E così l’Acta (anti-counterfeiting trade agreement, che oltre a prendersela ufficialmente con la contraffazione avrebbe avuto conseguenze sui contenuti in rete e sulle piattaforme che ne consentono la diffusione) non può imperare nell’Unione Europea e nemmeno nei suoi Stati membri. Il voto in sede comunitaria è finito con 478 no, 39 sì e 165 astensioni. Oltre a quanto già scritto, per leggere nel dettaglio quanto era paventato dall’accordo, si veda qui.
copyright
4 maggio, giornata internazionale contro i DRM, i sistemi che “lucchettano” le opere dell’intelletto
StandardOggi è la giornata mondiale contro i DRM (Digital Rights Management), sistemi che, nel nome del sacro verbo della protezione del diritto d’autore, rendono non fruibili le opere dell’intelletto.
Per l’immagine, grazie a BoingBoing.
Acta: un’infografica fa il punto in Europa dei Paesi che hanno aderito all’accordo internazionale che mina la libertà in rete
StandardSi intitola Acta: tutto quello che avete sempre voluto sapere e l’infografica pubblicata sopra fa il punto dei Paesi europei che hanno firmato l’accordo internazionale. Un accordo in base al quale, per combattere contraffazione e violazione del copyright, si rischia l’ennesimo giro di vite alla condivizione delle informazioni in rete.
La notte della Rete: vogliono censurare Internet in nome della tutela degli autori? Sono dei bugiardi
StandardLa notte della Rete, per opporsi al bavaglio che si vuole imporre via Agcom, è oggi (dalle 17.30 alle 21 alla Domus Talenti a Roma). Di seguito ecco quanto si scriveva (anche su Domani) un po’ di tempo fa in proposito: Vogliono censurare Internet in nome della tutela degli autori? Sono dei bugiardi.
Ci risiamo. L’Autorità per le comunicazioni (Agcom) questa settimana dovrebbe votare un provvedimento per poter oscurare a piacimento i siti che si ritiene violino il diritto d’autore. La piattaforma di file sharing Youtube è la prima vittima che viene in mente, ma giusto per andar sul sicuro, nella proposta ci finisce dentro anche Wikileaks.
Del resto, i cablogrammi diplomatici e i video militari girati dagli elicotteri Apache mentre si accoppano civili avranno in termini giuridici un “padre morale” che li ha realizzati, no? Ci saranno degli autori a cui va riconosciuta la titolarità dell’opera e il diritto di sfruttamento economico più o meno esclusivo? E allora – devono aver pensato i furbacchioni dell’Agcom – usiamo il copyright, sinonimo improprio per parlare di diritto d’autore (il primo, di matrice anglosassone, tutela maggiormente i soggetti industriali mentre il secondo, più squisitamente europeo, pone in rilevanza gli autori in quanto creatori di un contenuto originale).
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Vogliono censurare Internet in nome della tutela degli autori? Sono dei bugiardi
StandardCi risiamo. L’Autorità per le comunicazioni (Agcom) questa settimana dovrebbe votare un provvedimento per poter oscurare a piacimento i siti che si ritiene violino il diritto d’autore. La piattaforma di file sharing Youtube è la prima vittima che viene in mente, ma giusto per andar sul sicuro, nella proposta ci finisce dentro anche Wikileaks.
Del resto, i cablogrammi diplomatici e i video militari girati dagli elicotteri Apache mentre si accoppano civili avranno in termini giuridici un “padre morale” che li ha realizzati, no? Ci saranno degli autori a cui va riconosciuta la titolarità dell’opera e il diritto di sfruttamento economico più o meno esclusivo? E allora – devono aver pensato i furbacchioni dell’Agcom – usiamo il copyright, sinonimo improprio per parlare di diritto d’autore (il primo, di matrice anglosassone, tutela maggiormente i soggetti industriali mentre il secondo, più squisitamente europeo, pone in rilevanza gli autori in quanto creatori di un contenuto originale).
Ma non sottilizziamo con quelli che sembrano “azzeccagarbuglismi” da gente di leggi e codici. Qui la vera questione è un’altra. La vera questione è una paura più grande delle altre. Più grande delle bombe che piovono dal cielo. Più grande dei reattori nucleari che fumano. Più grande delle migrazioni da continenti poveri a continenti ricchi. Perché più grande? Perché è una paura più sottile, da sbandierare meno. È la paura dell’informazione, madre e figlia del libero pensiero.
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Paesi emergenti, media e “pirateria”: storia di un irrigidimento fallito
StandardLa pirateria è bella, diceva Carlo Gubitosa nello spettacolare Elogio della pirateria (Altreconomia, 2005) di cui si era parlato ai tempi. Ed aveva ragione, in quel libro. Ora se ne può leggere anche in Media Piracy in Emerging Economies:
È il primo studio indipendente e su larga scala che analizza il fenomeno della pirateria in ambito musicale, cinematografico e software focalizzandosi su Brasile, India, Russia, Sud Africa, Messico e Bolivia. Realizzato basandosi su tre anni di lavoro di trentacinque ricercatori, questo testo racconta due storie globali: una che traccia l’esplosiva crescita della pirateria per quanto riguarda le tecnologie digitali, ormai economiche e ubique nel mondo, e un’altra che segue l’evoluzione delle lobby industriali che hanno ridefinito le leggi e l’irrigidimento della protezione del copyright. Il report sostiene che questi sforzi sono ampiamente falliti e che il problema della pirateria è inteso più come un inefficace approccio all’accesso ai media sui mercati legali.
Particolare la licenza con cui questo lavoro viene rilasciato, che si chiama The Consumer’s Dilemma e che differenzia modalità di accesso e uso discriminando sull’elemento commerciale (è gratuito per i Paesi che non appartengono a Stati Uniti, Europa Orientale, Giappone, Australia e diverse nazioni del Golfo Persico). Per averne una copia cartacea via Lulu.com, questo è l’indirizzo.
Il manifesto del dominio pubblico per aprire l’accesso alla conoscenza
StandardÈ online il manifesto del dominio pubblico, al momento in inglese ma in corso di traduzione in varie lingue. In sintesi, i suoi principi, lanciati dal progetto europeo Communia, coordinato dal Centro Nexa su Internet & Società del Politecnico di Torino, riguardano questi aspetti:
Storicamente il pubblico dominio, ovvero quelle opere dell’ingegno che si possono usare liberamente, come gli scritti di Alessandro Manzoni o le musiche di Giuseppe Verdi, ha rappresentato un bene comune di cruciale importanza per lo sviluppo della cultura […]. In base alla corrente normativa sul diritto d’autore (o copyright), fanno parte del pubblico dominio quelle opere mai coperte dal copyright (perché non originali o perché meri fatti, leggi scientifiche, ecc.) o che non lo sono più per la scadenza del limite temporale di protezione previsto dalla legge (in molti paesi 70 anni dopo la morte dell’autore). Nella definizione adottata dal progetto Communia, il termine assume tuttavia un carattere più ampio, estendendosi alle varie forme di “accesso aperto” alla conoscenza, come le opere rilasciate con una licenza Creative Commons. Incluse in questa accezione di “pubblico dominio” sono anche le eccezioni e limitazioni al diritto d’autore previste dalla legge (diritto di cronaca, ecc.), eccezioni che nei paesi anglosassoni si articolano secondo la dottrina del “fair use”.
Qui l’elenco delle lingue disponibili mentre per aggiungersi alle persone e alle realtà che hanno aderito al progetto c’è a disposizione una pagina di sottoscrizione. Inoltre il progetto è presente anche su Facebook.
Il fioraio di Peron: due Argentine unite da una storia. E poi la fine del copyright
StandardPubblicando con Stampa Alternativa, di questo libro era da un po’ che sentivo parlare e mi incuriosiva parecchio. Ora è in uscita. Si intitola Il fioraio di Peron ed è stato scritto da un autore davvero bravo, Alberto Prunetti (per averne conferma si provi a leggere il suo Potassa e gli articoli per Carmilla). Ecco di che parla:
L’Argentina di ieri e quella di oggi, unite da una Storia che, tra crisi e trasformazioni, resta pervicace nelle sue linee di fondo e in cui il peronismo riemerge periodicamente quale collante politico e culturale di una nazione. Nazione ben strana, del resto, in cui apparente spensieratezza italiana e apparente tragicità spagnola hanno dato luogo a una curiosa sintesi, che differenzia il paese da tutto il resto dell’America Latina. Il romanzo narra episodi in gran parte veri, ma ciò è irrilevante: ciò che è vero al di là di ogni dubbio è il contesto umano e sociale che, nel narrare la vicenda di un fioraio italiano giunto vicino alle sedi del potere, e quella parallela di un erede che ne cerca le tracce, Alberto Prunetti mette in evidenza. Con un linguaggio terso e incisivo, in cui piccoli dettagli, rapide annotazioni, osservazioni di poche righe assurgono a sintomi di un dramma più vasto. Il simbolo più significativo di tutto ciò è la Casa Rosada, così chiamata – impariamo – perché tinta con sangue bovino all’epoca della costruzione. Un colore tenue e piacevole, dunque, che allude a una crudeltà sempre pronta a trasudare, fatta di prepotenza e pulsioni autoritarie. La complessa realtà argentina non poteva essere descritta meglio.
E già che si segnalano libri interessanti (anche se in questo caso per altri motivi), sempre per lo stesso editore sta uscendo anche La fine del copyright di Joost Smiers e Marieke van Schijndel:
Quando sono pochi conglomerati internazionali a controllare saldamente il bene comune della comunicazione e della produzione culturale, è a rischio la democrazia stessa. La libertà di comunicare che spetta a ciascuno di noi e il diritto individuale di partecipare alla vita culturale della propria comunità (come sancito nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani) non possono non indebolirsi davanti al diritto esclusivo assegnato dall’odierno copyright a un pugno di manager e investitori, guidati unicamente dai propri interessi ideologici ed economici.
Teaching Copyright: mantenersi creativi senza subire intimidazioni
StandardNon c’è bisogno di altre parole per presentare Teaching Copyright, iniziativa targata Electronic Frontier Foundation nata per spiegare a insegnanti e giovani cos’è il diritto d’autore (o, meglio, il copyright anglosassone) e come utilizzarlo per ampliare il proprio margine d’azione invece di farselo ridurre a suon di soperchierie:
La fuori c’è un sacco di disinformazione sui diritti e sulle responsabilità legali nell’era digitale. Questo è particolarmente sconcertante quando si tratta di informazioni condivise con i più giovani, bombardati a suon di messaggi provenienti da una miriade di fonti secondo cui l’utilizzo delle nuove tecnologie è un comportamento ad alto rischio. L’atto di scaricare musica è paragonato al furto di una bicicletta anche se sono molti i download legittimi. Realizzare video usando clip prese altrove viene stigmatizzato come probabilmente illegale, anche se molti di questi video sono messi a disposizione legalmente.
Questa malainformazione è dannosa perché scoraggia i ragazzini e gli adolescenti a seguire la loro naturale inclinazione a essere innovativi e curiosi. Gli innovatori, gli artisti e gli elettori di domani devono sapere che la legge sul diritto d’autore limita alcune attività, ma ne permette altre. E hanno bisogno di sapere che quali sono i percorsi virtuosi che li possono proteggere nella sfera digitale. In breve, i giovani non hanno bisogno di intimidazioni: ciò di cui hanno bisogno è di un’informazione solida e accurata.
Tematiche, queste, applicabili anche ad altri ambiti. Restando in quello trattato, è già nutrita la sezione delle risorse.