FreedomBox: dal mondo del software libero un sistema per evitare “le più intrusive ambizioni del potere”

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FreedomBox

FreedomBox nasce con questo scopo:

Facilitare la libera comunicazione tra le persone, in modo sicuro, andando oltre le più intrusive ambizioni del potere. Solo loro che possono costruire in via permanente la libertà di pensiero e di informazione, caratteristica ineliminabile della rete che contiene le nostre anime.

Queste parole recano la firma di Eben Moglen, docente alla Columbia Law School di New York, guru del copyleft nelle sue varie declinazioni e fondatore del Software Freedom Law Center. Per saperne di più direttamente sul sito del progetto software si può vedere qui mentre in italiano se ne parla su Cado in piedi e sul quotidiano La Stampa, con un’intervista a Moglen secondo cui Facebook ha gli anni contati. “Fra più di 12 mesi, ma meno di dieci anni, avrà finito di esistere”, dice.

La rete e i lucchetti: dal software ai brevetti fino a oggi, con l’informazione sui social media. Ma il passato insegna che non funzionano

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Viene segnalato l’intervento di Fabrizio Goria su L’Inkiesta. Argomento: Ma davvero Reuters voleva mettere il bavaglio ai miei tweet? Scrive Goria:

Twitter sta rivoluzionando il mondo del giornalismo. Con la sua velocità e la sua capillarità, riesce a raggiungere qualsiasi angolo. Ma può capitare che un colosso come Thomson Reuters decida di prendersela con i reporter, come me, che citano l’agenzia stampa per diffondere news, minacciando azioni legali. L’agenzia di stampa poi, per fortuna, fa marcia indietro dopo che i suoi stessi giornalisti si mostrano sorpresi per l’iniziativa. Ma la storia evidenzia i problemi che hanno i media tradizionali a muoversi nell’innovazione tecnologica e soprattutto in Twitter, che a differenza di Facebook, è un social media e non un social network.

Spunti interessanti che riprongono una questione affrontata con i brevetti sul software (e dunque sulle idee, ma bon solo, si ricordi per esempio quelli sulle pratiche yoga di diverso tempo fa), l’irrigidimento delle norme sul diritto d’autore e anche le recentissime proteste anti-Acta. Sarebbe da formulare un lungo discorso sull’innarestabilità dell’innovazione (e sull’inutilità dei lucchetti: riuscirono per esempio negli anni Novanta ad impedire la diffusione della cifratura di PGP? Pare di no). Ma rimane il discorso che, per quanto impedimenti si possa porre, la diffusione delle informazioni in Rete è qualcosa a cui non si può porre sbarramento. E deve essere così.

OilProject e i molteplici aspetti del concetto di innovazione

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OilProjectÈ una scuola virtuale libera e gratuita, OilProject, che aveva iniziato a occuparsi di informatica concentrandosi sul mondo del software libero. E ora si estende e spazia ruotando sempre intorno a un concetto specifico: quello di innovazione. Mantenendo la sua filosofia di fondo, basata sul principio del copyleft, con quest’autunno amplia gli argomenti che affronta. Per rendersene conto si dia un’occhiata al calendario disponibile sul sito: si parte mercoledì prossimo, 11 novembre, con Patatrac. Crisi economica: perché e fino a quando a cura di Roberto Vacca e si prosegue il giorno successivo con Anna Masera e Giornalismo e giornalisti tra crisi e opportunità dell’era Internet. Per i successivi appuntamenti, che si altereranno fino al 16 dicembre, i temi affrontati varieranno dai vaccini all’informazione dal basso, dall’economia alla storia della scienza, dalla democrazia elettronica alle origini della cultura occidentale. Ed ecco i motivi di questo ampliamento di argomento:

Il senso del percorso è far percepire come il paradigma dell’Innovazione sia unitario, multidisciplinare e trasversale. La ricetta? Offrire ai navigatori i contributi di persone con i background più disparati. Ci si meraviglia sul perché in Italia ci sia una scarsa consapevolezza rispetto (ad esempio) ai temi della regolamentazione della Rete, della tutela delle libertà che Internet offre e della ricerca scientifica. Fino a quanto queste dinamiche verranno ricondotte ad aspetti tecnici e all’universo degli “smanettoni”, però, la partita sarà persa. Questo vale dovunque: in Italia soprattutto, visto che l’altissima età media alimenta un modello culturale “zavorra”.

Per sapere in pratica come partecipare, si dia un’occhiata a questa pagina.

La musica ribelle ai tempi di Internet

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>Il software libero in Italia

Amo la radio perché arriva dalla gente
entra nelle case e ci parla direttamente
e se una radio è libera, ma libera veramente
mi piace ancor di più, perché libera la mente

Eugenio Finardi, La Radio, 1976

Il periodo in cui nacquero e si diffusero le radio libere inizia nel 1976: fu l’anno della liberalizzazione dell’etere [1] e ne seguì un’esplosione di libertà senza precedenti [2]. I ragazzi mangiavano musica ed entusiasmo, si procuravano attrezzature rudimentali per la diffusione delle loro trasmissione, ciò che mancava loro veniva improvvisato fruttando una risorse tutt’altro che scarsa – la creatività – e per il resto largo alla voglia di raccontare.

Raccontare di tutto: dai fenomeni musicali che si andavano consolidando a quelli emergenti, dalle tensioni politiche che da anni percorrevano il paese alla libertà sessuale che passava attraverso la consapevolezza del corpo e l’educazione a comportamenti responsabili. Fino alla denuncia sociale. Una denuncia per la quale, per esempio, Peppino Impastato pagò con la vita: da Radio Aut, le sue cronache su Mafiopoli [3] non erano più tollerabili per gli uomini della cosa nostra di Cinisi. Oppure nel 1977 la bolognese Radio Alice diede in diretta notizia dell’irruzione della polizia nei suoi studi con lo scopo di zittirla: era di marzo, il giorno 12 per la precisione, in piena contestazione, e di lì a pochissimo sarebbe morto per mano di un carabiniere lo studente di medicina Francesco Lorusso.

Ma accanto a queste emittenti ricordate ancora oggi per gli aspetti più drammatici delle contestazioni della fine degli anni Settanta, ce ne sono altre che hanno proseguito e che rappresentano un riferimento per l’informazione al di fuori dei grandi network. Tra queste la milanese Radio Popolare, diventata con il tempo un circuito nazionale. La padovana Radio Sherwood, nata negli ambienti dell’Autonomia Operata veneta e che ha visto il suo direttore, Emilio Vesce, finire nel tornado del processo “7 aprile”, inchiesta giudiziaria costruita sulle dichiarazioni di presunti pentiti del terrorismo che accusarono lui e un altro centinaio di persone (compreso Antonio Negri, docente all’università patavina) di aver tramato contro lo Stato coordinando i mille rivoli dell’eversione di estrema sinistra. Era falso e il processo lo dimostrò. Altro esempio è la romana Radio Onda Rossa, tutt’oggi esistente e che nel 2001 ha partecipato Network Radio Gap per raccontare i fatti del G8 di Genova.
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Collegare fatti e persone: alla ricerca di uno strumento

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Schemi e correlazioni storiche e politiche

L’immagine che compare sopra a queste righe è un esempio, una specie di esperimento fatto una domenica mattina sopra un block notes. Riguarda alcuni personaggi coinvolti in alcuni eventi di portata nazionale, come lo scandalo della loggia P2, i contatti con la banda della Magliana e con la criminalità organizzata, il caso Cirillo, Roberto Calvi, il Banco Ambrosiano e alcuni altri fatti. Il rapido esperimento su carta aveva come scopo quello di cercare di vedere come, attraverso alcuni personaggi, determinati eventi siano collegati ad altri. E come altrettanto lo siano gli attori protagonisti (e alcune comparse) tra loro.

Lo scopo, volendo trasportarlo in ambiti diversi da quelli di cellulosa, sarebbe quello di capire se esiste uno strumento informatico che, ricorrendo a semantica e correlazioni, possa generare in automatico grappoli attraverso cui dare una lettura complessiva di determinati fenomeni politici, storici o criminali. Ovviamente la logica poi si potrebbe riversare pari pari su altri ambiti, però quello di interesse nello specifico di questo post è quello citato. Altrettanto ovviamente lo strumento non potrebbe sostituire l’apporto umano e le relative competenze, senza le quali qualsiasi supporto semantico e informatico non avrebbe senso. Ma forse, lavorando su contesti così ampi e articolati, il software – indispensabile che sia libero (libero as in free speech, not as in free beer, come disse Lui) – può venire in aiuto nel cogliere connessioni (o correlazioni) che individuare in altro modo sarebbe arduo. Dunque, che qualcuno sappia, esiste già qualcosa che sia in grado di compiere operazioni del genere? Suggerimenti, proposte, strumenti analoghi? Qualsiasi suggerimento sarebbe prezioso.