Pietro Ancona: Pio Latorre, una lotta contro una Sicilia trasformata in portaerei

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Pio LatorreSu Domani un intervento di Pietro Ancona a ventinove anni dall’omicidio di Pio Latorre:

Il 30 aprile era il ventinovesimo anniversario della morte di Pio La Torre che fu segretario del Pci siciliano durante una delle più terribili recrudescenze del dominio mafioso (è stato ucciso per ordine di Totò Riina: voleva punirlo in quanto autore – assieme a Rognoni – della legge che confisca le proprietà di Cosa Nostra. Non era ben visto dai militari italiani e stranieri: aveva guidato l’ occupazione della base di Comiso per protesta contro l’installazione dei missili, ndr). Non è la prima volta che lo rievoco e continuerò a farlo perché il suo ricordo racchiude molte cose che hanno a che fare con l’onestà, la pulizia morale e politica, la passione, la dedizione ad un ideale in cui il partito diventa strumento non di scopi che lo riguardano ma di interessi generali della popolazione e della società. Lo ricordo con affetto perché ebbi l’onore di collaborare con lui da segretario generale della Cgil siciliana e di rendere possibile l’attuazione di tanti dei momenti di lotta che programmava e realizzava con tenacia ed entusiasmo quasi fanciullesco. Mi riferisco alla lotta per la pace e contro i missili a Comiso. Ricordo che mi sostenne tutte le volte che la corrente comunista poneva il problema della mia estromissione dalla direzione della Cgil. Io ero (e sono) socialista . Ero unitario con i comunisti, ma ad alcuni non andavo bene perché ritenuto, come una volta ebbe a dirmi scherzosamente Luigi Colaianni, “unitario ma egemonico”.

Continua qui, mettendo in relazione la figura del sindacalista siciliano con la situazione attuale.

Il Fatto Quotidiano: rapido 904, “un intreccio tra mafia, camorra e politica”

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La strage del Rapido 904In procura a Napoli ne sono certi. Per i pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia Paolo Itri e Sergio Amato e per il procuratore aggiunto Sandro Pennasilico la strage di Natale del 23 dicembre 1984 fu targata cosa nostra. E della solidità del quadro investigativo ne è convinto anche il gip Carlo Modestino, che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare notificata questa mattina in carcere al boss Toto Riina, il leader dei corleonesi accusato di essere il mandante di quella strage.

Il cui obiettivo – stando agli inquirenti partenopei – non sarebbe stato quello di “destabilizzare per stabilizzare” lo status quo politico italiano e internazionale, come nel caso della strategia della tensione degli anni Settanta. Ma avrebbe avuto un altro scopo: intimidire Giovanni Falcone e Paolo Borsellino che, sulla scia del sangue versato con la cosiddetta “seconda guerra di mafia”, avevano iniziato con le attività investigative che avrebbero portato due anni più tardi al maxiprocesso di Palermo, iniziato il 10 febbraio 1986 e conclusosi il 16 dicembre 1987.

I magistrati assassinati nel 1992 non si fecero però impressionare dall’attentato del 1984 tanto che all’apertura delle udienze, nell’aula bunker dell’Ucciardone, portarono 475 imputati sui quali pendevano 438 capi di imputazione (di cui 120 per omicidio). E a sentenza, pronunciata dopo 35 giorni di camera di consiglio (e le cui motivazioni richiesero 8 mesi di lavoro a Pietro Grasso, dal 2005 procuratore nazionale antimafia), vennero comminati 19 ergastoli e migliaia di anni di carcere.
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Nicola Biondo su “Cado in piedi”: Stato-mafia e gli appunti di Guglielmo Sasinini

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Un post di qualche giorno fa a firma di Nicola Biondo su Cado in piedi a proposito di Stato-mafia e quegli appunti di Guglielmo Sasinini. Da alcune note che confermerebbero i contatti irriferibili alla figura di un personaggio – etichettato come “giornalista double-face” – finito in altre indagini:

Collaboratore di Famiglia Cristiana e Narcomafie e poi di Libero, Sasinini dall’inizio degli anni 2000 lavora per Giuliano Tavaroli, ex capo della security Telecom, a una rete di spionaggio. “Per me – dice Tavaroli – era la persona di riferimento con il Sisde perché molto legato a Mori”. Un rapporto così stretto quello con il generale da permettere al giornalista di seguire in diretta la cattura di Totò Riina. “Conoscevo bene quel gruppo di guerrieri – rivela Sasinini nel 2008 sulle colonne di Libero – e condivisi molte giornate con loro e soprattutto con Mario Mori, in particolare l’estenuante attesa della vigilia quando ‘il pacco’ stava per essere consegnato”.

Prosegue qui e qui invece altre informazioni su Sasinini.