“Giornalismo: il lato emerso della professione”: il 4 novembre a Roma sarà presentato il dossier Lsdi

Standard

Giornalismo, il lato emerso della professioneLsdi – Libertà di stampa. Diritto all’informazione, soprattutto per merito di Pino Rea, è diventato un importante osservatorio sulla professione giornalista, dentro e fuori i confini nazionali. Così ricevo e pubblico volentieri l’annuncio di un lavoro che giunge al termine e che verrà presentato tra qualche giorno a Roma.

“Giornalismo: il lato emerso della professione. Una ricerca sulla condizione dei giornalisti italiani ‘visibili'”. È il tema di una analisi condotta da Lsdi sulla base dei dati forniti dall’Inpgi (l’istituto di previdenza dei giornalisti), dall’Ordine e dalla Fnsi, il sindacato unitario della stampa italiana. La ricerca tenta di ricostruire il profilo della professione in Italia attraverso l’analisi di tutti i dati di carattere occupazionale, contrattuale e previdenziale dei giornalisti ‘visibili’ ufficialmente, meno della metà degli iscritti all’Ordine (49.239 su 108.437, al 31 dicembre 2009).

Ne emerge l’immagine di una professione frammentata, con status professionali ed economici molto vari e con differenze, a volte, molto profonde fra i vari segmenti che la compongono. E, oltre a segnalare l’esistenza di un numero rilevante di giornalisti del tutto “invisibili” sul piano contrattuale, conferma una vistosa spaccatura fra lavoro dipendente (che vive prevalentemente dentro le redazioni) e lavoro autonomo, che nell’industria editoriale cresce e diventa sempre più vitale per la macchina dell’informazione, ma che non riesce ad acquisire una vera, concreta, dignità professionale.

Ne discuteranno – nel corso di un incontro pubblico che si terrà la mattina del 4 novembre a Roma nella sala “Walter Tobagi” della Federazione nazionale della stampa (Corso Vittorio Emanuele II, 349, ore 11) -, il presidente dell’Inpgi, Andrea Camporese, il presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, Enzo Iacopino, il segretario generale e il presidente della Fnsi, Franco Siddi e Roberto Natale, oltre a Pino Rea e a Vittorio Pasteris (che hanno curato la ricerca).
Continue reading

Si chiama federazione nazionale della stampa, ma sembra far più spettacolo che sindacato

Standard

Per riprendere ed estendere il discorso avviato da Rita Guma, presidentessa nazionale della onlus Osservatorio sulla legalità e sui diritti, sull’accesso alla professione giornalistica, Christian Diemoz nei giorni scorsi ha pubblicato il post Dopo Bono, Siddi Vox e Natale Jagger (ripreso anche dal Barbiere della Sera). Il tono si evince già dal sottotitolo (“nell’estate del rock la Fnsi supera gli U2 in quanto a dar spettacolo”) e, per quanto il post meriti di essere letto per intero, eccone un passaggio particolarmente significativo:

Non è paradossale sostenere che se un giorno gli autonomi si fermassero, tre quarti dei quotidiani e molti settimanali, che li utilizzano come collaboratori, non riuscirebbero ad uscire. Perché? Per il semplice fatto che i giornalisti assunti, vantando le tutele contrattuali del loro status, non possono essere spremuti come dei collaboratori (pagati quando va bene con co.co.co, oppure in “natura” – telefonini o sim – o a “peso”, come rivela l’ultima drammatica ricerca della LSDI) senza nessun tipo di diritto e ai quali avanzare le richieste più disparate, perché “se non va bene a te, andrà bene a un altro al tuo posto”. Indovinate un po’, pertanto, chi è che scrive i tre-quarti degli articoli che leggete ogni giorno?

È un peccato che i rappresentanti della Fnsi non abbiano affrontato un tema del genere con il sottosegretario Bonaiuti. Eppure, un argomento – e nemmeno debole – lo avevano, rappresentato dal recente insediamento della Commissione Nazionale per il Lavoro autonomo (di cui, a scanso di equivoci, chi scrive fa parte), che ha cercato peraltro di divenire il più operativa possibile da subito, organizzandosi in gruppi di lavoro tematici. Non lo hanno fatto e, da autonomi, non si può che essere dispiaciuti, e ogni giorno più arrabbiati, per il fatto che il Sindacato continui a vivere ancorato ad un’immagine della categoria che ha abbandonato da tempo la realtà, per transitare nelle accoglienti fila della mitologia.

Al momento, da parte della federazione, pare non sia giunta ancora nessuna risposta. Forse perché si guarda troppo un singolo bavaglio a discapito di altri, non meno insidiosi. Anzi, forse più subdoli. Come quello segnalato poco tempo fa dalla rivista Mamma.