“The Voice of Peace”: la radio pacifista che trasmetteva “da qualche parte nel Mediterraneo” diventa un documentario

Standard

The Voice of Peace

Da una segnalazione di Christian Diemoz a proposito di ciò che pubblica il sito Radiopassioni:

Sarà disponibile online fino al 14 gennaio il documentario dedicato dalla tedesca NDR/ARD a The Voice of Peace, trasmesso ieri sera su Das Erste. La stazione radio pacifista di Abie Nathan trasmise per vent’anni, da una nave “da qualche parte al largo del Mediterraneo” […].

Fu un fenomeno per certi versi più trascinante di Radio Caroline, di cui seguì chiaramente l’esempio. Nathan fu il classico personaggio “larger than life”. Ebreo persiano, vissuto a lungo a Bombay, pilota della RAF durante la guerra, poi sui caccia IAF della prima guerra israeliana, quella dell’indipendenza. Poi aprì un burger restaurant, fu il primo a proporre la pace con l’Egitto effettuando addirittura un volo che causò il suo clamoroso arresto da parte della polizia di Nasser. Nel 1973, sembra con l’aiuto economico di John Lennon in persona, fondò la stazione radio che impresse una traccia profonda nella cultura della sinistra israeliana e nei movimenti pacifisti. Come Caroline, Voice of Peace trasmetteva grandissima musica ed era immensamente popolare tra i giovani, tra i tassisti, non solo in Israele ma anche in Libano e probabilmente fino all’Egitto e alla Siria. Dopo vent’anni le difficoltà finanziarie lo indussero a chiudere bottega.

Era il 1993, e Nathan era convinto che la firma degli accordi di Oslo fosse la conferma definitiva che il suo messaggio fosse stato ricevuto anche dai politici che lo avevano perseguito in tribunale per i suoi contatti personali con Arafat. Purtroppo si sbagliava, dopo quegli accordi arrivò l’assassinio di Rabin, la politica di Sharon e un atteggiamento di crescente chiusura da parte araba. Pochi anni dopo la fine del suo sogno radiofonico soffrì di ictus da cui non si riprese completamente. Se n’è andato nel 2008, in una Tel Aviv ancora lontana dalla pace. Nel 2009 Voice of Peace ritorna “in onda” sul Web. La sua storia viene raccontata in questo documentario appena prodotto. Sarebbe bellissimo se la RAI lo acquistasse e lo traducesse (basterebbe sottotitolarlo). Ci sono numerose interviste con le personalità del tempo, con Perez, persino con la vedova di Dayan. E ci sono i DJ che lavorarono a bordo di The Peace Ship.

Per leggerne ancora, merita davvero, si veda qui.

“In fuga dalla Siria”: reportage fotografico dalla Valle della Beqaa, il nord del Libano che sta accogliendo i profughi

Standard

In fuga dalla Siria

Internazionale pubblica il reportage fotografico In fuga dalla Siria realizzato per Oxfam da Luca Sola:

Il conflitto in Siria ha raggiunto “livelli di orrore senza precedenti”, secondo l’inviato dell’Onu Lakhdar Brahimi. La dichiarazione di Brahimi, rilasciata il 30 gennaio, è arrivata poche ore dopo il ritrovamento di almeno 71 corpi sul fondo del fiume Quwaiq, ad Aleppo. Dall’inizio del conflitto siriano, secondo l’Onu, ci sono stati almeno 60 mila morti e 700 mila rifugiati.

Il fotografo Luca Sola è andato nella Valle della Beqaa, nel nordest del Libano, per raccontare la vita dei profughi arrivati dalla Siria. Persone che spesso sono state costrette a lasciare i figli e i parenti nel loro paese d’origine.

Sul sito del settimanale c’è l’intero portfolio.

E-Il mensile: nei primi tre mesi del 2012 sono stati 31 i giornalisti assassinati. A rischio soprattutto Siria, Brasile e Somalia

Standard

Maso Notarianni scrive su Twitter che sono “31 giornalisti i uccisi in 3 mesi. Sempre meglio che lavorare?” rilanciando un articolo firmato da Stella Spinelli e pubblicato sul suo E-Il mensile:

Soltanto in Siria infatti, fra gennaio e marzo, momento clou della rivolta contro Bashar al-Assad, sono morti nove giornalisti, cinque stranieri e quattro siriani: numeri, sottolinea la Pec, che riflettono una “tendenza allarmante”, confermando come la “sicurezza dei giornalisti sia peggiorata dall’inizio dell’anno”. “Il pesante tributo pagato in Siria colloca il Paese in prima linea tra i luoghi più pericolosi per i giornalisti”, ha osservato Blaise Lempen, presidente della Pec.

Dietro la Siria, arriva a ruota quale paese più pericoloso per i reporter nel primo trimestre 2012 il Brasile, dove hanno perso la vita cinque giornalisti. Dietro c’è quindi la Somalia, dove sono morti tre giornalisti, e infine l’India, la Bolivia e la Nigeria con due reporter uccisi.

Sono invece otto i paesi che hanno registrato un giornalista ammazzato nel primo trimestre e si tratta di Afghanistan, Colombia, Haiti, Honduras, Messico, Pakistan, Filippine e Thailandia. L’ultimo cronista a perdere la vita mentre svolgeva il proprio mestiere è un giornalista della radio nazionale colombiana, ucciso a Sabanalarga. Si chiamava Jesús Martínez Orozco e aveva 42 anni.

Invece il video pubblicato sopra (e riportato anche nel pezzo di E-Il mensile) si intitola Silencio Forzado, è stato realizzato da Articulo 19 e racconta la sequela di omicidi che dal 2000 alla fine del 2011 ha caratterizzato i giornalisti di quel Paese con 67 delitti.