e fu interrotto: come successe, in generale, al processo di democratizzazione e di socializzazione avviato e stroncato in quegli anni in Italia. Da quello spartiacque della vita nazionale nasce il processo di restaurazione e di omologazione di cui il degrado che vivono oggi la nostra democrazia e la nostra informazione è il frutto maturo.

Questo libro racconta dunque una vicenda-metafora, che intreccia protagonisti e questioni cruciali per capire il passato e il presente dell’informazione e della democrazia nel nostro Paese: la Repubblica, l’assassinio di Moro e la fine del compromesso storico, il craxismo, la degenerazione della”sinistra socialista” in “sinistra ferroviaria”, Carlo Caracciolo, Paese Sera, il caso-D’Urso, Tangentopoli, la fine della cosiddetta “Prima Repubblica”, le provvidenze per l’editoria, La Gazzetta del Mezzogiorno, Giuseppe Gorjux, Giuseppe Romanazzi, Francesco Gaetano Caltagirone, le grandi conglomerate editorial-finanziarie.

Questa è la presentazione del nuovo libro di Beppe Lopez, che del nodo informazione si era già occupato con La casta dei giornali (Stampa Alternativa, 2007) e che continua a farlo con Infodem. Si intitola Giornali e democrazia, viene pubblicato da Glocal Editrice e il suo sottotitolo già la racconta dei contenuti: analisi del degrado dell’informazione in Italia, partendo dallo spartiacque della fine degli anni Settanta e dalla vicenda-metafora del primo quotidiano locale moderno e popolare: il Quotidiano di Lecce.

Photographers in Conflict: dall’altra parte dell’obiettivo

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Photographers in ConflictPhotographers in Conflict è una pubblicazione che nasce all’interno del festival internazionale di fotogiornalismo Visa pour l’Image in Perpignan (si tiene a Perpignan, nel sud della Francia) da un’idea che ha avuto una coppia di addetti ai lavori, Goran Galic e Gian-Reto Gredig:

Dopo Abu Ghraib e lo tsunami, un gruppo di trentadue fotografi è stato invitato dai due artisti in uno spartano studio verniciato di nero. Lo scopo: catturare il ritratto [di chi aveva seguito quelle e altre storie] e fare loro anche interviste video. Isolando i fotogiornalisti e piazzandoli di fronte alle loro macchine, Galic e Greding invertono la relazione di potere asimettrica tra fotografo e soggetto ed esplorano l’auto-percezione dei fotografi.

Per vedere i risultati di quanto realizzato, una dozzina di scatti è disponibile online così come alcuni dei video realizzati. La versione cartacea del progetto è stata pubblicata da Kodoji Press di cui altro bel libro – sempre fotografico – è Reality and fiction, opera della tedesca Katja Stuke.

(Via Ultimo)

Teaching Copyright: mantenersi creativi senza subire intimidazioni

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Teaching CopyrightNon c’è bisogno di altre parole per presentare Teaching Copyright, iniziativa targata Electronic Frontier Foundation nata per spiegare a insegnanti e giovani cos’è il diritto d’autore (o, meglio, il copyright anglosassone) e come utilizzarlo per ampliare il proprio margine d’azione invece di farselo ridurre a suon di soperchierie:

La fuori c’è un sacco di disinformazione sui diritti e sulle responsabilità legali nell’era digitale. Questo è particolarmente sconcertante quando si tratta di informazioni condivise con i più giovani, bombardati a suon di messaggi provenienti da una miriade di fonti secondo cui l’utilizzo delle nuove tecnologie è un comportamento ad alto rischio. L’atto di scaricare musica è paragonato al furto di una bicicletta anche se sono molti i download legittimi. Realizzare video usando clip prese altrove viene stigmatizzato come probabilmente illegale, anche se molti di questi video sono messi a disposizione legalmente.

Questa malainformazione è dannosa perché scoraggia i ragazzini e gli adolescenti a seguire la loro naturale inclinazione a essere innovativi e curiosi. Gli innovatori, gli artisti e gli elettori di domani devono sapere che la legge sul diritto d’autore limita alcune attività, ma ne permette altre. E hanno bisogno di sapere che quali sono i percorsi virtuosi che li possono proteggere nella sfera digitale. In breve, i giovani non hanno bisogno di intimidazioni: ciò di cui hanno bisogno è di un’informazione solida e accurata.

Tematiche, queste, applicabili anche ad altri ambiti. Restando in quello trattato, è già nutrita la sezione delle risorse.

A Bologna cinque giorni di festival sociale delle culture antifasciste

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Festival sociale delle culture antifasciste

Dal 29 maggio al 2 giugno, a Bologna, si articolerà il primo Festival sociale delle culture antifasciste. Luogo: il parco delle Caserme Rosse. Qui il programma (scaricabile anche in formato pdf), che è fittissimo tra tavoli di discussione, dibattiti, manifestazioni, libri e fumetti, film e documentari, mostre fotografiche, musica, teatro, poesia e lezioni di memoria.

Per saperne di più si veda la pagina dedicata all’organizzazione e si ascoltino gli spot radiofonici realizzati per il festival.

L’olio nero di Sarroch: tra documentari censurati e il racconto del reale

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Le rane di Alessandro Gilioli piovono su chi denuncia Oil, il documentario di Massimiliano Mazzotta girato in Sardegna tra la fine del 2007 e il 2008:

L’intervista di Piovono Rane a Massimiliano Mazzotta, regista del documovie “Oil” sugli impianti petroliferi dei Moratti a Sarroch, in Sardegna. Nel film si parla anche, in modo assai critico, dei subappalti e delle condizioni di sicurezza degli operai. I Moratti hanno fatto azione legale per chiedere il sequestro del documentario. Oggi a Sarroch sono morti asfissiati tre operai.

Per saperne di più: Censure italiane: il caso Moratti-Oil e il blog censurato.

Scatti dalla Grande Guerra: e ora si cerca di ricostruirne la storia su web

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Foto dalla prima guerra mondialeIl quotidiano inglese The Indipendent pubblica un’esclusiva che arriva dagli anni della prima guerra mondiale: quasi trecento fotografie scattate a Warloy-Baillon, in Francia, probabilmente da un amatore e ritrovate poco tempo fa. Nel lungo articolo che accompagna le immagini, si racconta che probabilmente quello fu l’ultimo scatto per la maggior parte di loro: a una quindicina di chilometri dal paese, che si trova nel dipartimento della Somme, c’era il fronte che vedeva i soldati di alcune nazioni della Triplice Intesa contrapporsi agli eserciti degli imperi centrali. Una linea di fuoco che nel giro di pochi mesi – dal luglio al novembre 1916 – causò un milione di morti tra i diversi schieramenti.

Le immagini sono state conservate da due abitanti della Somme: Bernard Gardin, sessantenne con la passione per la fotografia, e Dominique Zanardi, un ristoratore della zona. I quali, ritrovate per caso le lastre, le hanno fatte restaurare e ne hanno fatto una copia digitale. Ma non hanno molte delle risposte alle domande che quelle fotografie hanno sollecitato. Neanche dopo che sono state sottoposte all’analisi di storici specializzati in quel periodo. Per esempio non si sa come si chiamasse nessuno degli uomini ritratti, sono tutti sconosciuti, e altrettanto sconosciuti sono i civili che in alcuni casi compaiono accanto a loro: bambini, a volte, oppure donne dallo sguardo intimidito. E così un redattore del giornale britannico, Jack Riley, si è rivolto ai lettori e alla rete per chiedere aiuto nel ricostruire la storia delle fotografie e dei suoi personaggi.

I numeri del fronte antiabortista: delitti in nome della vita

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Alessandro Capriccioli dà i numeri. Quelli che non si capisce bene se siano per la vita o per la morte. O meglio si capisce: sono i numeri – partendo da qui – di alcuni reati che il fronte antiabortista ha compiuto negli Stati Uniti colpendo chi – donne, medici e strutture – l’aborto l’ha praticato:

Marzo 1993: il Dott. David Gunn viene ucciso da Michael Griffin a Pensacola, Florida.
Luglio 1994: il Dott. John Bayard Britton viene ucciso da Paul J. Hill a Pensacola, Florida.
Dicembre 1994: Shannon Lowney e Leanne Nichols vengono uccise da John Salvi a Brookline, Massachusetts.
Ottobre 1998: Il Dott. Barnett Slepian viene ucciso da James Kopp nella sua abitazione a Amherst, New York.
1976-2007: circa duecento tra incendi e attentati dinamitardi colpiscono ambulatori in ogni angolo degli Stati Uniti d’America.
1998-2002: circa 650 lettere all’antrace vengono inviate ad ambulatori degli U.S.A.
1991-1998: un centinaio di attacchi con acido butirrico vengono sferrati negli Stati Uniti e in Canada.

Da Padova a piazza Fontana: rievocare storie che vengono da lontano

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Foto di AuroraMentre si annuncia la prossima realizzazione di un film sulla strage di piazza Fontana (prodotto da Cattleya e sceneggiato da Stefano Rulli e Sandro Petraglia), il quotidiano L’Unità presenta l’articolo 12 dicembre 1969, le indagini, il racconto dei sopravvissuti e un dvd di Lucarelli. Qui, al di là del riprendere i contenuti proposti nella pubblicazione dello scrittore emiliano, si fa ampio riferimento a una storia su cui si sta lavorando in questo periodo: quella che ruota intorno al palazzo padovano di piazza dell’Insurrezione, dove viveva ai tempi Massimiliano Fachini, e alla morte del suo portinaio, Alberto Muraro, unico testimone a favore del commissario Pasquale Juliano, accusato ingiustamente di aver fabbricato le prove contro la cellula veneta e “reo” di aver intuito la preparazione di un “attentato imminente”, che qualche mese più tardi (siamo tra il giugno e il settembre 1969) si sarebbe consumato in piazza Fontana, a Milano.

Il portinaio Alberto Muraro, ex carabiniere, morto precipitando dalle scale che stava lavando, aveva rivelato ai giudici d’aver visto un ragazzo con una pistola e una bomba uscire dall’appartamento di Massimiliano Fachini, consigliere comunale missino, amico di Franco Freda e di Ventura. Muraro aveva ritrattato. Disse di essersi confuso e di non aver visto proprio nessuno. Per chiarire, si sarebbe dovuto presentare in tribunale il 15 settembre. A Fachini, a Freda e Ventura si era già arrivati, ancora grazie a una testimonianza, questa volta di un professore padovano, democristiano, Guido Lorenzon, che il 15 dicembre, assistendo in tv ai funerali per le vittime di piazza Fontana, s’era ricordato di alcune parole dell’amico Ventura. Ventura gli aveva confidato d’aver portato una bomba a Milano, in maggio, in un edificio pubblico. La bomba non era esplosa. Centomila lire buttate via. Tanto era costato l’ordigno.

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Trent’anni di storia: la “patria” che diventa un’epica politica e collettiva

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Patria 1978-2008Novecentotrentanove. Tante sono le pagine di un libro che sta riscuotendo una certa attenzione. Si tratta di Patria 1978-2008 (Il Saggiatore), il recentissimo volume firmato da Enrico Deaglio che parte dal caso Moro e arriva alle vicende degli immigrati di Castelvolturno, lo scorso settembre:

La nostra storia in cinquecento storie: anno per anno, i protagonisti, i fatti, le parole, le vittime e i vincitori, le resistenze, la musica e le idee che hanno costruito il nostro paese. Un libro per ricordare quanto è successo e per scoprire che – molto spesso – le cose non erano andate proprio così.

Uno spaccato interessante del volume lo offre Aprileonline. Inoltre accanto al libro è stato creato anche un sito omonimo dove si invitano i lettori a contribuire con il proprio pezzetto di storia legandolo a uno dei trent’anni contenuti nel libro: una barra rossa ad apertura della pagina consente la navigazione cronologica degli interventi. Dice per esempio Davide per l’anno 1992:

Domenica, 19 luglio. Rimango in casa, quattordicenne con alcuni amici a fumacchiare, mentre i nostri genitori vanno in campagna a fare un pic nic. Quando tornano sono pallidi e molto seri, ci chiedono se abbiamo acceso la tv o ascoltato il giornale radio. Perché? dico. È stato assassinato Borsellino. Non sapevo bene chi fosse, cosa poteva aver fatto per meritare una fine del genere; c’erano le vacanze estive e non avevo modo di parlarne a scuola, così cominciai a leggere i quotidiani, per saperne di più. E ancora oggi non ne so abbastanza.

Poi musica e immagini sono inviti a completare la lettura o la scrittura: nelle sezioni jukebox e video vengono radunate suggestioni che parte integrante di quel periodo storico lo sono.

E in coda una segnalazione ulteriore al secondo volume della “trilogia sporca d’Italia” di Simone Sarasso: Settanta che segue Confine di stato.