Vittime e familiari: per quelle del 2 agosto 1980 c’è il “vilipendio di Stato” mentre per i familiari di Nino Agostino niente, tutto azzerato

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Strage di Bologna: il Pdl prima diserta la piazza, ora denuncia i familiari delle vittime. Un articolo, di seguito, scritto a quattro mano con Davide Turrini per il Fatto Quotidiano. E sempre in tema vittime e mancanza di verità si legga anche L’omicidio dell’agente Agostino. Vent’anni dopo si riparte da zero. La vicenda (barbara) è questa e su di essa, tanto per rimanere in tema, c’è segreto di Stato.

Si riaccende la polemica attorno alle parole che Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione vittime strage del 2 agosto, ha pronunciato nei confronti del governo dal palco di Piazza delle Medaglie d’Oro, a Bologna, martedì scorso, nel trentunesimo anniversario della strage. Un discorso durante il quale Bolognesi, ha chiesto di proseguire le indagini su quello che accadde alla stazione, soprattutto per capire chi furono i mandanti e se quella fu o meno una delle cosiddette stragi di Stato, maturate in un disegno che gli storici definiscono come “strategia della tensione”.

Oggi il deputato del Pdl, Fabio Garagnani (lo stesso deputato che alla vigilia della commemorazione aveva chiesto l’esercito a Bologna) ha presentato un esposto alla magistratura ipotizzando il reato di vilipendio contro la Repubblica e i suoi organismi previsto dall’articolo 290 del codice penale. “Le gravi affermazioni del presidente dell’associazione delle vittime della strage del 2 agosto non possono essere lasciate sotto silenzio, non tanto perché contenenti critiche di natura politica, quanto perché delegittimano in modo inconfutabile lo Stato e le Istituzioni democratiche”, ha affermato Garagnani dimenticando che il governo del Paese, gli uomini del suo stesso partito, hanno disertato la commemorazione per il secondo anno consecutivo.

“Certe affermazioni, che non sono critica politica, bensì violenta contestazione verbale ed oltraggio allo Stato, alle assemblee legislative e al Governo – spiega il parlamentare del Pdl – che ne sono parte costitutiva, non possono essere tollerate, pena il venir meno della credibilità delle istituzioni medesime”.
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Uranio impoverito: l’amministrazione deve risarcire anche il danno biologico

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Dalla newsletter di Cassazione.net, si legge che l’amministrazione [viene] condannata a risarcire anche il danno biologico ai militari colpiti dal cancro dopo l’esposizione all’uranio impoverito:

Il militare colpito da un tumore dopo essere stato esposto all’uranio impoverito durante missioni all’estero deve essere risarcito dalla pubblica amministrazione anche del danno biologico. Lo ha deciso il Tar della Campania che, con la sentenza 17232 depositata il 5 agosto scorso, ha accolto la domanda di risarcimento di un militare.

Se ne parla più diffusamente qui e qui.

“L’Italia chiamò”: quattro storie di uranio impoverito

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Malgrado l’inconsistenza di ciò che ha formulato nel marzo scorso la commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito non arrivando a concludere niente che potesse far capire come mai tanti militari inviati all’estero si sono ammalati, c’è chi non resta in silenzio. Tra questi ci sono Matteo Scanni, Leonardo Brogioni, Angelo Miotto, i tre autori di un documentario che si intitola L’Italia chiamò. La sinossi del film racconta che:

Quattro militari italiani che hanno partecipato alle missioni di pace in Bosnia, Kosovo e Iraq cercano un difficile ritorno alla vita dopo essersi ammalati di tumore dormendo nelle caserme bombardate con proiettili all’uranio impoverito. Luca, Emerico, Angelo, Salvatore: quattro storie di solitudine e dignità, intrecciate in un destino che accomuna 2500 soldati colpiti dalla Sindrome dei Balcani, un male che ha già ucciso 164 giovani partiti per servire la divisa. Diario intimo di una generazione che rischia l’estinzione.

Il documentario sarà presentato il prossimo 8 settembre a Bologna (qui la locandina) e interveranno gli autori che dicono:

Sono migliaia. Contaminati, malati, alcuni già morti. Giovani militari, in divisa. Chi per passione, chi per necessità economica, mandati a combattere senza le necessarie precauzioni, anche se ministri e generali conoscevano i rischi. Il nemico invisibile è la radiazione, la polvere sprigionata dai proiettili all’uranio impoverito, caduti a pioggia su Bosnia, Kosovo, Irak. O esplosi nei poligoni di tiro italiani.