Quando la crisi cambia le rotte delle migrazioni

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La crisi, i migranti e vecchie rotte verso il continente americano. Questa storia la racconta Sara Chiodaroli su Peacereporter. Le carrette dell’oceano atlantico puntano sia a nord che a sud e i viaggi – che si interrompono e che vengono pagati dai 2.500 ai 7 mila dollari – generano bilanci drammatici.

Dal mese di marzo a oggi sono state intercettate cinque imbarcazioni che portavano a bordo migranti provenienti da Eritrea, Etiopia, Ghana, Somalia, Nigeria, Cina, Bangladesh e Nepal, successivamente messi in stato di detenzione in attesa di rimpatrio o di richiesta di asilo. Il 13 marzo cinquanta migranti sono stati soccorsi dal Servizio Marittimo al largo delle coste del Nicaragua, dopo essere stati abbandonati in alto mare dai ‘coyotes’ colombiani che li avevano condotti a bordo di un peschereccio salpato dalle coste della Colombia, promettendo di lasciarli in Honduras. Tuttavia il viaggio via mare era cominciato ben quaranta giorni prima, dalle coste africane, dopo aver pagato circa 2.500 dollari ai trafficanti locali. Secondo i dati statistici della Direzione Generale per l’Immigrazione del Nicaragua, negli ultimi quattro anni erano stati rimpatriati dal paese centro americano solo nove cittadini di origine africana; questo sbarco ha rappresento quindi un evento straordinario, considerando anche le difficoltà diplomatiche con i rispettivi consolati, per lo più assenti sul territorio nicaraguense per disporre le operazioni di rimpatrio.

E questa è solo una delle storie raccontate nel reportage di Sara Chiodaroli.

Se n’è andato Beppe Cremagnani, autore di “G8/2001” e molto altro

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Del documentario G8/2001 – Fare un golpe e farla franca si era parlato varie volte da queste parti. E anche di uno dei suoi autori, Beppe Cremagnani, che, stroncato da un infarto, se n’è andato. Su Peacereporter il ricordo del giornalista e scrittore:

Nato a Milano nel 1951, Giuseppe Cremagnani, da tutti conosciuto come Beppe, si è laureato in Giurisprudenza all’Università Statale di Milano. Ben presto ha intrapreso la carriera di giornalista passando attraverso innumerovoli esperienze. Giornalista e autore televisivo, ha lavorato a la Repubblica e a l’Unità ed è stato autore di numerose trasmissione televisive: Milano, Italia; Il laureato; Inviato speciale; La nostra Storia; Ragazzi del 99; Vento del Nord; L’elmo di Scipio. E’ stato consulente della trasmissione «Che tempo che fa» e collaboratore con «Diario». Con la Luben Production, una delle sue ultime passioni, ha realizzato importanti film-documentari sulle cronache, tristi, delle vicende italiane degli ultimi anni: oltre a “G8/2001 fare un golpe e farla franca”, “Quando c’era Silvio”, “Uccidete la Democrazia”, “L’Ultima Crociata” e “Gli imbroglioni”.

Peacereporter: la moglie di Tito, una storia jugoslava

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Una storia jugoslava: è la prima parte, la pubblica Peacereporter e si concentra sulla vicenda della moglie del Maresciallo Tito, tra intrighi e miserie. Scritto da Francesca Rolandi, il testo esordisce raccontando che:

Alcuni giorni fa i riflettori dei media serbi si sono riaccesi sulla figura di Jovanka Broz, vedova 85enne del presidente jugoslavo Tito. Le dichiarazioni di Ivica Dačiċ e Rasim Ljajiċ, rispettivamente ministri serbi degli Interni e del Lavoro e delle Politiche Sociali, secondo le quali alla signora Broz starebbe per essere consegnato un passaporto, hanno riportato agli onori della cronaca la controversa vicenda della ex first lady jugoslava, che nei giorni successivi ha rilasciato una delle sue rarissime interviste al quotidiano belgradese Politika.

Qui la seconda parte.

Peacereporter: ancora De Vuono e il periodo paraguayano

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Giustino De VuonoDi Giustino De Vuono, uno dei componenti della banda che rapì e uccise insieme ad alcuni pentiti di niente nell’aprile 1975 Carlo Saronio, si è occupato il libro di Stefania Limiti L’anello della Repubblica, come si segnalava poco tempo fa. Ora, sull’ex legionario calabrese conosciuto nel mondo della malavità come lo “scotennato”, torna Alessandro Grandi su Peacereporter con l’articolo Caso Moro: una pista dal Paraguay (qui la seconda parte). In qui si scrive che:

Un’informativa diretta al capo del dipartimento d’investigazione della polizia della capitale paraguayana narra le vicende di un italiano trovato in Svizzera in possesso di documenti paraguayani falsi. Il soggetto in questione è Giustino de Vuono […]. Come descritto dettagliatamente nel rapporto, sarebbe un “presunto integrante” delle Brigate Rosse oltre a essere indicato come uno degli assassini di Aldo Moro. C’è di più. De Vuono […] è considerato un appartenente alla ‘ndrangheta. Da quanto si evince dal carteggio, stilato in data 4 luglio 1981, la presenza del De Vuono in Paraguay non è una novità: il documento analizza i suoi spostamenti e le sue azioni dal 1977 al 1980. Viaggi e passaggi da un paese all’altro del continente americano, sovente con documenti falsi.

Secondo la documentazione […] ritrovata nel febbraio scorso all’interno del Centro de Documentacion y Archivio del Palazzo del Poder Judicial di Asuncion – dove è custodito il famigerato Archivio del Terrore della dittatura filonazista di Alfredo Stroessner in cui sono descritte minuziosamente tutte le vicende relative al Plan Condor – Giustino de Vuono sarebbe entrato in Paraguay in automobile, nel giugno del ’77, con un documento d’identità falso a nome Antonio Chiodo. In quelle circostanze oltrepassò la frontiera che separa Brasile e Paraguay in località Puerto Stroessner (oggi Ciudad del Este, ndr), zona nota alle cronache odierne per via dei traffici illeciti che la animano giorno e notte.

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Pandemie, i numeri e il prospetto della storia

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Dato che si torna a parlare di pandemie (e concordo con il commento di Alfonso Fuggetta a proposito del verbo dilagare), Neatorama coglie la palla al balzo e se ne esce con un post sui cinque peggiori contagi della storia. Si parte dalla febbre tifoide del 430 AC del Peloponneso, durante la guerra che contrappose Sparta e Atene, per arrivare alla spagnola del 1918. Giusto per far parlare i numeri e ridimensionare le emergenze strillate a ogni pie’ sospinto. Sempre in tema sui fatti di questi giorni si legga anche un lungo reportage di Fabrizio Lorusso su Peacereporter.

LG, Peacereporter ed Emergency contro silenzi e denunce

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Io non denuncioL’appello di Libertà e Giustizia, intitolato Rompiamo il silenzio, contro tutta una serie di storture:

contrastare le proposte di stravolgimento della Costituzione, come il presidenzialismo e l’attrazione della giurisdizione nella sfera d’influenza dell’esecutivo. Nelle condizioni politiche attuali del nostro Paese, esse sarebbero non strumenti di efficienza della democrazia ma espressione e consolidamento di oligarchie demagogiche. Difendere la legalità contro il lassismo e la corruzione, chiedendo ai partiti che aspirano a rappresentarci di non tollerare al proprio interno faccendieri e corrotti, ancorché portatori di voti. Non usare le candidature nelle elezioni come risorse improprie per risolvere problemi interni, per ripescare personaggi, per pagare conti, per cedere a ricatti. Promuovere, anche così, l’obbligatorio ricambio della classe dirigente. Non lasciar morire il tema delle incompatibilità e dei conflitti d’interesse, un tema cruciale, che non si può ridurre ad argomento della polemica politica contingente, un tema che destra e sinistra hanno lasciato cadere. Riaffermare la linea di confine, cioè la laicità senza aggettivi, nel rapporto tra lo Stato e la Chiesa cattolica, indipendenti e sovrani “ciascuno nel proprio ordine”, non appartenendo la legislazione civile, se non negli stati teocratici, all’ordine della Chiesa.

Peacereporter ed Emergency pubblicano inoltre il manifesto da portare negli ambulatori. Per protestare contro una delle storture più indegne degli ultimi tempi: l’obbligo di denuncia dei medici per i pazienti, in ambienti diversi da un pronto soccorso o uno studio medico, vengono chiamati immigrati clandestini.

Serbia, il grande malato d’Europa nelle parole di Peacereporter

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Mentre in Medioriente la sproporzione è la misura e la Somalia precipita ancora, e mentre a fine gennaio sarà in libreria e in rete un libro in tema a cui tengo moltissimo – Processo agli scorpioni di Jasmina Tesanovic -, PeaceReporter pubblica un reportage di Christian Elia sul grande malato d’Europa. Sarebbe a dire la Serbia, un paese del quale si cerca di comprenderne il presente e intuirne il futuro in un momento in cui l’attenzione verso i Balcani è più focalizzata sul processo di indipendenza del Kosovo.

Le foglie cadono, nel gelo che c’è fuori. “A mio avviso gli anni di Tito possono essere paragonati a un film di Fellini”, osserva Blaz, che veglia sulla tomba del maresciallo. “Se uno non ha gli strumenti culturali per leggere l’aspetto più profondo del film del grande maestro italiano, ne coglierà solo l’aspetto esteriore, a tratti incomprensibile. Ma è nel senso profondo che bisogna perdersi, se si vuole cogliere davvero l’idea del maresciallo: eliminare le divisioni lavorando tutti verso uno stesso progetto. Costruire una società nuova e un uomo nuovo. Non è andata così, anche per colpe dello stesso Tito. Ma quando arriva il 4 maggio, anniversario della sua morte, qui vengono tanti ragazzi, alcuni ancora a piedi, come si usava un tempo. Rendono omaggio a un uomo che, con tutte le sue contraddizioni, è riuscito a tenere assieme quello che è andato distrutto”.
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Dopo 34 anni, il terzo processo per piazza della Loggia

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Francesco Zambelli scrive per PeaceReporter il testo che segue. Si intitola Trentaquattro anni per una verità e racconta l’apertura del terzo processo per la strage di piazza della Loggia, avvenuta a Brescia il 28 maggio 1974.

Giulietta Banzi Bazoli, Livia Bottardi Milani, Clementina Calzari e il marito Alberto Trebeschi, Euplo Natali, Bartolomeo Talenti, Luigi Pinto e Vittorio Zambarda. Sono i nomi che si sentono pronunciare ogni anno, ogni 28 maggio, in piazza della Loggia. I nomi di chi in quella piazza, nel 1974, partecipava a una manifestazione antifascista e si trovava vicino al cestino della spazzatura dove alcuni fascisti, con la complicità di una parte dei servizi dello stato italiano, avevano messo una bomba.

Questo è il terzo processo che vuole far luce su chi ordinò e chi compì la strage. Imputati sono Carlo Maria Maggi, Delfo Zorzi, Maurizio Tramonte, Giuseppe Rauti, Francesco Delfino e Giovanni Maifredi. Si tratta, probabilmente, dell’ultimo processo per le stragi che tra il ’69 e il ’74 vennero organizzate in Italia con lo scopo di favorire una svolta autoritaria, militare, nel nostro paese. Si basa sulle ricostruzioni fornite da un ex agente della Cia, Carlo Digilio, esperto di esplosivi che collaborò alla realizzazione di alcune stragi ed è morto nel 2005: ironia della sorte, proprio nel giorno dell’anniversario di quella di piazza Fontana, la prima, la madre di tutte le stragi. Sono state poi raccolte informative della polizia, documentazione del Sismi (servizi segreti militari), atti di processi come quello contro il Mar di Fumagalli e del conflitto a fuoco avvenuto a Pian del Rascino, dichiarazioni prese dai processi precedenti e nei processi per le stragi di piazza Fontana e della questura di Milano. Un altro procedimento è stato aperto contro gli avvocati Gaetano Pecorella e Fausto Maniaci per aver fatto da tramite nel consegnare a Martino Siciliano 150mila dollari per ritrattare le sue dichiarazioni contro Delfo Zorzi.
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PeaceReporter: l’Iraq, la croce e il kalashnikov

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  • Naoki Tomasini, La croce e il kalashnikov:

    Le violenze settarie che hanno insanguinato l’Iraq negli ultimi tre anni hanno cambiato la faccia del paese e hanno spinto le diverse comunità a raccogliersi per trovare protezione. Alcune, sull’esempio dei consigli del Risveglio, le milizie tribali sunnite che oggi sono alleate con gli Usa nella lotta contro Al Qaeda in Mesopotamia, hanno organizzato dei piccoli gruppi di autodifesa cittadina o di quartiere. Accade anche nel piccolo villaggio di Tel Asquf, nella provincia settentrionale di Niniveh, dove la sicurezza dei cittadini è protetta dalla prima milizia composta da cristiani.

Cronache cilene trentacinque anni dopo

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  • Peacereporter, Disordini per il 35esimo anniversario del golpe: molti arresti e feriti:

    Durante il 35esimo anniversario del golpe del generale Pinochet, che rovesciò il governo del presidente Salvador Allende, a Santiago del Cile sono stati registrati molti disordini. Il bilancio è di 234 persone arrestate e 38 ferite, di cui 29 carabineros. Un ragazzo di 18 anni riporta un grave trauma cranico, e una donna incinta è stata portata in ospedale per ferite da arma da fuoco. Tra le forze d’ordine ferite, tre sono in condizioni critiche. Scontri e disordini sono stati registrati anche in altre cinque regioni del Paese, e 160 persone sono state arrestate. Nelle periferie della capitale le persone hanno preso d’assalto i supermercati. Inoltre la Chilectra, la compagnia fornitrice dell’energia elettrica, ha fatto sapere che durante la notte 148.200 utenti è rimasto senza luce.