Le comunicazioni tra utenti in rete passano anche attraverso gli acronimi. Per il fumettista Goopymart, sono Teh Internets: accrocchi di lettere immaginati, disegnati e rilasciati con licenza Creative Commons.
liberta’ di cultura
Mostri di proprietà
StandardViene da chiedersi se ci siano o ci facciano, quelli di Flux.it (ex Your Open Source, YOS) di cui si è già parlato qui e di passaggio qui. Più facile pensare alla seconda, leggendo in giro per esempio l’articolo Restyling e nuovi ‘programmi’ per Flux (Mtv) in cui trionfalmente si annuncia, tra l’altro, che «il sito Internet di Flux conta già 120 mila utenti unici, 20 mila abbonati e quasi 2 milioni di pagine viste, con un totale di 8 mila “upload” effettuati dagli stessi utenti».
Bene, allora avranno cambiato anche le politiche di copyright sul materiale degli altri, viene da pensare. Macché. Si ritorna dopo un po’ di tempo sul sito, più tornito a livello di contenuti, home page meglio organizzata e novità esportabili via RSS. Ma i termini di utilizzo? Solito link a pie’ di pagina su «Legal Note» che apre un popup e alla voce «2. Proprietà intellettuale» si viene informati di nuovo che tutto è di proprietà di MTV, compresi contenuti e opere degli utenti e ovviamente ne è vietata la riproduzione totale o parziale. E per apportarvi modifiche o per commercializzarli, l’utente deve chiedere il permesso dell’emittente televisiva. Verrebbe voglia di contare i “non”, “vietato” e derivati, “espressamente” e così via.
Va bene per gli utenti cercare di ritagliarsi uno spazio di visibilità e magari arrivare a guadagnarci un po’ con qualche passaggio televisivo, ma forse il dubbio che rode il team che sta dietro a Flux non dovrebbe limitarsi al rating dei contenuti. Altrimenti sembra di assistere alla brutta copia di un film di Roberto Benigni.
La trappola Disney
StandardIl titolo è The Disney Trap – How Copyright Steals Our Stories (La trappola Disney, ovvero come il copyright ci frega le storie), è stato scritto da Monica Mazzitelli, la coordinatrice de iQuindici, e racconta di come ci sia qualcuno che tenta di blindare le storie. Il video è stato rilasciato con licenza Creative Commons e lo si può vedere su YouTube e su Google Video.
Si può inoltre scaricare (formato AVI, 88 MB) dal sito della Wu Ming Foundation. Infine, contemporaneamente alla pubblicazione dell’articolo Rassegne stampa in rete: quella libertà mai esistita di Valerio di Stefano, è partita l’iniziativa di Frontiere Digitali, Libera riproduzione degli articoli di attualità per riscrivere l’articolo 65 della legge sul diritto d’autore.
Nuova cappellata di Repubblica: stavolta è la TV
StandardVe lo ricordate il caso di YOS (Your Open Source), l’iniziativa targata MTV con cui si voleva aprire alla “libertà” e invece si blindavano omnia secula i contenuti inviati dagli utenti? Ora che arriva invece la TV di Repubblica, l’impostazione è vagamente meno sfacciata, ma TuaTv, proprio per l’uso di quel tua, lascerebbe presumere un’isola felice per gli utenti che fanno video alla Google Video o alla YouTube (malgrado siano sempre meno felici a causa delle leggi sul diritto d’autore: si legga per esempio qui e qui). Ma andando a vedere i termini di accettazione del nuovo servizio del Gruppo Espresso, si legge che:
L’Utente cede e trasferisce indistintamente alla Società, in via definitiva ed a titolo gratuito, tutti i diritti di sfruttamento economico e commerciale relativi al Materiale Trasmesso, per l’Italia e per tutti i paesi del mondo e con i termini massimi di protezione ivi previsti.
Altra cappellata dopo l’infelice battesimo di Kataweb News. Della questione TV Repubblica se ne legge anche sul blog mai.abbastanza.info.
Diritto d’autore, libertà e involuzioni
StandardUn articolo di Valerio di Stefano di Classici Stranieri sulla questione riforma del diritto d’autore recentemente proposta e poi stralciata. Ma con la possibilità che venga reintrodotta “blindandola”. Il resto è anche un’analisi della situazione attuale e di come la prassi abbia potuto più delle norme. Si legge infatti che:
Quella che veniva legittimamente vista come una scelta liberticida nella gestione della libertà di circolazione delle idee e delle informazioni era, in realtà, solo l’ennesimo giro di vite a un dispositivo di legge che liberticida lo era già per conto proprio […]. La distanza abissale tra legge e consuetudine segna un solco talmente profondo da risultare ormai incolmabile, e gli emendamenti aggiunti a una legge finanziaria non rendono certo un servizio a nessuno. Di sicuro c’è che soltanto l’uso delle licenze libere permette, allo stato dei fatti, una circolazione delle notizie e delle idee capillare ed efficace. Sfuggendo sia dalle logiche dei grandi gruppi editoriali tradizionali, ma anche da quelle di un palazzo che non è più capace di affrontare le esigenze della comunicazione in rete.
Il testo completo di Rassegne stampa in rete: quella libertà mai esistita
Creative Commons e Flickr: 22 milioni di foto condivise
StandardSono 22 milioni le foto licenziate sotto Creative Commons su Flickr. Un’analisi di questo fenomeno la traccia Mark Glaser, giornalista freelance, nell’articolo Creative Commons + Flickr = 22 Million Sharable Photos, in cui parla dell’esperienza del fotografo Kris Krug. Il quale punta molto sul portfolio messo a disposizione e sulla quantità di sue immagini riprese e a lui attribuite su altri siti e blog. Ma Glaser racconta anche dell’esperienza di JD Lasica, uno dei fondatori del progetto Ourmedia, che invece si concentra maggiormente sulle modalità di gestione «sartoriale» del diritto d’autore.
E ora le licenze sui video in rete?
StandardMentre prosegue la raccolta delle firme per la petizione avviata da Peacelink contro la proposta di riforma del diritto d’autore recentemente avanzata, un altro provvedimento – anche qui al momento solo a livello di proposta – potrebbe insidiare la blogosfera e chi mette a disposizione contenuti video su web. L’allarme lo lancia il Times con l’articolo Amateur ‘video bloggers’ under threat from EU broadcast rules a proposito di una direttiva che, se passasse, potrebbe imporre licenze o concessioni a chiunque diffonda materiale audiovideo in rete. Il nodo sembra basarsi sull’estensione del concetto di broadcasting.
Video anti-DRM: i vincitori
StandardE intanto sono stati dichiarati i vincitori del video contest Down With DRM. I video, rilasciati tutti con licenze Creative Commons differenti a seconda dell’autore, sono elencati qui e riceveranno in premio un dispositivo Neuros OSD installato con software libero. Alla manifestazione ha contribuito Defective By Design, la campagna anti-DRM di Free Software Foundation.
Google, i lobbysti e il diritto d’autore
StandardGoogle ricerca ‘lobbysti per influenzare i governi nazionali a riformare la loro legge sul copyright’. La mossa, tramite un annuncio sull’Economist, risale al 24 giugno, ma è stata resa nota alla Buchmesse di Francoforte dove la società americana spinge il suo ‘Book Search’. Google ribadisce che il suo fine ‘è promuovere la cultura e il libro’ e che ‘il rispetto del copyright è essenziale’, ma l’Associazione italiana editori si dice preoccupata.
A parte le questioni che il lancio d’agenzia non chiarisce (anzi, confonde), la notizia porta con sé alcune domande: come intende Google riformare il diritto d’autore? Intende ridurre il periodo di durata di settant’anni dalla morte dell’autore? Intende promuovere il copyleft e le licenze Creative Commons? Oppure semplicemente cerca una deregolamentazione non meglio pensata (o voluta) che gli consenta di fare business attraverso il Book Search?
Non cederai il tuo gatto a nessuno
StandardÈ un affare da decine di milioni di dollari quello dei gatti anti-allergenici. Sul blog di Wendy Seltzer, si legge infatti un post che riprende un articolo del New York Times secondo cui gli esemplari, venduti per quattromila dollari l’uno e recapitati direttamente a casa in una quindicina di giorni, sono geneticamente modificati e commercializzati da un’azienda di San Diego, la Allerca, che probabilmente pensa di avere fatto il colpaccio. E il suo colpaccio vuole proteggerlo il più possibile: intanto i gatti vengono venduti già sterilizzati in modo che non generino organismi ibridi. E ancor prima l’aspirante possessore di un gatto OGM deve firmare un End-User License Agreement, una specie di licenza d’uso, come avviene per esempio con il software, in base alla quale si impone che:
Purchaser shall not sell or transfer any Cat purchased hereunder to anyone other than an immediate family member, and shall not offer to any person the purchase of a Cat or any genetic material from a Cat, the rights Purchaser may have under this Agreement, or any other right related hereto, without the Company’s express written authorization.