“Se mi trovassi a New York non fumerei, ma tanto qui tutto uccide”

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Il problema è questo: nessuno ricorda niente. Mi pare chiaro che avete bisogno di un’altra guerra.

Da La polveriera (titolo originale Bure baruta) di Goran Paskaljevic:

La polveriera è una delle poche pellicole che si siano occupate della situazione della Serbia di questi anni. Il film acquista un significato ulteriore alla luce dei recenti avvenimenti, possiede una carica molto forte che lascia il segno negli spettatori. Si tratta di brevi storie, più o meno violente e concatenate fra loro, tutte di scena a Belgrado, in una sola metaforica notte che non accenna ancora a terminare. Secchi, taglienti, esplosivi sono gli incroci furenti de La polveriera, che celebra sarcasticamente il vuoto pneumatico di una Belgrado satura di profughi, prosciugata dal regime di Milosevic, dall’embargo, dalle tensioni etniche e politiche, dalla Bosnia e dal Kosovo e dagli effetti della guerra e dei suoi profittatori. Paskaljevic, mette in scena le eccentriche traiettorie di personaggi sfuggiti ad ogni controllo: volti ghignanti, ringhiosi o tristi che brindano alla violenza crudele dell’instabilità a colpi di humour nero. Pensare che Belgrado, una volta, era la città più attiva culturalmente, tra quelle della ex Jugoslavia.

Gaza, l’ipotesi del fosforo bianco e i precedenti

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  • Sheera Frenkel e Michael Evans su Carmilla, Il Times: Israele bombarda Gaza con fosforo bianco. La BBC: lo fece già in Libano:

    Riportiamo due articoli e un video. Il primo articolo è la traduzione della notizia data oggi dal Times, secondo cui bombe al fosforo bianco sono state utilizzate a Gaza City. L’ipotesi, basata su un’analisi di immagini dell’attuale guerra mossa da Israele su Gaza, appare in queste ore sui media di tutto il mondo. Non si tratta di un’ipotesi peregrina, se consideriamo il secondo articolo che pubblichiamo in traduzione: si tratta della notizia data dalla BBC sull’ammissione da parte di Israele, la prima nella sua storia, di avere utilizzato fosforo bianco nella guerra in Libano (qui la versione video della notizia data da “Democracy Now!”). La notizia, che ebbe risalto internazionale, non sortì il medesimo clamore in Italia. Il video proposto in calce, infine, surrogherebbe l’ipotesi dell’utilizzo di fosforo bianco a Gaza. Il fosforo bianco è bandito come arma in luoghi popolati dal Trattato di Ginevra. Qui, una descrizione dei suoi devastanti effetti.

Da Lussu a Gaza: scritti, interpretazioni e direttive

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Roberto Vignoli segnala l’articolo Gaza e Medioriente, un’analisi della disinformazione televisiva pubblicato su Rekombinant e ripreso da Articolo21 in cui si presenta un’indagine del 2006 del Glasgow Media Group (all’interno del quale, sempre in tema, è stato sviluppato il recente Bad News From Israel). Tornando all’articolo, si esordisce dicendo che “il modello di costruzione delle news che ha unificato i tg di Rai e Mediaset nella copertura della crisi di Gaza viene da lontano”. E infatti:

La ricerca diretta da Philo e Berry ha quindi un doppio valore: quello essere un lavoro critico e sistematico sui telegiornali come non ce ne sono in Italia, e quello di indicare lo standard di copertura e di ricezione delle notizie nel conflitto israelo-palestinese così come si è formato in questi anni nella BBC e che, come possiamo constatare, riassume gli stessi standard complessivi dell’informazione occidentale istituzionale in materia. [Quindi] il modello sovranazionale di copertura delle notizie […] oltre a influenzare l’opinione pubblica, strutturare la percezione dei fatti quando i partiti sono televisivi (ovvero sempre), detta direttamente l’agenda politica. E inoltre influenza la politica estera perché questa la si fa sempre sul modo di coprire televisivamente i fenomeni. Non a caso una copertura televisiva globale sostanzialmente favorevole alla guerra all’Iraq ha favorito politicamente l’invasione del 2003, nonostante che l’opinione pubblica mondiale fosse contraria. Il modello di integrazione tra politica e media è questo: applicare tattiche di disinformazione e di propaganda alle notizie. Se l’opinione pubblica le recepisce bene, se no agire ugualmente. Tanto alla lunga l’opinione pubblica sfavorevole si disgrega mentre i media agiscono tutti i giorni plasmando e rimodulando la realtà politica.

Altra lettura interessante è quella del testo di Andrea Cabassi su I profeti disarmati, Lussu, la Terza Forza pubblicato dal circolo Giustizia e Libertà di Sassari. Riflessioni derivate dalla lettura del libro di Mirella Serri e di quello di Massimo Teodori. Scrive Cabassi:

Credo che molti siano stati sviati dalle affermazioni di Lussu sul PCI. Pur non essendo mai stato comunista, pur avendo avuto tantissime polemiche con il PCI egli lo riteneva indispensabile per una lotta comune delle sinistre. Credo che molti siano stati sviati dall’altra affermazione di Lussu per cui o si era alleati della DC o si era contro e tertium non datur. Come si può pensare a Lussu profeta disarmato o arruolato in coloro che erano alla ricerca di uno spazio per la costruzione di una terza forza? Se per terza forza si intende un raggruppamento equidistante dalla DC e dal PCI e che si pone in una posizione di centro, Lussu non ha nulla a che fare con tutto ciò. Ma se per terza forza si intende la costruzione di un partito di sinistra, laico, libertario, federalista, autonomo dal PCI, allora Lussu ha molto a che fare con tutto ciò. Gran parte della sua esistenza è stata votata ai tentativi di fondare, costruire o ricostruire un tale partito. La sua inquietudine teorica, la sua insoddisfazione, il suo isolamento finale, che fanno pensare ad un senzapartito, ne sono una lampante testimonianza. E sotto questa ottica andrebbero riletti alcuni dei suoi scritti, molte delle sue scelte. E non lasciamoci ingannare dalle apparenze: fu profeta disarmato anch’egli, come Rossi, Salvemini, Pannunzio, Calamandrei. Profeti disarmati di grande attualità.

Chiaiano: una cosa importante da dire

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Aggiornamento del 6 gennaio 2009: La cava di Chiaiano si allaga: dovrebbe ospitare la discarica.

Il sito No alla discarica di Chiaiano pubblica il trailer del documentario Una cosa importante da dire realizzato da Raffaele Manco. In proposito scrive il blog Note ecologiche:

Un’ora e 20 minuti di filmato per ripercorrere i mesi di lotta dei comitati civici, della comunità locale e dell’amministrazione comunale contro la decisione di allestire una discarica ella Cava del Poligono di Chiaiano. Nel documentario anche la vicenda relativa al ritrovamento di amianto nell’area adibita a discarica.

A integrazione si può vedere inoltre la situazione delle zone limitrofe tra inceneritori e roghi abusivi tracciata da La terra dei fuochi e i documenti che spiegano perché Chiaiano non è una zona idonea alla discarica.

Enrique Meneses e le foto di Castro sulla Sierra Maestra

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Enrique MenesesEnrique Meneses è un fotoreporter nato a Madrid nel 1929 che ha lavorato per grandi testate (come Life, Paris Match e Playboy) e attraversato numerosi paesi dal Medioriente all’India passando per il continente americano. Nei suoi viaggi si è fermato anche a Cuba e ha seguito l’evolversi della rivoluzione che nel 1958 Che Guevara e Fidel Castro portarono a compimento contro il regime di Fulgencio Batista. A cinquant’anni da quella storia, Time pubblica le immagini di Meneses riunendole nella galleria Fidel Castro in the Jungle (altre hanno dato vita a libri come Fidel Castro, uscito nel 1966 per Afrodisio Aguado e Castro, empieza la revolución, pubblicato nel 1995 per Espasa Calpe). Il settimanale statunitense, accanto alle immagini scattate in quegli anni, mette online anche l’articolo After 50 Years of Castro’s Cuba, Will the Cold War End?

Infine un’ultima nota su Enrique Meneses, che oltre al leader cubano ha fotografato alcuni dei più celebri personaggi del passato recente. Un po’ come si raccontava poco tempo fa a proposito di Sergio Lepri, che a quasi novant’anni punta sul web per il suo 1943. Cronache di un anno, anche il fotoreporter spagnolo ha scelto uno strumento di condivisione per i suoi scatti: su Flickr infatti c’è un centinaio di immagini suddiviso tra 40 years of international photography e Fidel Castro y Sierra Maestra.

Global Voices e il racconto dei fatti mediorientali

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Global Voices OnlineDel ruolo che Global Voices si sta sempre più guadagnando ne ha parlato a più riprese Bernardo Parrella. E se di ulteriore conferma ce ne fosse bisogno, è sufficiente dare un’occhiata alla copertura del progetto di giornalismo partecipativo a proposto dei recenti accadimenti che hanno riguardato Palestina e Israele. Lo stesso dicasi per la versione localizzata in italiano di GV, di cui Bernardo è coordinatore. Per rimanere aggiornato con (anche) ciò che viene scritto da voci al di fuori dei grandi network o dalle testate d’informazione, dunque, si può seguire la sezione Medioriente e Nord Africa e i feed del progetto.

Serbia, il grande malato d’Europa nelle parole di Peacereporter

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Mentre in Medioriente la sproporzione è la misura e la Somalia precipita ancora, e mentre a fine gennaio sarà in libreria e in rete un libro in tema a cui tengo moltissimo – Processo agli scorpioni di Jasmina Tesanovic -, PeaceReporter pubblica un reportage di Christian Elia sul grande malato d’Europa. Sarebbe a dire la Serbia, un paese del quale si cerca di comprenderne il presente e intuirne il futuro in un momento in cui l’attenzione verso i Balcani è più focalizzata sul processo di indipendenza del Kosovo.

Le foglie cadono, nel gelo che c’è fuori. “A mio avviso gli anni di Tito possono essere paragonati a un film di Fellini”, osserva Blaz, che veglia sulla tomba del maresciallo. “Se uno non ha gli strumenti culturali per leggere l’aspetto più profondo del film del grande maestro italiano, ne coglierà solo l’aspetto esteriore, a tratti incomprensibile. Ma è nel senso profondo che bisogna perdersi, se si vuole cogliere davvero l’idea del maresciallo: eliminare le divisioni lavorando tutti verso uno stesso progetto. Costruire una società nuova e un uomo nuovo. Non è andata così, anche per colpe dello stesso Tito. Ma quando arriva il 4 maggio, anniversario della sua morte, qui vengono tanti ragazzi, alcuni ancora a piedi, come si usava un tempo. Rendono omaggio a un uomo che, con tutte le sue contraddizioni, è riuscito a tenere assieme quello che è andato distrutto”.
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L’architettura della decolonizzazione: un progetto e una mostra

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Decolonizing ArchitectureDecolonizing Architecture è una mostra che si tiene fino al prossimo 4 aprile a Bruxelles presso il Bozar Expo, ma è anche un progetto multidisciplinare che, partendo da teatri di guerra, come i territori occupati, si pone una domanda: come convertire le strutture create a fini bellici per scopi sociali e di utilizzo civile? Wordchanging ne fa un panoramica approfondita mentre qui c’è la guida della mostra (attenzione: file pdf da 19 MB) con fotografie, progetti, plastici e attività operative in loco.

Hulton Archive (Getty Images): promuovere mettendo a disposizione

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Short and Sweet e Getty Images hanno lanciato una sfida: usare le immagini dell’Hulton Archive per creare dei corti attraverso le idee di giovani filmmaker. Un sistema per promuovere un bacino di materiale ricco, disponibile e di materiale estremamente eterogeneo. Altri tre video sono disponibili qui.

(Via Claudio e The Online Photographer)